ACCADDE OGGI – Esattamente 30 anni fa ci lasciava uno dei più grandi, ma che dico, il più grande di tutti i performers nella storia della musica. Eclettico e genuino frontman di una di quelle band che sopravvivono al tempo senza invecchiare di un giorno. Implacabile compositore. Icona di trasgressività e capacità espressive. Parliamo, ovviamente, di Freddie Mercury. Anche se, il leader dei Queen non ha mai avuto e non avrà mai bisogno di presentazioni.
Il 24 Novembre del 1991 il mondo della musica si ferma. Radio e TV di tutto il mondo trasmettono una notizia che lascia il vuoto nei cuori e negli animi di tutti gli ascoltatori. E’ quella della morte di Freddie Mercury, inimitabile frontman dei Queen.
Poco tempo prima aveva annunciato al mondo la sua malattia e da un paio d’anni la sua persona aveva incominciato lentamente a cambiare. Il viso e il corpo mostravano già i segni di una profonda sofferenza.
Nella sua ultima apparizione, quella dopo la quale è calato il sipario per sempre, era salito un anno e mezzo prima sul palco dei BRIT Awards 1990, per ritirare il premio assegnato alla band.
E’ stata l’AIDS ad attaccare il cantante più innovativo di tutti i tempi, alla fine degli anni Ottanta, cambiando per sempre la sua vita e trasformandone la fisicità. Quel mostro ancora invisibile agli occhi del mondo, quel tabù che all’epoca e per molto tempo a seguire si fece fatica ad accettare e affrontare.
Una malattia che, negli anni di Freddie, lasciava i malati soli, in molti casi emarginati, ad incontrarla e combatterla.
E così, quell’artista che aveva scritto una pagina indimenticabile della storia della musica, che riempiva il palco con la sua voce e la sua presenza, ballando e cantando come solo lui era in grado di fare, finiva per scendere definitivamente dal suo palcoscenico.
Che da 30 anni, è sicuramente un po’ più vuoto.
FREDDIE MERCURY, IL CORAGGIO DI ESSERE SE STESSI
A soli 45 anni, Freddie Mercury, nato a Zanzibar con il nome di Farrokh Bulsara, si spegne nella sua casa londinese di Logan Place, con accanto Jim Hutton, un ex parrucchiere che aveva fatto parte della sua vita per gli ultimi sei anni e gli aveva donato la stabilità emotiva mancatagli troppo a lungo.
Icona di trasgressione e rivoluzione sul palco, divorato da tristezze e insicurezze nella vita, Freddie Mercury non ha mai finto di essere qualcun altro. La profonda sensibilità che lo caratterizzava non ha mai cozzato con la naturalezza espressiva ed armoniosa di cui era dotato.
Non ha mai recitato un copione, non ha mai nascosto la sua esistenza sempre e comunque sopra le righe e non si è mai privato di eccessi, feste di lusso e relazioni occasionali di ogni genere. Come quelle con David Minns, Joe Fanelli, Tony Bastin, Peter Morgan, Bill Reid, Winnie Kirchberger.
Freddie Mercury ha sbattuto in faccia alla società di allora la sua attrazione verso il sesso maschile senza nascondersi, spesso ostentandola ma comunque sempre utilizzandola come nobile arma di provocazione e libertà espressiva.
Diciamo le cose come stanno: la generazione odierna del gender fluid, della trasgressione, di quella moda dall’esagerata eccentricità volutamente naïf, non ha inventato niente. Semmai, dal punto di vista musicale, del carisma e della fedeltà a se stessi avrebbe, spesso, molto da imparare, dal capostipite della presenza scenica e delle doti vocali.
