Luce con muri. Storie da Edward Hopper

Luce con muri. Storie da Edward Hopper

ROMA – Luce con muri. Storie da Edward Hopper, è un piccolo libro ma che racchiude in sé tutta la forza dell’artista. Michele Mozzati costruisce il dialogo delle immagini dell’artista americano. Hopper ha narrato storie. Ha fermato l’attimo. Ha cristallizzato il tempo. Si potrebbe riassumere così la straordinaria opera di Edward Hopper (1882-1967), pittore e uomo taciturno e schivo, amante degli orizzonti di mare e della luce chiara del suo grande studio.

“Se potessi esprimerlo con le parole, non ci sarebbe più nessuna ragione di dipingerlo”.

Vi parlo del libro scritto da Michele Mozzati Luce con muri. Storie da Edward Hopper non solo perché mi ha incuriosito il fatto che lo scrittore e autore teatrale e televisivo, ideatore e condirettore dell’agenda “Smemoranda”, e conosciuto soprattutto per il suo quarantennale lavoro, in campi diversi, con Gino Vignali (insieme Gino&Michele) scrivesse un libro lontano dal suo alter ego Gino (qui per la prima volta pubblica da solo) ma perché su Hopper abbiamo visto, scritto e detto tutto (o almeno pensavo così…) fino a quando sono andata alla sua presentazione dove le parole di Veltroni mi hanno ulteriormente emozionato.

L’ex sindaco e scrittore, Walter Veltroni, presentando il libro ha esordito così:

<<Luce con muri è un’idea originale per osservare il tempo attraverso gli occhi dell’artista-.
La meraviglia, la lentezza dall’osservazione è controcorrente perché non siamo abituati a guardare la luce del mare ma solo a provare a correre sulla cresta dell’onda.
Michele Mozzati  invece guarda la profondità del mare. Si sofferma e scava oltre, vivendo.
Qui l’immediatezza della cresta dell’onda non ne fa perdere la profondità.
L’ autore ci conduce man mano per andare oltre la pennellata.
Segue il filo unitario di atmosfera, nel silenzio, nella solitudine, nel vuoto delle opere di Hopper ma è proprio in questi spazi che Michele riempie questo vuoto. Sono spettatori o personaggi o luoghi che prendono voce, che parlano con un dialogo surreale di chi guarda la finestra nel vuoto.
Lui osserva. Trasmette emozioni e sensazioni.
Rispetta i personaggi presenti nel quadro ed il loro vuoto, talvolta donando a questi silenzi un passato o un presente…
Costruisce il dialogo delle immagini.
Difronte al vuoto dell’America tra gli anni 30 e 50, quell’America solitaria descritta nei quadri più noti di Hopper, la penna di Michele Mozzati ci regala altre immagini. Un’America diventata solitaria, la cui solitudine di allora è terribilmente simile a quella attuale della nostra generazione senza confini, legati solo da mondi virtuali, descrivendo solo profili immaginari, proprio come quelli dei quadri>>.

Qui Michele Mozzati è intervenuto e ha dato il suo contributo con la frase più bella:

<<Accettare la lievità delle cose. L’ironia ci da energia…>.
Cos’altro potevo aggiungere dopo due interventi così belli?

Ho comprato il libro e mi sono fatta regalare una bella dedica, poi l’ho letto tutto d’un fiato, ed ecco che vi regalo uno stralcio, poi decidete se è il caso di regararvelo…

Luce con muri. Storie da Edward Hopper

“C’è una lunga vetrata ricurva. Dentro c’è un bar. Dentro al bar c’è Glenda, perché lei si chiama Glenda. Lui è Rudy, lo si capisce dal Borsalino adagiato morbido sulle orecchie. Le sta seduto accanto, ma non è serata. L’altro, lo vediamo di spalle, ha un nome tutto suo e se lo tiene per sé. Per noi è l’Ingrugnito, anche se non ne scopriremo mai il volto. È quello abbarbicato sul secondo sgabellone da sinistra. I restanti cinque trespoli, sulla sua destra, sono vuoti, così come il primo.
È il vuoto, che resta negli occhi. Vuota è la vetrata del bar, vuota è la strada, vuota la casa di fronte, le finestre. Aperte e vuote. È estate, si direbbe. Vuota, da pensare, la porticina in fondo al bar: si capisce che di là non c’è nessuno. La cucina.
Troppa luce. Eccessiva per essere una notte del ’42. C’è tanta luce che si vedono i particolari. La macchina per scrivere esposta nella vetrina di fronte. O è un registratore di cassa. Il sale e il pepe, lo zucchero, lo sciroppo d’acero, i tovagliolini di carta sul bancone. Due grandi macchine da caffè, tre tazze. C’è un bicchiere bevuto tra il quarto e il quinto sgabello. Qualcuno se n’è andato.”

Ecco che Michele Mozzati ci racconta dieci quadri di Edward Hopper, il grande pittore americano, con dieci brevi storie nate nel lasciarsi coinvolgere dai suoi dipinti pieni di luce e di silenzio.

Sono storie per nulla vincolate da epoche o luoghi, ma semplici suggestioni sollecitate da un volto, un’ombra, una casa bianca o una finestra piena di mare. Dieci racconti per adulti sognatori che riportano un po’ all’età infantile, quando i libri si leggevano e si sfogliavano guardando le figure.

IL LIBRO Luce con muri. Storie da Edward Hopper di Michele Mozzati – StorieSkira – Euro 13,50.

Storie da Edward Hopper di Michele Mozzati

Il genio di Edward Hopper da oggi al Complesso del Vittoriano

E se siete appassionati da sempre di colui che è chiaramente uno dei più popolari e noti artisti americani del XX secolo, non potete perdervi la nuova mostra a lui dedicata al Complesso del Vittoriano, ala Brasini. La rassegna, dal titolo Edward Hopper, dopo il grande successo di Bologna di cui vi consigliamo la lettura di: Edward Hopper a Bologna, arriva nella capitale dal 1 ottobre 2016 fino al 12 febbraio 2017.

Uno stile personalissimo quello di Hopper, imitato non solo dai pittori, ma anche dai cineasti e dai fotografi. La sua evocativa vocazione si è sempre rivolta verso un forte realismo, sintesi della visione figurativa, combinata con il sentimento struggente e poetico che l’artista percepiva nei suoi soggetti. Diceva: “non dipingo quello che vedo, ma quello che provo”.

Dagli acquerelli parigini ai paesaggi e scorci cittadini degli anni 50′ e 60′, l’esposizione curata da Barbara Haskel – curatrice di dipinti e sculture del Whitney Museum of American Art – in collaborazione con Luca Beatrice, attraverso più di 60 opere, tra cui celebri capolavori come South Carolina Morning (1955), Second Story Sunlight (1960), New York Interior (1921), Le Bistro or The Wine Shop (1909), Summer Interior (1909), interessantissimi studi (come lo studio per Girlie Show del 1941) celebra la mano di Hopper, superbo disegnatore: un percorso che attraversa la sua produzione e tutte le tecniche di un artista considerato oggi un grande classico della pittura del Novecento.

Vi ricordiamo infine che la mostra Edward Hopper è realizzata sotto l’egidia dell’Istituto per la Storia del Risorgimento, in collaborazione con l’Assessorato della Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, prodotta e organizzata da Arthemisia Group in collaborazione con il Whitney Museum Art di New York.

 

Fabiola Cinque Michele Mozzati
Io con Michele Mozzati autore del libro

Fabiola Cinque

Leave a Reply

Your email address will not be published.