BOLOGNA – “L’arte de Les italiens come una cosmogonia, come uno stile, come un mondo, come un ordine”: è questa frase del critico d’arte francese George Waldemar ad accogliere i visitatori della mostra René Paresce. Italiani a Parigi. Campigli, de Chirico, de Pisis, Savinio, Severini, Tozzi, che, curata da Rachele Ferrario e presentata da Genus Bononiae – Musei nella Città, sarà fruibile fino al 25 febbraio 2018 nella bellissima cornice del bolognese Museo e Oratorio di Santa Maria della Vita.

Olio su tela, cm. 65,4×54
Banca BPM – Collezione Banca Popolare
È proprio vero, oltrepassando la soglia di questa esposizione non si può far altro che dare ragione a Waldemar; le 73 opere presenti, dipinti e disegni, raccontano un mondo che si mescola alla realtà, superandola. “A rischio di fornire armi ai critici confesso che con del vero fo’ del falso”, dichiarava lo stesso Paresce, che, attraverso le sue tele, conduce delle vere e proprie esplorazioni in dei luoghi sconosciuti. All’inizio del XX secolo, nella Parigi delle avanguardie e successivamente del ritorno all’ordine, sette italiani, tra cui Paresce, cominciano a farsi strada con una pittura che, reinterpretando la tradizione italiana, mescola la classicità ad una fervente immaginazione. Tra il primo e il secondo conflitto mondiale la poetica di questi artisti sembra voler portare lontano, è una piccola parentesi di meraviglia che la crisi economica e politica contribuirà velocemente a chiudere facendo rimpatriare i pittori nell’Italia fascista.

Olio su tela, cm. 73×93
Casa-Museo Boschi Di Stefano, Milano
Nella capitale francese degli anni ’20 e ‘30 tutto era possibile, incontrare nei caffè letterari, come la Closerie de Lilas, Amedeo Modigliani, Chaïm Soutine, Guillaume Apollinaire, Max Jacob e André Breton, ascoltare una lezione di Henri Bergson, visitare gli atelier degli artisti cubisti nel quartiere Montparnasse e chiaccherare con Diego Rivera, anch’esso in quegli anni nella radiosa Ville Lumière. René Paresce si nutre di tutto questo elaborando uno stile pittorico unico in grado di far convivere nella stessa opera elementi di varia natura: cubismo e classicismo, realtà e sogno, formazione scientifica e animo d’artista s’intrecciano in tutti i suoi lavori caratterizzati da una ricorrente e inconfondibile iconografia. Sfere enigmatiche, tende mosse da un vento ermetico, statue misteriose, vele spiegate, figure di spalle, sagome monocromatiche e senza volto abitano l’immaginario del pittore che, operando un’insolita fusione tra natura e architettura proietta coloro che osservano tele come “La statua” (1929), “La partenza” (1932) e “Attesa” (1933) in una dimensione alchemica, dove il tempo è immobile e qualsiasi azione sospesa.

Olio su tela, cm. 90×80,5
Collezione privata
Altro grande protagonista di questa mostra è Giorgio De Chirico, che dopo la rottura del ’26 con il movimento surrealista, va oltre alle tematiche metafisiche del primo decennio del ‘900: manichini, gladiatori, cavalli e mobili en plein air sono alcuni dei suoi motivi ricorrenti rintracciabili anche nell’esposizione bolognese in “Meubles dans une vallée” (1927) e “La quadriga rovesciata” (1929) laddove nel primo caso un’azione che dovrebbe svolgersi all’esterno viene racchiusa all’interno di un ambiente domestico e nel secondo, viceversa, l’arredamento di un interno viene raffigurato nel bel mezzo della natura di una vallata con resti antichi.

Olio su tela, cm. 115,5×82
Mart, Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, collezione VAF-Stiftung
Di Mario Tozzi, organizzatore de Les Italiens de Paris, viene qui esposto un chiaro omaggio alla letteratura di Luigi Pirandello con il suo “Personaggi in cerca d’autore” (1929): nell’olio su tela un uomo vestito di blu osserva delle figure nude prendere vita intorno a lui, un’immagine che rende giustizia al processo creativo di un artista. E poi ancora a sfilare “Il pittore” (1929) e “Le educande” di Massimo Campigli, gli scenari onirici e colorati di Alberto Savinio, come quello di “Tombeau d’un roi maure” (1929), i paesaggi del più parigino di tutti, Filippo De Pisis, e alcun lavori di Gino Severini, come “La leçon de musique” (1928-’29) in cui viene messa in scena la commedia dell’arte con l’ingegnosa aggiunta di uno “strappo nel cielo di carta”.

Olio su tela, 160,5×71,5
Mart, Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, collezione VAF-Stiftung
René Paresce. Italiani a Parigi. Campigli, de Chirico, de Pisis, Savinio, Severini, Tozzi è una mostra da vivere, le tele esposte sono come calamite, sembrano gettare le loro ammalianti reti sullo sguardo di chi le osserva. Pur essendoci stata, ritornerei volentieri, anche solo per soffermarmi ancora un istante davanti a “Paesaggio/La Notte” di Paresce, un dipinto immaginifico ma nello stesso tempo immerso nel buio dell’anno in cui fu realizzato, il 1934 della Notte tedesca dei lunghi coltelli; l’opera sembra precorrere in un certo senso l’assoluta deriva dell’odio razziale che lo scrittore Elie Wiesel, deportato ad Auschwitz e Buchenwald, descrisse nel suo celebre “La notte”. “La realtà è una disgrazia inevitabile, bisogna usare ogni mezzo per non rappresentarla” scriveva René Paresce, allora rifugiamoci nella sua arte e in quella dei nostri connazionali che animarono Parigi in quegli anni incredibilmente fervidi.

Olio su tela, cm. 52,5×64
Casa-Museo Boschi Di Stefano, Milano
Per informazioni relative alla mostra è possibile consultare il sito Genus Bononiae – Musei nella città.
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