L’Europa in bici di Francesco Accardo: “La fatica riordina i pensieri. E un giorno visiterò Africa e Sud America su due ruote”

L’Europa in bici di Francesco Accardo: “La fatica riordina i pensieri. E un giorno visiterò Africa e Sud America su due ruote”

“Vedere l’Europa dalla bici vuole dire vederla lentamente, con attenzione e molto da vicino: vedere la sua estetica e respirare anche la sua parte più nascosta. E in maniera speculare si riesce a vedersi dentro. A parlare con se stessi, a capire i propri errori, a riflettere su tante situazioni vissute nella vita”. Francesco Accardo

ITALIA – 32 giorni di viaggio, 3000 chilometri in bicicletta, 15 mila metri dislivello complessivo. Quello di Francesco Accardo non è stato un semplice viaggio in Europa in bici, ma una vera e propria impresa che va al di là dei km percorsi. E con lui, vogliamo raccontarvela.

Voleva raccontare il tema delle riaperture post Covid in Europa. E per farlo si è munito di una sola cosa: la bicicletta. Francesco Accardo, ingegnere 31 enne cagliaritano con la passione per le due ruote, ce l’ha quasi fatta. Perché quasi? Perché a causa delle restrizioni non ha potuto varcare i confini della Norvegia, direzione Capo Nord, in quella che sarebbe stata, anche metaforicamente, la conclusione perfetta di una vera e propria impresa.

Poco male, perché Francesco Accardo, nella sua traversata, il Progetto Tramonti, non ha soltanto attraversato mezza Europa in bici  – Francia, Lussemburgo, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Danimarca e Svezia – ma ha anche scoperto una parte sconosciuta di sé stesso. E poi, a Capo Nord, Francesco ci tornerà, molto presto: “Appena sarà possibile, e la Norvegia riaprirà i confini, prenderò un  aereo per Oslo e concluderò il mio percorso.” 

L’esperienza umana di Francesco va al di là dei km: al termine del progetto seguirà un documentario, per raccontare la storia di diversi connazionali trasferitisi oltre confine. Storie umane, incontri, imprevisti (come quello del furto dell’attrezzatura audio e video) che  stanno  segnando  un  racconto  personale  e  di  vita  vissuta, in  un momento in  cui il  tema  del  viaggio  rimane  ancora  un  elemento  estraneo  alla  vita  di  molti,  in  questo  periodo  di  uscita  dall’emergenza sanitaria.

La sua storia e i suoi obiettivi ci hanno colpito profondamente e abbiamo chiesto di farceli raccontare proprio da lui.

Francesco Accardo

Ciao Francesco, è un piacere averti con noi. Il tuo viaggio si è concluso dopo 32 giorni di viaggi ininterrotti. Hai attraversato mezza Europa per  raccontare il  tema  delle  riaperture post Covid. Che cosa ti porti dietro di questa esperienza incredibile?

Mi piacerebbe rispondere: la pioggia. Però, dopo una settimana che sono ritornato, comincio a metabolizzare correttamente tutto ciò che ho visto e che ho provato in quelle settimane sulla bicicletta. Vedere l’Europa dalla bici vuole dire vederla lentamente, con attenzione e molto da vicino: vedere la sua estetica e respirare anche la sua parte più nascosta. E in maniera speculare si riesce a vedersi dentro. A parlare con se stessi, a capire i propri errori, a riflettere su tante situazioni vissute nella vita. La fatica – con la solitudine sui pedali – genera un riordino dei pensieri non indifferente. E che auguro a tutti quelli che non hanno scavato troppo nel proprio profondo. Il viaggio è sempre interno.  

Come ci si prepara fisicamente per un’impresa del genere?

Una buona parte della preparazione è sicuramente psicologica ed è data dalla motivazione. La prima volta che ho pedalato per più di 20 km in vita mia è stata lo scorso anno nella prima tappa del viaggio fatto in Italia – dopo il lockdown – da Palermo all’Alto Adige. Pur non avendo alcun tipo di preparazione, sono riuscito a farcela molto facilmente. Vale a dire che se ce la faccio io, ce la può fare chiunque! A questo giro, tuttavia, ho voluto allenarmi per bene partendo da qualche mese prima. Non sono stato molto attento alla dieta, ma ogni giorno pedalavo in città per più di 40 km, facevo ripetute nei tratti di salita, sprint nelle parti pianeggianti e andavo in palestra per rinforzare le gambe e (soprattutto) la schiena. Devo dire che se avessi ridotto poco poco la pastasciutta e la birra, magari avrei potuto avere delle prestazioni pure migliori. 

