Un tributo a 10 Corso Como

Un tributo a 10 Corso Como

Interventi di: Martina Bader, Margherita Baldi, Federica Crosato, Greta del Popolo, Mina Quinto, Francesca Orsi Spadoni, Silvia Valesani, Caterina Vannucci, Giulia Ficini, Elisa Miglionico, Martina Scaparone.

10 CORSO COMO (1)

Quando mi capita di essere a Milano e posso ritagliarmi qualche ora libera da impegni di lavoro, mi piace muovermi come un post-flâneur per la città, senza un obiettivo ben preciso, disponibile a recepire segnali che smuovano il mio interesse. Se per qualche ragione mi trovo a passeggiare dalle parti di Corso Como, finisco quasi sempre davanti al concept store creato da Carla Sozzani.

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Mi incuriosisce la disinvoltura che mi porta ad oltrepassarne la soglia d’ingresso senza avere dentro di me alcuna traccia di consapevolezza legata a qualche desiderio di natura commerciale. Ma, non succede mai che esca senza aver acquistato qualcosa. Eppure, lo ripeto, la spinta ad entrare quasi mai posso ricondurla ad un pre-esistente desiderio di un oggetto. E’ come se questo desiderio nascesse dentro 10 Corso Como.

Vorrei dunque spendere due parole, per indagare le ragioni di una sostenibilissima leggerezza interiore, capace tuttavia di modificare azioni e traiettorie del corpo, partendo dalla congettura che essa dipenda essenzialmente dalla reattività del luogo, immaginando che l’articolazione del suo spazio sia una sorta di attore sociale in grado di compire azioni, provare passioni e soprattutto di trasmettermele.

L’efficacia simbolica e passionale del luogo

Come appare l'ingresso della boutique a chi sale in GalleriaAppena entrati in 10 CC ci si trova in un giardino arredato con centinaia di piante in vaso, disposte secondo un principio di disordine. In realtà gli esseri vegetali dividono lo spazio in aree destinate alla conversazione e ai molteplici servizi di ristoro. Guardando verso l’alto, l’impressione di una natura avvolgente viene confermata dalle piante rampicanti che accarezzano le mura degli edifici, intorno a ciò che in origine doveva essere un cortile.

Dopo una decina di passi, sulla sinistra, salendo lungo una scala si raggiunge la Galleria d’arte. Devo aggiungere che il programma di mostre offerto in vent’anni di attività e’ veramente fuori dall’ordinario. Non sono esposizioni monumentali, come quelle organizzate nei musei. Sono pero’ eventi intelligenti. Raramente in Galleria ho visitato mostre scontate. Non credo che, nel campo della moda, in Italia, esista un altro luogo capace di generare senza soluzione di continuità il flusso di emoinfoes (emozione+informazione+estetica), come sta facendo 10 CC.

Sempre al secondo piano, contiguo allo spazio espositivo, troviamo una delle librerie dedicate alla moda e all’arte visiva più ricche di libri “giusti” che io conosca.

Salendo ancora, si arriva ad una enorme terrazza-giardino, di straordinario impatto visivo: è come se il raccolto spazio di 10 CC si aprisse di colpo alla città, mostrandone l’aspetto urbanistico che da C. Jenks in poi, definiamo frettolosamente post-moderno.

Ridiscendendo al piano terra, notiamo che chiunque volesse raggiungere la Galleria non poteva fare a meno di gettare uno sguardo nello spazio dedicato alla vendita dei prodotti moda. Evidenti connotazioni simboliche attirano però l’attenzione su una dimensione altra rispetto la pur evidente “funzione” commerciale del luogo. Le presenze artistiche a lato dell’ingresso e soprattutto una luce particolare che definirei il “lumen di 10 CC” colpiscono l’occhio con miliardi di informazioni sensibili, che il nostro cervello sintetizza in un’unità somatica/semantica che definisco effetto più-splendente, nel senso dell’eminentia latina (di rilievo). In inglese si dice highlight (lumeggiatura) e gli studiosi dell’arte lo usano per catturare nel linguaggio fatto di parole, le meraviglie per esempio della luce dell’arte fiamminga del ‘400 (pensate ai quadri di Van Eyck).
Avanzo l’ipotesi che lo splendor percepito da chi passa per raggiungere ai piano superiori la Galleria/libreria, accompagni emotivamente il fruitore generando una risposta allo spazio minimalista del contenitore espositivo definibile “contrasto dinamico”.

Lo spazio dedicato alla boutique e’ un trionfo del lumen 10 CC, che dissemina una sorta di energia preziosa tra gli oggetti-merce sapientemente distribuiti tra segni culturali di diverso tipo logico (libri d’arte, oggetti decorativi etc.). Ecco allora che gli abiti straordinari di Kawakubo o di Alaia, per citare solo due tra gli stilisti/artisti più amati da Carla Sozzani, si arricchiscono di contenuti percettivi estranei alle loro forme e, probabilmente, risultano in un contesto persino in contrasto con la visione della moda dei loro creatori. Ma, sorprendentemente l’effetto non è kitsch; non è nemmeno straniante o perturbante. Forse non riesco a tradurre in parole questo aspetto della reazione dello spazio sull’oggetto moda, ma mi sembra di essere nella direzione giusta se sottolineo l’atmosfera fashion ludens che a mio parere caratterizza il Bazaar di Carla Sozzani. La moda, anche la più impegnativa, è essenzialmente un “gioco” e, sembra dirci l’eloquenza dello spazio, qui puoi comprenderne le regole.

Kawakubo
Kawakubo
Abito Alaia
Abito Alaia

Naturalmente oggi, chi arriva in 10 CC, ha delle “attese” che implicano dimensioni della moda come tendenza, qualità, esclusività. In altre parole la scelta degli oggetti da esibire e’ molto importante nella costruzione del valore del luogo. Per esempio, nell’ultima mia visita ho potuto ammirare le sorprendenti scarpe dell’Archistar Zaha Hadid e immagino che sia quasi impossibile trovarle altrove (nel nostro Paese).
Ma questo aspetto che caratterizza i concept store è ben conosciuto, anche se difficile da produrre.
In questo intervento sto indagando gli effetti di tutto ciò che non rientra nelle potenzialità dell’oggetto moda in sé, direbbero i filosofi; mi interessa invece molto ciò che l’articolazione dello spazio finisce con far dire all’oggetto, trascinandolo in un mondo di significati probabilmente inattesi dal suo creatore.

Le scarpe di Zaha Hadid
Le scarpe di Zaha Hadid

Il bazaar o la boutique, possiede una entrata/uscita alternativa rispetto all’ingresso descritto sopra che comunica con una sorta di galleria,ottenuta attraverso una copertura in vetro, a sua volta collegata con il ristorante/caffè. La funzione commerciale di questi spazi è evidente e non necessita di sofisticate interpretazioni. E’ come si presentano a fare la differenza, senza sottovalutare la qualità del servizio che ho sempre riscontrato essere a livelli di eccellenza.

La boutique
La boutique

La galleria è arredata per poter erogare servizi che vanno da una breve colazione, un pranzo, una cena o semplicemente un caffè o thé. In realtà, aldilà delle funzioni merceologiche, è concepita per essere un confortevole spazio di conversazione che si estende anche nei gazebo del giardino. Trovo immensamente importante la sua centralità nell’articolazione dello spazio complessivo di 10 CC. Perché? Provo a dirvelo con l’aiuto di Theodore Zedlin, autore di un delizioso libro intitolato per l’appunto, La conversazione (Sellerio): “La conversazione non consiste soltanto nel trasmettere informazioni o condividere emozioni, ne’ si limita a mettere delle idee in testa alla gente… Le menti non si limitano a scambiare dei fatti: li trasformano, li rimodellano, ne traggono conseguenze diverse, ne prendono lo spunto per formare nuove catene di pensieri. La conversazione non si limita semplicemente a rimescolare le carte: ne crea di nuove”.

La parola chiave in questa citazione è trasformazione. Infatti, a volte, le conversazioni ci cambiano addirittura la vita.

Carla Sozzani è stata tra le prime ad intuire la necessità di cambiare il paradigma voyeristico/narcisistico e tendenzialmente afasico, sicuramente anti-conversazionale che dominava nei luoghi della moda negli anni ottanta. Procedendo per tentativi ed errori, con un fare che precedeva l’imitare, in pochi anni ha creato uno spazio di tipo logico nuovo centrato sull’idea che amiamo la moda non per il fascino degli oggetti ma per le trasformazioni che essa rende possibili. Tutto ciò implicava una diversa visione sulla forma dei luoghi nei quali si ritualizza l’incontro tra soggetto e oggetto-moda. Lo spazio di conversazione/trasformazione non è una banale tattica per trattenere più a lungo i clienti e aumentare i loro acquisti, bensì è la traduzione nel linguaggio solido dell’architettura degli interni, dell’esigenza di strappare la moda al dominio assoluto dello scambio commerciale a una dimensione, facendone un’esperienza di crescita interiore.

Termino la descrizione di 10 CC, ricordando il minuscolo albergo che Carla Sozzani ha voluto ricavare dalle stanze dell’edificio frontale a Corso Como. Si compone di sole tre stanze (si chiama infatti Three Rooms) arredate con sublime senso del design. Dal punto di vista del business è poco più che insignificante. Ma in realtà rappresenta uno spazio che esprime benissimo la semantica profonda del luogo.

Ma prima di enunciarla vi propongo una sintesi del percorso sin qui tracciato: giardino, Galleria d’arte, libreria, terrazza, boutique, ristorante in e out, albergo; abbiamo visto che la funzione commerciale pur onnipresente, non può spiegare l’efficacia del luogo.

La nuova Milano dalla terrazza di 10 Corso Como
La nuova Milano dalla terrazza di 10 Corso Como

Ho avanzato la congettura che l’efficacia dipenda dal fatto che Carla Sozzani ha configurato gli spazi ragionando sui loro effetti trasformativi, basandosi su una intuizione a mio avviso azzeccata: la gente ha fame di moda perché è uno dei modi più potenti per dare senso ad un corpo svuotato dai ripetitivi dispositivi della post modernità.
Se leggiamo 10 CC come se fosse un testo, con gli spazi che divengono istanze narrative, allora ci rendiamo conto che la sequenza dei luoghi che ho elencato ci porta ad individuare una semantica profonda del luogo esprimibile con il concetto, abitare la bellezza.
Abbiamo dunque una inversione di valori: prima viene l’abitare, il conoscere, l’ammirare… Poi le funzioni commerciali. Qualcuno dice che il primo a tentare questa strada fu Ralph Lauren nel 1986, quando costruì un insieme di rimandi che alludevano al patriottismo nella sua boutique di New York. Non vedo come si possa paragonare un messaggio così esplicito alla raffinatezza della semantica di 10 CC.

Del passato, l’unico termine di paragone vero potrebbe essere il famoso negozio Fiorucci di S.Babila. Ma ancora una volta sono le differenze che emergono. Anche Fiorucci amava contaminare con l’arte gli spazi destinati al commercio. Ma lo faceva con l’intenzione di spettacolarizzare la moda, cercava l’entusiasmo, l’euforia, la provocazione, la velocità dei cambiamenti, tutti valori che nei ’60 e ’70 avevano una valenza particolare.
Per contro, lo spazio di 10 CC suggerisce lentezza, reverenza, stupore, curiosità, amore per i dettagli, piacere di scoprire.