Lo ha detto apertamente e per primo molte volte:
«L’eccesso è una parte di me. La monotonia è un male. Ho davvero bisogno di pericolo ed eccitazione»
Per poi comprendere che un vero artista, uno di quelli che nessuno potrà mai sostituire, anche quando è libero da qualunque catena porta dentro di sé la schiavitù della celebrità, che si trasforma molto spesso in solitudine. Lo confermano le parole dello stesso Freddie Mercury:
«L’amore è come una roulette russa per me. Nessuno ama quello che io sono realmente, sono tutti innamorati della mia celebrità»
FREDDIE MERCURY. UN TALENTO INSPIEGABILE
Fiumi di pagine di critica, a volte anche molto tecnica, sono state scritte riguardo alla straordinaria estensione vocale di Freddie Mercury, che gli consentiva di transitare dal baritono al falsetto.
La sua tecnica era impressionante, riusciva ad andare a tempo e cantare con una musicalità e un ritmo naturalmente perfetti, passando da un registro vocale all’altro senza la minima esitazione o problematica.
Forse non è esistito un solo Freddie Mercury, ne sono esistiti tanti: quello sottile e delicato, quello dolce, quello energico ed esplosivo. Il suo straordinario talento consisteva proprio nel saper trovare sempre la giusta sfumatura espressiva.
UN PERFORMER NATO
Ciò che tutti noi proviamo e riviviamo ogni volta, anche solo ripensandoci, è la pelle d’oca davanti ai video delle sue esibizioni. In parole povere, un vero e proprio animale da palcoscenico, nato per riempirlo e per creare una sorta di profonda dipendenza in chi lo guarda e lo ascolta.
Credo che, oltre all’estensione vocale, qualcosa d’impossibile da replicare sia la sua capacità di superare la propria timidezza intrattenendo milioni di persone con un solo vocalizzo, il celebre Ay-oh nel Live at Wembley Stadium 1986. Come disse saggiamente David Bowie nel concerto tenutosi post-mortem in suo onore, era un uomo capace di tenere il pubblico nel palmo della mano.
LE COMPOSIZIONI
Come se tutto questo incredibile talento non fosse sufficiente, Freddie è stato anche un compositore eccezionale. Lo è stato per indimenticabili successi come Bohemian Rhapsody, brano di One Night at the Opera, eletto miglior singolo britannico di tutti i tempi nel 2002 dal Guinness Book of Records e nel 2012 dalla Official Charts Company. Nel 2004 è poi entrato a far parte della Grammy Hall of Fame. Indimenticabile la performance al Live Aid di Londra del 1985, una notte che sono certa, ha cambiato la vita di ognuna delle 72mila persone presenti.
Centottanta tracce dei Queen, cinquantuno (se non di più) composte da Freddie Mercury. Tra queste, Seven Seas of Rhye, Killer Queen, Somebody to Love, We Are the Champions, Bicycle Race, Don’t Stop Me Now, Crazy Little Thing Called Love e Play the Game.
MARY AUSTIN, LOVE OF MY LIFE
Ai suoi funerali c’erano pochissime persone, le più vere, proprio come un uomo profondamente autentico quale era Freddie avrebbe voluto. I suoi genitori, la sorella Kashmira con il marito, il compagno Jim Hutton, i suoi compagni di vita John Deacon, Brian May, Roger Taylor, gli amici Elton John e David Bowie e poi c’era lei, Mary Austin, l’unica donna amata da Freddie Mercury.
E’ per lei Love of my Life, una celebre ed emozionante ballata che, personalmente, sento così vera e così mia da poterla quasi toccare, da poter quasi rivedere davanti a me Freddie scriverla per lei.
Una donna a cui Freddie ha sempre sentito di dovere molto. Colei che ha fatto parte per un lungo tempo della sua vita e che il cantante ha voluto sempre accanto a sé. Anche dopo aver preso coscienza della sua identità sessuale e aver quindi trasformato un grande amore in una grande amicizia.
Il faro nella notte, colei con la quale manteneva un legame disinteressato e sincero, in grado di vederlo per com’era realmente e non per ciò che rappresentava. E proprio come una stella polare, Freddie Mercury ha disposto che Mary lo guidasse fin nella più buia delle notti: fu cremato e le sue ceneri vennero affidate a lei, che le tenne con sé per due anni e poi le sparse in un luogo segreto scelto dall’artista.
