ITALIA – Francesca Parvizyar è un’imprenditrice, che si occupa di relazioni istituzionali e Internazionali, valorizzando le eccellenze e i talenti Italiani. Ambasciatrice culturale della città di Chicago a Milano, nei giorni scorsi, ha ricevuto, dal Sindaco di Milano, Giuseppe Sala, l’Ambrogino D’Oro, civica e prestigiosa benemerenza assegnata a cittadini che si sono distinti grazie al loro impegno per la città. Ecco la nostra intervista.
Ci racconta chi è Francesca?
Sono una donna, una mamma, un’imprenditrice, una sognatrice. E sono stata anche artista, ero una cantante lirica. Sono una persona molto forte, che, a un certo punto della propria vita, si è trovata a dovere essere al timone in un momento di grande difficoltà personale. Ma proprio in quel momento ho riscoperto la tenacia e la forza che erano dentro di me, che mi hanno spinto a non mollare, soprattutto per l’amore della mia famiglia, che, in un certo senso, è stata la prima azienda di cui mi sono occupata, e anche la più importante. Quella forza interiore mi ha fatto tornare alle mie origini, che erano poi quelle della creatività. Da lì ho cominciato a creare dei format culturali e degli eventi legati alla città di Milano, eventi soprattutto legati alla musica che era il mio mondo di provenienza. E, siccome, in quegli anni, la città di Milano aveva vinto l’Expo, ho cominciato da subito a lavorare su quel tema, su quello dell’alimentazione, includendo così in questi miei eventi culturali musicali anche il tema del cibo, creando Show Cooking con alcuni degli chef stellati più importanti, tanto che nel 2015 Il Corriere mi fece un bellissimo omaggio con un bellissimo articolo in cui scrisse che io realizzai, nel 2009, una sorta di MasterChef prima ancora di MasterChef e questo è vero perché, di fatto, ho realizzato Show Cooking già nel 2009 cavalcando il tema Expo, preannunciandolo cosi molto in anticipo.
L’Ambrogino D’Oro lo considera come punto di arrivo o piuttosto di ri/partenza?
Ricevere l’Ambrogino D’Oro è stata una carezza al cuore. Perché mi è stato riconosciuto tutto quello che ho fatto per la città, per i giovani talenti, e per Milano negli Stati Uniti. Ricevere questo premio è stato veramente emozionante, perché ha messo un po’ a tacere quella voglia di essere riconosciuti dalla propria città, perché di fatto sono nata a Palermo ma vivo a Milano da quando avevo un mese di vita, per cui Milano è in tutti i sensi la mia città, e, mentre in America continuavo a essere riconosciuta e accreditata anche da personaggi molto importanti, incominciando ad esempio dall’ex Sindaco di Chicago Rahm Emanuel, ora Ambasciatore del Presidente Biden a Tokyo, già capo dello staff di Obama, a Milano lavoravo molto sottotraccia nonostante fossi non così silenziosa, con il mio carattere vivo, combattivo, interfacciandomi con le istituzioni con grande onestà, trasparenza e grinta, pur non avendo avuto una formazione imprenditoriale, perché sono una musicista che ha studiato al Conservatorio, che si è laureata in Lettere Moderne ad Indirizzo Artistico. Ecco l’Ambrogino d’Oro io lo vedo come un inizio, nel senso che oggi mi sento un’energia e una forza nuove, e spero che questo riconoscimento, che mi ha dato e mi sta dando davvero della bella visibilità, mi permetta di fare dei progetti veramente molto importanti.
Cosa significa oggi essere Ambasciatrice della città di Chicago a Milano e quale reputazione si è costruita, negli Stati Uniti, il nostro Paese?
In questo momento io sono a livello istituzionale la portavoce della Comunità Italo-Americana di Chicago in Italia. La Comunità Italo-Americana di Chicago è la seconda per grandezza, potenza anche economica e di potere, diciamo, politico istituzionale, d’ America e quindi rappresento veramente una parte della città, ed essendo italiana ne sono veramente molto grata e molto orgogliosa e Chicago rimane sempre la mia seconda casa. Questa reputazione su Chicago mi ha permesso, negli anni, di estendere tutto il lavoro che ho fatto tra Milano e Chicago, già ai tempi del sindaco Rahm Emanuel, che mi aveva appunto scelta come Presidente della Commissione Milano nelle Sister Cities International, una fondazione no profit che si occupa di costruire rapporti sociali, economici e culturali con le città nel mondo, e città come Chicago e Milano ne sono un esempio, e mi ha permesso di essere notata anche dalle altre città americane, da New York a Washington a Los Angeles. Ora lavoro con uno staff di persone, anche molto giovani, che escono dalle università e ai quali cerco di insegnare cosa vuol dire fare diplomazia sia a livello culturale, che sociale, economico e umano, tenendo sempre alti i temi della sostenibilità, in primis della sostenibilità umana.
Il nostro paese negli Stati Uniti in questo momento ha una reputazione bella e brutta. Quella bella è legata innanzitutto alla storicità del nostro Paese, e poi ovviamente alle nostre menti meravigliose creative di ricerca al nostro Made in Italy legato alla moda e al design. Purtroppo da qualche anno c’è anche qualcuno che ci identifica come furbastri, come coloro che arrivano un po’ pieni di sé non volendo rispettare le regole del gioco, poco umili e solo determinati a prendere tutto quello che serve più presto possibile per speculare.
