Omar Sivori, El Cabezòn argentino di Juventus e Napoli

Omar Sivori, El Cabezòn argentino di Juventus e Napoli

ACCADE OGGI – Omar Sivori, genio e sregolatezza di Juventus e Napoli, ci lasciava 17 anni fa a soli 69 anni, il 17 febbraio 2005. Per molti uno dei giocatori più forti al mondo in quegli anni, Sivori è stato un’emozione incommensurabile, un vizio in grado di farsi beffe degli avversari a suon di dribbling e goal.

Omar Sivori tra tutti gli avversari saltati, umiliati e sbeffeggiati, non è riuscito a sconfiggere il peggiore e il più duro di tutti. Un tumore al pancreas. Aveva solo 69 anni quando, nel tentativo di metterlo a sedere, come si suol dire in termini calcistici, ha dovuto arrendersi, nella sua casa in Argentina.

OMAR SIVORI, EL CABEZÒN

Omar Sivori, uno degli angeli dalla faccia sporcacosì erano soprannominati lui, Maschio e Angelillo, trio d’attacco della nazionale argentina -, nasce in Argentina da famiglia di origine italiana. Cresce calcisticamente nel River Plate, una delle squadre più gloriose del Sudamerica.

È il 1954 quando la Nazione si accorge di questo ragazzo minuto, di appena 59 chili per un metro e 63 di altezza, con una folta capigliatura che, sbarazzina, sventola a ogni piè sospinto. Da lì a essere soprannominato El Cabezòn il passo è breve. Insieme ai calzini abbassati e all’assenza di parastinchi, divenne una delle sue caratteristiche più peculiari.

I tifosi non possono che stropicciarsi gli occhi nel vedere questo funambolo fare il bello e il cattivo tempo sul terreno di gioco. Lo farà per ben quattro stagioni, durante le quali trascinerà i bianco-rossi alla conquista di tre titoli nazionali. Gli occhi dei talent scout europei sono tutti su di lui. La prima ad arrivare sul talento italo-argentino è la Vecchia Signora di Torino, la Juventus. Il prezzo? Ben 10 milioni di pesetas (circa 160 milioni di lire), utili alle casse argentine per la ricostruzione dello stadio.

ALLA CORTE DELLA VECCHIA SIGNORA

Nel 1957 il neo presidente della Juventus, Umberto Agnelli, porta all’ombra della Mole Omar Sivori. Il ragazzino ha solo ventuno anni. Ma non è l’unico acquisto della Vecchia Signora. Infatti, l’Avvocato, apre il portafogli e acquista anche Carlo Mattrel, Bruno Nicolè e un certo John Charles. La voglia è quella di tornare a cucirsi sul petto il tricolore, che manca da tanto troppo, tempo.

L’esordio in maglia bianco nera arriva subito. È l’8 settembre e la Juve scende in campo al Comunale di Torino contro il Verona. Piove e il campo è pesante. Omar rallenta il gioco e la manovra juventina. Ma segna. Con lui, entrano nel tabellino dei marcatori l’altro neo acquisto Charles e l’idolo Boniperti. Gli spettatori avevano appena assistito alla nascita del Trio Magico.

Goal. Tunnel. Anarchia tattica e poca disciplina. Un genio del calcio. Era un calciatore dotato di estro e fantasia, con quel pizzico di irriverenza che faceva imbestialire gli avversari. Spesso, infatti, dribblava tutti, portiere compreso. Poi si fermava. Aspettava che tornassero e depositava la palla in rete. Con quel testone arruffato e quel piede sinistro così educato, poteva fare ciò che voleva.

Inutile parlare di numeri (comunque 165 goal in 254 presenze). Superflui nel descrivere questo fenomeno, vincitore anche del Pallone d’oro (primo giocatore di una squadra italiana a vincerlo). Per otto anni fu un perno dell’attacco zebrato. Finché qualcosa si rompe. La causa ha un nome e un cognome benprecisi: Heriberto Herrera il nuovo allenatore, dai metodi troppo ferrei per uno spirito libero come lui. Siamo al 1965. Siamo al capolinea della storia d’amore tra il fantasista argentino e Madama.

IL RE OMAR SIVORI ABDICA

Omar dice basta con il freddo torinese. Sceglie la calda piazza di Napoli dove si unirà all’altro malandrino di José Altafini. Le partite saranno 76. I goal 16. Ma il fisico si logora velocemente, non è più un ragazzino, quell’angelo dalla faccia sporca di dieci anni prima. Ironicamente, l’ultima partita la disputa proprio contro quella Juventus che lo aveva portato in Italia.

No, non finirà con strette di mano e standing ovation. Sarà una rissa a chiudere anzi tempo la sua stupenda carriera, una tela artistica dipinta nell’arco di quasi 15 anni. Si prenderà ben 6 giornate di squalifica (33 totali in carriera!).

E allora, sapete che c’è? Mi avete rotto, io chiudo qui. Non credo l’abbia detto, ma sicuramente avrà pensato qualcosa del genere. Forse qualcosa di meno edulcorato. Omar era questo. Prendere o lasciare. E siamo onesti, alla fine, lo hanno amato tutti perché il genio calcistico è apprezzato in tutte le lingue di questo mondo.

Di lui, l’Avvocato Agnelli, disse:

Sivori è più di un fuoriclasse. Per chi ama il calcio è un vizio.

Già, uno di quei vizi di cui non si poteva fare a meno.

Francesco Frosini
Latest posts by Francesco Frosini (see all)

Leave a Reply

Your email address will not be published.