Qual è il significato della Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore?

Qual è il significato della Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore?

MONDO – Una ricorrenza come la Giornata Mondiale offre il modo e l’occasione per fermarsi un attimo e ragionare sugli interrogativi e sui principi di fondo. E per quanto riguarda il Diritto d’Autore ho ritenuto fondamentale approfondire, attraverso quest’intervista con l’avvocato Alberto Improda, il punto di vista professionale di un esperto calato nella nostra contemporaneità.

Una ricorrenza come la Giornata Mondiale offre il modo e l’occasione per fermarsi un attimo e ragionare sugli interrogativi e sui principi di fondo. E per quanto riguarda il Diritto d’Autore ho ritenuto fondamentale approfondire, attraverso quest’intervista con l’avvocato Alberto Improda, il punto di vista professionale di un esperto calato nella nostra contemporaneità.

Ha senso parlare ancora oggi, con l’innovazione tecnologica che ha stravolto le modalità di fruizione della Letteratura, di Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore?

Credo che la Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore rivesta un grande significato, oggi più che mai. Presi come siamo dalle urgenze del quotidiano, tutti ci troviamo ogni giorno costretti a concentrarci sul particolare, sul contingente, perdendo così di vista le questioni che sono alla base di qualsiasi tema. Una ricorrenza come la Giornata Mondiale offre il modo e l’occasione per fermarsi un attimo, per ragionare – prendendosi un momento di tempo – sugli interrogativi e sui principi di fondo.

Questo vale anche per il Diritto d’Autore?

Questo vale in assoluto, naturalmente, ma vale in modo peculiare per il Diritto d’Autore. Bisogna partire da una considerazione di carattere generale, la cui condivisione è dirimente, per potere poi mettere a fuoco i concetti che ne discendono. Viene pressoché unanimemente riconosciuto che la società contemporanea è contrassegnata dalla Economia della Conoscenza, le cui dinamiche toccano e influenzano la vita di ognuno di noi. Non esiste una definizione codificata di Economia della Conoscenza e personalmente amo fare riferimento alle parole di Bruno Arpaia e Pietro Greco, secondo i quali “l’economia della conoscenza fondata sul sapere e sul lavoro intellettuale è una novità epocale, che costituisce, al tempo stesso, lo sviluppo e il superamento della società  industriale, fondata sulle macchine e sul lavoro manuale in fabbrica”.

Irene Tinagli, completando in qualche modo il concetto, ha scritto che “è la capacità di innovare, creare continuamente, piuttosto che quella di produrre o ri-produrre meccanicamente, che oggi consente di costruire vantaggi distintivi e duraturi”.

Ai fini del ragionamento che voglio fare qui, possiamo dire – in modo piuttosto grossolano – che l’Economia della Conoscenza si caratterizza per trovare le proprie componenti propulsive nei beni intangibili, nelle creazioni immateriali, nei contenuti intellettuali.

Ecco, siamo al punto…

In questo genere di economia, gli Autori – che potremmo, gramscianamente, chiamare anche Produttori di Contenuti – non lavorano solo per sé stessi, ma realizzano contributi dei quali beneficia l’intera collettività.

Gli Autori, producendo nuovi contenuti, non soltanto esprimono la propria identità e perseguono i propri interessi personali, ma partecipano in modo decisivo allo sviluppo della comunità nel suo complesso, anche dal punto di vista economico. Mi sembra dunque che emerga con chiarezza come, nel peculiare contesto contemporaneo, il Diritto d’Autore rivesta una nuova e per qualche verso inedita importanza, essendo chiamato a contribuire al progresso della società in modo più ampio, diretto ed immediato che nel passato.

Quindi, a suo giudizio, il Diritto d’Autore va bene così e non necessita né di riforme né di applicazioni tecnologiche. 

