Whitney Houston: a dieci anni dalla sua morte, immaginiamo il suo ultimo giorno di vita

Whitney Houston: a dieci anni dalla sua morte, immaginiamo il suo ultimo giorno di vita

ACCADDE OGGI – Parlare di lei come cantante è scontato, dire che avesse problemi di tossicodipendenza è semplice. Per sviscerare le sue fragilità avremmo dovuto conoscerla meglio. A chi avrà pensato durante il suo ultimo giorno di vita, quell’11 Febbraio del 2012? Immaginiamolo per lei.

Whitney Houston sarebbe stata in grado di cantare cinque pagine dell’elenco telefonico facendole sembrare soul. Durante la sua carriera è stata capace di fare gospel, blues, pop, dance e persino country. È stata un idolo per centinaia di aspiranti cantanti, fra le quali anche le nostre Giorgia e Karima Ammar. Non a caso, l’abbiamo a pieno merito inserita nella nostra classifica delle grandi cantanti nere della storia, le regine afro della musica. Una regina che ha avuto tutto ma forse non è riuscita a guardarsi davvero dentro, a ritrovare la bambina che traeva ispirazione da Aretha Franklin, Chaka Khan, Lena Horne.

LA MATTINA PRESTO

Foto da: profilo Instagram @whitneyhouston

Si sveglia e da subito avverte una sensazione conosciuta: sa di non essere innocente. Non trova da tanto tempo la direzione giusta, la pace. Si guarda allo specchio ed è truccata male dalla notte precedente, si è addormentata con il rossetto sbafato. Sorride amaro ripensando a che razza di padre ha avuto: quello stesso omuncolo che nel 2002 l’ha coinvolta in una causa legale per una questione di soldi. Sorride amaro perché non riesce nemmeno ad immaginare quanti dollari il padre le ha rubato in cinquant’anni di carriera.

Nessuno la vede, nessuno la sente, pensano tutti che stia ancora dormendo e nessuno ha il coraggio di disturbarla. A volte, durante i tour, Whitney Houston usciva dalla camera soltanto per andare sul palco. Ha passato più tempo in stanze d’albergo che nella sua casa. Oggi, come in tante altre occasioni, quello spazio chiuso senza personalità le fa venire voglia di farsi del male. Una solitudine vasta e stringente, un ticchettio che le consente di campare d’aria e d’alimentarsi di farmaci. Pensa di tenere sotto controllo il problema, ma non ci crede fino in fondo.

Si specchia ancora e pensa a sua madre Cissy, a che grande cantante fosse, alla stima che aveva per lei. Quando Whitney è nata, sua madre si esibiva già nel gruppo soul The Sweet Inspirations. Aveva una gran voce, si esibivano in molte date ed una volta è anche capitato che fosse fra le voci di appoggio del grande Elvis Presley. Si guarda allo specchio e non si sente a suo agio. Ripensa ad un suo sogno ricorrente dove vede sua madre che piange delusa.

WHITNEY HOUSTON AL BEVERLY HILTON HOTEL

Foto da: profilo Instagram @whitneyhouston

In Italia abbiamo una storia, monumenti, chiese, abbazie, gente che scrive libri sul nostro passato perché ne abbiamo uno. In America sono giovani e fra i loro monumenti figurano i grandi alberghi: famosi per architettura urbana, numero delle camere, altezza, o per le persone famose che vi sono morte all’interno. Quella mattina Whitney Houston si è svegliata all’interno della suite 434 del Beverly Hilton Hotel in California. L’aria condizionata della stanza era da denuncia penale, ma loro sono abituati a vivere l’interno trenta gradi più basso dell’esterno.

Quell’hotel si trova a Beverly Hills, in una posizione invidiabile all’interno di un quartiere riservato al lusso, a chi può spendere. La leggenda dice che fosse il nascondiglio degli incontri clandestini fra Marylin Monroe ed il presidente John Fitzgerald Kennedy. Forse Whitney non era a conoscenza di questa diceria, ma sapeva senz’altro che fosse la sede annuale del premio cinematografico Golden Globe. Un posto pieni di corridoi, finestre, vite di passaggio, colazioni internazionali consumate a letto.

Whitney Houston è in quella camera anonima, all’interno di quel mostro in cemento. Sette piani dove forse non ha pregato, ma dove ha provato a dimenticare i suoi errori specialmente come madre. Non è stata un esempio, non ha protetto sua figlia, anzi le ha permesso di commettere i suoi stessi errori. Sbagli su sbagli, affogare giorno dopo giorno sapendo di tirare anche la sua bambina sul fondo. Sua figlia Kristina morirà a soli 22 anni, nel 2015, vittima delle medesime dipendenze della madre e del padre.

