La pastiera e non solo, ecco il dolce tipico della tradizione partenopea

La pastiera e non solo, ecco il dolce tipico della tradizione partenopea

ITALIA – Piccolo tour culinario attraverso le leggende che gli hanno dato vita, dei due piatti tipici della tradizione pasquale napoletana: il casatiello e la pastiera, caposaldo della cucina partenopea. Il profumo dell’acqua di fiori d’arancio ci riconcilierà con le avversità del periodo del Coronavirus e, anche se saremo tra 4 mura, vedremo i colori della primavera e sentiremo il calore degli affetti vicini e lontani, mangiando magari una fetta di questa prelibatezze rigorosamente nel rispetto di #iorestoacasa.

I piatti tipici della tradizione pasquale napoletana: il casatiello, ad esempio, un pane farcito, ripieno di salumi e formaggi, con la caratteristica forma ad anello, per ricordare la ciclicità di vita e morte, e le uova sode, intere, col guscio, fissate lungo la superficie del rustico con due strisce di pasta disposte a forma di croce, simbolo della corona di spine che Cristo portava sul capo; la pastiera è l’altro caposaldo della cucina partenopea, una torta di pasta frolla che vanta un impasto morbidissimo a base di ricotta, frutta candita, zucchero, uova, e grano bollito nel latte, con l’aggiunta di aromi come la cannella, la vaniglia e l’acqua di fiori d’arancio.

Profumata e buonissima, deve il nome, secondo la leggenda, alla “pasta di ieri”, con riferimento a una notte in cui il maltempo flagellò le coste di Napoli costringendo i pescatori a restare in mare più a lungo del previsto. Quando gli uomini guadagnarono nuovamente la terra ferma, fu chiesto loro come fossero riusciti a sopravvivere, e questi risposero: “Mangiando la pasta di ieri”, fatta con ricotta, uova e grano, appunto.

il casatiello e la pastiera foto MyWhere
il casatiello e la pastiera

Per la Pasqua partenopea alla fellata si accompagna il casatiello, il più tipico pane rustico, che deve il nome alla parola “caso”, formaggio, di cui è ricco il suo ripieno. Se ne scovano tracce – e briciole – già nel Seicento. Esso ricorda, nella forma e nella simbologia, la corona di spine che fu messa sul capo di Gesù Cristo. La pasta di pane, a lievitazione naturale, ne costituisce la base di partenza.

casatiello più tradizionale, fatto in casa foto MyWhere
Un casatiello più tradizionale, fatto in casa foto MyWhere

La farcia è conciata con formaggio, strutto, ciottoli e salumi; le quattro uova, crude e con il guscio, vengono disposte a raggiera, in superficie, bloccate con due lingue di pasta a mo’ di croce, e cotte in forno insieme al resto.

il casatiello foto MyWhere
La farcita tipica Tortano, cioè il casatiello senza le quattro uova sopra, né all’interno. foto MyWhere

Nella sua versione dolce, prevalentemente casertana, la ricetta prevede uova, zucchero, strutto e glassa, ed una simpatica decorazione di “diavulilli”, di confetti colorati.

Segue, a stretto giro, la minestra maritata. Un nome che è un programma. Cicoria, scarulelle, verza e borragine si maritano, si sposano alla carne – generalmente di pollo – e con questa si incontrano in un unico sapore, in un sodalizio che funziona meglio, e dura più a lungo, di certe coppie. In fede all’antica tradizione gastronomica, sul fondo del piatto, si è soliti disporre gli scagliuozzi, frittelle di farina di mais in alternativa al più classico pane tostato.

Chiaramente per la Pasqua partenopea, alle sopracitate “nozze culinarie” si aggiunge la pastiera. Tipica del periodo pasquale, gode del riconoscimento ufficiale di prodotto agroalimentare tradizionale campano.
Si tratta di una torta di pasta frolla, croccante fuori e morbida all’interno, farcita con un composto di ricotta, frutta candita, zucchero, uova e grano bollito nel latte, cui si aggiungono aromi come la cannella, le scorze d’arancia o la vaniglia.
Probabilmente risalente anch’essa al XVII secolo, più di una leggenda narra la sua storia.

il casatiello e la pastiera foto MyWhere

La prima leggenda celebra il culto della dea Cerere, la materna divinità della terra e della fertilità, cui si deve l’origine dei fiori, della frutta, degli essere viventi: l’uovo, portato in processione dalle sue sacerdotesse, rappresenta, secondo la più diffusa simbologia, la massima espressione della fecondità e della resurrezione.
Un‘altra leggenda racconta invece della Sirena Partenope che, in primavera, risaliva le acque del Golfo e salutava il popolo napoletano allietandolo con la bellezza commovente del suo canto. Un giorno, sette delle fanciulle più graziose della città furono incaricate di portare in dono alla sirena sette presenti, uno per ciascuna: la farina, come simbolo di forza e opulenza della campagna; la ricotta, ossequio dei pastori e del gregge; le uova, ad indicare la vita che ciclicamente si rinnova; il grano tenero bollito nel latte: i due regni di natura; l’acqua di fiori d’arancio, affinché anche i profumi potessero mostrarsi deferenti alla letizia della voce di Partenope; le spezie, in rappresentanza di tutti i popoli del mondo; e lo zucchero, per esprimere la dolcezza del suo canto.
La sirena, felice dei doni ricevuti, si inabissò nuovamente nelle acque del Golfo di Napoli e porse agli dei la “dote” ricevuta. Questi, con divine arti, rimestarono i sette ingredienti e da essi nacque la pastiera che, si dice, superasse in dolcezza persino la voce della celebre creatura.
Una terza leggenda narra, infine, di quattro pescatori che, a causa di una tempesta improvvisa, furono costretti in mare un giorno ed una notte intera. Sopravvissero alla disavventura sfamandosi con la “pasta di ieri”, fatta di ricotta, uova, grano ed aromi. Per questa ragione la pastiera assurge, oggi, a simbolo di rinascita.

Estratto da un articolo MyWhere di Antonia Storace datato 14 Aprile 2017 

Tutte le foto sono MyWhere copyright

Redazione

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