In verità, direi esattamente il contrario: il Diritto d’Autore ha urgente bisogno di riforme efficaci e di avanzate soluzioni tecnologiche. Personalmente resto perplesso dinanzi alle ipotesi che prevedono un mero superamento del Diritto d’Autore, con la sua semplice abrogazione, senza nessuna ipotesi progettuale rispetto a meccanismi sostitutivi. Ma indiscutibilmente l’istituto deve essere ripensato, alla luce delle ragioni che ne rendono obsoleti alcuni tratti, imperniati sull’ottocentesco paradigma proprietario, con il suo portato di esclusività dominicale.

Però non ne dovranno venire meno le funzioni di Premio e di Incentivo, affinchè i Produttori di Contenuti possano svolgere al meglio la propria attività, immettendo nella realtà contributi sempre originali ed innovativi, per il benessere e il progresso dell’intera collettività.

Forse dovremmo partire da una riflessione sulle finalità delle applicazioni tecnologiche…

Si infatti, il discorso sulle applicazioni tecnologiche merita una premessa. La tecnologia, infatti, per sua natura ha valenza neutrale e può essere utilizzata per raggiungere i fini più diversi. Dunque, preliminare a qualsiasi ragionamento sulle soluzioni tecniche implementabili, è una riflessione sulle finalità che per il loro tramite si vogliono perseguire.

Il 21 aprile scorso il Senato ha dato il via libera alla legge di delega europea 2019-2020, come la Camera aveva fatto a sua volta già a fine marzo, preparando così la strada al decreto attuativo che dovrà implementare la direttiva 2019/790 nell’ordinamento italiano entro la scadenza del prossimo 7 giugno fissata dalle regole di funzionamento dell’Unione. Quali sono le significative novità apportate in tema di Diritto d’Autore?

La Direttiva apporta significative novità in tema di Diritto d’Autore e Diritti Connessi nel mercato unico digitale.

Tra l’altro, viene incentivata la stipula di accordi tra gli editori di giornali con i grandi player, per un corrispettivo connesso all’utilizzo dei contenuti pubblicati, per i quali gli stessi Autori dovranno ricevere una parte del compenso, con un meccanismo di adeguamento della giusta remunerazione inerente tutti i creatori di opere e di lavori pubblicati sulle varie piattaforme web.

Tali piattaforme, peraltro, dovranno ottenere un‘autorizzazione dai titolari dei diritti, ad esempio mediante la conclusione di un accordo di licenza, al fine di comunicare al pubblico o rendere disponibili al pubblico opere o altri materiali.

Avvocato, sappiamo che lei ricopre il ruolo di presidente della Fondazione CittàItalia.  Ci vuole esporre il suo punto di vista per quanto riguarda il mondo dell’Arte e della Cultura?

Il mondo dell’Arte e della Cultura, come tutto il resto della nostra società, è oggi interessato da un fenomeno di acuta polarizzazione: da un lato, pochi soggetti, sempre di meno, diventano mano a mano più forti, famosi, ricchi e potenti; dall’altro lato, una moltitudine di soggetti, sempre di più, diventano mano a mano più deboli, sconosciuti, poveri e irrilevanti. Così come tutta la classe media, così anche l’artista medio, lo scrittore medio, versa in una situazione di gravi difficoltà. Già nel 2014 una indagine effettuata in Gran Bretagna dalla Queen Mary University, per la Author’s Licensing and Collecting Society, ha stimato che solo l’11.5% degli autori professionali riesce a vivere dei propri libri, mentre nel 2005 la percentuale era del 40%.

Negli USA, secondo “The Authors Guild’s 2018 Author Income Survey”, i redditi degli scrittori professionali, su un campione di 5067 soggetti intervistati, sarebbero scesi ai minimi storici, fino a una media di USD annui nel 2017, in calo del 42% rispetto al 2009.

Come ha detto bene lo scrittore spagnolo Ignacio Martinez de Pisòn:

“la prospettiva sembra essere quella di un mondo del libro estremamente polarizzato, con grandi bestseller che spadroneggiano al di sopra di un oceano di testi accessibili all’istante e quasi del tutto gratuiti, un oceano in cui i libri di qualità, di autori noti e riconosciuti, sono indistinguibili dai volumi di poesia messi in rete dal quindicenne con velleità creative”.

