La Marchesa Casati a fumetti

La Marchesa Casati a fumetti

Vanna Vinci è una fumettista, illustratrice e insegnante italiana. Nel suo ultimo lavoro “La Casati-La musa egoista” illustra la vita di Luisa Casati Amman, una delle più rinomate nobildonne e collezioniste di opere d’ arte italiane della prima metà del 900.
A Venezia a Palazzo Fortuny il 25 Ottobre 2014, in occasione della Fashion Night è stata allestita una mostra da poco terminata, dedicata alla femme fatale per eccellenza: conturbante, sorprendente, trasgressiva e rivoluzionaria, opera d’arte vivente. All’ interno del palazzo è stato realizzato anche un video, macabro, inquietante, con un sottofondo musicale da film horror, stile “cinema muto” con fotomontaggi di felini e pavoni proiettati sul suo viso. Nessuno come la Vinci, attraverso questa affascinante grafic novel, ha saputo interpretare con ammirazione, e allo stesso tempo commozione, la vita di una donna-icona così segretamente tormentata. Molti artisti che l’ hanno ritratta o fotografata, tra cui Giovanni Boldini, Augustus John, Man Ray e Cecil Beaton, pur avendo avuto modo di conoscerla, non sono mai stati in grado di raccontare chi lei fosse veramente.
La vicenda illustrata va da fine 800 per arrivare agli anni 50, periodo di grande ottimismo del dopoguerra, in cui l’ austerità della moda precedente si trasforma in look più innovativi, dal bon ton di Audrey Hepburn alle pin up americane. Luisa Casati nacque nel 1881 a Milano, seconda figlia di una ricchissima famiglia austro milanese.
Già dalle prime pagine la Vinci ci delinea una bambina con una forte passione per il disegno che si tramuterà poi in amore per l’ arte. A pag. 12 in una singola vignetta la fumettista riesce in modo originale a rappresentare la Casati, che, già da timida e innocente bambina, aspira a diventare “un’ opera d’ arte vivente”.
2Lungo tutta la grafic novel vengono introdotte, oltre ad altri artisti e personaggi celebri dell’ epoca realmente vissuti, le persone che fanno parte della sua vita privata, quindi i genitori, il marito, la figlia e la nipote. Queste figure generano dei micro-racconti, utili per aiutarci ad inquadrare al meglio la protagonista: esse sono ritratte con lo sguardo rivolto verso il lettore, come se fossero intervistate o come se fossero attori che interpretano il proprio personaggio. Alcuni di loro parlano persino della loro morte già avvenuta!
Questo espediente scenico ci ricorda le scene teatrali di ispirazione pirandelliana, come ad esempio in “Sei personaggi in cerca d’ autore”, dove ogni tanto un personaggio esce dal gruppo e si rivolge al pubblico per raccontare di sé, come se fosse un fuori scena. Così veniamo a sapere, sfogliando le sequenze di tavole, che, dopo la morte dei genitori, la nostra protagonista diventa una ricchissima ereditiera e si sposa con il marchese Camillo Casati, con cui avrà una figlia.
In poche scene la Vinci ci illustra i familiari, cosa che ci fa capire quanta esigua importanza avesse per la Casati la sfera privata: scarso coinvolgimento materno e coniugale derivato dal terrore di vivere una vita monotona, imprigionata in regole prestabilite dalla società.
3Infatti nella inquadratura seguente vediamo già Gabriele D’Annunzio, scrittore,drammaturgo e poeta, ma anche noto donnaiolo, con il quale ebbe una relazione, che creò grande scandalo. E’ così che tra la gente si diffusero i primi pettegolezzi che diedero inizio alla sua fama in Italia. Si spostò a Roma e si trasferì in una delle ville più belle della città, arredandola con un esclusivo bianco e oro e trasformando il giardino in un vero e proprio zoo.
A Parigi fu ospite di Giovanni Boldini, grande artista dell’ èlite chic, per cui posò completamente vestita di nero e viola, con il suo levriero accanto: il ritratto venne esposto al Salon de Provence e fu considerato il più bel pezzo di pittura pura, permettendo a Boldini di raggiungere il vertice della sua carriera e alla Marchesa di farsi finalmente largo nel panorama francese, durante il massimo splendore della Belle Epoque, periodo di euforia e frivolezza, culla storica ideale per lei.