La funzione della bellezza

Nel capitolo precedente, alla ricerca dell’efficacia di 10 CC, ho isolato un fattore dinamico, lo spazio di trasformazione e una semantica profonda, abitare la bellezza, coadiuvata da un fascio di funzioni in contro tendenza rispetto i luoghi della moda standard.

A questo punto le domande sono: perché 10 CC, malgrado sia uno spazio eterogeneo, viene percepito con un profondo senso di unità?
Cosa conferisce al significato di abitare la bellezza la sua armoniosità o, se volete, la sua coerenza, fondamentali per l’adesione passionale ai messaggi che lo spazio fa arrivare tramite il corpo?
Io credo di poter ritrovare la struttura che connette l’eterogeneità dei luoghi, nella sublime estetica dei segni creati da Kris Ruhs. Il suo misterioso “linguaggio” esibito con sostanze espressive diverse, raggiunge come una musica tutti gli spazi che ho descritto, dando ad essi una nota di bellezza particolare, totalmente diversa dal tono decorativo/ornamentale normalmente usato dai designer di interni. Applicando un principio di ripetizione creativa espande dei pattern visivi, per esempio il logo di 10 CC ma anche altri “esseri astratti” che alludono ad un tema preciso, ma poi con una finezza ammirevole lo forzano verso un fuga armoniosa ad approdare su dimensioni estetiche divergenti per materiali espressivi e per energia estetica.

Opere di Kris Rush tra l'ingresso boutique e le scale che portano alle mostre
Opere di Kris Rush tra l’ingresso boutique e le scale che portano alle mostre

Le sue configurazioni, sculture, oggetti iscrivono il senso dell’abitare (l’arte, la cultura, la moda), suggerito dall’articolazione dello spazio di Carla Sozzani, all’interno di un registro di bellezza gioiosa che io vivo come una sorta di commento ironico nei confronti del lusso. Come se gli “esseri astratti” volessero ricordare agli oggetti-moda e a noi che li stiamo guardando, il tono emotivo con il quale dovremmo avvicinarli per viverli con disincantata armonia.

10 CORSO COMO (2)

Breve scritto del 2005, dopo una lunga intervista a Carla Sozzani e una eccessiva esposizione emotiva ad una avvenente bionda amica, della quale ricordo solo le sciocchezze

Ritualità ed amicizia

“A un certo punto della mia vita ho voluto creare un luogo che permettesse di passeggiare tra oggetti scelti con cura, in un’atmosfera profondamente diversa dal negozio monomarca tipico degli anni ’80…
Ho sempre pensato che la ritualità giusta permettesse di percepire il vero valore delle cose che attirano la nostra attenzione.
Volevo che 10 Corso Como fosse un po’ come una casa, con la sua wunderkammer piena di oggetti meravigliosi con i quali intrattenere un rapporto di amicizia, senza pensare all’acquisto immediato…” (Carla Sozzani)

10 Corso Como, creato a Milano nel 1990 in un ex garage che si affaccia nel cortile interno di un ottocentesco e tipico edificio borghese, viene considerato dagli esperti uno dei primi concept store del mondo. Insieme a Colette di Parigi è senz’altro il più famoso e celebrato.

Apparentemente la sua configurazione risulta dalla articolazione di luoghi contigui che comprendono una galleria d’arte e fotografia, una libreria con sala dedicata alla musica, un negozio di design e moda, il ristorante, il bar, la sala da the, il cortile giardino…da qualche mese sono disponibili tre camere bed & breakfast, arredate con mobili di modernariato ed alta tecnologia.

Corso Como 1

Ma soprattutto 10 Corso Como è un luogo che non si dimentica. Silenzioso, elegante pur con evidenti e ricercate sprezzature, concepito per donare ai fruitori un’esperienza estetica che deborda nell’estesia, rappresenta a mio avviso una delle meglio calibrate uscite dal paradigma postmoderno. In 10 Corso Como tutto sembra all’insegna dell’eclettismo ma, in realtà, il principio di contaminazione tra funzioni e stili è sottoposto ad una regolazione che risponde ad esigenze di auto organizzazione molto diverse dalle emulazioni competitive che discendono dalla ricerca di legittimità tipica del post moderno. In 10 Corso Como la frammentazione dei linguaggi non genera conflitto. È ovunque percepibile una evidente armonia, un grande stile che ricompone l’apparente frammentazione degli spazi.

Ultimamente ci sono capitato insieme ad una amica. Dovevamo incontrarci con la scusa di parlare di lavoro ma non mi nascondevo certo il piacere che provavo al solo pensiero di rivederla. Invitandola a 10 Corso Como, pensavo di trasmetterle i messaggi difficili da esprimere con le sole parole.
Il lunch fu assolutamente gradevole, la giornata era splendida, il giardino non ancora appesantito dal caldo umido estivo proteggeva la nostra conversazione in libertà, dalle pesantezze della vita ordinaria… A un certo punto mi colse di sorpresa un suo commento sul luogo in cui ci trovavamo, inaspettato e forse irriguardoso. – Sì ho mangiato bene – mi disse, mentre osservava il rilassato piacere che certo non dissimulavo – ma non capisco cosa ci trovi di così speciale in questo posto. Devo dirti che tra noi milanesi non è che vada così di moda…- Ero abituato alle pungenti esternazioni della sua imprevedibile mente, ma in quel momento risposi in modo confuso.

Chiedo scusa al lettore, ma mi rendo conto ora che scriverò tutte le parole che in quell’occasione non ho detto alla mia amica, nel tentativo, un po’ delirante me ne rendo conto, di pagare il debito simbolico contratto con un luogo che amo e che non sono stato in grado di far comprendere ad una persona che stimo.
Non so a quali milanesi si riferisse, ma rimasi perplesso nel notare la sua estraneità alla dimensione internazionale che trasudava ad ogni sguardo. Avevamo davanti a noi un coppia di ragazze probabilmente americane con il loro cappuccino come dessert; coppie di giapponesi attraversavano i giardino cercando di fotografare con gli occhi ogni dettaglio; probabili studenti si infilavano veloci sulle scale che portano alla galleria e alla libreria…
La mia amica era sostanzialmente diversa da come l’immaginavo, e dunque avevo sbagliato il luogo dell’incontro, oppure la sua dislettura dipendeva da altre ragioni?

Corso Como 6

Mente e Corpo

“Prima è nata la casa editrice… Poi la galleria d’arte e fotografia… le inaugurazioni ebbero un grande successo e in molti mi chiesero di poter bere un caffè o un the senza fare troppa strada…Bisogna tenere presente che in quei giorni Corso Como non era come oggi pieno di bar… creai dunque un sistema di servizi che avessero lo stesso spirito della galleria…” (Carla Sozzani)

Probabilmente se avessi potuto invitare la mia amica a visitare la galleria al piano superiore, prima del lunch, forse il suo approccio mentale al carattere composito di 10 Corso Como sarebbe stato diverso. Purtroppo quel giorno lo spazio espositivo era chiuso per l’allestimento della bella mostra fotografica di Jim Lee, sorprendente interprete della moda più cool della sweet London tra il 1968 e 1978. Le sue interpretazioni di alcuni abiti di Ossie Clark che ebbi modo di ammirare dopo qualche giorno, sono degne di rivaleggiare con gli scatti dei fotografi più famosi di quella decade.

Corso Como 2

Ho sempre pensato che la narrazione implicita della struttura creata da Carla Sozzani avesse come ideale inizio una delle bellissime mostre che da sempre organizza. Naturalmente come un lettore è libero di cominciare un libro dalla fine o da una pagina scelta a caso, così siamo liberi di accedere alla rete di servizi di 10 Corso Como a partire da un accesso qualsiasi.

Tuttavia voglio spendere due parole per suggerire l’utilità una strategia di lettura dell’articolazione degli spazi centrata su un punto di irradiazione da cui partire.
Uno dei meriti di Carla Sozzani è di avere per prima in Italia sdoganato la foto di moda come espressione artistica. Qualcosa del genere ha fatto anche la sorella Franca sulle pagine di Vogue Italia. Ogni vernissage di 10 Corso Como è un evento culturale. Il resoconto di 16 anni di attività espositiva è impressionante: “Man Ray e la moda” (1991), Helmut Newton (1993), Annie Leibovitz (1993), Steven Maisel (1993), Frida Kahlo (1994), Horst P. Horst (1996), Bert Stern (1998), Herb Ritts (2001), David Lachapelle (2001), Paco Rabanne (2002), Jean Baptiste Mondino (2002), Bruce Weber (2003), Francesco Scavullo (2004)… l’elenco potrebbe continuare ancora, ma è già sufficiente per far capire il non comune valore culturale offerto alla città di Milano da 10 Corso Como, soprattutto nel genere di esposizioni in cui il ritardo delle nostre istituzioni è stato per decenni imbarazzante. Ora, se osserviamo la sequenza temporale degli spazi è almeno suggestiva la congettura che ho suggerito per dare una direzione all’approccio narrativo a 10 Corso Como. Nel 1990 inaugura la Galleria; nel 1991 viene aperto il concept store, nel 1995 è il turno della libreria; nel 1999 apre il ristorante/bar; nel 2003 appare il small hotel “3 rooms”. L’idea dunque che dalla galleria ovvero da una sorta di teoria della bellezza, silenziosa, trasversale quanto efficace, promani come in una gemmazione il senso dello spazio allestito per usi molto diversi, è certo una mia fantasia, utile però a cogliere ciò che è sfuggito alla mia amica.
Trincerata dietro alla sua apparente razionalità, come in un video gioco, aveva frettolosamente decostruito e ricomposto la significazione del luogo, attraverso la semplice somma di aree diversificate per funzione. Non è così che si può comprendere 10 Corso Como.

Corso Como 3

C’è una dimensione olistica che attraversa tutti gli spazi, che comincia con il discorso della galleria e implica la visone della bellezza tipica di Carla Sozzani. Occorreva una certa lentezza per assaporare una ecologia del consumo intelligente e sofisticato che dipende dalla capacità di rendere fluidi i confini degli spazi funzionali. La mente strutturata come un palinsesto televisivo della mia amica le precludeva questo aspetto liquido dello spazio, condannandola a vivere le metonimie di 10 Corso Como come frame separati. La metonimia è una figura retorica che, nel discorso, sostituendo oggetti fra loro contigui, rimanda ad un principio narrativo. Per la mia amica dunque non c’era racconto, evocazione, fantasia…eravamo in un cortile/giardino paragonabili a tanti altri, e stavamo semplicemente bevendo il caffè…

Bellezza ed emozioni

“Io sono una persona curiosa capace di meravigliarsi di fronte alle cose fatte con amore e talento. Mi è venuto naturale quindi, oltre alla galleria, aprire un negozio bazar in cui raccogliere e presentare ad amici gli oggetti moda e di design che a mio avviso avevano qualcosa che prometteva emozioni di lunga durata… Ho sempre cercato di essere sincera con chi apprezzava il mio lavoro di ricerca, e mi piace immaginare che la notorietà di 10 Corso Como dipenda soprattutto dal riconoscimento di un autentico amore per la bellezza che a mio modo ho cercato di condividere con un pubblico…” (Carla Sozzani)

Non aver colto quanto fosse improponibile considerare 10 Corso Como una semplice aritmetica di elementi, ha poi fatto continuare la lettura del luogo da parte della mia amica con le lenti sbagliate, rappresentate dalla parola fondamentale, sempre usata in queste occasioni.

