Senna. Le verità. Il libro e l’intervista all’autore Franco Nugnes sono una fucina di emozioni

Senna. Le verità. Il libro e l’intervista all’autore Franco Nugnes sono una fucina di emozioni

MONDO – Senna, le verità. Un libro di Franco Nugnes ricco di testimonianze e racconti per ricordare e onorare il più grande di sempre. L’intervista all’autore ci regala il finale di un percorso tanto duro quanto emozionale, da vivere fino all’ultima… curva.

Ha voluto intitolarlo così. Senna, le verità. Sì, perché Franco Nugnes non crede che si debba parlare di una singola verità, di una sola storia. Sono passati trent’anni da quel 1° maggio 1994, quel maledetto fine settimana all’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola, dove persero tragicamente la vita Roland Ratzenberger e Ayrton Senna. Ma la storia di Ayrton, della sua fine, è composta da tante verità. Da tante storie, talvolta rimaste nascoste fino a oggi.

Il libro, edito da Edizioni Minerva, regala emozioni a ogni pagina. Leggere le parole di chi ha vissuto Magic in prima persona, nel bene e nel male, prima della sua morte e dopo, a causa del processo, provoca uno stato emotivo che si fatica a descrivere.

Per questo non voglio recensire il libro. Sono un lettore e un tifoso. Sono un amante delle auto, del motorsport e di Senna. Voglio, dunque, raccontarvelo con i miei occhi, tramite ciò che mi ha trasmesso. E alla fine di questo giro di pista, ho avuto il grandissimo piacere e il privilegio di rivolgere alcune domande allo stesso Nugnes.

Di libri che raccontano Senna ce ne sono tanti nelle librerie, e pure ben scritti; tuttavia, non sono mai andati oltre l’ovvio. Ma di questo se ne sentiva l’inconsapevole esigenza. L’ho provata nel momento in cui l’ho chiuso, dopo avere letto l’ultima parola. Avevo bisogno di Senna, le verità.

Senna. Le verità
Cover copertina “Senna. Le verità” – Edizioni Minerva

E per questo, bisogna dire grazie in particolare all’ex direttore di Autosprint, Carlo Cavicchi. Con la sua caparbietà, è riuscito a convincere Franco Nugnes (ex vice direttore di Autosprint e oggi direttore dell’edizione italiana di Motorsport.com) a riesumare da uno scatolone tutto il materiale raccolto durante l’inchiesta portata avanti dal settimanale sportivo sulla morte del campione brasiliano.

Ripercorrere certi momenti non deve essere stato facile. L’autore è sempre stato in prima linea, letteralmente.

Massimo Gambucci, che diventa direttore dell’autodromo a partire dal 2 maggio 1994, su richiesta della polizia ha bisogno di porre ogni pezzo dell’auto nel modo in cui era assemblato in origine. Da qui inizia l’opera di Nugnes, con le testimonianze che si susseguono come fossero parte di un romanzo.

Gambucci, infatti, teme che la polizia non sia in grado di notare dettagli realmente utili ai fini dell’indagine. Ma conosce bene il giornalista di Autosprint, Nugnes, e lui ha conoscenze tecniche sulla Formula 1. L’uomo giusto a cui chiedere aiuto.

Però l’auto è sotto sequestro e i non autorizzati non possono entrare. Così, si finge un ufficiale di gara, incontra Stefano Stefanini l’ispettore della stradale che si occupa del caso ed entra nel garage per assistere il direttore dell’Enzo e Dino Ferrari. Lì c’erano le carcasse delle auto di Ayrton e di Roland. L’obiettivo è cercare indizi. Ne troveranno uno, ma senza rendersene conto. Un pezzo del piantone dello sterzo, un dettaglio sfuggito quasi a tutti.

Ma quello che più impressiona nelle righe delle prime pagine, che fa chiudere lo stomaco, è ciò che Franco vede sul retrotreno della Fw16. Un piccolo grumo di colore grigio. Un racconto breve, un ricordo, che gli fa scendere le lacrime ancora oggi come avvenuto alla conferenza di presentazione del libro a Imola, il 1° maggio scorso.