Luisa Casati, ritratto di G. Boldini
Luisa Casati, ritratto di G. Boldini

Ma Parigi non le bastava : la sua aspirazione era eccedere ed essere sulla bocca di tutti, quindi si trasferì a Venezia, altra città da conquistare! Prese in affitto il palazzo più strano di tutto il Canal Grande, oggi sede del museo Guggenheim, e si incontrava con D’annunzio al Caffè Florian, dove tutto il bel mondo veneziano poteva ammirarla.
Le sue stravaganze non avevano limiti: si tinse i capelli di un arancione sempre più intenso, imbiancandosi il viso quasi a calce e truccando i suoi grandissimi occhi bistrati di nero, con pupille dilatate e rese lucenti dalla belladonna.
Una sera andò in Piazza San Marco con un ghepardo al guinzaglio incastonato di diamanti e il suo servo al seguito, indossando sgargianti piume di pavone sulla testa e una pelliccia leopardata aperta, completamente nuda sotto.
Ovunque andasse creava scandalo.
Come prima interpretazione si può dire che questo suo vivere fuori dagli schemi, seguendo un’ esistenza effimera e colma di vizi, fosse per la mera intenzione di apparire con il fine di raggiungere un’ idea di immortalità. Ma se guardiamo oltre potremmo pensare che forse sperperò tutto il suo patrimonio in feste, ritratti, gioielli e quant’ altro, per combattere la noia e il male di vivere che l’ ha sempre accompagnata durante la sua vita.
Era un’ esibizionista, viveva per creare scandalo, ma in realtà celava un’ incredibile timidezza e bovarismo, profondamente annoiata dalla vita quotidiana.
Da una parte provo ammirazione per questa donna, a cui importava poco delle opinioni negative che la gente poteva avere di lei: vivere col timore di essere giudicati, tende in effetti a minare la propria identità, perché si teme di non essere accettati dagli altri.
5Ma d’ altro canto credo che il suo comportamento denotasse una profonda incompletezza interiore e quindi una grandissima infelicità: non si riusciva a legare a nessuno, non ha mai provato la catartica esperienza dell’ amore, neanche per la figlia Cristina, con la quale ebbe un rapporto burrascoso, fino al punto di non andare al suo funerale. Forse possiamo supporre che l’ unica persona capace di volerle bene senza condizioni fu la sorella Fanny, morta a soli 38 anni.
Quando si ritrovò in miseria, non pensò di adeguarsi alla moda corrente o alle persone, ma restò fedele alla sua icona di “femme fatale”, non accorgendosi di essere una donna ormai non più giovane e risultando quasi ridicola agli occhi della gente. Invece di pensare realmente allo stato di povertà in cui si era ritrovata, dopo tanti anni di lusso, riteneva ancora di primaria importanza l’ apparire: la marchesa non avrebbe mai rinunciato al trucco, tanto da strappare il pelo di crine di cavallo dal divano per le sue ciglia finte.