“Conosco tanti locali che hanno un giardino più bello di questo – mi disse con la voce che utilizzava quando si apprestava a demolire qualcosa o qualcuno – e qui non provo nessuna emozione particolare”. Usiamo normalmente la parola “bellezza” per afferrare e comunicare ad altri quello che ci succede dentro quando siamo di fronte all’oggetto del desiderio. Ma riferendoci alle parole greche per bello e bellezza, rispettivamente kalòs e to kalòn, possiamo fare riferimento ad un ideale di perfezione che riunisce forza morale, estetica e conoscenza. In questo caso il bello/kalòs è anche una illuminazione, nel senso che la cosa bella illumina l’anima e può essere notata subito. Per esempio, nel volto della mia amica potevo trovare l’eco della bellezza secondo i greci e al tempo stesso sentire il bello nei termini di confronto con l’oggetto del desiderio e della mancanza che ne certifica la valenza.

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Ma in quel preciso momento sentivo anche che bello, sia nel senso ordinario del termine sia di kàlos, non avevano alcuna attinenza con il luogo in cui ci trovavamo. Non riuscendo a rispondere alle incalzanti provocazioni della mia amica in preda ad un furore distruttivo che conoscevo bene, mi distraevo osservando l’apparente disinvoltura della sistemazione dei vasi del giardino. Mi accorsi quanto quel ordine/disordine appena delimitato dalle necessità di ritagliare spazi funzionali per il ristorante e per il bar, fosse studiato e a suo modo esatto come un algoritmo… La pavimentazione del giardino fatta di cemento grossolano poteva essere ritenuta brutta… ma anche in questo caso la sprezzatura, in contrasto con i bei pavimenti che introducevano ai vari servizi, risultava convincente: ricordava le origini di 10 Corso Como e al tempo stesso piegava l’idea di bellezza verso esiti che eccedevano la semantica normale del concetto.

Crispin Sartwell, nel suo bel libro “I sei nomi della bellezza” (Einaudi), ci segnala alcune parole della lingua giapponese per contornare l’esperienza estetica che possono tornare utili per cogliere qualcosa che non è kàlos e nemmeno beauty.

Per esempio, 10 Corso Como potrebbe essere shibusa, “elegante”. Ma per noi occidentali la parola eleganza si lega all’abbigliamento vistoso delle grandi firme e agli oggetti dal design affettato. Nella lingua giapponese le cose sono shibui, raffinate, nel senso che non sono appariscenti.
Gli oggetti e i momenti shibui dovrebbero essere vissuti in una sorta di moderazione meditativa. Con questa parola esprimiamo una sorta di fusione tra qualità delle cose e qualità dell’esperienza. Sono shibui gli oggetti o le situazioni che ci cambiano il modo di sentire secondo un principio di narcotizzazione dell’effervescenza passionale tipica dell’eccitamento occidentale di fronte al bello.
La mia amica era shibui, ma non lo sapeva. Un’altra coppia di parole interessanti è wabisabi che può essere tradotto riferendosi ad una estetica della povertà, dell’imperfezione, dell’austerità. Wabi-sabi è per esempio la levigata ruvidezza del marchio disegnato da Kris Rhus, è il soffitto povero della boutique in contrasto con la luminosità e l’eleganza del design che caratterizzano gli spazi di disimpegno tra le diverse classi d’abbigliamento.

Concept store e Slow Shopping

“Nei primi anni di vita di 10 Corso Como, durante una inaugurazione mi venne incontro Francesco Morace tutto eccitato e mi disse “Carla, tu hai creato un concept store”. Da quel giorno tutti usarono questa etichetta per classificare una nuova tipologia di negozi. Non so dire con precisione se il concetto di Francesco fosse una novità assoluta. Ma posso senz’altro sostenere che l’idea di evitare di creare un luogo stereotipato dove semplicemente si accumulano e vendono delle merci è stata per me fondamentale… Io appartengo alla generazione di donne che sono passate dalla sartoria alla boutique del pret à porter… Ho vissuto quindi la frenesia degli acquisti tipica dei primi anni ’80… Ricordo le lunghissime code davanti ai primi negozi degli stilisti che sarebbero diventati dei veri e propri miti…In pochi anni l’accelerazione del tempo del consumo fu strabiliante… la qualità del tempo dominate in quei luoghi era la fretta nella decisione d’acquisto… A un certo punto ho capito che così non poteva continuare e senza fare polemiche inutili ho cercato di mostrare che esisteva un’altra strada….parafrasando ciò che è avvenuto in gastronomia con lo slow food, posso dire di aver contribuito a far nascere lo slow shopping… Un modo più piacevole, forse intelligente, di incontrare gli oggetti che ci daranno l’illusione di cambiare per un momento la nostra vita…” (Carla Sozzani)

Il monomarca negli anni ’80 celebrò il primato dell’immagine della griffe sul prodotto. Nacquero dunque una sterminata teoria di punti vendita creati con l’obiettivo della coerenza assoluta tra negozi spesso distanti migliaia di chilometri l’uno dall’altro. L’idea era di accogliere i clienti in spazi facilmente identificabili e riconoscibili che rimandassero al mondo possibile di segni di una marca.

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Anche se la ripetizione ossessiva dei determinanti del monomarca sembrava noiosa e banale la regola voleva che ogni marca avesse una suo colore, un suo arredo, un suo stile… In questo contesto di assolutismo semiologico, spazi come 10 Corso Como tentarono di introdurre valori nuovi, finendo col proporsi come autorevole alternativa ai punti vendita di marca ad una dimensione. Come dice Carla Sozzani nell’intervista che mi ha rilasciato, riportata come prologo di ogni capitoletto del mio articolo, fu Francesco Morace a trovare le parole migliori per descrivere la risposta all’invasione dei monomarca. Il concept store nasceva dunque all’insegna dell’originalità, della differenza, dell’individualità di un luogo. Questo modo di presentare le merci utilizzava le cornici in cui esse erano esibite per ridisegnare completamente il senso della transazione commerciale.

Forse Carla Sozzani non è stata la prima a sperimentare il concept store, ma bisogna darle atto di aver creato una struttura ammirata da amanti del bello di tutto il mondo. Più che il successo commerciale del suo bazar è stata l’influenza che ha esercitato nei confronti delle strategie allestitive dei grandi marchi della moda a farci riconoscere il ruolo storico di 10 Corso Como.

Il concept store, ricavato dal vecchio garage, nel corso del tempo ha subito numerosi restyling, senza perdere però la fisionomia da bazar di lusso delle origini. Abiti e oggetti di qualità, spesso difficili da trovare in altri negozi, sembrano presentati con noncuranza. In realtà, intervallati da elementi d’arredo e da decorazioni suggestive, i prodotti più esclusivi si presentano come se ci trovassimo dentro un enorme, ordinato guardaroba.

Non cercano solo il nostro sguardo, godono nel farsi molestare… Aggiungiamo le musiche mai banali che ci accompagnano, le improvvise contaminazioni con l’arte, per esempio una serie di vasi di Kris Rhus, una coppia di poltrone anni sessanta…, le isole olfattive che sembrano suggerirci ineffabili motivazioni … Insomma tutto porta a pensare che attraverso la polisensorialità 10 Corso Como comunichi soprattutto con il nostro corpo e punti a farci comprendere che prima viene l’emozione poi tutto il resto.

Moda e tendenza

“Molti vengono a Corso Como 10 perché pensano di trovarvi la tendenza. Non c’è dubbio che ricercare cose particolari è parte del piacere e del lavoro che da sempre perseguo…la mia ricerca consiste nel viaggiare molto, per trovare qualcosa che si distingua dal mainstrem modaiolo…. Succede di frequente che le cose che attirano la mia attenzione si rivelino importanti anche per tante altre persone… A dire il vero non credo di avere un metodo… Semplicemente intuisco e sento che quella cosa merita di essere guardata e apprezzata in modo particolare…” (Carla Sozzani)

Carla Sozzani per vent’anni è stata una delle giornaliste di moda più apprezzate dagli addetti ai lavori. Possiamo collocarla tra il ristretto numero di professionisti della moda ai quali viene attribuita la capacità di indovinare le cosiddette tendenze. Infatti tra i suoi tanti meriti va collocata in una posizione di privilegio, la difesa e la promozione di due stilisti giapponesi che divennero veri e propri miti culturali.

Quando all’inizio degli anni ’80 Kawakubo e Yamamoto sfilarono per la prima volta a Parigi, gran parte della critica irrise la loro interpretazione della moda così diversa da quella degli altri stilisti.
Entrambe le sorelle Sozzani invece videro nelle linee dei due creativi giapponesi una alternativa alle mode basate sulla seduzione facile e sull’ostentazione del sex appeal grossolano. Divennero quindi delle agguerritissime sostenitrici dell’avanguardia dello stile minimalista di Kawakubo e Yamamoto.
Col senno di poi non si può non riconoscere che le Sozzani avevano visto lontano. Le esperienze creative d’avanguardia di Margiela e di Miuccia Prada di fine anni ottanta, inizio novanta furono profondamente influenzate dalla coppia giapponese.
L’esempio della loro “scoperta” mi consente di sottolineare una delle qualità che ha reso famosa Carla Sozzani e di riflesso ha trasformato 10 Corso Como in un luogo cult.

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Oggi si usa definire “transetterismo” la capacitazione ad indovinare segni di possibili stili di vita che dal punto di vista logico proiettiamo nel futuro. Credere che esistano le tendenze ha cambiato il modo di operativizzare i giochi di moda. In primo luogo, da un certo punto in poi, ci si è accorti che le mode seguono raramente un andamento normale.
La grosse variazioni sono molto più comuni di quelle previste dal modello standard. Le brusche oscillazioni del gusto non sono più rare ma diventano la regola. Evidentemente, in questo contesto, anticipare il cambiamento nello stile di vita diviene un fattore di successo importante per tutte le aziende che producono moda. Da qui l’importanza delle persone che possiedono il talento e la reattività necessaria per riconoscere, indovinare, intuire i segni deboli che influenzeranno il mercato.

In virtù di questo talento, Carla Sozzani ha creato con 10 Corso Como, un grande contenitore di tendenze. Insieme ad alcuni stretti collaboratori dopo viaggi e ricerche che la portano in giro per il mondo, configura una ristretta serie di prodotti presentati con l’aura dell’oggetto cult la cui valenza risulta dall’unione tra distinzione (rarità) e tendenza (propensione a divenire moda).

