La fortuna nata dal caso. Incontro con Pinchas Steinberg

La fortuna nata dal caso. Incontro con Pinchas Steinberg

BOLOGNA –  Ho incontrato Pinchas Steinberg quando è venuto al Teatro Comunale di Bologna per il Trovatore. E’ oggi uno dei più acclamati direttori d’orchestra per le sue incisive interpretazioni. Ecco la nostra conversazione.

Un direttore che viene dall’orchestra non è poi cosa così scontata; l’israeliano Pinchas Steinberg aveva 22 anni ed era al suo posto di violinista nella Chicago Symphony Orchestra durante una recita di Don Giovanni quando il direttore Ferdinand Leitner improvvisamente si sentì male. Riuscì a fargli un cenno perché lo sostituisse al volo sul podio. Quella fu la sua prima volta.

“Poi ho sostituito Christoph von Dohnànyi che non arrivò in tempo per una recita. Mi andò bene, talmente bene che la notizia giunse all’orecchio di Karajan che mi invitò a Berlino: era il 1970, divenni suo assistente. Karajan era il più grande di tutti. Distante, severo, ma sempre corretto e rispettoso; anzi ci si meravigliava di scoprirlo ‘umano’ tanta era la sua fama carismatica.”

Pinchas Steinberg, un direttore che viene dall’orchestra è in una condizione privilegiata?

“Sapendo suonare vari strumenti (io li suono tutti) conosco bene i problemi della tecnica e della pratica di ognuno, e sono in grado di indicare come si suona una certa nota, come fare un tale passaggio. Parlo chiarissimo con i professori dell’orchestra perché entro nel problema tecnico, così il mio è un aiuto concreto che viene dall’esperienza non dall’estetica o dal sentimento. Ho sentito direttori chiedere agli orchestrali (sbigottiti): “Fatelo più bello” !!”

Pinchas Steinberg

Lei Maestro Steinberg è noto per la sua predilezione per le opere rare

“Frequento tutto il grande repertorio classico del teatro lirico, ma amo riproporre quei titoli caduti nell’oblio da decenni forse per moda e per pigrizia. Il patrimonio musicale d’ Italia è un pozzo senza fondo di veri tesori. Autori raffinati, colti e profondi sono oggi misconosciuti come Italo Montemezzi con L’amore dei tre re, o Antonio Smareglia (adoro I pittori fiamminghi), o per risalire più su nel tempo Giuseppe Cazzaniga col suo Don Giovanni scritto otto mesi prima di Mozart e ben conosciuto da Da Ponte. Purtroppo i teatri non hanno sufficiente coraggio per proporre titoli rari, con la scusa che potrebbero non piacere. In Germania c’è un proverbio amato dai manager teatrali:” Le cose che non conosce il contadino non le mangia”. Ma io ho sperimentato che il pubblico è molto più ricettivo degli organizzatori di teatro. Portai per primo a Parigi un’opera difficile, La città morta di Erich Krongold, dopo un’iniziale freddezza fu un successo enorme di pubblico. Dovrebbe essere un dovere lavorare per l’educazione e la crescita del pubblico, oltre che per la valorizzazione del patrimonio musicale.”

Lei è regolarmente ospite delle maggiori istituzioni musicali internazionali. Come trova le orchestre italiane?

“Si sono evolute moltissimo negli ultimi decenni. Si sa che gli ottoni americani sono irraggiungibili nella loro perfezione di suono, ebbene si potrebbe mai pensare che oggi il primo trombone dell’Orchestra di Cleveland è un italiano, che era primo trombone alla Fenice a Venezia?”

Pinchas Steinberg
Pinchas Steinberg

Cosa ne pensa Maestro Steinberg dei cantanti di oggi?

Oggi siamo dominati dalla superficialità e dalla velocità. Un lavoro come quello che dovrebbe fare un direttore con i suoi cantanti è un lavoro in profondità che necessita di tempo, settimane di prove, per trovare l’espressione della parola, la maniera adeguata di cantare. Grandi e belle voci ci sono eccome soprattutto dall’est Europa e dall’ oriente, ma devono lavorare molto sulla parola, perché parlano pochissimo italiano, conoscono il senso più o meno di quello che dicono, ma ignorano l’espressività.”

La tendenza trainante di oggi, e già da un po’, è l’invadenza di una certa regia contemporanea. A volte può esserci un nesso drammaturgico, ma più spesso sono solo pretestuosi e distraenti variazioni.

“Siamo alla strapotere della regia su tutto, musica, canto, racconto, ambientazione scenica. Soprattutto in Germania è una vera e disastrosa piaga. Il regista può fare tutto quello che vuole e se ne infischia del resto dello spettacolo. E il pubblico non reagisce, forse non si rende neanche conto, travolto da ciò che vede. La prassi è sempre più così: il teatro committente decide un regista per un certo titolo e poi invita il direttore musicale. Tra i due non c’è mai un incontro, uno scambio sull’interpretazione. Col risultato che quello che si vede sulla scena è lontanissimo da quello che si sente. Tutto si riduce a forti immagini ottenute con tecniche visive all’avanguardia per inseguire trasposizioni sempre più radicali. Purtroppo il risultato di questi cambiamenti è quasi sempre tremendamente noioso. Stufo di questa tracotanza per quattro anni non sono più entrato in buca (d’orchestra), ma ho preferito dirigere opere in forma di concerto (senza scene, costumi, regia). Mi convinse a tornare Hugues Gall, sovrintendente dell’Opèra di Parigi, che mi propose un Nabucco con la regia di Robert Carsen. Io pretesi un lavoro condiviso e profondo fin dalla progettazione. Fu un successo enorme.”

Avrei voluto proseguire ad oltranza la nostra conversazione, ma il Maestro Pinchas Steinberg era molto impegnato e richiesto da chi era riuscito ad avvicinarlo per omaggiarlo. E’ sempre una bella esperienza aver la possibilità di incontrare personaggi così, come il Maestro Steinberg, che ringrazio per il tempo che mi a dedicato.

Silvia Camerini Maj
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