La Roma, Mourinho e quel grande avvenire dietro le spalle

La Roma, Mourinho e quel grande avvenire dietro le spalle

ROMA – A difesa della Magica arriva The Special One e dalla depressione per una stagione quasi disastrosa, a Roma, sponda giallorossa, si passati all’estasi. Mourinho sarà grande come Capello e Liedholm? E riuscirà a rilanciarsi dopo i recenti fallimenti in Premier? Cerchiamo di capirlo.

Josè Mourinho sarà il nuovo allenatore della Roma per le prossime tre stagioni, a partire da quella 2021/22. La scelta ricaduta sul tecnico portoghese da parte della compagine capitolina (la sola squadra della Capitale che può attirare e attrarre personaggi così mediaticamente influenti), nelle tempistiche e nelle modalità è stata mediaticamente perfetta. Settimi in campionato e fuori dalla semifinale di Europa League, la notizia dell’approdo a Roma dello Special One ha cancellato in un nanosecondo tutti i malumori e le frustrazioni di una piazza assai complicata quanto affascinante e che fonda la sua ragion d’essere nell’irrazionalità del sentimento calcistico.

Mourinho approda a Roma dopo una deludente esperienza londinese sulla panchina del Tottenham, culminata con l’esonero in prossimità del finale di stagione. Ciò che però il tecnico lusitano può vantare è un grande passato o, se vogliamo prendere in prestito un meraviglioso titolo di un delizioso libro di Vittorio Gassman del 1981, “un grande avvenire dietro le spalle”. Il suo palmares vanta infatti 25 titoli tra Portogallo, Spagna, Inghilterra e Italia vincendo, tra le altre cose, due Uefa Champions League e due Uefa Europa League oltre a otto campionati nazionali (2 col Porto, 3 col Chelsea, 2 con l’Inter e 1 con il Real Madrid) rendendolo, sic stantibus rebus, uno degli allenatori più vincenti della storia del calcio. Essere all’altezza di questo “avvenire alle spalle” non è facile nemmeno se ti chiami Mourinho e se, molto banalmente, quel passato ti appartiene, ti abita, ti riguarda.

MOURINHO: L’ANTICRISTO DEL GUARDIOLISMO TIKITAKEGGIANTE

Mourinho alla Roma
Mourinho alla Roma guadagnerà 7 milioni all’anno più 8 pagati (per una sola stagione) dal Tottenham. L’allenatore portoghese ha firmato un contratto fino al 2024

Un passato calcistico che il mago di Setubal ha costruito attraverso un approccio al calcio assolutamente pragmatico e scevro da qualsiasi fondamentalismo tattico, esaltando la linearità logica di questo sport: fare un gol in più degli altri (o subirne uno in meno). Mourinho non ha mai problematizzato il calcio, non lo ha mai reso un feticcio concettualizzato e polveroso stracolmo di analisi vuote e velleitarie filosofie, afflati letterari e adanismi esasperati: tutt’altro. Il suo, per usare un’espressione adoperata da Italo Cucci dopo la semifinale di Champions League vinta dall’Inter contro il Barcellona nel 2010, è sempre stato un calcio “compattato” e monolitico che nel sacrificio e nell’unità d’intenti trovava la sua massima realizzazione, il suo più nobile compimento. In un mondo pallonaro che incominciava ad abbracciare il “guardiolismo tikitakeggiante” come unico dogma incrollabile e insindacabile, Mourinho si poneva come l’anticristo, l’antieroe per eccellenza, il prosecutore di una tradizione che voleva essere spazzata via da un’avanguardia, vera o presunta, tronfia e assolutoria. Egli, invece, decideva di sostare nel metaxy, lì dove errano i mortali.

“Ho creato in me varie personalità. Creo costantemente personalità. Ogni mio sogno, appena lo comincio a sognare è incarnato da un’altra persona che inizia a sognarlo, e non sono io”, così Fernando Pessoa svelava il mistero legato alla finzione letteraria dei suoi numerosi eteronimi ed è così che Mourinho ha fatto in tutta la sua carriera. Riempire il baule di gente e riempirlo dei suoi eteronimi che nascono dal mutamento della sua personalità e dalla sua innata tendenza organica alla spersonalizzazione e alla simulazione. Mourinho ha vestito mille panni e abitato mille case, dal Porto al Chelsea, dall’Inter al Real Madrid, ingaggiando battaglie sempre nuove e identificando nemici sempre diversi, svestendo e rivestendo maschere sempre differenti. E lo farà anche ora, abitando i panni del centurione a difesa dell’Urbe. A baluardo della sua leggenda. Del suo “io” nella comunità.

 

Claudio Troilo

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