Alberto Improda:”l’Abrogazione del Patent Box? Un tradimento all’Innovazione Made in Italy”

Alberto Improda:”l’Abrogazione del Patent Box? Un tradimento all’Innovazione Made in Italy”

ITALIA – In vista dell’Evento CRIET del prossimo 5 novembre abbiamo Intervistato l’avvocato Alberto Improda per fare un po’ di chiarezza sul Patent Box.

Il D.L. 146/2021 opera di fatto una abrogazione del Patent Box, uno strumento che si è rivelato avere enorme efficacia nel fornire sostegno alle imprese più meritevoli. Questa riforma è sostanzialmente una mossa errata e azzardata, per almeno due ragioni.

Innanzitutto, la nuova modalità interviene sui Costi e non sugli Utili, passando quindi da un Premio al Merito ad un indennizzo per la Spesa. Inoltre, mentre il vecchio Patent Box ha dato supporto ad una grande cerchia di Imprese, il nuovo fornirà assistenza e utilità solamente a un ristretto gruppo.

Patent box MyWhere

CRIET Incontra è l’attività del Centro di Ricerca Interuniversitario in Economia del Territorio che ha l’obiettivo di far confrontare, su una
serie di temi di fondamentale importanza per lo sviluppo del terrtitorio con i soggetti che hanno potere decisionale all’interno delle imprese e delle istituzioni.

IL DECRETO LEGGE 146 

studio improda

Il Decreto Legge 146, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 ottobre 2021, all’Articolo 6 prevede una Semplificazione della disciplina del patent box.

Patent box MyWhere

L’Avv. Alberto Improda, che abbiamo incontrato anche in passato, in più sedi sta denunciando in più sedi l’erroneità di questo intervento, anche come presidente del Centro Studi X Route Impresa. Lo abbiamo intervistato per fare luce sulla questione.

In primo luogo forse è bene chiarire cosa sia il Patent Box: come possiamo definirlo in parole semplici?

Il Patent Box è una misura per promuovere l’Innovazione nelle Aziende ed è stato introdotto nel nostro ordinamento con la Legge di Bilancio del 2015.

L’istituto tecnicamente rappresenta un regime di tassazione agevolata per i redditi derivanti da alcuni beni immateriali, presenti nel patrimonio delle Imprese: brevetti, design, software e know-how.

In altri termini, le Imprese che investono sull’Innovazione, e che hanno nel proprio Patrimonio determinati beni intangibili, con il Patent Box godono di un significativo vantaggio fiscale, calcolato sugli utili realizzati in forza degli intangible assets.

L’istituto ha apportato sensibili vantaggi ad un ampio numero di Aziende, ottenendo un importante successo: nel 2015 sono state 620 le società ad usufruire del beneficio, per un ammontare del reddito detassato pari a E. 320 milioni; nel 2018 le aziende sono diventate 1764, con un reddito detassato lievitato a E. 4,7 miliardi.

E cosa cambia con la modifica normativa così fermamente contestata?

Potrei dire che cambia tutto; e non in meglio. Il testo normativo parla di Semplificazione del Patent Box, ma qui in effetti siamo di fronte a una sua Abrogazione.

Un punto deve essere sottolineato con forza: il Patent Box premia le Imprese migliori, quelle che in forza della propria Innovazione riescono a realizzare utili, a creare occupazione, a produrre ricchezza.

L’Articolo 6 del D.L. 146/2021 spazza via una simile realtà, compiendo una vera e propria inversione di rotta.

A prescindere da dettagli e tecnicismi, e sorvolando anche sulla minore consistenza dei vantaggi concessi, il dato di fondo è che con la nuova disciplina cambia radicalmente il punto di vista sull’Innovazione: il focus passa dagli Utili ai Costi.

L’Innovazione non viene più giudicata in base ai Risultati ottenuti, bensì sulla scorta degli Investimenti effettuati: il Patent Box muta logica e funzioni, diventando una sorta di variante dell’Incentivo Ricerca e Sviluppo.

Con il nuovo Patent Box, a volerlo così ancora impropriamente chiamare, non vengono supportate le Aziende più competitive, capaci di estrarre valore aggiunto dai propri beni intangibili, bensì le Imprese in grado di spendere maggiormente nella ricerca, a prescindere dai frutti poi in effetti conseguiti.

Perché considera questo diverso approccio così sbagliato?

Non si comprende l’erroneità della riforma se non si conosce a fondo la concreta e peculiare realtà del tessuto produttivo italiano.

Il nostro Paese, dato piuttosto noto, è connotato da una scarsa presenza di grandi conglomerati industriali e, di contro, da un’alta densità di piccole e medie imprese.

I pochi grandi gruppi presenti sullo Stivale (ENEL, ENI, Fincantieri, Leonardo, e pochi altri) certamente rappresentano realtà da tutelare e delle quali andare fieri, ma non rappresentano il tipo di azienda che contraddistingue la nostra economia.

Le organizzazioni più tipiche del Paese, diffuse in modo capillare e radicate sul territorio, sono le cosiddette Multinazionali Tascabili, che personalmente preferisco denominare Imprese Innovazionali: aziende di medie dimensioni, solitamente con una forte carica innovativa, che competono con successo sui mercati internazionali, usualmente confrontandosi con concorrenti esteri più grandi e strutturati.

Orbene, le Imprese Innovazionali, vale a dire – ribadiamo – le aziende di gran lunga più significative per la nostra economia, si caratterizzano in larga parte per una spiccata capacità di Innovazione.