Freddie ha lasciato metà del suo patrimonio a Mary Austin, oltre alla Garden Lodge. Il resto è andato diviso fra i genitori, la sorella Kashmira, Jim Hutton ed altri amici che gli sono sempre stati accanto.
«Se dovessi morire domani, non mi preoccuperei. Dalla vita ho avuto tutto. Rifarei tutto quello che ho fatto? Certo, perché no? Magari un po’ diversamente! Io cerco solo di essere genuino e sincero e spero che questo traspaia dalle mie canzoni»
L’ULTIMO SEGRETO DI FREDDIE MERCURY. IL MISTERO IRRISOLTO DELLA SEPOLTURA
Freddie Mercury è stato senza dubbio uno dei più grandi cantanti della storia della musica, di cui il mondo è stato privato troppo presto.
Ma la domanda alla quale da 30 anni ancora nessuno riesce a dare una risposta è: che fine hanno fatto i resti di Freddie? Ebbene sì, non c’è una tomba sulla quale i fan possano piangere o rendere omaggio. E a decidere che sulle sue ceneri dovesse regnare per sempre il mistero, è stato proprio lui.
Come specificato all’inizio, le cose non sempre sono come sembrano. L’estrema sicurezza ed energia che Freddie sapeva assorbire dalla musica e trasmettere al mondo intero su un palcoscenico, probabilmente non erano ravvisabili nel Freddie della vita quotidiana.
Una vita quotidiana in cui Freddie ha optato per la riservatezza, per un ritiro dalle scene e per un riposo eterno che fosse solo suo. E di Mary Austin.
Il cantante affida la sua vita e la sua morte all’amore della sua vita, che come ogni grande amore, deve spesso farsi carico dei pesi più grandi. E così fece, una domenica pomeriggio, quando le disse:
“So esattamente dove voglio che tu mi metta. Ma nessuno deve saperlo, perché non voglio che nessuno mi tiri fuori. Voglio solo riposare in pace”.
E fu così, che dopo la morte di Freddie Mercury, Mary conservò l’urna per due anni nella sua camera da letto e, quando fu sicura di non poter essere scoperta, condusse i resti del cantante dei Queen nel luogo segreto che lui le aveva indicato.
Quale sia questo luogo, nessuno lo sa.
C’è chi pensa che le sue ceneri siano tornate a Zanzibar. Secondo alcuni fan dei Queen, Mary Austin, dopo aver condotto le ceneri in casa sua, le avrebbe sparse nel Lago di Ginevra, nei pressi di Montreux, dove aveva una casa. Ma Mary nega.
Secondo altri, le ceneri del cantante sono rimaste nel crematorio per mesi e poi custodite nella camera da letto della star per due anni. Dopodiché, la donna un giorno sarebbe uscita dall’abitazione con una busta. Secondo questa teoria, sarebbero sepolte non distanti, proprio nella casa del cantante a Garden Lodge.
Una leggenda vuole che il frontman dei Queen riposi sotto un meraviglioso albero di ciliegio in fiore del suo giardino, che, sempre secondo la leggenda, sarebbe il luogo dove sedeva e riposava nei suoi ultimi mesi di vita.
Possiamo passare al vaglio tutte le alternative che vogliamo. E’ inutile: nessuno di noi saprà mai la verità.
L’unica verità che ci è stata concessa è quella che l’indimenticabile icona del rock ha svelato così:
“Quando non sarò più in grado di cantare, tesoro, allora morirò”.
Lo fece davvero. Si ritirò dalle scene quando la malattia non gli consentì più di esibirsi come voleva, a testimonianza di quanto Freddie fosse la musica e la musica fosse Freddie.
Ma a me piace donargli anche un altro significato, un significato sottile, che regala a Freddie Mercury l’immortalità: ad oggi nessuno è, probabilmente, ancora riuscito ad imitare la complessità del suo talento.
Per noi, non hai quindi smesso di cantare un solo giorno. Per noi non sei mai morto.
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