Si tratta di una deriva patologica, foriera di negatività a largo raggio, che deve essere arginata.

Una deriva alla quale la crisi da Coronavirus ha conferito un’accelerazione spaventosa, accentuando in modo drammatico i problemi di un intero mondo: artisti, scrittori, produttori di contenuti, operatori della cultura, oggi versano in difficoltà davvero gravi. 

Voglio rimarcare con forza un concetto, che dovrebbe risultare evidente da quanto detto prima: non parliamo di una questione che riguarda soltanto una categoria di persone; la situazione in atto determina un generale peggioramento nella produzione dei contenuti, con ripercussioni negative sull’intera società e nelle vite di ognuno.

Allora, e giungo al punto, le innovazioni tecnologiche rappresentano strumenti preziosi, che devono funzionare a tutela della classe media degli autori, ad esempio rendendo il più possibile rapida, efficace ed effettiva la gestione dei relativi diritti.

Anche e soprattutto sul versante economico.

Perchè, come recita una celebre citazione, attribuita tradizionalmente a Monsieur Beumarchais, capofila in Francia nel 1850 della società di collecting SACEM: “Si dice che non è nobile per gli autori, battersi per gli interessi materiali quando si è in attesa della gloria, In effetti la gloria è molto invitante ma non ci si può dimenticare che per godere della bellezza di un solo anno solare, la natura ci condanna a 365 pasti!”.

William Shakespeare nel ritratto eseguito da Martin Droeshout. Il 23 aprile è stato scelto come data della Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore perché è il giorno in cui sono morti nel 1616 tre scrittori considerati dei pilastri della cultura universale: Miguel de Cervantes, William Shakespeare e Garciloso de la Vega.

Quindi come commenta il progetto portato avanti dalla SIAE in collaborazione con Algorand, del quale sono stati recentemente annunciati gli importanti sviluppi?

SIAE, con il supporto di Algorand, sta portando avanti un progetto ambizioso e complesso. La gestione del diritto d’autore, in Italia, è giuridicamente inquadrato in modo peculiare, con un sistema di norme dedicato e connesso al ruolo di istituti come la SIAE.  I contorni del progetto della SIAE, pur non ancora perfettamente definiti, di sicuro pongono le basi per un ripensamento della disciplina in discussione, avvantaggiato dall’uso della blockchain. SIAE e Algorand hanno di recente annunciato la creazione di oltre 4 milioni di NFT – Non Fungible Token, che rappresenteranno digitalmente i diritti dei circa 95.000 autori associati a SIAE. 

Il progetto ancora non è ben definito e sono legittime le perplessità che al riguardo vengono sollevate da più parti. Personalmente, però, ritengo che debba comunque essere accolta in modo positivo la dimostrazione di sensibilità rispetto alle innovazioni tecnologiche e la volontà di intervenire nella disciplina autorale, che – al netto di alcuni progressivi adeguamenti – è ancora in massima parte regolato dalla Legge sul Diritto d’Autore del 1945. D’altronde, fortunatamente, si tratta di una tendenza ormai diffusa nel settore.

Ho trovato molto interessante una recente dichiarazione di Lucian Beierling, VP royalties di Soundreef, secondo il quale “la strada, per le collecting, è quella di ragionare sempre di più come delle tech company, con persone che ragionano nello stesso modo e, parlando, risolvono i problemi. Dal punto di vista degli autori e degli editori, credo che – da parte dei DSP – uno spostamento verso modelli di UCPS da quelli tradizionali pro-rata possa essere d’aiuto, soprattutto per le realtà minori”.

Dunque, al netto delle lecite critiche e perplessità, ben venga qualsiasi iniziativa in favore dell’innovazione tecnologica, specialmente se finalizzata a migliorare la situazione degli autori, in particolare quelli meno potenti e prestigiosi.

Blockchain, sembra che salti fuori in relazione a qualunque settore, ma come funziona veramente questa tecnologia?