Senna e Ratzenberger memorabilia

Non aveva mai raccontato questo episodio, per ovvie questioni legali (anche se sarà indagato per altro in questa vicenda). Proprio quella chiamata sottovoce di Gambucci sarà snodo cruciale di tutta questa vicenda. Il battito d’ali di una farfalla che portò Autosprint e Franco a iniziare la loro inchiesta giornalistica più importante, alla ricerca del motivo che ha privato il mondo del suo eroe. La domanda a cui rispondere era: cosa ha causato l’incidente di Senna?

La risposta, oggi, la conoscono tutti anche se alcuni continuano a non accettarla (Adrian Newey sostiene tutt’oggi che l’incidente fu causato da una perdita di aderenza). La rottura del piantone dello sterzo che, probabilmente prima di Imola, era stato accorciato con un lavoro non degno del team di Didcot né di qualsiasi altra squadra che militasse nel motorsport.

LE TESTIMONIANZE

Trent’anni dopo la sua tragica scomparsa, Ayrton Senna torna in vita attraverso le testimonianze raccolte da Franco Nugnes. Un mosaico di ricordi che ci restituisce il ritratto di un uomo determinato, talentuoso e complesso, ossessionato dal sogno di diventare Campione del Mondo di Formula 1.

Le sue ambizioni erano chiare fin dagli inizi, come racconta Andrea Ficarelli, uno dei primi a credere in lui. E la sua strada verso il successo era già tracciata: sapeva con chi stringere alleanze, in quali team correre e come sfruttare al meglio il suo talento.

Tra le testimonianze per me più importanti e umane c’è quella di Angelo Orsi, fotografo per Autosprint e amico di Ayrton. Per volere del destino si trova alla curva del Tamburello in quella domenica di gara, là dove non si era mai messo.

Angelo scatta. Fa quello che sa fare meglio, immortalare momenti, imprimerli su pellicola e fermare il tempo. Resterà l’unico ad aver realizzato foto di quei drammatici momenti da tanto vicino, ma molte di quelle finiranno nella spazzatura. Non è necessario spettacolarizzare la morte. Ma è proprio una delle sue foto che fa mettere in moto gli ingranaggi del sospetto e portare alla scoperta della verità. Forse è stato destino che proprio una sua foto abbia portato a capire le ragioni di una morte della leggenda brasiliana.

E pensare che Angelo, come lui stesso racconta, doveva regalare al mondo tutt’altro tipo di foto quella maledetta domenica. L’idea era di Senna. Magic, finito il GP, si sarebbe fermato alla Tosa, avrebbe caricato Angelo mentre sventolava la bandiera brasiliana e quella austriaca di Roland, morto il giorno prima, con sullo sfondo il caloroso pubblico imolese. Lo scatto perfetto.

Angelo rischiava la carriera e lo stesso Senna, ma il brasiliano convinse l’amico. Avrebbe vinto la gara e onorato il collega scomparso. Questo era Ayrton Senna, un bastardo umano.

Le parole di Angelo Orsi sono una finestra che si apre sulla storia e sull’amicizia dei due, su come la personalità del brasiliano riuscisse a splendere sempre nonostante una certa timidezza. Ma questo è solo l’inizio di un percorso in cui Franco ci accompagna, prendendoci per mano, e ci fa tornare indietro nel tempo, agli anni e ai mesi che precedono quel fatidico giorno.

Dall’incidente di Comas, alla prova del V12 Lamborghini di Forghieri (addirittura troppo potente!) passando per Giancarlo Minardi, che gli suggerisce di chiedere un milione a gara a Ron Dennis per correre con la McLaren nel 1993 togliendosi vari sassolini dalle scarpe (non correva certo buon sangue tra i due).

