MONDO – Tradizioni e simbologie attraverso la terminologia e la storia delle religioni. Ecco la Pasqua tra il sacro e il profano.
La parola Pasqua deriva dall’ebraico Pesach (פסח). Pesach a sua volta significa “passaggio”. Il passaggio sta ad indicare più significati insieme: il passaggio dallo stato della schiavitù degli ebrei in Egitto alla libertà; il passaggio del Mar Rosso quando in fuga dai soldati del faraone il popolo prediletto cercava un’apertura verso le vie di casa; il passaggio dell’angelo inviato da Dio per colpire i primogeniti di coloro non avessero asperso gli stipiti delle porte col sangue di un agnello sacrificale, ora gli ebrei ottemperando al precetto divino ne furono risparmiati, non fu così invece per le famiglie degli egizi.
Pasqua, ebraismo, passaggio ma al cristianesimo come ci si arriva e qual è il motivo conduttore? Questo: le due religioni ebraismo e cristianesimo sono correlate, entrambe monoteiste pongono l’adorazione di un unico Dio comune alle due confessioni. Tradizioni e simbologie precise e definite all’interno della prima, confluiscono nel cristianesimo mantenendo alcuni significati, misconoscendone taluni e favorendone altri.
Pesach/Pasqua finisce col significare per i cristiani (con tale termine si riferiscono le tantissime varianti all’interno di una stessa confessione) ancora “passaggio”, ma con il significato di passaggio dalla morte – quella di Cristo – alla vita con la Resurrezione, avvenuta proprio di domenica. Se per gli ebrei il sacrificio di un agnello era un rito con un significato ben preciso e anticipatore, con la venuta di Cristo abbiamo un ulteriore passaggio: dall’agnello simbolo di innocenza, all’innocenza salvifica di un Cristo redentore (era Lui quell’agnello) tramite il cui sacrificio dona la salvezza e la vita eterna a chi crede e lo accetta in quanto tale; un passaggio ulteriore quindi dalla tradizione archetipica del Vecchio Testamento alla rivelazione del Cristo come appare nel Nuovo.
Le prime comunità cristiane festeggiavano infatti Pesach/Pasqua secondo quanto riportato nel vangelo di Giovanni, il 14 di Nisan corrispondente nel calendario ebraico a un mese posto fra marzo e aprile, facendo così corrispondere le celebrazioni a ricordo della liberazione dall’Egitto e che coincide con il primo plenilunio, precisamente dopo l’equinozio di primavera.
Ma fu con il Concilio di Nicea nel 325 dove per dare unitarietà al discorso e deviare l’accento dall’idea di “rinascita” della natura ponendolo più sull’idea di “rigenerazione” spirituale che si convenne di festeggiare la Pasqua nella domenica successiva al primo plenilunio, ossia dopo l’equinozio di primavera.
Ecco quindi perché le date della Pasqua cristiana non sono mai le stesse, seguendo il ritmo lunare dove ancora la luna nuova ribadisce un ideale di rinnovamento che si accomuna a quello degli altri elementi in natura.
Un’altra considerazione va poi fatta circa le date della Pasqua cristiano-cattolica e quelle di quella ortodossa differendo i due calendari giuliano per gli ortodossi e gregoriano per i cristiano-cattolici.
Primavera e con essa il risveglio della natura quindi ancora un passaggio ma questa volta dall’inverno alla bella stagione, con la ripresa cinguettante degli uccelli, il loro nidificare e la ripresa produttiva degli animali fra i quali – nello specifico – quelli da cortile: anatre, oche, quaglie o galline i volatili più comuni, che dopo il riposo salutare dell’inverno, riprendevano a covare ed ecco perché le uova: simbolo ancora di vita che nasce “omne vivum ex ovo“, secondo i latini.
L‘uovo infatti è simbolo di fertilità riconosciuto in quanto tale sin dai tempi antichi e trasversalmente accettato dalle più disparate e lontane culture: pensiamo ai persiani che durante il Norooz il loro anno nuovo che cade sempre in corrispondenza dell’equinozio di primavera, festeggiano l’avvenimento e usano a loro volta uova colorate per decorare la tavola.
Il termine inglese “Easter” ossia Pasqua ha una radice germanica essendo collegata a Eostre, la divinità del rinnovamento, della primavera e del susseguente rituale che coinvolge i viventi e gli animali soprattutto dediti con la bella stagione alla riproduzione; a tal fine la lepre nell’antichità e a maggior ragione il coniglio, animali prolifici per loro natura, venivano assurti, accanto all’uovo, quali simboli ben auguranti di prosperità, abbondanza tanto auspicata quanto era temuta invece una scarsità di raccolto o peggio ancora la carestia in un tempo in cui tutto ciò avrebbe potuto significare la morte per tanti.
Allorché la religione governava non solo la vita spirituale delle persone ma ne regolava anche le esistenze, durante la Quaresima, il periodo liturgico che precede la Pasqua cristiana, a scopo di purificazione anche corporale, vigeva la norma di astenersi dal mangiare carne (peraltro sempre consumata con molta parsimonia dai più) o qualsiasi alimento di origine animale. Ecco quindi che l’astinenza dalle uova e il relativo surplus di quelle prodotte, portò all’abitudine di decorare le uova colorandole in modo da poterle ancora meglio conservare.
Il fatto poi di aggiungere su di esse motivi e simboli cristiani, sarà solo quel preludio che a distanza di secoli porterà l’industria dolciaria meno attenta alle valenze spirituali e più incline a sviluppare un fiorente commercio, alla creazione nel 1875 delle prime uova di cioccolata su scala industriale, ipotetica data questa, ad opera di John Cadbury, titolare dell’omonima industria inglese tuttora in attività.
Vogliamo, al riguardo, fare a Voi tutti i nostri più cari auguri di una serena Pasqua nonostante questo #iorestoacasa, questa clausura forzata che ci porta però a stare di più con noi stessi, a leggere e riscoprire storia e tradizione di qualcosa che magari, fino a poco tempo fa, legavamo solo alla festività. Ci auguriamo così che la Pasqua, ed ogni festività, sia un momento conviviale di gioia, qualunque religione sia nei nostri cuori.
ARTICOLO di Daniela Ferro del 22 Maggio 2016
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