BOLOGNA – Siamo andati a Bologna in occasione dell’ArteFiera. Abbiamo respirato l’aria dell’arte contemporanea in diverse sfaccettature. Ecco la seconda parte delle mostre che ci hanno colpito di più!
In pieno inverno a Bologna tra gennaio e febbraio c’è una settimana in cui un fremito percorre la città dalla periferia al centro. E’ la febbre dell’arte contemporanea che si manifesta in primis con la storica Artefiera e con la più recente Artcity, a cui danno notevole eco le gallerie d’arte private, le fondazioni benemerite, i musei e gli spazi istituzionali. Culmine delle giornate è la notte bianca del sabato, Art Night.
Dopo avervi esposto alcune delle magnifiche mostre della storica Artefiera di Bologna, continuiamo dunque a raccontarvi le mostre che maggiormente ci hanno colpito. Potete recuperare la prima parte di “ArtCity Bologna, vivere d’arte per una settimana” cliccando qui.
Pablo Echaurren
Bologna, primi mesi del 1977, un’inquietudine agita la città: gli studenti universitari occupano l’Ateneo. Le loro azioni provocatorie hanno come bersaglio tutto ciò che è tradizionale, organizzato, ordinario come soprattutto la didattica universitaria. La zona centralissima dell’Università si ricopre di scritte e murales, le strade e le piazze diventano teatro di improvvisazioni, spettacoli, happenings, cortei notturni.

E’ questo il clima che trova Pablo Echaurren, venuto a Bologna perché ha una mostra alla Galleria Sanluca dei suoi celebri ‘quadratini’. Sembrano ordinate pagine di fumetti, illustrazioni incasellate in una griglia geometrica, smalti e acquarelli fatti con mano precisa e sapienza cromatica che creano un mondo sospeso, e carico di suggestioni. L’incontro con gli indiani metropolitani, la parte decisamente creativa e libertaria del Movimento esalta il giovane Pablo che decide di dedicarsi in pieno alla controcultura, quella che allora voleva rompere gli schemi borghesi e usare un nuovo linguaggio creativo perfino in politica.

L’ispirazione viene dal Dadaismo, dal Surrealismo che decenni prima hanno rivoluzionato il mondo dell’arte e il modo di farla. L’arte sarebbe stata collettiva: questa era la conquista. Il Mambo ripropone quell’atmosfera esponendo reliquie di quel passato con la curatela di Sara De Chiara: ci sono illustrazioni, collage, fanzine (riviste dei fans) e anche un interessante intervista registrata all’artista rilasciata in occasione della mostra.

Luca Caccioni
La Galleria Otto nelle sue ariose stanze propone la personale di Luca Caccioni intitolata Se è vero che la notte porta consiglio. Sono gli ultimi lavori dell’artista bolognese nati durante l’orribile tempo della pandemia. Notti insonni, solitudine, tempo sospeso, memorie evocate e quel consiglio che si dice sia frutto della notte, hanno prodotto un universo di immagini quasi liquide o meglio distillate, in cui spesso una grafia corsiva segreta e illeggibile conclude il quadro.

Il formato è piccolo, medio, il supporto è il sottilissimo alluminio, un foglio che sembra galleggiare sulla bianca parete, la tecnica è ad olio usata con l’antica tecnica della velatura, cancellando, diluendo il segno. Figure appaiono dal fondo che le riassorbe, paiono filtrate da una dimensione mentale. Una poetica che riecheggia la visione di Sergio Romiti in cui la struttura delle cose si perde, come pure la distinzione tra oggetto-sfondo. E certe immagini di uno rarefatto spazio colto al volo come certe volte faceva Vasco Bendini.

Alchemilla: Roberto Fassone
Alchemilla apre le porte dei suoi fascinosi ambienti nello storico e blasonato Palazzo Vizzani ad una inedita esperienza di cyber art. La proposta più stimolante e provocante di questa stagione espositiva a Bologna. Si tratta nientepopodimeno che dell’eterno sublime mistero della creazione: il dualismo conflittuale tra creatore-artista e creatura-opera d’arte, che viene da molto lontano, passando dal mito di Pigmalione fino al delirio del dottor Frankenstein.

Quante volte sarà successo? Ci piace pensare che anche Roberto Fassone si sia innamorato della sua Ai Lai, un’intelligenza artificiale ideata nella primavera del 2022 da lui e sempre da lui nutrita con migliaia resoconti fatti da persone sotto l’effetto allucinogeno di funghi psicoattivi. Così ben pasciuta Ai Lai è in grado a richiesta (un titolo, un tema) di produrre, creare una storia, un nuovo inedito racconto visionario rielaborando in un’infinità di combinazioni i dati di cui è pregna. Ne sortiscono musica, video, film, racconti, sentenze come And we thought a rainbow was the best idea I had ever had.

Credo che sarebbe stata amatissima dai surrealisti storici soprattutto per la sua sfrenata libertà di combinazione linguistica, loro che generavano aforismi fantastici come “Il cadavere squisito berrà il vino nuovo”. E’ talmente brava da proporci film inediti firmati Led Zeppelin, che non sono i ben noti L.Z., ma dei cloni che abitano in altro universo, ci spiegano Fassone e i curatori di Sineglossa. Ai Lai ci indica una realtà parallela, e quindi falsa per la nostra realtà, ma allo stesso tempo veridica. A questo punto però poco ci interessa tenere il punto su verità e falsità, quando a ben vedere, il nome stesso Ai Lai in inglese suona Io Mento.

Germano Sartelli: Contrappunti
Per finire in bellezza voglio condurvi alla Galleria De’Foscherari che ha organizzato una splendida mostra in due tempi Contrappunti per Germano Sartelli, artista imolese scomparso novantenne nel 2014. Sartelli fin dagli inizi si dedicò all’arte perché ne traboccava, tutto quello che attirava il suo interesse, che lo toccava, a sua volta toccato, manipolato da lui diventava artistico. I suoi materiali ‘pittorici’ non li trovava in mesticheria, ma camminando nel bosco e in campagna, rovistando in cantina e in solaio, frugando tra i rifiuti, tutto poteva far parte della sua tavolozza.

Ecco allora le magiche ragnatele, vere con tanto di ragno, le foglie spesso con insetti vari, i fiori, il fieno che scelti e composti da Sartelli si trasfigurano in struggenti brani informali. Ma anche i mozziconi di sigarette (quanto si fumava…), i frammenti di barattoli di latta, i sacchi di cemento, e poi sedie, tavoli, taniche di benzina esposti dietro ad un vetro zigrinato. Siamo già nel concettuale. Erano le cose che facevano parte della sua vita, di una vita semplice e comune. Forse relitti, rifiuti dell’esistenza che l’attenzione dell’artista sublimava in poesia.

“Non c’è però il senso tragico della fine, ma anzi questi materiali consumati, esausti, morti sono impiegati per la loro naturale bellezza in delicate composizioni con l’intento attraverso l’arte di restituirli alla musicale armonia della vita”. Sartelli è stato un precorritore di tante strade che saranno battute molto dopo. Ha sperimentato ma per appagare la sua necessità di esprimersi che confluiva sempre nella poesia segreta delle cose.

C’è una mostra alla Galleria Labs che propone una perla nascosta, una giovane artista novantenne, Greta Schoedl, che merita un approfondimento. A presto.
- Mostre a Bologna: tre giovanotti per due dame – 23 Maggio 2023
- Bruxelles Meet my arts: Arte diffusa, un’esperienza belga – 10 Maggio 2023
- Greta Schödl o dell’Entusiasmo – 2 Marzo 2023