Paralimpiadi 2020. È un’Italia pazzesca!

Paralimpiadi 2020. È un’Italia pazzesca!

MONDO – Le Paralimpiadi 2020 a Tokyo si sono concluse con ben 69 medaglie italiane, una prestazione stratosferica, dietro solo a Roma 1960. Il medagliere, alla fine dei Giochi, dice 14 ori, 29 argenti e 26 bronzi, con oltre la metà provenienti dal nuoto.

Le Paralimpiadi 2020, i XVI Giochi Estivi di Tokyo si concludono con il secondo miglior successo dell’Italia nel medagliere assoluto (superato Seul ’88), a -11 dal record di 61 anni fa, di Roma 1960. La delegazione italiana ha avuto grandi soddisfazioni da diversi sport, tra cui atletica (il podio tutto azzurro nei 100 metri è stata la ciliegina sulla torta), ciclismo, scherma, tiro con l’arco. Ma la disciplina in cui più si è distinta è il nuoto, in cui l’Italia ha vinto in totale 39 medaglie: 11 ori, 16 argenti e 12 bronzi.

Queste sono state le Paralimpiadi di chi combatte tutti i giorni, di chi deve inseguire da tutta una vita. Sono i Giochi del riscatto e del cuore, di chi sembrava non avere futuro e che ha fatto delle proprie disabilità un punto di forza. E questi ragazzi non hanno avuto nemmeno lo spazio che gli spettava su quotidiani (soprattutto su uno “sportivo”) e tv. Perché?

Perché quando Jacobs ha vinto i 100 metri trovavo titoli giganti in prima pagina mentre per Sabatini, Caironi e Contrafatto (una tripletta straordinaria nei 100) ho visto al massimo trafiletti? Perché non riusciamo a dare la stessa importanza a tutti e a ogni sport?

Tante domande sarebbero da porsi, ma adesso la cosa più importante, è celebrare questi grandi sportivi.

Bebe Vio, una forza della natura

Bebe Vio. Ora nella prova di fioretto individuale. Argento a squadre. Nonché portabandiera azzurra.

E cosa c’è di nuovo, mi direte voi? Probabilmente, però, avrete letto le sue parole di qualche giorno fa. Bene, perché Bebe, qui a Tokyo, ha rischiato di non esserci e non solo. Più della pedana, è stata a un passo dal perdere la vita pochi mesi fa. Infatti, dopo la vittoria contro la cinese Zhou, scoppia a piangere.

Siamo ad aprile quando viene colpita da un’infezione da stafilococco. La prima diagnosi sembra senza appello. Amputazione del braccio e morte entro breve. Ha vinto anche, e soprattutto, qui. Con la sua forza e la sua determinazione, dopo l’intervento è tornata in pedana a 119 giorni dai Giochi. Sappiamo tutti com’è andata. Nessuna ulteriore parola può ergere, ancor di più, a monumento contro le difficoltà questa ragazza.

Il nuoto. Uno strapotere azzurro

Le medaglie provenienti dal nuoto sono ben 39. Un risultato eccezionale, sopra ogni previsione. Pensate che questo numero corrisponde al totale di medaglie dell’Italia Paralimpica a Rio 2016, dove il nuoto si era fermato a 13. Stefano Raimondi (costretto in carrozzina da una diplegia cerebrale infantile) è il più premiato in assoluto, con 7 metalli (2 bronzi, 4 argenti e 1 oro), mentre le primatiste azzurre sono Carlotta Gilli (ipovedente a causa della sindrome di Stargardt, una retinopatia degenerativa) e Giulia Terzi, entrambe con 5 allori.

Ancora dal nuoto il numero maggiore di record azzurri battuti in questa Paralimpiade, grazie a Simone Barlaam, Antonio Fantin, Arjola Trimi (tetraplegica per una malattia degenerativa) e Giulia Terzi che hanno riscritto i primati delle loro specialità. Stupenda la scena di Gilli (oro) e Berra (argento) nei 100 metri farfalla che cantano l’inno di Mameli, insieme, sul gradino più alto del podio.

E Manuel Bortuzzo? Non faceva parte della spedizione azzurra, certo, ma chissà cosa avrebbe potuto ottenere in gara. A oggi, ha girato un docu-film, L’ultimo sogno, ovviamente incentrato sul nuoto. I medici, inoltre, hanno confermato che la sua lesione al midollo non è completa e le speranze di tornare un giorno a camminare ci sono. Il suo obiettivo è farcela entro 10 anni. Qui, del suo libro Rinascere ce ne aveva parlato il nostro Paolo Riggio.

Atletica e una tripletta da sogno alle Paralimpiadi 2020

Nei 100 metri T63 femminile (categoria degli atleti che gareggiano con protesi a un arto) l’abbiamo fatta da padroni, sotto una pioggia battente. Ancora. Sì perché sul podio, questa volta, ci salgono solo italiane. Ambra Sabatini oro, Martina Caironi argento e Monica Graziana Contrafatto bronzo.

Ambra due anni fa perse la gamba in un incidente con lo scooter. Percorrendo le strade dell’Argentario con il padre, un auto proveniente dal senso opposto di marcia invade la corsia dopo un sorpasso azzardato tranciandole il ginocchio. Dopo l’amputazione riparte con grinta, ispirandosi proprio a Martina Caironi, investita anche lei nel lontano 2007. Monica, invece, la perde in Afghanistan (qui potete trovare un bellissimo articolo sulle donne in Afghanistan di Fabiola Cinque), dove viene gravemente ferita nel 2012 in un attacco a una base italiana in Gulistan. Le amputano la gamba destra, devono intervenire anche sull’intestino e su una mano. Durante la convalescenza, anche lei vede il coraggio, la forza, la grinta di Martina Caironi e decide di iniziare a correre.

Il resto è storia.

Il grande assente

Un pensiero va anche al grande assente di queste Paralimpiadi 2020. Parlo di Alex Zanardi, pluricampione paralimpico, che da più di un anno lotta per sopravvivere e omaggiato da Paolo Cecchetto, Luca Mazzone e Diego Colombari che si avvolgono nel tricolore e si mettono al collo l’oro. Torna presto campione!

Mi perdonerete se di molti altri non ho parlato come Assunta Legnate, argento nel lancio del peso, cat. F12 o il bronzo nel kayak di Federico Mancarella. Non per questo le loro medaglie valgono meno. Ma raccontare di tutti questi straordinari atleti non basterebbe un singolo articolo.

Con la speranza che questi Giochi abbiano sensibilizzato maggiormente l’opinione pubblica, avvicinando quante più persone possibili a questi ragazzi e ragazze che hanno portato altissimo il nome del nostro Paese, vi aspetto per il prossimo articolo.

Francesco Frosini

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