Foto “rubata”, di Cecil Beaton
Foto “rubata”, di Cecil Beaton

Quando ormai era alla fine della sua vita non ebbe però nessun tipo di rimpianto.
Credeva molto in ciò che diceva D’ Annunzio: “La carne non è se non uno spirito promesso alla morte”. Il rapporto con il “Vate” merita un approfondimento per la fama dei due protagonisti nella società dell’ epoca. Si conobbero quando la Casati era già sposata, giovane e milionaria.
Ho già accennato che la loro relazione creò un grande scalpore, ma aiutò entrambi ad evolversi nel loro percorso: ella diventò la sua musa ispiratrice e lui le diede il sostegno per crearsi l’ idea di immortalità.
D’ Annunzio, anche lui incurante dell’ etichetta, la chiamava ”la mia Korè”, dea giovane e incorrotta, adescata poi da Ade e divenuta regina degli inferi e scrisse il manoscritto epistolare “La figure de Cire”, ispirato al manichino che la Casati fece produrre a propria immagine e somiglianza e alle sedute spiritiche a cui erano soliti partecipare. Ella era per lui la sola donna che lo avesse davvero sbalordito.
Nel contempo D’Annunzio era per lei “il suo Ariel”, personaggio shakespeariano, spirito dell’ aria, l’ unico ad aver capito a pieno la sua ricerca affannosa di rompere gli schemi, di rappresentare a pieno il “dandismo al femminile”.
Se analizziamo il fenomeno del dandy nei suoi esponenti più conosciuti come Lord Brummel, Charles Baudelaire e Oscar Wilde, notiamo che è interpretato solo da uomini, ma ritengo che tutte le caratteristiche della nostra protagonista portino ad eleggerla come unica eccezione, avendo lei un’ostentazione di eleganza nei modi e nel vestire, un individualismo esasperato e un rifiuto delle regole convenzionali, tipici del dandismo.
Il tutto accompagnato da un totale autocontrollo, al punto di non essere apparentemente toccata da dolori immensi, come la morte della figlia o il tragico evento della grande guerra: la maschera da esibire, sia in pubblico che nella solitaria intimità, prendeva sempre il sopravvento.
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“I personaggi in cerca d’ autore” dicono di lei:

AUGUSTUS JOHN ( Artista gallese )
Era un esibizionista, aveva bisogno di un pubblico..recitava, non viveva. Il centro della serata e sempre e solo lei. Ma in realtà era incredibilmente timida.

AXEL MUNTHE ( Scrittore svedese, a cui chiese di affittare la villa a Capri )
Nutro una certa ammirazione per quella donna selvaggia..ma le prospettive future rimangono incerte e onestamente l’ impulso di afferrarla per quei capelli rossi e scagliare la sua carcassa emaciata giù dalla scogliera..è più forte che mai.

ELSA SCHIAPARELLI ( Stilista Italiana, il cui atelier era frequentato dalla Casati )
Alta e scheletrica, truccata pesantemente, la Casati rappresentava lo splendore di un passato in cui poche donne belle e ricche seguivano uno stile di vita così eccessivo da risultare quasi brutale.

CECIL BEATON ( Fotografo, conosciuto a Londra )
Non ebbe mai una precisa nozione del valore del denaro. Aveva sperperato diversi patrimoni ed era senza soldi, ma nemmeno lo squallore di un Londra in guerra riusciva ad avvilirla.

MAN RAY ( Fotografo e regista )
Era alta, magra, vestita e truccata da vamp. Fu felicissima quando vide il mio ritratto con sei occhi..la foto fece il giro di Parigi.. Il suo carattere e il suo coraggio riuscivano a trionfare a qualsiasi piccolezza, la sua nobiltà superava la miseria.

ROMAINE BROOKS ( Pittrice. Conosce la Marchesa a Capri)
Venne fuori uno strano dipinto, certo influenzato dalla terribile personalità della modella, che onestamente era una donna molto bella. Non lo vendetti..lo arrotolai e lo tenni sotto il letto.

FILIPPO TOMMASO MARINETTI ( Fondatore del movimento Futurista )
La marchesa era una rivoluzionaria in continuo movimento, era uno dei nostri tesori nazionali.

Dedicati a lei:

Numerosi sono i tributi che l’ arte e la moda hanno voluto riservarle, tra cui possiamo ricordare la collezione di gioielli Panthere di Cartier a lei ispirata, la sfilata di Dior disegnata da John Galliano e quella di Karl Lagerfeld presentata a Lido di Venezia, oltre a libri sulla sua vita. Nel 2004 è stata addirittura fondata la casa di alta moda newyorkese “Marchesa”, che esporta in tutto il mondo.
La Marchesa Casati muore a Londra, in miseria, nel 1957 di emorragia cerebrale, viene sepolta al Brompton Cemetery con il suo mantello nero bordato di leopardo, ciglia finte e occhi bistrati, ai piedi il suo prediletto pechinese imbalsamato.
La nipote scelse come epitaffio la descrizione che Shakespeare fa di Cleopatra:

«L’età non può appassirla Né l’abitudine rendere insipida. La sua infinita varietà»
«L’età non può appassirla
Né l’abitudine rendere insipida.
La sua infinita varietà»

Marchesa Casati

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Margherita Taurino
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