ArtCity Bologna, vivere d’arte per una settimana

ArtCity Bologna, vivere d’arte per una settimana

BOLOGNA – In occasione dell’ArteFiera abbiamo respirato l’aria dell’arte contemporanea in diverse sfaccettature. Ecco la prima parte delle mostre che ci hanno colpito di più! 

ArtCity Bologna (parte prima). Il seguito della selezione delle mostre lo trovate qui (parte seconda)

In pieno inverno a Bologna tra gennaio e febbraio c’è una settimana in cui un fremito percorre la città dalla periferia al centro. E’ la febbre dell’arte contemporanea che si manifesta in primis con la storica Artefiera e con la più recente Artcity, a cui danno notevole eco le gallerie d’arte private, le fondazioni benemerite, i musei e gli spazi istituzionali. Culmine delle giornate è la notte bianca del sabato, Art Night.

I molti operatori culturali pubblici e privati organizzano occasioni stimolanti capaci di attrarre un pubblico in crescita rilevante. L’aumento d’interesse verso la cultura e l’arte lo si nota anche dal turismo, che a Bologna ha finalmente preso quota, e che si lascia stuzzicare non solo dalla gastronomia. Volendo fare una critica mi viene da dire che si concentra in pochi giorni un’enorme mole di manifestazioni artistiche, poi per il resto dell’anno la tensione cala. Sono in prevalenza le gallerie private che alla lunga difendono la posizione.

Con la seguente carrellata vogliamo segnalarvi solo alcune delle tante mostre molto interessanti ancora visitabili a Bologna.

Aldo Mondino

In uno dei più bei palazzi del Cinquecento, creato dai Boncompagni per il loro Papa Gregorio XIII, Silvia Evangelisti, curatrice della mostra, ha ambientato le grandi opere di Aldo Mondino, tra cui spicca nel Salone delle udienze il vasto tappeto da preghiera islamico, fatto di chicchi di caffè a diversa tostatura e quindi di tonalità diverse, dal titolo “Mekka Mokka”.

Palazzo Boncompagni, Aldo Mondino
Palazzo Boncompagni, Aldo Mondino

Sopra vi pende un lampadario Novecento di Boemia intitolato “Jugen Stilo” realizzato con penne Bic come pendenti. Bastano questi due assaggi per avvicinarsi alla verve intellettuale, alla felicità del gioco semantico e concettuale su cui poggia il mondo ad alto tasso di ironia di Mondino. Giocava con tutto, con le immagini, con le parole (i calembour tanto amati anche dai surrealisti), prediligendo gli azzardi con i materiali più eterogonici, ad esempio usava i cioccolatini, Peyrano tra l’altro, come tessere lucenti di mosaico per grandi opere come “Il mondo bizantino”, e “Eldorado” lo skyline di NYC.

Palazzo Boncompagni, Aldo Mondino Viole d'amore
Palazzo Boncompagni, Aldo Mondino Viole d’amore

Quando si osserva un’opera di Mondino pare sentire il movimento veloce, fulmineo, delle meningi allenate ad acrobatici salti tra significato e significante per la gioia della Semiotica più penetrante. Un gioco arguto in cui vince l’ambiguità e il paradosso trionfa sempre. Ma cosa direbbe la corte pontificia gregoriana di tanta impertinenza proprio nel suo Palazzo?

Palazzo Boncompagni, Aldo Mondino-Jugen Stilo
Palazzo Boncompagni, Aldo Mondino-Jugen Stilo

Pinuccia Bernardoni

La Fondazione del Monte i Bologna e Ravenna accoglie nelle sue sale di via delle Donzelle i lavori di Pinuccia Bernardoni, scelti da Cecilia Canziani, dagli anni Ottanta ad oggi: una carrellata, anzi una felice corsa, come dichiara il titolo. Bolognese di adozione, toscana di nascita, formatasi in piena temperie d’arte concettuale e di poesia visiva, Bernardoni matura un’indagine personalissima sulla scultura in chiave anti-monumentale.

Foto MyWhere Pinuccio Bernardoni
Foto MyWhere Pinuccia Bernardoni

Addirittura il suo materiale preferito sarà la carta (di riso, pergamena, velina) che verrà dall’artista plasmata con colla, con fuoco, con fili di rame, tutto per sforzarne la sua ontologica bidimensionalità. Piegandola, incollandola ad altri materiali prende volume, acquista la terza dimensione. La carta poi si evolve in lamiera di ferro: anch’essa viene ripiegata in superfici geometriche dipinte in bianco e in nero dal vago sapore costruttivista.

Foto MyWhere Pinuccio Bernardoni
Foto MyWhere Pinuccia Bernardoni

Di recente l’artista è giunta all’uso di un materiale naturale, la foglia vegetale, ancora le due dimensioni, come matrice, traccia, calco, ombra, e anche soggetto di grandi disegni sinuosi. Grande sensibilità mostra nei disegni con collage di carte colorate e matita, e nei grandi lavori che si riallacciano ai disegni. Io ci ho sentito il sapore delle perfette composizioni inglesi di Ben Nicholson. Rigore e sensibilità per l’immagine e per la materia contraddistinguono la creazione artistica di Pinuccia Bernardoni, un bel percorso, una felice corsa.

