Premio Strega 2021, il trionfo di Due Vite: chi è Emanuele Trevi e perché ha vinto

Premio Strega 2021, il trionfo di Due Vite: chi è Emanuele Trevi e perché ha vinto

ITALIA – Trionfa il favorito della vigilia. L’edizione 2021 del Premio Strega è stata vinta da Emanuele Trevi con il suo romanzo Due Vite, edito da Neri Pozza. Conosciamo meglio questo grande autore. 

Nato nel 1947, il Premio Strega è il riconoscimento più importante e ambito del settore letterario in Italia. In passato ha incoronato nomi del calibro di Cesare Pavese, Elsa Morante, Primo Levi e Umberto Eco. Il 2021 è l’anno di Emanuele Trevi che si è aggiudicato il premio, alla sua 75esima edizione, con 187 voti.

Al secondo posto la sua diretta contendente, Donatella Di Pietrantonio, con Borgo Sud (Einaudi), 133 voti. Al terzo posto la scrittrice di origine ungherese Edith Bruck, con Il pane perduto (La Nave di Teseo), 123 voti. Poi Giulia Caminito con L’acqua del lago non è mai dolce (Bompiani), 79 voti, e Andrea Bajani con Il libro delle case (Feltrinelli), 66 voti. I votanti sono stati 589 su 660 aventi diritto.

Premio Strega: chi è Emanuele Trevi

Lo scrittore è nato a Roma il 7 gennaio del 1964. Suo padre è lo psicoanalista junghiano Mario Trevi (sul quale, per altro, sta scrivendo un libro) e ha fatto il suo esordio nel mondo della narrativa nel 2003 con il racconto I cani del nulla. Successivamente, è stato anche il direttore creativo, in coppia con Arnaldo Colasanti, della Fazi editore.

Farà tappa in diverse località italiane particolarmente attive sul territorio nella promozione della lettura e che collaborano da anni con il Premio. Il 10 luglio sarà a Il Libro Possibile di Polignano; dal 15 al 18 luglio al Festival Armonia del Salento di Alessano; il 23 luglio al Festival Letterature di Roma; il 29 luglio a Una montagna di Libri di Cortina d’Ampezzo; il 30 luglio a Marciana Marina, Elba; il 26 agosto al Benevento Città Spettacolo di Benevento; il 27 agosto a La città dei lettori di Firenze e il 28 agosto al Festival delle Emozioni di Terracina.

“I libri sono riparazioni. Nel momento in cui dai qualcosa non ti rendi conto del loro valore. Dobbiamo imporci e capire quello che hanno le persone a cui vogliamo bene e che ce ne vogliono, nel momento in cui ci sono. Oggi ho una coscienza più netta delle cose quando accadono. La bellezza di Carbone e Pera che erano anche due miei amici, all’epoca non l’avevo percepita. Oggi è diverso. Bisogna dire le cose quando si è ancora in tempo. A loro sono almeno riuscito a dire che gli ho voluto bene. Non correre a conclusioni affrettate è quello che mi consigliava lei e ne ho fatto tesoro”.

Due vite

Le due vite che Trevi racconta sono quelle Pia Pera e Rocco Carbone, suoi amici e colleghi. Lei un’erudita slavista, scrittrice, traduttrice, scomparsa nel 2016 a 60 anni per una grave malattia. Anche Rocco scrittore, morto a soli 46 anni nel 2008 per un incidente stradale con la sua moto. Si sono conosciuti giovani e tutti e tre si aiutavano a vicenda, con prese in girò e sfottò, ironici e, talvolta, feroci. Pia era gentile, elegante e protettiva nei confronti di Emanuele e Rocco.

In queste pagine, Trevi ne delinea le differenti nature: incline a infliggere colpi quella di Rocco Carbone per le Furie che lo braccavano senza tregua; incline a riceverli quella di Pia Pera, per la sua anima prensile e sensibile, cosi propensa alle illusioni. Ne ridisegna i tratti: la fisionomia spigolosa, i lineamenti marcati del primo; l’aspetto da incantevole signorina inglese della seconda, così seducente da non suggerire alcun rimpianto per la bellezza che le mancava.

Mostra anche l’ossessione della semplificazione di Rocco Carbone, impigliato nel groviglio di segni generato dalle sue Furie. Mostra la timida sfrontatezza di Pia Pera che, negli anni della malattia, si muta in coraggio e pulizia interiore.

Nutrendo ossessioni diverse e inconciliabili, Rocco Carbone e Pia Pera appaiono, in queste pagine, come uniti da un legame fino all’ultimo trasparente e felice, quel legame che accade quando «Eros, quell’ozioso infame, non ci mette lo zampino».

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Francesco Frosini
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