Un anno di Covid: ne siamo usciti davvero migliori?

Un anno di Covid: ne siamo usciti davvero migliori?

MONDO – È passato ormai più di un anno dall’inizio della pandemia che ha stravolto senza preavviso il nostro modo di vivere: dal lavoro alla scuola, dai viaggi ai pranzi in famiglia, dallo shopping agli aperitivi. Ma se tutto sembra essersi fermato per rimanere drammaticamente tutto uguale, a essere cambiati, siamo stati noi.

Da qualche giorno provo a scrivere un pezzo nuovo incentrato sul cambiamento, il tema di aprile di MyWhere. Scrivo, non mi convince, cancello, provo a iniziare una nuova frase. Niente.

Deve essere quello che gli esperti del mestiere chiamano il blocco dello “scrittore”. Guardo il foglio bianco e non riesco a mettere nero su bianco quello che ho in testa. Penso a tutto quello che è cambiato nel corso di questi mesi: il nostro modo di lavorare, di studiare, di relazionarci con gli altri, di viaggiare. Non sarà così difficile trovare un argomento di cui scrivere. Eppure, qualsiasi articolo io inizi, non riesco a farlo mio, non mi coinvolge abbastanza. Come se quel cambiamento di cui vi voglio raccontare non fosse ben radicato dentro di me.

Allora, per semplificarmi la vita, provo a pensare a un cambiamento che ho avuto sempre sotto gli occhi e di cui sono stata spettatrice giorno dopo giorno: il mio. 

IL COVID CI HA CAMBIATO?

I leitmotiv del Covid

Così mi chiedo: sono diversa rispetto allo scorso anno? Ho delle nuove consapevolezze? Mi sento migliorata, arricchita, peggiorata?

Non lo so. A volte mi sento inchiodata alla me di sempre, alle mie abitudini, alle mie convinzioni, ai dubbi e alle zone d’ombra. Talvolta, invece, penso di essermi evoluta, di avere delle certezze che prima non avevo. Di aver capito delle cose di me sfuocate fino a qualche mese fa e che ora riconosco come mie caratteristiche prevalenti. Ma non so se sia merito della pandemia o semplicemente dell’anno in più che mi porto sulle spalle, che mi aiuta a vedere le cose da una prospettiva differente. 

Quest’anno è stato caratterizzato da una frase che abbiamo ripetuto a più riprese come un mantra: Ne usciremo migliori. A un certo punto forse ci siamo sentiti quasi obbligati a migliorarci effettivamente in qualcosa, giusto per non restare indietro.

Se ne siamo usciti migliori non lo so, ce lo dirà il tempo. L’essere umano impara in fretta ma solitamente dimentica altrettanto rapidamente. Di sicuro ne usciamo diversi. Non tanto rispetto a quello che eravamo, ma rispetto a quello che viviamo.

LE CANZONI DAI BALCONI CONTRO LA PAURA E IL RIATTIVARSI DI VECCHIE POLEMICHE

Il Covid ci ha cambiato?
Il Covid ci ha cambiato? Tutto è iniziato dai balconi… e dalle canzoni che ci facevano sentire così uniti

È ormai passato più di un anno da quando tutto è cambiato, per rimanere fondamentalmente quasi tutto uguale. A distanza di mesi parliamo ancora delle stesse identiche cose: zona rossa, zona gialla, quarantena, apri la scuola, chiudi la scuola, Pasqua a casa, contagi, terapie intensive, decessi.

Ma se tutto intorno resta immutato, a essere cambiati probabilmente siamo stati noi. Prima eravamo impauriti e fiduciosi; ora siamo impauriti e molto stanchi. 

Dei canti sui balconi e dei lunghi pomeriggi passati a impastare il pane è rimasto poco. Sarà che eravamo più vulnerabili, ma all’inizio si riusciva a scorgere un’umanità che spesso sacrifichiamo per fare posto al cinismo forzato che va di moda ai giorni nostri, che faceva pensare che, forse, davvero potevamo uscirne arricchiti. Tutti ci siamo spesso commossi pensando alla nostra Italia ferita. Ci siamo scoperti fortemente legati al nostro Paese, da Nord a Sud. Se c’era una cosa positiva nella realtà angosciante che stavamo vivendo, era il senso di unione e di appartenenza a un’unica grande famiglia, che ci ha aiutato a sentirci meno soli.

Anche di quella famiglia è rimasto poco: siamo tornati alle lotte tra Meridione e Settentrione, a puntare il dito contro quelle città che non sanno rinunciare alla movida del sabato sera; a ridacchiare del sistema sanitario di quelle regioni considerate da sempre fiore all’occhiello del Paese e che ora invece si stanno dimostrando fallimentari nella gestione della pandemia. Come se la sconfitta di uno non fosse una perdita per tutti.

UN ANNO DI COVID: LA NORMALITA’ E’ SOLITAMENTE SOTTOVALUTATA

Castelli di Rabbia di Alessandro Baricco. Disponibile su Amazon

Nonostante tutto, credo (e spero) che questo lungo “inverno” che viviamo ormai da mesi, qualcosa ce l’abbia insegnata davvero: e cioè che la normalità è solitamente sottovalutata. Vogliamo vivere una vita che sia sempre straordinaria (più per farla vedere agli altri che per dare piacere a noi). Vogliamo essere a tutti i costi perennemente sopra le righe, che non è desiderio di migliorarsi ma solo fame di vanagloria da dare in pasto al nostro ego. Adesso però tutti speriamo di tornare presto alla vita normale, fatta di un caffè al bar al mattino, un giro per negozi, una pizza con gli amici, un viaggio in metro per andare a lavoro, una gita fuoriporta. Cose così, normali.

E a proposito di normalità, mi viene in mente un estratto dal libro Castelli di rabbia di Alessandro Baricco, che recita così:

Qui si vive al riparo. E non è una cosa spregevole. È bello. E poi chi l’ha detto che si deve proprio vivere allo scoperto, sempre sporti sul cornicione delle cose, a cercare l’impossibile? È proprio obbligatorio essere eccezionali? Io non lo so. Ma mi tengo stretta questa vita mia e non mi vergogno di niente. C’è una dignità immensa, nella gente, quando si porta addosso le proprie paure, senza barare, come medaglie della propria mediocrità. E io sono uno di quelli.

Ecco, io sono una di quelli. Voi?

Marianna De Mare

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