Molti commentatori vedono nelle preferenze di Carla Sozzani l’adesione ad un paradigma estetico fatto di sintesi sottrattive. In realtà quello che la gente scambia per un inflessibile minimalismo è l’effetto secondario di un sottile calcolo orientato ad evitare l’eccessiva esposizione al cuore pulsante delle mode. Potrei dire che la scelta moda di Carla Sozzani è la conseguenza di uno spietato confronto tra ciò che si può indossare e quello che si indosserà per evitare di trovarsi troppo avviluppati alle mode in atto.
E se ci pensate bene, è stupefacente il fatto che uno dei luoghi più acclamati dalle fashion victims di tutto il mondo in realtà non sia altro dalla proiezione nel reale di una sorta di allergia alla moda di una delle sue protagoniste.

Silvia Valesani10 Corso Como è.

Testo di SILVIA VALESANI

10 Corso Como è una boccata d’aria fresca nello smog milanese, un giardino tra i grattacieli di cemento, un’oasi di ricercata cultura che sorge inaspettatamente nella Milano d’affari, popolata da business-addicted strozzati in pretenziosi completi Armani.

10 Corso Como non s’impone sulla strada da cui ha preso in prestito in nome, o meglio, si affaccia in punta di piedi, senza dare nell’occhio. Ti chiede di entrare, a bassa voce. Perché appena superi con lo sguardo la prepotente vegetazione, seppur non ancora nel pieno della rigogliosità, capisci subito di non avere di fronte agli occhi un tradizionale negozio di abbigliamento. Neanche storicamente lo è. Infatti, 10 Corso Como detiene la leadership di primo concept store italiano (dalla formula coniata ad hoc dal sociologo Francesco Morace), figlio di una lungimirante visione di Mrs. Carla Sozzani. Dunque lo ribadisco: 10 Corso Como non è solamente un negozio di abbigliamento, è prima di tutto un’idea. Un’idea che si è tradotta in un’accurata selezione di moda di nicchia, è un’opportunità di opposizione al fashion mainstream, una risposta del tutto italiana alla domanda d’innovazione ed internazionalità configuratasi nella Milano di fine anni Ottanta. 10 Corso Como nasce come bazaar e diventa un’istituzione: tale percorso, non così vorticoso, lo dobbiamo innanzitutto alla passione e alle cultura di cui Carla Sozzani è portavoce. Arte, fotografia e design sono le tre parole d’ordine per lo start up di questa nuova scommessa, datata Settembre 1990 e operativa al pubblico esattamente un anno dopo. La Galleria Carla Sozzani viene gradualmente seguita da un raffinato bookshop e da un grazioso garden cafè, per completare l’esperienza di lifestyle promossa a tutto tondo. 10 Corso Como è un fenomeno di marketing che ha lanciato l’attitudine allo slow shopping, dunque una realtà d’acquisto atemporale che segue logiche avverse alla frenesia del nuovo millennio. 10 Corso Como è un sabato pomeriggio differente, “la gita fuori porta” dentro le porte della città, un microcosmo di scoperta e di evasione. Non deve sorprendere, dunque, se 10 Corso Como sia diventato uno dei maggiori connettori dell’ormai ramificatissimo network del sistema distributivo del fashion, garanzia e potere d’influenza allo stesso tempo, snodo centrale delle intelligenze del settore. 10 Corso Como è un brand a tutti gli effetti, che negli anni ha affondato le proprie radici in altre zone virali per la moda: prima Tokyo in collaborazione con Comme des Garçon, anticipando i progetti di co-branding che avrebbero spopolato di lì a poco, poi Seoul e infine Shangai. Carla Sozzani come Marco Polo? Quasi.

10 Corso Como è anche un hotel di lusso accessibile, ancorato sulla corte interna della struttura, perla dell’interior design. Anche in questo caso, Carla Sozzani ha prediletto la qualità alla quantità, se mai l’una dovesse escludere l’altra, limitando il numero di camera (camere? Direi tranquillamente monolocali) disponibili a tre. 10 Corso Como 3 Rooms Hotel, perché così si chiama (anche in questo caso, senza troppe capriole di fantasia), è stato definito “a home away from home”, vista la cura ed il calore che immediatamente traspaiono vivendone gli spazi anche solo per pochi minuti. Dal 2010, 10 Corso Como è anche una piacevolissima terrazza che si affaccia sul giardino sottostante, riconosciuta perfino dalla Lega Italiana della Protezione degli Uccelli come oasi urbana per molte specie sia sedentarie che migratorie. E’ la zona relax per eccellenza tra le impegnative costruzioni circostanti, la macchia verde nella palette in scala di grigi.

Quello che penso davvero io è che 10 Corso Como possa essere ancora molto, nei prossimi anni, per le prossime generazioni, a vantaggio della moda che verrà. 10 Corso Como è la concretizzazione del Panta Rei filosofico, il flusso del cambiamento che, permettetemelo, stavolta profuma di donna.

Racconto per immagini dell’esperienza di 10 Corso Como.

Testo di MARTINA BADER

Corso Como non è una semplice galleria e neanche un normale negozio, ma un’emozione, un’esperienza dove tutto emana grande sapienza nel gestire lo spazio e le sensazioni che ne derivano.
Appena si entra nella corte interna della” location”, ci si accorge che ogni minimo dettaglio è studiato: le piante non sono sistemate in maniera ordinata ma lasciate crescere selvagge sulla parete della struttura non pitturata su cui si intravedono crepe e cemento scrostato.
L’ambiente esterno è in contrasto e al contempo in armonia con l’interno del negozio che custodisce acuni dei più preziosi pezzi- moda in circolazione in uno scenario avanguardista ammorbidito da una luce calda e avvolgente.
Salendo le scale si arriva alla libreria, luogo incantato dal “mood” anni sessanta/settanta dove importante è donare valore a ogni singola rivista e libro che all’interno di questo singolare contesto diventa pezzo unico.
Si prosegue poi nella galleria, asettica e basic, dove ci si concentra esclusivamente sull’esposizione; nel nostro caso quella di Erwin Blumenfeld, innovatore stilistico e visionario della fotografia. Possiamo assaporarne gli scatti senza essere confusi da forme contrastanti; tutto l’ambiente elogia la grandezza dell’artista.
Vi propongo un viaggio visivo attraverso i miei scatti nell’incredibile luogo nato dalla creatività di Carla Sozzani.

Corso Como Bader

MARGHERITA-BALDI10 Corso Como: relaxing fashion

Testo di Margherita Baldi

In una via del centro di Milano c’è un piccolo mondo non conosciuto da tutti, una radura nel caos cittadino, un Eden nel delirante tran-tran della vita 24h/7: questo mondo si chiama 10 Corso Como. Il concept store creato nel 1990 da Carla Sozzani, ricrea una reggia della moda all’interno di un ex garage.
Passeggiando per la via in cui risiede, chi ha un occhio acuto o chi già lo conosce, dovrebbe scorgervi l’entrata, un grande portone che segna l’ingresso dal mondo “reale” al microcosmo di 10 Corso Como.
Uccellini cinguettanti, piante rampicanti e vegetazione di altro genere, accolgono con delicatezza il visitatore che, quasi come in un “paese delle meraviglie”, ne è totalmente rapito. Si ritrova in un bar, tra sedie e tavolini immersi nel verde, dal quale può scegliere il percorso da seguire. Salendo per delle scale trova la galleria d’arte, nel mese di marzo di quest’anno è stata dedicata a Erwin Blumenfeld, fotografo degli anni ’30-’50 che si è distinto per la sua capacità di realizzare scatti di grande impatto visivo fuori dai canoni tradizionali, di moda e non. Ridiscendendo accede a una saletta sulla cui parete è proiettato un video composto dai backstage del fotografo, nei quali le modelle si trasformano per gli scatti con naturalezza e sinuosità; l’ospite sarà ipnotizzato dai movimenti delle mannequin e dai loro abiti svolazzanti. Sedendosi su di un oggetto di design con superficie a specchio, s’immerge completamente nella musica e nella visione coinvolgente delle immagini in movimento.
Al pari del piano della galleria il percorso attraverso l’arte continua: una fornita libreria si srotola in un’ampia stanza proponendo letture di moda, design, architettura, ma anche di fashion food e musica. Intontito dalla quantità di abbagliante materiale, ridiscende per spostarsi nel vero e proprio negozio di moda: capi di marche esclusive difficilmente acquistabili in altre parti d’Italia, racchiusi in piccoli semicerchi dove il visitatore si perde nel toccare gli abiti, s’immagina con quel paio di scarpe, si guarda allo specchio con la borsa che materializza i suoi sogni. Ogni capo possiede, oltre a quella del marchio, l’etichetta personale di 10 Corso Como. Il cliente quindi non compra solo per l’abito, ma anche per il luogo in cui lo acquista, quel mondo parallelo che l’etichetta comunica e ricorda.
Ma 10 CC non è solo moda, è il “bello”, l’eleganza in ogni sua forma, anche nella parte della ristorazione e dell’albergo. 10 Corso Como Three Rooms Hotel propone tre grandi stanze dove soggiornare con vista concept store. Il prezzo per sostarvi non è altissimo, si presuppone, infatti, che il visitatore non si fermi a 10 CC solo per una stanza d’albergo, ma che voglia vivere l’esperienza del luogo in ogni sua parte.
Una nota di merito va innanzitutto all’ambiente: curato in ogni minimo dettaglio, non si troverà nessun particolare fuori luogo o incoerente con l’immagine che 10 CC vuole esprimere. Il concept store non trasmette quell’altezzosità che ci si può aspettare da certi spazi, anzi, colori e luci sono delicati ma non spenti, si fanno notare ma non con prepotenza. Incredibile come si possa ancora percepire che 10 CC sia nato da un garage, conservando alcune sue parti nello stile, perfettamente abbinate all’area del cortile interno di un edificio ottocentesco, dando vita ad un mix eclettico.
Entrare a 10 Corso Como può accadere per motivo di svago, relax, non principalmente d’acquisto. All’ingresso siamo invitati a immergerci in una nuova dimensione, senza stress e pressioni. Questo mood viene comunicato dall’atmosfera che riecheggia in tutto l’ambiente, dai colori alla musica, sino all’ultima foglia di rampicante. Un’attenzione particolare va riconosciuta al personale: commessi cordiali, disponibili a qualsiasi domanda lasciano la libertà di vagare, toccare, osservare, senza riempire di domande e obbligare all’acquisto.