E poi i test massacranti sulla Williams FW16 a Silverstone, un’auto a dir poco disastrosa. Se mangio anche un solo panino non c’entro più, saranno le parole di Senna. Arrivando al fine settimana di Imola. Prima la morte di Roland Ratzenberger al sabato, il milite ignoto della F1, come lo definisce Franco Nugnes. Mi si è stretto il cuore a vedere suo padre il 1° maggio scorso, che ringraziava tutti noi lì presenti alla curva del Tamburello che rendevamo omaggio a suo figlio, ricordandolo come solo un genitore può.

Pagine toccanti sono dedicate al racconto di Massimiliano Angelelli, il giovane pilota della Safety Car. Un’Opel Vectra sgangherata e inadatta al ruolo. Massimiliano capisce subito che è un’auto pericolosa e la vuole sostituire con una Porsche ma senza riuscirci.

Il GP parte. Pronti, via e subito tocca a lui. Esce e aspetta Ayrton, l’auto che guida il gruppo. L’Opel non va, fa fatica in salita e Massimiliano deve rallentare perché i freni lo stanno abbandonando. E allora eccolo, quel momento che non scorderà mai più nella vita e che lo tormenterà ogni notte, facendolo sentire colpevole. Senna è arrabbiato perché Angelelli va troppo piano e le gomme si stanno raffreddando troppo (uno dei motivi ipotizzati che avrebbe potuto causare l’uscita di pista), così si affianca al pilota italiano della SC e gli mostra il pugno. Massimiliano vede anche gli occhi di quell’uomo sotto la visiera. Non può neppure immaginare nei più nascosti meandri della sua testa che lui sarà l’ultimo a vedere la vita negli occhi di Senna prima dell’impatto fatale. Un trauma che ha segnato per sempre la sua esistenza.

E poi c’è la testimonianza di Domenico Salcito, il medico che tentò disperatamente di salvarlo. Le sue parole sono come lame affilate che penetrano nella carne, tanto è il dolore che si prova a leggerle.

La penna di Nugnes tocca anche il periodo successivo l’incidente, tra l’intuizione geniale di Gabriele Tarquini vedendo la foto di Angelo del piantone rotto vicino all’auto, e la telemetria rivelata dal giornale Rombo, arrivando alla difesa legale della Williams. Perché è stato corretto e giusto parlare anche di chi ha tentato di dimostrare le proprie ragioni, anche se contro ogni evidenza.

Fino all’ultimo atto che ha messo la parola fine a questa vicenda. La demolizione dell’auto e del casco di Ayrton.

Senna. Le verità è più di un semplice libro, di un racconto ricco di testimonianze. Si ha per le mani un viaggio emozionante nella mente e nel cuore di un campione immortale, un omaggio commovente a un uomo che ha lasciato un segno indelebile nel mondo dello sport e non solo. Un libro che appassionerà non solo i tifosi di Formula 1, ma chiunque sia stato toccato dalla forza di un sogno inseguito con tenacia e sacrificio.

L’INTERVISTA A FRANCO NUGNES

Il nostro giro di pista sta finendo. Siamo all’ultima curva e diretti sulla linea del traguardo non posso che ringraziare il direttore e, ovviamente, autore del libro, Franco Nugnes, che è riuscito a dedicarmi tempo per rispondere a queste poche domande, ma soprattutto devo ringraziare per questo libro. Non per mera piaggeria, ma perché è riuscito a entrarmi nell’anima, facendomi emozionare. E così spero possa fare con voi che ci leggete!

Per chi non la conosce, ci racconta Franco Nugnes?

Un appassionato di motori che avrebbe voluto mandare in pensione Mauro Forghieri per disegnare le Ferrari degli anni 70: non essendo un ingegnere geniale come era “Furia”, ho scelto la strada del giornalismo per entrare nel motorsport. Ed è un percorso professionale che mi ha assorbito molto. Da gentleman driver ho anche corso con vetture Turismo e GT conseguendo risultati dignitosi e diverse vittorie.

