5 errori da non fare quando si entra nel mercato della cannabis light

5 errori da non fare quando si entra nel mercato della cannabis light

ITALIA – Quando si parla di cannabis light, si inquadra un mercato che, negli ultimi anni, è cresciuto tantissimo. Dal gennaio 2017, mese di entrata in vigore della Legge 242/2016, la filiera della cannabis a basso contenuto di THC ha concretizzato numeri che fanno invidia a settori con più storia alle spalle. Molte persone hanno scelto di cambiare vita e di lanciarsi in questo business. Per avere successo, come in tutti i casi, è bene evitare alcuni errori. Quali sono? Scopriamone assieme cinque nelle prossime righe.

Non mettere in primo piano una strategia integrata

Sono diverse, purtroppo, le persone che pensano che aprire un e-commerce che vende prodotti a base di CBD sia la panacea. Approcciarsi in questo modo è un grave rischio. In questo modo, infatti, ci si chiude la porta a numerose opportunità. Anche se vendere online può rivelarsi una scelta preziosa per un business, non bisogna trascurare i punti vendita fisici. Nel caso di quelli incentrati sulla cannabis light, è opportuno ricordare che, con l’avvento dell’emergenza sanitaria, si è aperto un cluster a dir poco interessante. Quale di preciso? Quello dei grandi anziani, spesso con alle spalle una giovinezza da consumatori di cannabis ad alto contenuto di THC.

Un doveroso cenno va dedicato anche ai distributori automatici funzionanti 24 ore su 24, un’ottima alternativa per differenziare i canali di entrata.

Trascurare il customer care

I prodotti a base di cannabis light si equivalgono tutti dal punto di vista della qualità. In tutti i casi, infatti, alla base c’è una filiera biologica controllata in ogni suo step. Alla luce di ciò, chi decide di mettersi in gioco in questo mercato deve trovare altre leve per attirare i consumatori. Una delle principali è il customer care. Curarlo nel migliore dei modi non vuol dire solo puntare sui social e sulla chiarezza e rapidità delle risposte date ai commenti, ma anche accogliere in negozio i clienti rispondendo con precisione alle loro domande e facendosi trovare pronti a fornire materiale informativo di qualità.

Mettere in secondo piano la qualità del lavoro del corriere

Durante l’emergenza sanitaria, tantissimi imprenditori attivi nel campo della cannabis light hanno messo a punto dei servizi di delivery ad hoc per venire incontro alle esigenze di chi comprava tramite e-commerce. Come già detto, se si ha intenzione di avere successo nel campo della cannabis light è necessario andare oltre al prodotto. Alla luce di ciò, non bisogna assolutamente trascurare la qualità del lavoro del partner scelto come corriere: la sicurezza di poter recapitare i prodotti a casa dei clienti che hanno ordinato in tempi brevi è fondamentale.

Non avere un blog se si vende online

Aprire un e-commerce di cannabis light e non includere un blog può rivelarsi un grave errore. I motivi sono diversi. Innanzitutto, con un blog è possibile veicolare traffico qualificato al proprio sito, puntando anche sulla geolocalizzazione. In secondo luogo, non va dimenticato il fatto che, anche se la legalizzazione della cannabis light – ci sono ancora numerosi vuoti normativi, che però non sono argomento di questo articolo – è realtà da diversi anni, permangono diversi dubbi. Con degli articoli di qualità, è possibile risolverli e fidelizzare l’utenza.

Non specificare che i prodotti non sono a uso terapeutico e alimentare

Una peculiarità della cannabis light è il suo essere priva di efficacia medica (per poter parlare di cannabis terapeutica, è necessario fare riferimento a una legge diversa dalla 242/2016, che ha reso legale, di fatto, la cannabis con una percentuale di THC non superiore allo 0,2%). I prodotti, inoltre, non possono essere impiegati a uso alimentare. Sia che si venda online, sia che si abbia un punto vendita fisico, è fondamentale, per lavorare a norma di legge, specificare chiaramente i dettagli sopra citati.

Flavio Redhair

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