MINA-QUINTOLa rivoluzione di 10 Corso Como

Testo di Mina Quinto

Un’entrata ristretta, sproporzionata rispetto al mondo che apre, ci catapulta in un “locus amoenus”, più specificatamente in un luogo che può essere definito kafkiano e fantastico. L’insegna 10 Corso Como non suggerisce da subito l’ambiente che il visitatore sta per esplorare, ma elementi floreali e naturali confermano la presenza di un universo di valori, esperienze e abilità che ingentiliscono e rendono speciale quello che viene comunemente definito “negozio”, evocando contemporaneamente un’aria eterea e surreale.
Carla Sozzani, artefice, nonché titolare del concept-store situato sull’omonimo indirizzo nella capitale della moda, seleziona meticolosamente abiti, accessori, libri, arredamento e qualsiasi altro oggetto che vada a decorare l’ambiente circostante. Cosmopolita e icona indiscussa della moda, ha dato valore ad una piccola strada che, prima dell’apertura del negozio, ospitava gente di campagna, emigrata in città per lavorare nelle industrie.
Il piano superiore accoglie periodicamente mostre fotografiche, soprattutto concentrate sul fashion world, e una libreria con pubblicazioni di moda, design, architettura, arte e letteratura. Al piano terra, 10 Corso Como Cafè, nato nel 1998, traspare come un angolo di paradiso apollineo e rasserenante che, inabissato nella natura, è la premessa ai piani superiori e alla boutique che si diramano da questo stesso.
L’hotel “3 rooms”, inaugurato nel 2003, è caratterizzato da tre suite, ognuna delle quali è impreziosita da pezzi di arredamenti moderni e oggetti di alta tecnologia.
L’ultima tappa dell’iter di costruzione del panorama “10 Corso Como” è il giardino che, situato all’ultimo piano dell’edificio e aperto al pubblico nel 2008, accoglie le stupefacenti opere di Kris Ruhs, artista, scultore e designer. Valentino, Moschino, Azzedine Alaïa, Yves Saint Laurent, Comme des Garçons sono solo alcuni nomi che compaiono tra gli espositori e che spiccano tra luci che giocano a nascondino e specchi che dilatano gli spazi. Lo shopping diviene, così, un’esperienza indimenticabile e totalizzante, un sogno, più che una realtà, capace di attivare il mondo sensoriale ed emozionale. Le narrazioni, che ogni volta Carla Sozzani propone attraverso l’associazione di più brand di grosso calibro, raccontano uno stile di vita del tutto nuovo rispetto all’uniformità dei negozi monomarca.
10 Corso Como, oltre ad essere uno spazio destinato al business, è prima di tutto una filosofia di vita, un modo rivoluzionario di presentare il prodotto moda, ancor prima di venderlo, e un punto di riferimento per designer, stylist, artisti, creativi, fotografi che ne sanno puntualmente cogliere la sua multifunzionalità.

BC218C53-9471-44E8-A863-FF2CB76EF4DDL’intreccio 10 Corso Como.
Mente e corpo. Bellezza ed emozioni. Moda e tendenza.

Testo di Federica Crosato

Questi concetti operativi riassumono con poche semplici parole le fondamenta di 10 Corso Como, risultano utili, cioè, a dare un’interpretazione dell’efficacia simbolica di questo luogo famoso a livello internazionale.
Il termine concept store con il quale 10 CC viene categorizzato, ritengo sia troppo limitativo per un punto d’incontro, perché questo è, che racchiude un insieme di significati inimitabili da qualsiasi altra struttura pubblica. Non contiene né la rigidità di un negozio d’alto lusso, né la piattezza di quella che tutti conosciamo come “libreria” e nemmeno l’atmosfera spesso “insofferente” di una mostra. Infatti, trovo che non basta proporre un’esposizione interessante ed esaustiva, ma al contrario anche l’organizzazione dello spazio e la sua struttura sono, oserei direi, fondamentali per una piacevole esperienza.
10 CC è un percorso di sensi: coinvolge tutte le parti del corpo lasciando una sensazione di pienezza e soddisfazione. Dalla vista, al tatto e al gusto si è attraversati dalla forza intensa della cultura e del mondo del fashion.
La moda che abita nello spazio di Carla Sozzani, si può percepire come l’anello congiunturale tra la componente naturale e quella creativa umana: la sua magia e sapienza legano in modo perfettamente armonico due elementi tra loro opposti. Chi vi entra si confronta immediatamente con un fitto spazio vegetativo dove pareti di intrecci di foglie creano una sorta di percorso verso la parte del negozio e del ristorante/bar. Le strutture parlano da sé attraverso uno stile minimal che lascia l’importanza che merita alle ricercate esposizioni dei prodotti di lusso. In questo modo il tutto è riunito in un’unica percezione nella quale l’aspetto creativo artificiale non supera e inonda l’aspetto naturale, e viceversa.
Dalla scala sul lato si accede alla galleria che ospita, in ogni sua importante e attesa apertura, grandi profili rilevanti a livello mondiale in molteplici campi culturali. L’ultima mostra in onore del berlinese “mostro dell’immagine di moda”, Erwin Blumenfeld, rievoca la grande sapienza che possedeva di realizzare degli scatti sorprendentemente ricchi di passione, attenzione, curiosità, minuziosità, studio sapiente. Fotografie che nella semplicità tipica degli anni del Novecento riescono a comunicare tutta l’impalcatura della quale ne è il prodotto. La libreria che precede la galleria è un’immersione nei mondi infiniti della moda, dell’arte, dell’architettura e del design, dove libri di qualsiasi genere hanno il potere di rendere consapevoli che non basta una vita per imparare tutto il necessario. Anche qui lo spazio è organizzato con gusto e attenzione all’ennesima potenza: ogni oggetto d’arredo ha un proprio significato e precisa collocazione. La piccola terrazza che si trova nella parte superiore è il tocco di classe finale: l’animo si ritrova in un’atmosfera di pace e tranquillità e il senso della vista viene piacevolmente sottoposto all’immensità del nuovo centro del business milanese.
Dopo aver deliziato la vista e il tatto in un percorso fitto di arte, cultura e moda, anche il gusto trova il suo apice con i meravigliosi piatti offerti dal menù del ristorante e bar adiacente al negozio. Non è, infatti, solo un detto che fare shopping fa venire fame come un’attività fisica!
Il negozio che espone i capi dei migliori brand di lusso come fossero delle rare e preziose opere d’arte trasportano il cliente in una dimensione quasi irreale: creazioni prima impensabili come reali si manifestano davanti agli occhi.
10 Corso Como non è a caso nato sulla base della filosofia dello slow shopping, dove si crea una unione di cultura e commercio come fulcro di un nuovo network globale e interculturale di tendenze, cibo, arte e fotografia.

Moda e natura: 10 Corso Como

Testo di Francesca Orsi Spadoni

10 Corso Como è sicuramente il motivo che mi spingerà da ora in poi a visitare Milano. A essere sincera non ho mai amato Milano: fin dalla prima volta che l’ho vista non mi ha attratta più di tanto e adesso il mio potrà sembrare un commento egoistico, ma preferisco molto di più Firenze. Senza andare a parlare nello specifico di Firenze, per la quale ci sarebbe da scrivere un libro intero di storie meravigliose, l’articolo che propongo parla di Milano, ma più nello specifico di 10 Corso Como, il concept store ideato nel 1990 da Carla Sozzani, nel quale viene inserito non solo un concept store fantastico, ma anche una galleria d’arte e fotografia dedicata nell’ultimo periodo (dal 16 febbraio al 30 marzo) al fotografo Erwin Blumenfeld, ma che continuerà ad ospitare personaggi ed eventi di altissimo livello; a proseguire, l’edificio contiene una libreria, un ristorante, un bar, una sala da the, un cortile giardino e da qualche mese sono state rese disponibili anche tre camere Bed&Breakfast.

Entrando in 10 Corso Como siamo circondati da enormi piante che creano spazi di relax indirizzati a coloro che vogliono gustarsi un caffè lontani dai rumori della città, in un’area che sembra lontana dalla routine di tutti i giorni, come se entrassimo in un nuovo habitat fatto di emozioni, tranquillità, moda e arte.
Superato il giardino, sulla sinistra ci sono delle scale che portano rispettivamente alla galleria d’arte, che ospita come già detto in precedenza il fotografo Erwin Blumenfeld, per il quale vengono mostrati i suoi scatti del periodo newyorkese lungo un ventennio, dal 1941 al 1960.
L’atmosfera che si respira anche qui nella galleria d’arte è sempre di tranquillità e la melodia che si ascolta crea armonia fra le opere e tutto l’ambiente circostante.
Proseguendo nel nostro percorso troviamo delle scale a chiocciola che ci portano sulla terrazza dell’edificio: tutto è imbandito da altre varie piante che continuano a creare un clima pacifico e naturalista.
Già da questo piccola narrazione possiamo vedere come tutti i tre ambienti descritti coincidano fra di loro e tutto ciò è stato fatto per cercare di tenere continuità con tutto l’edificio, senza che il cliente/visitatore si perda in un ambiente che in fin dei conti non è il suo, perché diverso dalla routine quotidiana. Dopo aver visitato la mostra e dopo aver assaporato l’esterno della terrazza, ci siamo recati nella libreria, anch’essa fatta di profumi, musica e situazioni tali da mantenere la continuità di cui parlavo prima.

È un posto magico nel quale, a mio parere, dieci/quindici minuti non bastano per sfogliare tutti quanti i libri di moda e arte presenti, perché il clima che è stato creato rende la lettura provvisoria dei capolavori un momento unico che vorresti non finisse mai. Certamente uscire dalla libreria senza uno dei quegli enormi e pesanti libri è praticamente impossibile! Usciti da questo spazio, sicuramente con le braccia appesantite dai libri precedentemente acquistati, entriamo in un altro mondo in continuità con i precedenti, che è quello dello store. A primo impatto la cosa che mi ha attratta di più è stata il fatto della sua ricercatezza dell’ordine: era diviso, infatti, per sezioni di colore, ma soprattutto per stilisti.
Le marche che ospita sono fra le più importanti del settore moda, ne cito alcune: Moschino, Cèline, Azzedine Alaia e tantissimi altri. È inoltre suddiviso nella parte uomo e donna e di primo impatto come ci mostrano le immagini soprastanti è la figura femminile a risaltare in questo immaginario, fatto di luci, profumi e colori che riescono a inebriarti.