Foto MyWhere Pinuccio Bernardoni
Foto MyWhere Pinuccia Bernardoni

Patrick Procktor

Un luogo sorprendente e incantevole nel ventre di uno dei più storici palazzi della città, Palazzo Bentivoglio, è la sua vasta e articolata cantina, da qualche anno restaurata in modo esemplare dai proprietari. Rispettati lo spazio e i materiali, i mattoni, le caditoie, i pilastri dell’antico sotterraneo, anzi valorizzati da un pavimento in ferro galleggiante che esalta la bellezza del posto, illuminato con notevole perizia tecnica.

Patrick Procktor
Patrick Procktor

Qua si sono svolte mostre di alto livello come l’attuale dedicata a Patrick Procktor che fu un protagonista della scena artistica londinese tra gli anni ’60 e gli ‘80. Il grande critico Bryan Robertson lo accomunò a Hockney, Riley, Hoyland nel gruppo New Generation che debuttò con grande clamore alla Whitechapel nel 1964. Molto alto, appariscente anche per il suo originale modo di vestire, uomo dalla complessa personalità Procktor fu marxista e ultrasnob, apertamente omosessuale e marito e padre di famiglia, curioso di mondi esotici lontani e innamorato di Venezia in cui soggiornò a lungo.

La nutrita mostra bolognese splende per i numerosi magnifici acquarelli, una tecnica fuori moda all’epoca. Oltre modo intriganti i ritratti sul divano di amici, amanti, collezionisti, colleghi, e le vedute dei tanti angoli di mondo visitati. Sarà per la lieve ma significativa distorsione della prospettiva dei piani che schiaccia lo spazio come accade nell’arte giapponese. In tutte le sue opere emerge affascinante la sua sensibilità acuta e raffinata dello spazio che rivela più nel profondo la figura ritratta.

Neon Realism

Le avevo già incontrate nel 2019 alla Biennale di Venezia dove hanno vinto il Leone d’oro, le tre artiste lituane del collettivo Neon Realism che hanno messo in scena ai Teatri di vita la loro ‘opera lirica per 10 cassiere, suoni del supermercato e pianoforte’. Intitolata significativamente Have a good day! l’opera è uno squarcio in profondità della vita di cassiere durante il loro lavoro: la ripetitività ossessiva di azioni e frasi (Buongiorno, Grazie, saluti meccanici, sorrisi stereotipati, nullità dei rapporti) in uno spazio alienante sotto la luce impietosa del neon sparato a mille, col sottofondo monotono del beep delle scansione dei prodotti passati alla cassa.

Foto MyWhere Neon Realism
Foto MyWhere Neon Realism

All’inizio appaiono quasi come robot sincronizzati, ma presto emergono ad una ad una con le loro individualità e sensibilità. Un faro a luce calda le illumina una per volta e le estrapola dal gruppo: prima una donna anziana, poi una ragazza, poi una adulta e via via tutte esprimono i propri pensieri, le preoccupazioni, le attese, le distrazioni, le paure. Ecco quello che si nasconde sotto la superficie, storie vivaci e drammatiche, brillanti e segrete, un mosaico ricco e variegato, un coro che sostiene la vita quando è vera.

Foto MyWhere Neon Realism
Foto MyWhere Neon Realism

Vaiva Grainyté è la librettista che ha in tessuto pensieri e frasi fatte, passioni e monotonia, Lina Lapelytè è la compositrice musicale che ha usato tutti i rumori meccanici e le voci di un centro commerciale come basso continuo su cui ha innestato il canto lirico delle protagoniste, Rugilè Barzdziukaitè è la regista e scenografa. Riuscitissima le critica paradossale alla nostra società consumistica, come da tempo non si vedeva.

Foto MyWhere Neon Realism
Foto MyWhere Neon Realism

La Galleria P420: June Crespo

La Galleria P420 gode di uno spazio dal respiro museale in un angolo insolito di Bologna, al piano terra di un grande stabile del dopoguerra, con l’affaccio su una scoscesa valletta verde che una volta faceva parte della zona portuale dell’antica città. Grandissime vetrine fanno entrare una splendida luce pomeridiana.

June Crespo, Acts of pulse, 2022, installation view, P420, Bologna (ph.C.Favero 221124i211)
June Crespo, Acts of pulse, 2022, installation view, P420, Bologna (ph.C.Favero 221124i211)

Le due ampie sale, rigorose e accoglienti, ospitano la mostra che la spagnola June Crespo, scultrice, ha realizzato per l’occasione. Sono alte colonne, totem, trofei ottenuti assemblando oggetti di uso comune, come sedili di moto, selle da cavallo, che impilati, rovesciati, appesi e contrapposti e poi fusi nel bronzo perdono la propria identità e acquistano con un altro materiale nuovo aspetto e diverso senso.

ArteFiera, Bologna, 2023, installation view (ph.C.Favero 230201i11)
ArteFiera, Bologna, 2023, installation view (ph.C.Favero 230201i11)

In più alla pesantezza del bronzo l’artista associa tessuti e indumenti colorati e morbidi, resine e cemento. La stranezza delle combinazioni, la creazione di inedite spiazzanti strutture generano stupore, che è quello che ha sempre affascinato l’uomo quando vuole trasformare la materia, sogno degli alchimisti da sempre.

Pieter Vermeersch, Pittura XXI, P420@ArteFiera, Bologna, 2023, installation view (ph.C.Favero 230201i72)
Pieter Vermeersch, Pittura XXI, P420@ArteFiera, Bologna, 2023, installation view (ph.C.Favero 230201i72)
Silvia Camerini Maj
Latest posts by Silvia Camerini Maj (see all)

Leave a Reply

Your email address will not be published.