Tra i suoi meriti, c’è anche l’ideazione del premio “Primavera della Poesia”, di cosa si tratta?
“Primavera della Poesia” è uno dei progetti che ho portato avanti per cinque anni e che, veramente, ho amato di più. Da giovanissima abitavo sui Navigli, a Milano, e cantavo e andavo a provare la mia voce, la domenica mattina, nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie al Naviglio. Proprio di fronte, dall’altra parte del ponte, abitava la poetessa Alda Merini, che si recava spesso in questa chiesa, dove c’era anche il suo confessore, che poi è ancora un mio carissimo amico, ovvero Monsignor Dario Edoardo Viganò, che lavora ora con il Santo Padre a Roma. E quindi lei era spessissimo in chiesa e mi sentiva tantissime volte cantare: io ero solo una giovane fanciulla, lei era già la grande Alda Merini. Mi ricordo che una volta, incrociandomi, mi disse “Se non canterai da grande, sarà come una bestemmia, perché devi fare quello nella vita”. Io rimasi sempre legata a questa donna, che vedevo girare sui Navigli con questa sigaretta in bocca, con questi occhi tristi, a volte sola, a volte seduta lì vicino a via Magolfa in questo bar a parlare e a donare il suo sapere anche a sconosciuti, una donna di una generosità incredibile. E, quindi, quando lei poi morì, io, che già scrivevo format culturali e organizzavo eventi, pensai di organizzare questo Premio dedicato alle penne giovanissime. In quell’occasioni organizzai una giuria molto importante, di letterati, di editori, anche a livello nazionale e pubblicammo, con l’aiuto di Mont Blanc Italia, i testi e le poesie e di queste penne giovanissime. Fu veramente un’emozione incredibile: “Primavera della Poesia” è un progetto che porto veramente nel cuore e che mi piacerebbe a riprendere, magari negli anni a venire.
E poi, a un certo punto, si è imbattuta nel pianoforte di Franz Liszt…
Esattamente. Nel bicentenario di Franz Liszt, nel 2011, mi recai al Teatro alla Scala per incontrare l’allora Direttore del Museo, Dottor Garavaglia, attualmente in pensione, e parlai con lui del mio desiderio di volere organizzare un progetto dedicato ai giovani pianisti, proprio per festeggiare Liszt, che viene considerato il più grande p.r. della musica nel mondo, il primo a fare davvero promozione della sua musica. Quando mi recai da Garavaglia, lui mi disse così “Guarda, non lo so se questa cosa sia possibile, però abbiamo un pianoforte che ci è stato donato dagli eredi di Franz Liszt, che ha uno standing meraviglioso ma che è tutto rotto, che ha bisogno di cure e di essere restaurato, te ne vuoi occupare?”. Io inizialmente non colsi, poi bastò solo che lui dicesse, a un certo punto del suo discorso, “il pianoforte tornerà a cantare”, che decisi di dedicarmi a questo progetto proprio per la soddisfazione di riportarlo davvero a cantare, di poterlo far suonare a dei giovani musicisti. E così, nel giro di tre/ quattro mesi, mi dedicai alla ricerca dei fondi necessari, che non erano poi pochissimi, o perlomeno per me, che ero ancora neofita di questo lavoro iniziato solo nel 2009, però trovai meravigliosa questa cosa, così come ho sempre trovato meraviglioso il fatto che, anche nelle difficoltà, si possa riuscire a trovare denaro per i progetti culturali destinati ai giovani. Con i fondi reperiti, abbiamo fatto sistemare questo pianoforte, mandandolo ad Amburgo, dove fu eseguito un restauro a 360°. E la soddisfazione più grande e inaspettata è stata sia quando lo abbiamo presentato alla città all’Accademia della Scala, sia quando poi è stato portato a suonare in Teatro. Io sono stata addirittura invitata al Palco Reale dalla Scala proprio per ringraziarmi di questa cosa molto bella che avevo fatto per la Scala e per la città di Milano.
Adesso so che, spesso, lo suonano pianisti importanti ma anche giovani promesse, e questo è veramente meraviglioso per me.
Ha voglia di condividere con noi il suo prossimo progetto?
Il mio prossimo progetto sarà proprio dedicato al rilancio del brand Italia negli Stati Uniti, del Soft Italian Power negli Stati Uniti, perché il nostro potere è un Soft Power mentre, per esempio, gli americani hanno l’Hard Power. Il nostro power è il nostro territorio, la nostra cultura, il nostro cibo, il nostro lifestyle ed è importante in questo momento per riallineare l’importanza dell’Italia. Basta immaginare che, nonostante tutto il lavoro che il popolo italiano ha fatto per la nascita degli Stati Uniti d’America e poi anche per il suo sviluppo, la nostra lingua non è ufficialmente riconosciuta da nessuna parte in America, perché la seconda lingua, lì, è lo spagnolo. Per questo, il mio grande sogno è quello di aiutare anche il rilancio di questo Soft Power, spingendo anche lo studio della lingua italiana nelle scuole secondarie americane, coinvolgendo le grosse Fondazioni Italo americane e tutti quegli enti e quelle persone che amano moltissimo l’Italia, organizzando anche delle azioni in sinergia con aziende italiane di caratura.
Altre info nel sito di Francesca Parvizyar
Testo di Alessandra MR D’Agostino
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