10 Corso Como: l’incontro di moda e cultura

Greta del PopoloTesto di Greta del Popolo

Camminando per Corso Como ci ritroviamo in un contesto parallelo rispetto alla Milano più nota, e forse più turistica. Le architetture della piccola via pedonale contrastano con quelle del vicino grattacielo come a voler creare un’atmosfera che troverà la sua esasperazione all’interno del concept store. 10 corso como, a differenza dei negozi limitrofi, non presenta vetrine ne un’insegna particolarmente vistosa, da cui emerge la volontà di fondersi completamente con l’ambiente esterno. Forse perché la simbiosi tra 10 corso como e l’omonima via è inevitabile: è infatti grazie al recupero di un garage nella periferica e trascurata zona di Milano che Carla Sozzani ha creato una nuova oasi della bellezza dopo via Montenapoleone, nella quale dopo le 23 prende vita il punto di snodo della movida milanese. Accolti da un grande portone in legno la sensazione è quella di ritrovarsi in un confortevole giardino di una casa. Se qualsiasi negozio di alto livello si fa percepire come altezzoso, superiore e distaccato, il ruolo del paradiso verde di 10 corso como è diametralmente opposto. L’obiettivo del concept store non è quello di far percepire al visitatore la sua potenza ed il suo prestigio, quanto quello di stabilire un dialogo tra il luogo e l’individuo, una dialettica tra significante e significato. L’ospite si ritrova immerso in un’esperienza che prende forma dalla sinergia creata dalla concretezza del luogo e dei suoi elementi simbolici e da quella parte più astratta come le sensazioni create dalle fragranze e dalle musiche che riscaldano l’ambiente. Ma qual è il vero ruolo del concept store? Gli spazi che lo compongono non delineano confini definiti. Da un lato del giardino si scorgono delle piccole scale che portano agli appartamenti da cui si ammira la corte nella sua interezza, il suo ristorante, e le scale che portano alla libreria. Quella libreria che offre una selezione di libri in un ambiente caratterizzato da oggetti di design e che prepara alla visita della mostra. Lo spazio dedicato all’esposizione è preceduto da un corridoio che si affaccia nuovamente sul cortile, quasi come a richiamare il visitatore sull’esperienza nella sua interezza. Proseguendo il concept si fa umilmente da parte, proponendo un’esposizione di opere poste in una grande stanza bianca e luminosa. Una volta terminata la visita si ritorna gradualmente alla piena espressione di 10 corso como attraverso una terrazza da cui si ammira Milano. Ancora una volta, scopriamo la forte ma non invadente personalità del concept che si esplicita nello store e nella selezione di oggetti moda.
Qual è, dicevamo, il ruolo del concept store? Il lato passionale della moda incontra la sua parte più razionale. I due si esprimono nella loro parte più vera, quella lontana dai riflettori ma che rappresenta il motore dei processi di modazione. 10 corso como fa con la moda ciò che carla Sozzani ha fatto con il vecchio garage di periferia: ne esalta le potenzialità senza intaccarne la personalità riuscendo ad aumentarne il valore socioculturale avvicinandola al suo pubblico.

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Testo di Caterina Vannucci

10 Corso Como è un luogo dove la moda non si manifesta rumorosamente e con forza bruta: è una dimensione dove si celebra la cultura sensoriale, che diventa parte integrante dell’ecosistema circostante. Ogni elemento in questo concept store coesiste in armonia e contribuisce con un tassello al mosaico di questa oasi misteriosa, che sfugge agli occhi e alle orecchie dei passanti ignari per strada. Sulla via non si affacciano vetrine appariscenti, e l’entrata è quasi nascosta, come a proteggere un giardino segreto.
Appena varcata la soglia, il verde circonda il visitatore e lo mette a proprio agio: il cortile interno è ricco di ogni tipo di vegetazione, alberi, arbusti e piante rampicanti. La quiete è nell’aria e il rumore della strada sembra lontano anni luce. Il cortile, oltre ad ospitare i graziosi tavolini della caffetteria, apre la strada all’entrata dello store vero e proprio.
10 Corso Como non può essere definito un semplice negozio: è come se la fondatrice Carla Sozzani avesse raccolto un concetto, un’idea centrale, e vi avesse aggiunto atmosfere, sensazioni, musica. 10 Corso Como non è altro che l’essenza tratta da questi ingredienti, l’estratto prezioso di queste piante.
Gli ambienti dello store sono ampi e piacevoli, la musica accompagna l’esperienza del visitatore. Gli oggetti in vendita sono innumerevoli, ma non ci si sente mai sopraffatti o appesantiti dalla loro presenza. È possibile guardare e toccare tutto: questo store non è un templio esclusivo dove bisogna rispettare e temere la dea Moda, non è un museo dove gli abiti vengono custoditi come reliquie. Questo è senza dubbio uno degli aspetti che mi ha colpito maggiormente e mi ha sorpreso positivamente; è bello sentirsi liberi di muoversi nello spazio, essere in grado di tracciare il proprio percorso nello store, senza essere pedinati o controllati a vista da un personale ansioso e giudicante. Girovagando, mi sono sentita a mio agio.
Credo che 10CC sia una formula vincente anche per questo: grazie all’ambiente ricreato, e all’avvolgenza sensoriale del luogo, è in grado di abbattere le difese dell’uomo. Le barriere cadono e il visitatore si ritrova in uno stato di benessere e relax, che più facilmente dispone all’esperienza flow nello store, e successivamente all’acquisto. L’interior design degli ambienti (tra cui l’esclusivo hotel), la vegetazione, la galleria d’arte: sono tutti elementi che dialogano con i nostri sensi e vi interagiscono. È vero che 10CC presenta delle collezioni e degli oggetti per un pubblico di nicchia e ricercato; ma è anche vero che per apprezzare 10CC, e goderne l’esperienza, è necessario solamente avere un paio di occhi, due orecchie, un naso e una bocca.

GIULIA FICINI10 Corso Como

Testo di Giulia Ficini

10 Corso Como, un concept store che racchiude l’essenza della moda, dell’arte e della passione. Uno spazio nascosto in questa via di Milano, che permette di vivere un’esperienza sensazionale.
L’ho visitato più di un mese fa, in occasione della mostra di Blumenfeld, una delle figure più influenti della fotografia di moda del ventesimo secolo. Camminando lungo il corso non ci si accorge della presenza dello store, se non si sta attenti ai numeri civici: un grande portone in legno, con tratti di verde e bianco nascondeva uno dei luoghi più particolari che abbia mai visto. Una volta varcato, di fronte a me, una corte piena di verde, il sole si faceva spazio tra gli alberi, illuminando quella che oserei chiamare la hall del concept.
Completamente all’aria aperta, una corte, dalla quale si poteva accedere ai vari spazi di cui lo store è composto: la galleria posta al secondo piano, l’hotel composto da sole tre esclusive suite, arredate nei minimi dettaglio, il Restaurant / Cafè, il Bookshop il quale offre libri e riviste di moda, fotografia, musica, lifestyle ed infine la boutique, un vero “perdi-capo” per le appassionate del fashion. Uno spazio interamente dedicato alle nuove tendenze sia legate all’abbigliamento, ma anche ai profumi. Un’altra particolarità dello store è la scala a chiocciola in ferro battuto che conduce dalla Galleria alla splendida terrazza situata sul tetto del palazzo: un vero e proprio giardino pensile arricchito da sculture, tavolini smaltati e rampicanti. Impedibile anche la vista, che mette in risalto le contraddizioni di questa zona della città, in profonda trasformazione, dove si mescolano vecchi palazzi e nuove architetture dalle forme originali.
La cosa che colpisce più di tutto è che si viene “catapultati” in questa dimensione, senza rendersene conto, infatti come ho già precedentemente accennato, lo store non segue le barriere architettoniche dei negozi, ai quali siamo abituati: difatti non ci son vetrine, bodyguard all’entrata, insomma le solite consuetudini non fanno parte di questo luogo.
A vent’anni dalla sua creazione, Corso Como è ancora un punto di riferimento per le ultime tendenze della moda e dell’arte. Dietro questo successo c’è Carla Sozzani, sorella maggiore di Franca e a sua volta direttrice di numerose riviste (Elle, Vogue Gioiello, Vogue Pelle). Nel 1991 la decisione di abbandonare l’editoria per realizzare il sogno di una vita: aprire una galleria fotografica.
Lo spazio individuato era una grande casa di ringhiera, occupata in precedenza da un’autofficina, al numero 10 di Corso Como, che ad inizio anni ’90 non era ancora una zona alla moda ma anzi piuttosto degradata. Riqualificato con grande gusto estetico, oggi il palazzo si presenza come un ambiente polifunzionale.
Un angolo di Milano all’avanguardia, dall’atmosfera cosmopolita ma anche estremamente rilassante.

10 CORSO COMO

Testo di Elisa Miglionico

Dirigendosi in Corso Como a Milano e prendendo consapevolezza dello spazio intorno a noi, colpisce come il numero 10 sia un entità a sé stante, incastonata nel senso comune cittadino. Lo si può dedurre facilmente dall’entrata dell’edificio: già è percepibile la dimensione singolare dello spazio, rispetto agli edifici limitrofi.
Scopo della nostra visita è in sostanza la galleria Sozzani, ubicata al secondo piano, che ospita per l’occasione le opere del fashion photagrapher tedesco, Erwin Blumenfeld. La mostra, in maggior parte fotografica ma contenente anche riviste d’archivio, è stata curata da Carla Sozzani, artefice del complesso, dove ci siamo addentrati che risponde al nome di 10 Corso Como. Questo luogo -attraverso la galleria, il “roof garden”, le boutiques, il ristorante e le suites- è capace di armonizzare la relazione estetica tra spazio e brand che diventa in tal modo ricca di significati.
10 Corso Como è, infatti, un luogo che sfrutta al massimo l’esperienza dell’abitare al riparo da quella del comprare, già da quando il modello commerciale tradizionale aveva ragion d’essere grazie alla logica d’acquisto. In seguito siamo passati alla logica del contratto: da valori oggettivi (come lusso, qualità) a quelli soggettivi, del consumatore.
Quindi c’è chi si è posto la seguente problematica: ma attualmente, quali sono i valori che interessano veramente al nostro universo di riferimento?
È chiaro che ci troviamo di fronte a un sistema di valori mesomorfo, ma è anche vero che ci deve essere una simmetria tra valori soggettivi e valori di marca. E in questo caso è il prodotto stesso che deve venire a patti con i valori del cliente. Il rischio è la saturazione del desiderio che è invece massimo quando il suo oggetto è assente e si caratterizza come “vuoto”. Ci troviamo nell’epoca degli stili di vita nella quale il mutamento delle mode è programmato da un sistema economico con un ritmo che s’innesta sul nostro corpo tra desideri e dolori. In questo, Carla Sozzani, è stata la prima ad attuare il coinvolgimento del corpo del consumatore nel suo “concept store” per arrivare così alla profondità. In conclusione è questo che mi ha trasmesso 10 Corso Como. Quest’ultimo costituisce un luogo distaccato dalla routine della realtà milanese, un polmone verde nel centro città e un toccasana per il corpo e lo spirito tale che riesci a percepire gli oggetti, gli abiti e gli accessori al suo interno, non come un mero costo: essi si caricano di contenuti e di esperienze con i quali ti senti allineato e senza accorgertene veramente potresti arrivare a spendere 535€ per un paio di scarpe di Margiela!
Ritornando allo scopo della nostra visita ovvero la mostra di Blumenfeld, tra la varietà delle opere esposte, ciò che mi ha colpito di più è stato “Le Moment”, un affiche capace di coniugare al tempo stesso la bellezza e il mistero appartenenti alla sfera femminile. Ci mostra attraverso l’ottica di Blumenfeld l’immaginazione e la creatività che portò al mondo della fotografia di moda, riuscendo ad aprire le porte allo sviluppo di un nuovo vocabolario visivo per fotografi e designer.