La Blockchain, letteralmente “catena di blocchi”, è un complesso insieme di tecnologie che lavorano sinergicamente, obbedendo alle regole di un protocollo. In un tentativo di estrema semplificazione, potremmo dire che si tratta di un registro di transazioni, distribuito e conservato in maniera sincrona e inalterabile da ogni nodo che compone la rete. Questo registro tiene traccia di tutte le transazioni effettuate dagli utenti, aventi ad oggetto i token – criptovalute o asset digitali – che tramite quella blockchain vengono emessi e circolano. Tutto ciò avviene in assenza di un soggetto centrale responsabile del buon funzionamento o della sicurezza del registro, il quale – pertanto – è rigorosamente decentralizzato.

Questa tecnologia consente operazioni e presenta caratteristiche di grande interesse: creazione di oggetti digitali scarsi o unici; immutabilità e sicurezza delle transazioni; decentralizzazione della circolazione del valore.

I suoi impieghi spaziano notevolmente, andando dall’Energia al Fashion , dalla Finanza all’Agrifood, dall’Arte alle Assicurazioni.

E gli NFT, sui quali si basa anche il progetto di SIAE con Algorand, che cosa sono?

Un NFT è un token crittografico, unico e indivisibile, che viene collegato inscindibilmente a un oggetto tipicamente digitale: un’opera d’arte, un brano musicale, un oggetto collezionabile; le declinazioni sono pressoché infinite. Spesso, questi token, per la loro scarsità e capacità di rappresentare oggetti unici e collezionabili, vengono visti come opportunità da speculatori e investitori.

Un NFT pubblicato dall’artista digitale Beeple è stato battuto all’asta dalla nota casa d’aste Christie’s per la cifra di 69 milioni di dollari; il gruppo musicale Kings of Leon ha pubblicato un album sotto forma di NFT; Jack Dorsey, Fondatore e CEO di Twitter, ha messo all’asta il suo primo tweet, venduto a 2,9 milioni di dollari. Interessante l’esperienza dello street artist Ozmo, il quale, in collaborazione con Chainblock.it, nell’ambito del progetto Revived , attraverso gli NFT fa rivivere un’opera distrutta a Miami nel 2014.  Come le criptovalute più note, bitcoin e ether, gli NFT tramite la tecnologia blockchain garantiscono autenticità e proprietà del token.

Per capire meglio gli NFT, è utile comprendere cosa li distingue dagli altri token.  Fondamentale risulta il concetto di fungibilità: un token fungibile, come avviene per ogni tipo di bene, può essere sostituito da un altro token dello stesso genere; un’oncia d’oro è perfettamente sostituibile con un’altra oncia d’oro; altrettanto lo è un token fungibile, come 1 ether. 

Di converso, i beni non fungibili, come un abito sartoriale fatto su misura, oppure un’opera d’arte, non sono sostituibili tra loro, per definizione; lo stesso vale per i token non fungibili, che – in virtù della propria unicità – per l’appunto non sono sostituibili.

L’utilizzo di NFT, alla luce di quanto sopra, apre le porte a possibilità davvero straordinarie ed inesplorate, anche nel mondo dell’Arte.

Gli esempi sopra menzionati, come l’opera di Beeple e il tweet di Jack Dorsey, oppure il progetto di SIAE e Algorand, non sono che la punta dell’iceberg: le potenzialità di questa tecnologia sono ancora largamente da definire, ma certo forte è la sensazione di essere all’alba di una nuova epoca.

Anche questa volta abbiamo approfondito una tematica, non così nota ai più, andando a fondo dalle origini alla contemporaneità, dalle metodologia alla lettura del cambiamento culturale fino all’avanguardia tecnologica che ci spinge sempre in modo costante e violento verso nuove frontiere. Ringrazio per quest’altra bellissima chiacchierata l’avvocato Alberto Improda che mi ha arricchito, e che spero riscontri anche il vostro interesse.

Fabiola Cinque

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