Quale paese ti ha colpito particolarmente sia da un punto di vista visivo che sotto l’aspetto della ripartenza dopo la pandemia? Insomma, chi sta gestendo meglio le cose in Europa?

In Francia, nella Lorena, ho incontrato un cartello che definiva la linea spartiacque tra il bacino del Mar Mediterraneo e il bacino del Mare del Nord. È impressionante come – a partire da quel cartello – le cose cambino radicalmente da un punto di vista architettonico, culturale, sociale, antropologico. In tal senso ho sicuramente adorato la Svezia per tanti motivi. Una cultura europea molto lontana dalla nostra. Persone decisamente diverse da noi. Architetture di tutt’altro stampo. Personalità che sono forgiate dal ritmo del sole che regala loro 6 mesi di luce e 6 mesi di buio. Ovviamente differente a seconda delle latitudini. Un Paese che ha deciso di affrontare la pandemia a suo modo partendo dalla vastità del loro territorio. Pochissime persone che vivono in una terra enorme e che – per cause climatiche – vivono ogni anno dei confinamenti forzati. Quindi ho visto una nazione che non usa la mascherina e che vive responsabilmente il momento, nella consapevolezza delle conseguenze. Non so se sia giusto o sia sbagliato, ma mi ha affascinato. 

E quali sono stati i territori che ti hanno più messo in difficoltà durante il tuo viaggio in bici?

Senza dubbio i primi 10 giorni in Francia sono stati durissimi. Sono sbarcato in Provenza e da lì ho dovuto affrontare prima le colline dell’Alta Savoia, poi le Alpi francesi e infine il Jura. Salite a non finire quasi sempre sotto la pioggia. Un freddo cane e soprattutto negozi chiusi e coprifuoco dalle 19 alle 6. Diverse volte ho pensato di fermarmi, chiamare un taxi e tornarmene a casa. Ogni volta non desideravo che un bagno bollente. Fortunatamente ho stretto i denti e sono andato avanti.  

IL RACCONTO VIDEO DEL VIAGGIO 

Hai assicurato che prima possibile prenderai un aereo per Oslo e concluderai il tuo percorso. Cosa rappresenta per te Capo Nord?

Mi è sempre piaciuto pensare che la Sardegna sia il piede europeo dell’Africa. Cagliari è a meno di 200 km dalle coste della Tunisia. Mentre Capo Nord è il limite estremo dell’Europa continentale. In qualche modo sono due punti di frontiera e di limite e mi piace l’idea di ricongiungerli e legarli con un viaggio simbolico. Capo Nord evoca il Mar Glaciale Artico, le tempeste, le bufere invernali, le grandi traversate verso la regione polare. Capo Nord evoca gli esploratori e quel fascino romantico del viandante sul mare di nebbia. Mentre Cagliari è invece il centro del Mediterraneo occidentale. Calda e sempre vivibile in qualsiasi stagione. Questo concetto degli estremi da collegare mi ha sempre affascinato. Appena possibile prenderò un aereo per Oslo e da lì risalirò in bicicletta per concludere questo percorso. 

E nel futuro di Francesco Accardo che cosa c’è? Un’altra impresa da qualche altra parte in giro per il mondo?

Fermo restando che devo ancora concludere questo viaggio a Capo Nord, nell’immediato sicuramente ritornerò – anzi sono già ritornato! – al lavoro quotidiano. Nel mentre sto riflettendo su alcuni itinerari affascinanti: la grande regione del Mediterraneo ad esempio. Un viaggio che connetta tutte quelle culture – decisamente molto simili tra di loro – che si affacciano sul mare Nostrum. Africa, Spagna, Italia, Balcani, Turchia, Medioriente, isole. Da qualcosa saranno pur accumunati? Rimangono poi quei viaggi affascinanti e un po’ esotici come il Sud America o l’Africa nella sua interezza. C’è tempo: la vita è appena cominciata. 

IL TRAGUARDO E IL RACCONTO SOCIAL 

Il percorso di Francesco e le  tappe del progetto è stato raccontato quotidianamente sui suoi  profili social:

Instagram @frasquito_de_bobadilla 

Facebook Progetto Tramonti.

Paolo Riggio

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