10 CORSO COMO

Testo di Martina Scaparone

L’esperienza a 10 Corso Como è preceduta e, successivamente, accompagnata da quello che possiamo definire un alone di aspettative prodotte dalla notorietà del luogo.
A differenza dei comuni concept store, 10 Corso Como, vanta infatti l’esclusività e la globalità che non possono essere tradotte in una limitativa esperienza di shopping quanto più a un’immersione totale nel mondo della moda. Grazie alla galleria fotografica, la libreria, lo store, il bar-ristorante e gli appartamenti, l’individuo accede a una dimensione totalitaria di quella che è la moda di un tempo mixata alle ultime tendenze, potendo così vivere un’esperienza a 360 gradi che lo accompagna precedentemente e successivamente il mero acquisto di un capo di moda, come non potrebbe diversamente avvenire in un qualsiasi concept store.
Degna di nota è sicuramente la sensibilità culturale che caratterizza il luogo senza però appesantirlo, renderlo banalmente un museo o un semplice negozio. La sfida sta proprio nel definire 10 Corso Como una volta provata l’esperienza della sua eterogeneità qualitativa, senza mai dimenticarsi della sua freschezza di uno sguardo nuovo sul mondo.
Esperienza già arricchita da un importante sistema di attese, si è poi rivelata istruttiva, intensa e soprattutto elitaria.

Lamberto Cantoni
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14 Responses to "Un tributo a 10 Corso Como"

  1. Lamberto Cantoni   2 Aprile 2014 at 22:29

    Un bel reportage Martina, complimenti. Avrei aggiunto il design delle three rooms e il ristorante (coperto). Forse anche la terrazza poteva essere raccontata.

    Rispondi
  2. Adri91   3 Aprile 2014 at 11:44

    Mi sento molto in sintonia con l’articolo di Silvia. Quando andai per la prima volta nella boutique della Sozzani pensavo che fosse un negozio per turisti che amano il lusso. Credevo fosse un posto per vecchione eleganti e molto molto snob. E invece e’ incredibilmente giovane. Ho sentito tanta energia positiva. Chissa’ se ci fosse piu musica i giovani si troverebbero meglio. Anche nel Bazaar vedrei molte più proposte di talenti nuovi. Sono d’accordo con Silvia sulla qualità ma aggiungerei anche la creatività. Un po’ piu di sorprese veramente giovani non ci starebbero male.

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    • Silvia Valesani
      Silvia Valesani   3 Aprile 2014 at 21:16

      Hai ragione Adri. Nonostante gli sforzi oggettivi, manca ancora una boccata di creatività senza filtri e “adolescenziale”, se così possiamo dire. Incrociamo le dita.

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    • Federica Crosato   6 Aprile 2014 at 22:19

      Non essendoci mai stata ed essendo a conoscenza della grande notorietà che 10 CC ha, mi aspettavo anch’io un ambiente freddo che trasmettesse soggezione. Invece l’ho trovato armonioso e stranamente tranquillo, pacifico. Si poteva girovagare per il negozio, la libreria e la mostra in piena libertà senza sentirsi gli occhi puntati addosso.
      Prima visita, ottima prima impressione!
      Personalmente sono stata affascinata dall’organizzazione del negozio e dalla libreria: due mondi che ti scaraventano in un altra dimensione. Quando ne esci ti rendi conto di quante cose non sai! E questo non è da vedere come un aspetto negativo di insignificanza, ma come un motivo per impegnarsi a fare di tutto una fonte preziosa di informazione, un motore che ci traini verso una sempre maggiore curiosità e voglia di ricercare le cose.

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  3. Frida   3 Aprile 2014 at 17:45

    Ciao Adri, se sabato ti va potremmo andare a vedere Ferre. Ti mando un sms domani. Volevo dirti che per me il tuo discorso sulla musica vale fino ad un certo punto. Il silenzio circondato da tante cose belle per me vale piu della musica. Poi volevo dirti che quando ci sono andata io c’era una festa e c’era anche della buona musica.
    A me poi i discorsi sui giovani sembrano una gran fregatura. Tanto poi la gente compra quello che le piace.
    Tu preferisci vedere o sognare di comprare un abito di Alaia come quello nella fotografia oppure quello di un giovane messo li perché e’ un abito fatto da un giovane? Il problema vero di 10 Corso Como e’ che bisogna tutte le volte andare a Milano. Io la musica, feste a parte, la vedrei bene se la Sozzani si inventasse delle sfilate fatte come le sue mostre: molto art, molto performance, molto avantgarde.
    Belle le foto di Martina. Chissà perché non sono state messe in grande negli articoli iniziali al posto di quelle didascaliche!

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  4. Ginevra Carotti   7 Aprile 2014 at 21:12

    10CorsoComo è senz’altro il “nonluogo” per eccellenza, dove potresti passare giornate intere senza accorgerti del tempo che scorre; perché sei così immerso in questo luogo così utopico che non non ti sembra di stare più sul pianeta Terra. Ecco, per me, 10 CorsoComo è così; ogni volta che entro mi sento catapultata sul pianeta Sozzani dove il bazaar è solo una particella che fa parte di un edifico ben più complesso. Non credo di aver mai visto una struttura che comprende store, galleria, libreria, ristorante e hotel tutto unito da un elemento ripetitivo di unicità, reso così grazie anche all’artista americano Kris Ruhs che si è occupato degli interni dell’edificio.
    Il simbolo fatto a forma di cerchio che si ritrova in tutto dalle luci, pareti agli elementi decorativi conferisce alla struttura un elemento di identificazione tale da poter essere riconosciuto in tutto il mondo.
    10 CorsoComo ha un potere che, credo, nessun altro bazaar presente in Italia abbia; ovvero riesce a farti sentire parte di una nicchia.
    Una nicchia che porta come distintivo il logo di 10 CorsoComo e come background ha la moda-arte; perché 10 CC è così porta con sé moda e arte; infatti al suo interno non trovi abiti solo ed esclusivamente di tendenza, ma trovi abiti, scarpe e accessori di veri e propri artisti che delle tendenze hanno fatto un elemento di innovazione pura. Artisti che sono usciti dagli schemi del fashion system, per esempio gli abiti di Alaïa sono capolavori senza tempo che di certo non seguono i dettami della moda; così come le scarpe-scultura di Zaha Hadid.
    Quando dico che 10CC ti fa sentire parte di una nicchia, essendo un concentrato di artisti fuori dal comune, anche il fruitore si sente parte di essa che può essere ricollegata al pianeta Sozzani, già citato nelle righe precedenti.
    Detto ciò la spettacolarità del concept store non la riscontro nel sito; ci sono elementi di continuità tra sito e bazaar ma manca, per riusare il termine preciso usato nell’articolo, il lumen di 10CC; che su piattaforma non rende come invece rende dal vivo. Posti così devono essere esplorati con tutti i nostri cinque sensi al fine di capire ed essere sicuri di recepire la vera essenza di un “nonluogo” come questo.

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  5. Irene Alunni   7 Aprile 2014 at 21:41

    Corso Como è il punto di aggregazione per eccellenza del mondo milanese e non solo, sopratutto per merito di 10 Corso Como, uno spazio polifunzionale, il primo in Italia per il quale si è usata l’espressione “concept store”.
    10 Corso Como è un complesso che prevede un bed & breakfast, 3Rooms Hotel; un locale per aperitivi e pasti veloci; il bazar, con abiti, accessori e articoli per la casa; una galleria d’arte; un negozio di libri e musica.
    La creatura di Carla Sozzani, anticipatrice di tendenze lei settore della moda, del design e dell’arte, (come la sorella direttrice di “Vogue”, Franca Sozzani) è stata inaugurata nel 1991 nel cortile di una casa di ringhiera.
    In origine era un garage e Carla Sozzani l’ha trasformato in quello che è oggi: un’opera d’arte a trecentosessanta gradi, in cui arte, design, musica, moda, architettura e fotografia si fondono in un magnifico equilibrio. Ogni dettaglio è attentamente curato da un personale estremamente competente. Tutto però non è definitivo fin quando non si riceve il consenso da parte di Carla Sozzani, che si aggira tra gli scaffali di 10 Corso Como ispezionando ogni singolo elemento.
    La perla del complesso è senza dubbio la boutique, dove capi di abbigliamento da mille e una notte, fuori dallo spazio e dal tempo, portano le firme di stilisti come Comme des Garçon, Maison Margiela, Courrèges, Alexander McQueen.
    Sono esposti inoltre alcuni abiti vintage della collezione personale di Carla Sozzani e una sezione dedicata a gioielli, accessori, cosmetica dei brand più esclusivi.
    Personaggi del fashion system hanno voluto che le loro collezioni fossero presentate e messe in vendita esclusivamente qui, o hanno scelto di alloggiare al 3Room Hotel, durante i loro frenetici spostamenti di lavoro e piacere. Il 3Rooms presenta mobili di design e accessori che sembrano provenire dal negozio al piano terra. Il 3Room, come il nome suggerisce, è aperto dal 2003 e presenta solo tre stanze: per riuscire ad alloggiarvi è necessario essere qualcuno di davvero speciale.
    Al piano di sopra vi è la libreria dove sono in vendita volumi di design, architettura, fotografia edizioni rare, cataloghi di moda fino alle selezioni musicali.
    Il cuore originario del progetto Corso Como è la galleria, che rappresenta uno dei principali punti di riferimento per quanto riguarda la fotografia.
    10 Corso Como è un angolo di Milano all’avanguardia, internazionale e dall’atmosfera rilassante.
    Il regno della moda, sperimentale e innovativa.
    Visitare 10 Corso Como è come regalarsi un frammento di felicità.

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  6. Chiara Tintisona   12 Aprile 2014 at 18:20

    Era la prima volta che fisicamente visitavo 10 Corso Como, perché grazie alle letture, ai racconti e alla fama del luogo stesso, mi ero immaginata una location paradisiaca per tutti gli amanti del fashion, del design e dell’arte.
    Sarà stata la stagione invernale che non rendeva giustizia alla flora, una Milano sempre più grigia con una tonalità di luce bassa e la molteplicità di persone presenti, che le aspettative di 10 CC sono andate via via sempre più scemando. E’ sicuramente una mia idea abbastanza opinabile, ma sono convinta che con una flora in fiore, una Milano più soleggiata e senza limiti di tempo e caos, che la location avrebbe rispettato le miei sensazioni iniziali. Non voglio essere distruttiva, è ovvio che 10 Corso Como, rappresenta un luogo di culto per tutto ciò che è arte e moda, ma le mie personali opinioni sono state da subito discordanti con le attese prefissate. E’ ovvio che il mood è specifico e abbastanza rilevante: un angolo di paradiso in una Milano sempre più finanziaria e stressante, dove rifugiarsi e condividere le proprie emozioni. Chiunque percepirebbe tutto ciò, ma a volte è proprio quel tocco in più a far rendere il tutto più meraviglioso, cosa che personalmente non è accaduto.
    Di incommensurabile valore espressivo, le tre stanze dell’hotel. Sono rimasta molto stupita nel vedere come le tre stanze si allineassero perfettamente con il mood 10 CC. Penso non sia stato assolutamente facile, inserire un sistema di bad & breakfast, in una visione sistemica del concept.
    Il bazaar presenta abiti particolari e di pregiata esaltazione visiva che trovano maggior rilievo nell’esser stati allocati in un gioco di luci, oggetti e colori caratterizzanti della location.
    Non me ne voglia la brava Carla Sozzani, ma io non avrei mai aperto un 10 Corso Como in un luogo che non sia il vero 10 CC di Milano. Avrei preferito conservare la sua unicità a discapito di un introito maggiore.

