Scarlino, la sentinella dell’antico Portus Scabris. Ecco cosa vedere!

Scarlino, la sentinella dell’antico Portus Scabris. Ecco cosa vedere!

GROSSETO – Un tesoro di 100 monete d’oro nascosto nella nicchia di un’antica chiesa, un affresco rinascimentale custodito da lungo tempo da un inconsapevole (forse) inquilino, un luogo il cui nome rivela un passato da protagonista in una delle più belle zone della Toscana. Sto parlando della maremma grossetana del secolare borgo di Scarlino, da inserire nei nostri itinerari di turismo lento.

Incantevole e pittoresco, Scarlino è un centro che vanta rilevanza artistica e storico archeologica, negli anni passati non ha tralasciato neppure di stupire per alcuni, a dir poco, curiosi accadimenti.

Con i suoi quasi 4.000 abitanti con orgoglio si erge a circa 229 metri sul livello del mare, in sella al Monte d’Alma. Il toponimo Scarlino forse è dovuto all’antico portus scabris (scaber in latino indica qualcosa di scabro, brullo, pietroso) che si delineava poco sotto, oppure, ipotesi per la quale la mia vena romantica propende, l’etimologia deriva dal termine longobardo Scherl, sentinella.

Vista l’invidiabile posizione panoramica sembra proprio essere quella la sua ragion d’essere: un guardiano del mare, che protende un vertiginoso visus, oltre che su un’immensa distesa di dolci colline, boschi e pianure, sull’azzurro del mare da un estremo all’altro del golfo di Follonica, da punta Ala (a sud) fino a Piombino (a nord).

Golfo di Follonica
Panorama sul Golfo di Follonica

Dove oggi sorge il porto turistico del Puntone di Scarlino, la linea di costa si interrompeva e creava uno stretto accesso al retrostante lago salmastro, trasformatosi col susseguirsi dei secoli in padule. Attualmente vi si trova un’oasi faunistica, mentre i reperti archeologici del porto, teatro da sempre di intensi traffici commerciali, sono custoditi presso il MAPS, Museo Archeologico del Portus Scabris.

Portus Scabris
Antico Portus Scabris

Abbiamo prova che il territorio di Scarlino sia stato insediato fin dall’età del Bronzo (secoli XII-X a.C.) con continuità in epoca etrusca e successivamente romana, quando assunse una funzione essenzialmente strategico-militare.

Le prime strutture stabili risalgono all’alto Medioevo in concomitanza con l’aumento demografico e lo sviluppo del commercio. É in questo periodo che vede luce la maestosa Rocca aldobrandesca (così denominata perché voluta dalla potente famiglia degli Aldobrandeschi di Sovana) che domina dall’alto Scarlino.

Rocca Scarlino
Scarlino, Rocca Aldobrandesca

La Rocca ha subito innumerevoli fasi di rifacimento e distruzione, recenti interventi conservativi hanno reso la struttura visitabile e in grado di accogliere lo svolgimento di suggestivi spettacoli canori. L’imponente costruzione, posta sulla dorsale Nord del Monte d’Alma a circa 250 metri sul livello del mare, è costituita da tre torrioni angolari strutturalmente diversi (uno presenta sezione circolare, il secondo sezione quadrangolare e il terzo rettangolare), uniti tra loro da una serie di cortine murarie.

torrione Scarlino
Torrione della Rocca a sezione circolare

mura rocca Scarlino

Durante indagini archeologiche, svolte all’inizio degli anni ’80, in una parete della canonica di Sant’Andrea, eretta internamente al Cassero, venne rinvenuta una piccola anfora di coccio contenente un autentico tesoro: ben 100 fiorini d’oro coniati da più zecche (Firenze, Pisa, Bologna, Genova, Siena, Venezia, Roma, Milano, Ungheria), risalenti alla metà del XV secolo. Probabilmente era stato secretato in previsione di un acquisto importante o di un deposito bancario.

Rocca

Sfortunatamente non venne mai effettuato per circostanze che causarono la morte o la fuga senza ritorno del possessore del tesoro e la distruzione dell’edificio stesso. Dal 1991 il tesoretto è finalmente tornato a Scarlino dopo un lungo iter burocratico e può essere ammirato nel Centro di Documentazione Riccardo Francovich.

Il piccolo abitato di Scarlino, che scende dai piedi della Rocca lungo il crinale del colle, ha mantenuto la fisionomia del borgo medievale con vicoli ripidi, stretti e tortuosi che si dipanano tra le alte antiche dimore.

Porta a mare scarlino
Porta a Mare che si apre nelle mura di Scarlino

In una di queste, in Via Citerni, incontriamo Casa Novelli (oggi sede legale di Etrurio, brand della società agricola Olive Grove Partners di Andrea Sozzi Sabatini) dalla storia alquanto singolare.

Costruito dalla famiglia Pannocchieschi nel XIII secolo l’immobile divenne due secoli più tardi luogo di congregazione dell’Oratorio di Santa Croce. I confratelli commissionarono, a un pittore appartenente alla scuola senese, un grande dipinto raffigurante la Crocefissione di Gesù che occupasse l’intera parete di fondo dell’oratorio.