La sua prima reazione alla proposta dell’ex direttore Cavicchi qual è stata? E cosa l’ha convinta, cosa le ha fatto dire ok, lo faccio?

C’era chi aveva azzardato che l’incidente al Tamburello fosse colpa di Ayrton! Ma come, il più grande non poteva aver sbagliato in una curva che era un rettilineo. Gli incidenti in quel punto sono sempre avvenuti solo per cedimento meccanico. Era un dovere cercare la verità.

Per lei è stato difficile tornare su questa storia, non solo a livello lavorativo ma anche umano?

Sì, pensavo che ci fosse poco da raccontare rispetto a quanto era stato già scritto all’epoca. E, invece, quando ho cominciato a risentire le testimonianze di chi aveva vissuto quel maledetto 1 maggio 1994, ho capito che c’erano aneddoti, storie ed emozioni che dovevano essere svelate. Sensazioni da brividi che azzerano il tempo e avvicinano a Senna.

Credo che rifarebbe tutto quello che ha fatto all’epoca. Lei che si è sempre considerato una persona rispettosa delle regole, come si è sentito nel doverle violare?

Ho vissuto un contrasto interiore molto forte: da una parte c’era il timore di essere scoperto nelle “scorribande” all’interno del garage dove erano contenute le monoposto di Ayrton e Roland, dall’altra c’era l’esigenza di capire cosa fosse successo per davvero. Ha prevalso la voglia di cercare delle verità…

Qual è la testimonianza che più l’ha fatta emozionare?

Il racconto di Max Angelelli, pilota che ha vinto due 24 Ore di Daytona, che all’epoca guidava la safety car. Per due anni si svegliava di notte con l’incubo di Ayrton: il bolognese era stato l’ultimo a guardare negli occhi Senna da vivo mentre si affiancava con la sua Williams alla safety car per invitare Max ad andare più forte con l’Opel Vectra. Angelelli si sentiva “colpevole” di aver girato troppo piano, facendo abbassare la pressione delle gomme. Temeva che quel fattore potesse essere una concausa dell’incidente. Raccontando l’episodio è come se si fosse liberato dall’incubo…

Le faccio una domanda che ha spesso rivolto ai protagonisti delle sue interviste. Chi era per lei Senna?

Un… “bastardo” buono. Durissimo in pista, straordinariamente umano non appena si sfilava il casco. Ayrton era un uomo capace di arrivare al top in qualunque iniziativa avesse voluto impegnarsi. Secondo l’ingegner Giorgio Ascanelli, Senna è stato la persona capace di mantenere una concentrazione mentale più a lungo di qualsiasi altra. Non era solo un campione in pista.

A Imola, il primo maggio scorso, lei ha messo a confronto le figure di Senna e Schumacher dicendo che intorno alla prima è venuta a crearsi l’immagine di un mito mentre non è stato lo stesso con la seconda. Mia moglie, tornando a casa, mi ha chiesto cosa differenziasse tanto Ayrton da Michael, perché uno era diventato una leggenda immortale ricordata da tutti a distanza da tanti anni mentre l’altro, nonostante tutto quello che ha vinto, non viene osannato a livello planetario. Quindi, arrivo alla domanda, secondo lei cosa fa di un mito… un mito? Cosa ha reso Ayrton… Ayrton?

Il mito resiste da 30 anni e non viene scalfito da tempo, anzi. I giovani scoprono Ayrton anche senza genitori che vogliano tramandare il racconto delle gesta del brasiliano. Piaceva alle donne per quell’aria triste, piaceva per il coraggio e la dedizione con cui si è dedicato all’automobilismo. Cercava la perfezione passando per un modo di vivere molto esigente con sé stesso. Non mi stupisce che abbia trovato la sublimazione nella trascendenza: la ricerca di Dio, la fede erano frutto di una profonda ricerca interiore. Ayrton è stato un uomo eccezionale, Michael solo un pilota straordinario…

Francesco Frosini

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