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  7. Ambra Cretì   14 Aprile 2014 at 11:55

    10CorsoComo è la parte che più mi piace della moda. E’ il motivo per il quale a questo mondo mi sono avvicinata ed è ciò che ancora oggi mi affascina. Ogni tanto me ne dimentico perché faccio il banale errore di scontrarmi con la mera superficie della tendenza che nulla a che vedere con il significato che porta intrinsecamente la Moda.
    Non mi è mai piaciuta Milano, sarò sincera, sarò eretica, ma è una città che davvero non riesco a sentire minimamente, è uno dei quei posti in cui mi sento a disagio, nonostante la frequenti ormai spesso per questioni lavorative. 10 Corso Como ha riaperto un po’ ciò che da tempo avevo trascurato: la stretta connessione tra moda ed arte, ed è stato un o degli esempi emblematici che potessi vedere e vivere probabilmente. Il primo momento è stato dedicato all’esposizione di alcuni capolavori fotografici di Erwin Blumenfeld, che risulta essere totalmente contemporaneo e vivo anche 50 anni dopo; le foto sono esposte in un ambiente asettico, colmo di luce proveniente dalle grandi vetrate e per questo non necessita di alcun elemento di design aggiuntivo escludendo due o tre poltrone girevoli. Dopo aver visitato la sala, siamo stati scortati attraverso una piccola scala a chiocciola che ha dato l’impressione di girare su me stessa due o tre volte, facendomi tornare bambina e desiderando di sbucare in una piccola soffitta piena di oggetti magnifici. E’ stato ancor più bello: siamo arrivati in un terrazzo incontaminato e fermo nel tempo, dove gli elementi che dominavano gli spazi erano oggetti e opere in ceramica, terracotta e ferro, che assieme si intrecciavano dando vita ad un giardino semi abbandonato ed arrugginito che mi avrebbe potuto trattenere molte ore in più rispetto a quanto potevo rimanere realmente. Effettivamente potrei, dato che è possibile anche affittare dei lussuosi appartamenti che danno proprio sula galleria. Ci penserò quando dovrò nuovamente alloggiare a Milano e quando il mio conto in banca sarà più florido.
    Il negozio è colmo invece di tutto ciò che chiunque segua la moda o sia minimamente appassionato, desideri nel suo guardaroba anche solo per un giorno. Gli oggetti sono ovunque, la testa gira da una parte all’altra e non fa altro che immagazzinare immagini, sensazioni tattili desiderate da tempo alla vista delle ultime collezioni. Qui l’atmosfera è molto più materialista ma tutto sembra così accessibile che quasi non ci si crede.
    Lo ammetto, ho preferito tornare sul terrazzo e rivedere le foto di Brumenfeld. Uscire da quel posto e tornare ad essere circondata da palazzi e grattacieli mi ha fatto svegliare un po’ come Alice nel Paese delle Meraviglie, un po’ incredula e con la voglia di tornarci. Direi che hanno fatto un ottimo lavoro.

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  8. Federica B.   14 Aprile 2014 at 18:25

    Nella nostra visita al concept store 10 Corso Como abbiamo avuto la possibilità di ammirare uno store completo, ideale, totalmente dedicato alla moda, al design e alla fotografia, dove è possibile fare shopping, acquistare un catalogo ma anche godersi un aperitivo con vista sui tetti di Milano. È uno dei concept store più antico e famoso della città, segnalato in tutte le guide turistiche e tappa obbligata per chiunque voglia vivere il lato più cool di Milano.
    A vent’anni dalla sua creazione, infatti, Corso Como è ancora un punto di riferimento per le ultime tendenze della moda e dell’arte. Dietro questo successo c’è Carla Sozzani, sorella maggiore di Franca e a sua volta direttrice di numerose riviste (Elle, Vogue Gioiello, Vogue Pelle) che nel 1991 inaugura mostre fotografiche in questa struttura.
    In precedenza, la nostra efficientissima guida, ci ha spiegato che lo spazio individuato era una grande casa occupata in passato da un’autofficina e che ad inizio anni ’90 quella non era ancora una zona alla moda ma anzi piuttosto degradata. Riqualificato con grande gusto estetico, oggi il palazzo si presenta come un ambiente polifunzionale, infatti, superata la porta d’ingresso siamo entrati in uno splendido cortile immerso nel verde, dove al riparo di un pergolato è possibile pranzare o prendere un caffè.
    Il piano terra è il regno della moda: sperimentale, innovativa, di ricerca. Si trovano brand selezionatissimi e in costante rinnovamento, moda da donna e da uomo, fragranze ricercate e ampia scelta di accessori.
    Il Bookshop è sorprendente e chiunque sia appassionato di arte, moda, grafica, design e architettura è d’obbligo una visita al fornitissimo bookshop, dove si possono trovare libri bellissimi e molto spesso rari. Ovviamente quella fotografica è la sezione più fornita, ma si possono trovare anche CD, guide turistiche e oggetti di design.
    Al piano superiore abbiamo visitato la Galleria di Carla Sozzani che è il cuore originario del progetto Corso Como e uno dei punti di riferimento per quanto riguarda la fotografia a Milano. Qui hanno esposto negli anni Helmut Newton, Bruce Weber, Tina Modotti, Alice Spings, Lisette Model, Erwin Blumenfeld oltre a tanti fotografi emergenti.
    Inoltre abbiamo visitato il Rooftop che si raggiunge con una scala a chiocciola in ferro battuto che conduce dalla Galleria alla splendida terrazza situata sul tetto del palazzo: un vero e proprio giardino pensile. La vista mette in risalto le contraddizioni di questa zona della città in profonda trasformazione dove si mescolano vecchi palazzi e nuove architetture dalle forme originali.
    Che dire un’esperienza davvero entusiasmante per chi ama, o meglio, venera la moda.

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  9. Sara Cecconi   15 Aprile 2014 at 18:49

    1oCorsoComo creato nel 1990 in un ex garage. Cinque piani dedicati alla moda.
    Primo Concept Store del mondo dove è possibile fare shopping, acquistare un catalogo, ma anche godersi un aperitivo con vista sui tetti di Milano.
    Location perfetta, bella tutta la situazione, giardino bellissimo con piante rigogliose che ti accompagnano in questo viaggio fantastico tra idee, shopping, culture, musica, parole, immagini.
    Si respira fin da subito l’amore per le belle cose e per la continua ricerca del design e della moda di qualità.
    è un luogo perfetto dove passare un pomeriggio con le amiche per farsi un’idea sulle tendenze della moda di stagione… dico farsi un’idea perchè lo shopping in 10CorsoComo è per poche persone considerati i prezzi!
    Qui il buon gusto è di casa e si può notare in ogni piccolo dettaglio, dai vasi alle sedie ai sacchetti di carta con il motivo del cerchio con il puntino in centro. Oasi fiorita che mischia chicche introvabili e limited edition.
    Di 10CorsoComo vale la pena soffermarsi sulla galleria d’arte di Carla Sozzani situata al primo piano e sulla libreria che è tra le 10 più belle del mondo.
    Dall’apertura, la galleria ha presentato oltre 200 mostre di fotografi di fama internazionale, tra i quali: Helmut Newton, Bruce Weber, Bert Stern, Paolo Roversi, Hiro, David Lachapelle e altri ancora.
    Oltre alla fotografia, la galleria di Carla Sozzani si dedica anche all’arte, al design e all’architettura presentando i lavori di affermati progettisti ma anche di stilisti come Pierre Cardin e Paco Rabanne. Inoltre è presente anche una selezione di CD musicali.
    Tutto questo è un’ atmosfera coinvolgente e accogliente che ti mette a tuo agio pur essendo un ambiente di elite.
    Bellissima ad esempio l’idea dell’esposizione degli abiti stile mercatino pur essendo abiti firmatissimi.
    Bel concept per questo locale “multifunzione” nel cuore di una delle Jun-zone di Milano, Corso Como appunto.

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  10. Giulia A.   28 Aprile 2014 at 13:40

    Una meta per tutti!
    Meta per chi ama la moda, ma anche per turisti o per i curiosi.
    E’ un luogo che, anche grazie al suo mood, riesce a trasmettere agli occhi del visitatore diverse emozioni.
    La mia prima volta a Milano, mi sono sentita in dovere di passare a dare un’occhiata; ne avevo sentito parlare tanto e molto bene.
    E’ bello sapere che esiste un posto dove arte e moda si intrecciano e si fondono per il piacere degli occhi di chi si trova di fronte a tutto ciò.
    Credo che il punto di forza sia la continua ricerca, l’essere sempre al passo con i tempi.
    Si vede anche nell’immensa libreria al piano di sopra, dove si possono trovare libri che vanno dal design alla grafica fino alla storia del costume interpretata dagli stilisti più grandi.
    L’articolazione della struttura consente di ritrovarsi in un ambiente perfetto, gli spazi dove chiunque può soffermarsi per le proprie riflessioni, di certo non mancano.
    Lo definirei il tempio moderno dello stile, riferendomi ad uno stile diviso in diverse sfumature di interesse.

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  11. Lisa R.   6 Maggio 2014 at 14:49

    Varcata la soglia di 10 Corso Como si apre un mondo: veniamo accolti da un ambiente calmo, fresco, immerso nel silenzio e nel cinguettio degli uccellini. Al piano terra un bellissimo bar, dove è possibile rilassarsi sorseggiando un buon caffè, addentrarsi nella lettura di un buon libro o semplicemente farsi cullare dalla bellezza del posto. Oltre al bellissimo Store, ricco di bellissimi abiti, gioielli e calzature, una delle cose che più mi ha colpita è stato il “bed and breakfast” 3 Rooms: tre suite, ognuna curata nel minimo dettaglio, con punti in comune che uniscono arte, design e tecnologia. Al piano superiore troviamo il bookshop dove è possibile acquistare libri d’arte, architettura, letteratura, moda, design e fotografia. Accanto abbiamo assistito all’esposizione di alcuni capolavori fotografici di Erwin Blumenfeld, ospitati nella Galleria Carla Sozzani. Possiamo parlare quindi del Concept-Store per eccellenza: caratterizzato dalla sua completa eterogeneità rispetto all’esperienza tradizionale del negozio. L’obiettivo è quello di allestire un’esperienza attraverso una molteplicità di suggestioni, provenienti sia dalla varietà di prodotti esposti, sia dall’architettura stessa dell’ambiente.

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  12. Mariagrazia Di Rosa   10 Maggio 2014 at 17:55

    Non ho avuto il piacere di visitare 10 Corso Como, il primo concept store in Italia ma ho visto le foto, mi sono informata sul web e devo dire che per chi è appassionato di moda arte, architettura, design e fotografia è lo store ideale e il luogo perfetto che ti travolge nelle tue passioni.
    Nel concept store si avvicendano interessanti mostre a ingresso gratuito, un lussuoso cafè-restaurant immerso nel verde, l’albergo 3Rooms Hotel, un bellissimo bookshop con libri d’arte, fotografia, grafica, design, moda e architettura.

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