Tra Sette-Ottocento la Crocefissione di Gesù (con tutta probabilità insieme ad altri cicli pittorici) venne intonacata, in conseguenza dello smembramento in più residenze dell’intero edificio.

A distanza di molti decenni il caso volle che il Sig. Luigi Novelli, impiegato comunale scarlinese, entrasse in possesso della particolare abitazione provvista dell’inaspettato cadeau rinascimentale. Al suo cospetto solo alcune tracce visibili, figure venerabili che quotidianamente occhieggiavano seminascoste da sotto l’intonaco.

L’uomo ha convissuto inconsapevolmente (oppure no!) con il misterioso capolavoro fino al 2006, quando in seguito alla sua morte, la proprietà è stata acquistata dal manager senese Andrea Sozzi Sabatini, il quale ha voluto dare inizio senza ulteriori indugi a studi più approfonditi e al restauro dell’intero affresco.

La vicenda ha destato l’interesse anche del noto Vittorio Sgarbi che più di una volta si è recato in visita a Scarlino: doveva essere ampio almeno il doppio (l’affresco riportato in luce misura 3 x 5 m, è visibile presso il Museo Etrurio, ndr), chi lo ha realizzato doveva padroneggiare perfettamente la tecnica dell’affresco (datato 1437, ndr). Si tratta di una tecnica sopraffina per la sua conservazione perché, nonostante l’apparenza, l’adesione della pittura è perfetta e non ci sono segni di umidità sulla parete o sollevamenti del colore; siamo davanti ad un monumento importante e dobbiamo essere orgogliosi di aver restituito quest’opera alla universale conoscenza.

Nel centro di Scarlino degni di nota sono pure il duecentesco Palazzo Comunale e, in fondo al paese quasi a chiuderlo, il Convento di San Donato incluso nelle mura paesane nel primo trentennio del XIII secolo.

Scarlino
Scarlino

Il Convento venne donato dalla Contessa Matilde di Canossa agli Eremitani di Sant’Agostino. L’intera struttura è stata sottoposta a frequenti trasformazioni e ampliamenti. Adibita nel tardo Settecento a pensione-albergo, era provvista di stalle, magazzini, cantine, orti, celle, terrazzi e loggiati.

L’ultimo tentativo di restauro, finalizzato principalmente al ripristino dell’originaria austerità gotico-romanica dell’impianto, è del 1929.

Segnalo un’ulteriore curiosità per chi, come me, è spesso mosso da frustrata sete di avventure in puro stile Indiana Jones. Sul margine destro della strada che dal Puntone si dirige verso Scarlino (dopo circa un paio di km), tra un’intricata vegetazione e un polveroso ghiaino, giacciono le rovine della base del campanile e dell’abside semicircolare della pieve di San Michele.

campanile
Base del campanile che ha assunto la forma di un tronco d’albero

Il parato murario a fasce orizzontali bianche e verdi, perfetta espressione di architettura romanico-pisana, è similare a quello dei monumenti di Piazza dei Miracoli di Pisa. La Chiesa fu abbandonata già agli inizi del XII secolo, quando la pianura con il padule di Scarlino diventò troppo insicura a seguito degli assalti dei Saraceni.

resti abside
Resti dell’abside della Pieve di San Michele

San Michele

Desta amaro stupore scorgere un ‘tassello’ di storia così antica trascurato con tanta disinvoltura tra erbacce, alla portata di tutti e a due passi da una strada molto trafficata. Non vi è nessuna recinzione, ed è stato tolto persino il cartello sbiadito che fino a qualche anno fa ne indicava a fatica la presenza e la storia.

Dopo aver ammirato e camminato tanto, perché non allietarsi ancora di più, concedendosi una degna sosta culinaria? Io mi sento di suggerire senza ombra di dubbio l’Osteria di Cecchi e Valentini, un locale accogliente, con archi e pietra a vista, ritagliato in una delle numerose stradine interne.

Ristorante Cecchi e Valentini
Osteria Cecchi e Valentini, in Via Citerni a Scarlino

Il ristorante è a conduzione familiare, la mamma-cuoca di David (il gentile proprietario) delizia il palato con piatti caratteristici toscani: zuppa maremmana, affettati genuini, cinghiale alla cacciatora, capocollo di maiale con mele e Porto, marmellate e dolci di produzione propria.

osteria

Cecchi e Valentini

Una vasta carta di vini, inoltre, soddisferà anche l’intenditore più esigente. David oltre a essere un perfetto padrone di casa, che sa ben dosare gioviale cortesia e presenza non invadente al desco dei clienti, è anche un esperto enologo.

Il tutto rende Scarlino una tappa di turismo lento da inserire tra i nostri itinerari, tra bellezze naturali e curiosità storiche accompagnate da qualche consiglio su locali tipici dove sarebbe davvero un peccato non fermarsi!

Arianna Tinagli

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