ITALIA – Gigi Riva ci ha lasciato. Rombo di tuono, l’eroe silenzioso, dal soprannome che ricorda quello di un cavaliere antico o un valoroso guerriero, è scomparso a 79 anni.
Gigi Riva, ex attaccante della Nazionale e del Cagliari, era ricoverato da domenica all’ospedale per un infarto che l’aveva colpito nella sua casa nel centro della città sarda dove viveva. Lui, uomo del nord, si è spento in quell’isola solitaria e selvaggia come il suo carattere, dove aveva trovato la sua terra ideale.
Considerato il più forte attaccante azzurro del dopoguerra, campione d’Europa nel 1968 e vicecampione del mondo nel 1970, anno in cui vinse lo scudetto col suo amato Cagliari, è ancora il detentore del record di gol segnati in nazionale: 35 in 42 presenze. Ha segnato 248 i gol in 441 partite tra Cagliari e Nazionale. Una carriera formidabile segnata da grandi successi ma anche da dolori e sofferenze, come gli infortuni in campo.
Soprannominato Rombo di Tuono dal giornalista Gianni Brera per la potenza del suo tiro, era un concentrato di classe e coraggio, tecnica e forza fisica. Mancino naturale, rapido nello scatto, abile in acrobazia e nel gioco aereo ha lasciato un segno indelebile nel calcio italiano.
Ma Riva è stato anche un uomo straordinario, unico e inimitabile, anche fuori dal campo di gioco, come dimostrano i numerosissimi messaggi e attestati di stima di queste ultime ore.
La vita
Nato a Leggiuno in provincia di Varese il 7 novembre 1944, Riva si mette in evidenza in Serie C nel Legnano nella stagione 1962-’63 e poi viene acquistato dal Cagliari nell’estate del 1963. E’ appena un ragazzo quando approda sull’isola. Ma grazie al suo talento e ai suoi gol, il Cagliari comincia a vincere e Riva a poco a poco diventa la più devastante macchina da gol che il calcio italiano abbia mai conosciuto. Il suo tiro può raggiungere i 120 chilometri orari e sprigiona una potenza che non lascia scampo ai portieri avversari. Presto diventa l’oggetto del desiderio di tutti i grandi club del nord. Ma lui, anche quando è la Juventus a volerlo, rifiuta il trasferimento. Il suo è un “no” clamoroso, soprattutto in confronto ad oggi dove tutto si può comprare e tutto ha un prezzo.
Riva decide di restare in Sardegna, dove trova anche l’amore della sua vita, qui rimane per tutta la carriera scrivendo pagine memorabili, protagonista dello scudetto del club sardo nel 1970. E capocannoniere della Serie A nel 1967, 1969 e 1970. Una storia d’amore quella tra Gigi Riva e la Sardegna su cui il regista Riccardo Milani lo scorso anno ha realizzato un docufilm.
L’altra sua maglia del cuore è stata quella della Nazionale. Nel 1968 vince il titolo europeo (il primo per l’Italia) ed è tra i grandi protagonisti del Mondiale in Messico nel 1970, dove l’Italia, dopo la leggendaria semifinale vinta 4-3 con la Germania, perde in finale contro il Brasile di Pelé.
Rombo di tuono
Uomo riservato, poco amante dei riflettori e delle ribalte, così scrive Riva nella sua autobiografia: «Non sono mai stato un chiacchierone. Mi piacciono i silenzi, mi piace semmai parlare con me stesso. Il silenzio è stata una parte importante della mia vita.” E ancora, si racconta ricordando la sua battaglia contro la depressione, cominciata quando ha solo 30 anni: «Quando sono uscito per sempre dal campo, dal sogno che si era avverato e aveva tenuto lontani, entro certi limiti, i fantasmi notturni, ho dovuto cominciare a fare i conti, fino a lì sempre rimandati, con quella parola. Depressione.” A tirarlo fuori dal pozzo nero, è stata la nascita dei figli Nicola e Mauro.
Tanti i messaggi per il grande campione scomparso: Francesco Totti ha postato una foto che lo ritrae con la Coppa del Mondo vinta nel 2006 a Berlino, sotto gli occhi di Riva, allora team manager della Nazionale. Spalletti, attuale ct della nazionale azzurra, definsice Riva “un supereroe silenzioso e discreto che ha sempre lavorato pensando di far star bene gli altri prima che se stesso.”
Mentre il presidente Mattarella scrive di aver appreso della “morte di Gigi Riva con autentico dolore. I suoi successi sportivi, il suo carattere di grande serietà, la dignità del suo comportamento in ogni circostanza gli hanno procurato l’affetto di milioni di italiani anche tra coloro che non seguivano il calcio. Esprimo ai familiari il mio cordoglio e un sentimento di sincera vicinanza“.
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