Come ogni festival del cinema che si rispetti, anche la 72′ Mostra del Cinema di Venezia non ha fatto eccezione: tante le emozioni quante le polemiche. Molti hanno criticato sottovoce Alfonso Cuaròn, regista premio Oscar 2014 con “Gravity”, quest’anno presidente della giuria della Mostra, per le sue preferenze latino americane.
Nella Sezione principale (Venezia 72) la giuria ha infatti decretato il trionfo dell’America Latina con vittoria sia del Leone d’Oro per il miglior film, che quello d’Argento per la regia. “Sarà un festival coraggioso – aveva dichiarato il direttore della Mostra Alberto Barbera, molto applaudito nella cerimonia finale, alla presentazione di Luglio – pronto a scavare nell’animo umano in tutta la sua complessità”.
Solitudine, violenza, disperazione, la difficoltà di instaurare rapporti umani, coltivare affetti autentici, sono stati temi maestri del festival e probabilmente in quest’ottica, il cinema sudamericano si è dimostrato superiore agli altri (di quello italiano parleremo più avanti). Nell’insieme il film “Desde Allà” (opera prima del venezuelano Lorenzo Vigas), vincitore appunto del Leone d’Oro, calza a pennello col progetto della Mostra di Venezia di quest’anno: il film racconta l’inquietante storia di un uomo che, tormentato dall’anziano padre con il quale ha avuto un rapporto traumatico, non riesce a stabilire relazioni emotive con gli altri. Per questo adesca giovani con il denaro, ma solo per guardarli, incapace di avvicinarsi in qualche modo all’altro.
A me è sembrata un’opera a tratti pesante, a volte anche sgradevole, volontariamente sporca, ma allo stesso tempo di grande impatto, molto riflessiva e psicologica.
“E’ la prima volta nella storia che il Venezuela vince a Venezia – ha dichiarato Vigas, applauditissimo in sala dalla madre e accolto in questi giorni a furor di popolo anche nella sua madre patria – e spero che questo aiuti il film nel nostro fantastico e difficile paese al quale dedico questo premio”.
Il premio per la regia va invece all’argentino Pablo Trapero per “El Clan”, storia vera della famiglia Puccio che negli anni Ottanta viveva di rapimenti e omicidi, in un clima di violenza e impunità successivo alla caduta della dittatura dei generali argentini. Ci hanno colpito molto la qualità delle riprese, utilizzate come un vero e proprio strumento per esaltare l’atmosfera reale e realistica del film confermata dalla dichiarazione finale del regista “Sono un grande fan del cinema italiano”.
E ora passiamo alle note liete per il Belpaese; per il terzo anno consecutivo un’attrice italiana conquista il premio per la migliore interpretazione che questa volta va ad una ispirata e delicata Valeria Golino, protagonista di “Per amor vostro” di Giuseppe Gaudino. “Per amor vostro” è la storia di Anna una donna debole, in una Napoli da girone infernale, che da vent’anni ha smesso di vedere quel che realmente accade nella sua famiglia, preferendo non prendere posizione, sospesa tra il bene e il male. Per amore dei figli e della famiglia, ha lasciato che la sua vita si spegnesse lentamente, fino a convincersi di essere una “cosa da niente”. “Anna è un’ignava, termine dantesco che la racconta bene, una che si è adattata alle circostanze, colpevole di non prendere mai posizione. In questo film credo che si affrontino temi molto sentiti al Sud, come la responsabilità. Anna in fondo è Napoli”. Così la Golino, forse mai ispirata come in questo film, ha voluto descrivere il suo personaggio. Un film che consigliamo a tutti forse ancor più dei vincitori, un film molto italiano, un film molto napoletano.
Altro film che ha impressionato molto non solo la giuria, ma anche la critica è “L’Hermine” di Christian Vincent, che porta a casa due premi: miglior sceneggiatura e soprattutto miglior attore protagonista grazie alla tanto toccante quanto divertente interpretazione del francese Fabrice Luchini che ha voluto ringraziare la giuria attraverso un esilarante video dal set dove sta girando il suo nuovo film.
Meritatissimo il premio, che ogni anno suscita grande curiosità, di miglior attore emergente vinto quest’anno dal giovanissimo Abraham Attah protagonista di “Beast of No Nations” di Cary Fukunaga, in cui interpreta un bambino africano trasformato in una macchina da guerra dal suo superiore. Come avete già letto http://www.mywhere.it/dal-red-carpet-alle-visioni-dei-film-piu-attesi/ a noi è piaciuto tantissimo. Crudo in modo infernale, ma reale. Ed il piccolo protagonista l’abbiamo lodato. La sala al termine della proiezione l’ha a lungo applaudito, poi però la critica lo ha stroncato ma, si sa, spesso critica e box office vanno al contrario (soprattutto la critica della mostra di Venezia).
Anche se la prevalenza dei premi sono stati per l’America Latina, il film Brasiliano Boi Neon di Gabriel Mascaro nella sezione Orizzonti , accolto da qualche fischio e qualche mugugno dopo la prima, anche questo, come da nostro pronostico non ha vinto alcun premio.
Un’ultima doverosa menzione va a “Abluka” (Follia) del regista turco Emin Alper che si aggiudica il Premio Speciale della Giuria per la sua storia ambientata nei quartieri poveri di una Istanbul minacciata dal degrado e dal terrorismo, dove due fratelli mostrano la miseria della loro esistenza piegata e assoggettata al potere che costringe, uno, ad un lavoro di delatore e l’altro a uccidere i cani randagi in una città desolata e desolante. Interessante.
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