Il Covid ci ha isolato, ma la solitudine è davvero il male del nostro tempo?

Il Covid ci ha isolato, ma la solitudine è davvero il male del nostro tempo?

MONDO – Da un anno a questa parte ci confrontiamo quotidianamente con il nemico numero uno della nostra generazione: la solitudine. Ma se da un lato questa ci pone di fronte alle nostre fragilità e paure, dall’altro ci concede il privilegio di coltivare un amore che spesso trascuriamo, presi dalla frenesia delle nostre giornate e dall’urgenza di rispondere alle esigenze degli altri: quello per noi stessi.

Quello che stiamo vivendo è un anno che difficilmente dimenticheremo. Potremmo definirlo l’anno delle prime volte: la prima volta che ci troviamo in balia di un nemico sconosciuto di cui ancora fatichiamo a delineare i contorni. La prima volta delle interrogazioni e delle riunioni in pigiama. La prima volta degli aperitivi a distanza, ognuno in diretta dalla propria cucina. La prima volta che ci sentiamo privati della libertà di disporre del nostro spazio e del nostro tempo come più piace a noi e non all’ennesimo (necessario) DPCM che decide al posto nostro se e quando poter uscire, chi incontrare e dove. Ma è, soprattutto, la prima volta in cui stiamo sperimentando qualcosa che solitamente ci affanniamo a combattere, in una routine iperconnessa, fatta di social media e agende da occupare: la solitudine.

ELOGIO ALLA SOLITUDINE O AMORE PER SE STESSI? QUESTO E’ IL DILEMMA

la solitudine al tempo del covid

Le nostre giornate in questi ultimi mesi sono state caratterizzate dalle assenze: dei nonni che non abbiamo potuto visitare, dei genitori residenti in un comune diverso dal nostro, dei colleghi con cui non abbiamo più condiviso la pausa caffè, degli amici che abbiamo incontrato solo dietro lo schermo dello smartphone durante una videochiamata.

Ma se questo è stato l’anno del Covid, dello smart working, della dad e dei lockdown, credo sia stato anche l’anno della riflessione e dell’ascolto di noi stessi. Sin da bambini, abbiamo imparato ad allontanare in ogni modo la solitudine, demonizzandola e vedendola come l’ineluttabile destino per i non portatori sani di un carattere amabile e solare. “Non essere sempre così scontroso, finirai per rimanere da solo”. Chi di noi non si è sentito dire, almeno una volta, questa frase dal vago sentore di anatema?

Così ci siamo imposti di evitarla a tutti i costi, occupando ogni spazio libero in agenda, dividendoci tra palestre, corsi di cucina, aperitivi e rimpatriate con amici, anche quando avremmo preferito trascorrere qualche ora a leggere, a guardare l’ultima puntata di una nuova serie o, semplicemente, a starcene un po’ per conto nostro, senza dover essere considerati, per questo, asociali.

ABBIAMO CAPITO CHE NON SI PUO’ ESSERE PRESENTI PER TUTTI

Se si vuol cercare qualcosa di buono in un anno drammatico come questo, ecco, direi che è stata la libertà di esercitare il nostro diritto di voler stare da soli, di prenderci del tempo per noi stessi, staccare la spina e abbandonare la convinzione di dover essere presenti sempre per tutti.

È vero, ci siamo riscoperti profondamente legati ai nostri affetti, alle nostre terre di origine in cui non abbiamo potuto far ritorno, alla nostra normalità – fatta di viaggi in metro per andare a lavoro, di domeniche pomeriggio al cinema e di cene nel nostro ristorante giapponese preferito – che di punto in bianco è venuta a mancare. Ma abbiamo anche avuto la possibilità di ritrovare noi stessi. E, forse per la prima volta, di essere anche più indulgenti. Quante volte ci siamo colpevolizzati perché pensavamo di non essere all’altezza dell’immagine di noi stessi che volevamo dare? Quante volte abbiamo sacrificato la nostra vera natura per seguire quella degli altri? Nel privato delle nostre case ci siamo sentiti protetti e impermeabili alle pressioni di una società che ci vuole performanti, belli, divertenti e sempre sulla cresta dell’onda.

Tutti noi non vediamo l’ora di ritornare a quello che più amavamo prima che il Coronavirus entrasse nelle nostre vite, al caos delle nostre giornate piene di impegni e ai nostri affetti più cari.

Ma che boccata d’aria aver avuto l’opportunità di coltivare quell’amore, che ogni tanto dimentichiamo, verso qualcuno da cui non ci separeremo mai: noi stessi.

Marianna De Mare

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