Ma si tratta di una Innovazione dai tratti assai caratteristici e peculiari: non parliamo dell’Innovazione disruptive e massiva, tipica del sistema statunitense oppure di quello tedesco, bensì di una Innovazione diversa, incrementale e stratificata.

Molte nostre aziende hanno reparti di ricerca e sviluppo, ma l’Innovazione più tipicamente Made in Italy è quella che nasce dal crivello del lavoro quotidiano, dal costante miglioramento sul campo di prodotti e processi, dalla incessante e faticosa creazione di graduali soluzioni migliorative.

Le nostre Imprese Innovazionali, che ci piaccia o meno, non hanno la possibilità di investire risorse ingenti nella ricerca di base, in enormi laboratori, in spaziali dipartimenti di sviluppo.

La loro forza sta nel fare ricerca mentre si fa impresa, nel trarre insegnamenti mentre si compete, nel trovare soluzioni innovative mentre si studia il modo di assicurarsi una commessa.

In questo siamo molto spesso più rapidi, più capaci e più intelligenti di altri: con questo approccio riusciamo sovente a vincere la concorrenza dei gruppi di altri Paesi, che pure hanno maggiori risorse, godono di migliori infrastrutture e soffrono di una minore burocrazia.

Possiamo dire, con i limiti di ogni generalizzazione, che la chiave del successo – per larga parte delle nostre Aziende – non risiede nella loro capacità di effettuare significativi investimenti in ricerca e sviluppo, ma piuttosto in uno straordinario talento nel competere con intelligenza, imparando costantemente dal lavoro quotidiano, trovando ingegnose e avanzate soluzioni nella pratica operativa, reagendo in modo straordinariamente tempestivo e puntuale alle nuove esigenze dei mercati.

Il Patent Box ha rappresentato lo strumento ideale per dare supporto a questo tipo di aziende, che investono certamente in ricerca e sviluppo, ma soprattutto hanno la capacità di sfruttare il proprio know-how per creare ricchezza: quasi un Premio al Merito.

Abrogare un simile strumento sarebbe ingiusto e dannoso: ingiusto, perché le imprese che riescono a trarre valore aggiunto dal proprio patrimonio conoscitivo meritano di essere sostenute; dannoso, perché l’eliminazione di questo supporto le renderebbe più deboli nei confronti della concorrenza estera, con un evidente danno per l’intero Sistema Paese.

L’avv. Alberto Improda in toga alla Corte di Giustizia UE in Lussemburgo

Quali possono essere i motivi che stanno conducendo a questo errore?

Su questo onestamente non saprei e non vorrei dire più dl giusto. Posso soltanto fare riferimento alla relazione di accompagnamento della norma, nella quale vengono indicate motivazioni davvero poco convincenti. Nel testo, infatti, si legge di sensibile semplificazione del meccanismo e di maggiore certezza e celerità nella fruizione del beneficio stesso.

Semplificazione, certezza, celerità sono tutte parole che risultano musica alle orecchie delle Aziende.

Ma per raggiungere questi obiettivi si interviene sul miglioramento delle procedure, non si cancella uno strumento così utile ed efficace. Per non dire che, a fronte di benefici economici tanto rilevanti, le Imprese per una volta si sottopongono volentieri a fastidi e farraginosità.

Nella relazione emergono in più punti riferimenti ai minori costi per i conti pubblici con l’adozione della nuova norma: per il 2019 “il vecchio regime … avrebbe dato luogo a risparmi di imposta per i beneficiari pari a 1,598 miliardi di euro”. Sarebbe davvero paradossale se la vera ragione di un simile intervento risiedesse nella ricerca di un risparmio per l’erario.

Per apportare qualche taglio tra le pieghe dei conti pubblici, si arrecherebbe un danno enorme all’economia nazionale, mettendo in difficoltà proprio le nostre imprese migliori, con negative ripercussioni finanziarie indicibilmente maggiori di qualsiasi risparmio.

Insomma davvero nella riforma è tutto sbagliato? Cosa si può fare adesso?

I miei ragionamenti, voglio dirlo con la massima chiarezza, non significa che non si debbano in ogni modo promuovere gli investimenti delle nostre aziende in ricerca e sviluppo. Ma un simile intento non può andare a discapito delle agevolazioni che premiano le imprese più capaci nel creare nuova ricchezza.

Promozione degli Investimenti e Premio al Merito sono concetti complementari e non alternativi, così come complementari sono stati finora gli strumenti dell’Incentivo R&S e del Patent Box.

Per tornare alla riforma introdotta dall’Articolo 6 del D.L. 146/2021, la soluzione migliore – al fine di non creare un danno all’Economia del Paese – sembra un intervento emendativo, che consenta di mantenere entrambe le misure agevolative: il vecchio Patent Box, magari migliorandone qualche farraginosità operativa ed il nuovo Patent Box, armonizzandolo con l’Incentivo R&S, del quale di fatto rappresenta una evoluzione.

Le Aziende avrebbero così a disposizione due strumenti diversi e complementari, vedendosi da un lato sollecitate ad incrementare i propri investimenti nella ricerca e dall’altro lato premiate per i brillanti risultati conseguiti.

Intanto stiamo cercando di dare il più possibile voce alle imprese e come Cultura Italiae e Centro Studi X Route Impresa stiamo fornendo supporto al prestigioso CRIET Centro di Ricerca Interuniversitario in Economia del Territorio, che sul tema ha organizzato un webinar venerdì 5, alle ore 12.00.

L'Editore

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