LA VASCA DA BAGNO

Foto da: profilo Instagram @whitneyhouston

Prima di uscire dal bagno guarda la vasca e le piace perché è grande ed ha anche l’idromassaggio. Pensa che più tardi ci sguazzerà un po’. Ripensa ora agli uomini della sua vita. Negli anni Ottanta è stata legata alla star del football americano Randall Cunningham. Un quarterback bello e atletico, un bravo ragazzo che non le avrebbe mai permesso di ridursi così. Stavano bene insieme, ma a lei stava stretto, non voleva girare per locali e non poteva fare festa come piaceva a lei.

Poi c’è stato l’attore Eddie Murphy. Erano una coppia da rotocalchi rosa, inseguiti, fotografati, affascinanti, sorridenti. Il Principe cerca moglie però la tradisce e lei entra in crisi. Una caduta purtroppo che la porterà nelle braccia del suo carnefice. Whitney ha sposato Bobby Brown nel 1992. Il cantante della boy band New Edition è un tossicodipendente e trascina la moglie in un tunnel dal quale la voce d’America non uscirà più.

Il loro amore è malato, fatto di abusi, di sostanze, di camere chiuse e tende tirate. La cosa paradossale di questa vicenda è che Bobby è l’unico sopravvissuto. Ha seppellito moglie e figlia e ancora gira con il cappello da baseball in testa. Come capita nelle sceneggiature scritte bene, il lieto fine non esiste. C’è chi beve e si droga per lavorare. Lui le faceva fumare il crack per non sentirsi l’unico a sbagliare. Forse lei quella mattina ha capito, si è resa conto di quanto male le avesse fatto quell’uomo. Forse ha ripensato all’ultima volta che è riuscita ad interpretare I will always love you.

IL RITROVAMENTO DI WHITNEY HOUSTON

Foto da: profilo Instagram @whitneyhouston

Verso le 15:00 alcuni parenti di Whitney la chiamano al telefono e lei non risponde. Conoscendo bene le sue ossessioni e dipendenze, temono subito il peggio e chiamano il personale dell’albergo. Alle 15:43 forzano la porta della suite trovandola esamine sott’acqua nella vasca da bagno. I paramedici dell’hotel tentano immediatamente di rianimarla, ma senza risultati.

La causa del decesso è stata un collasso cardiaco causato dall’abuso di droga, farmaci ed alcool. L’esame tossicologico evidenziò la presenza di cocaina, marijuana, farmaci antidepressivi. Molto probabilmente è collassata ed è lentamente scivolata sotto l’acqua annegando. Vogliamo sperare almeno sia stata una morte dolce, che andandosene sia riuscita a distruggere l’immagine di quell’uomo viscido che l’ha condotta su una via senza ritorno.

Lui al funerale se ne stava con gli anelli sulle dita e piangeva. Lei era in una bara bianca a pochi metri e nessuno l’avrebbe mai più sentita cantare. In quella Chiesa battista di Newark c’era spazio per entrambi. Detto questo, possiamo solo augurarci che abbia finalmente ritrovato la serenità smarrita e stia rallegrando i Campi Elisi con la sua strepitosa voce. Abbiamo voluto parlare di una donna infelice di professione, del suo amore per la persona sbagliata, del primo bicchiere di troppo che è stato come una bilia lanciata in una discesa senza fine.

THE BODYGUARD: SE QUELLA TRAMA FOSSE DIVENTATA REALTA’

Foto da: profilo Instagram @whitneyhouston

Per concludere, citiamo un film di grande successo che ne ha aumentato ancora di più la notorietà. Gli attori protagonisti sono Whitney Houston, che interpreta una cantante pop di grandissimo successo e Kevin Costner, la sua guardia del corpo. La Houston nel film è sé stessa, una donna all’apice della carriera viziata e contornata da mille persone che fingono di volerle bene.

La star ingaggia una guardia del corpo perché riceve delle lettere minatorie. Quando Kostner la incontra la prima volta, la cantante vive in una casa piena di gente stipendiata da lei, decine di parassiti che lucrano sulla sua voce. Una villa piena di confusione e personaggi ambigui interessati solo al suo denaro. La sceneggiatura rispecchia quello che capitava realmente in casa della Houston: conferisce proprio l’immagine della vacca grassa che tutti vogliono mungere e poi abbandonare.

Il film ha una trama thriller e più risvolti. Ma, col senno di poi, rivedendo quella corte di saltimbanchi vicino alla regina vengono i brividi. Forse, se nella sua vita, avesse trovato un uomo che si fosse preso cura di lei, ancora avremmo la fortuna di ascoltare la sua voce dal vivo. Le sarebbe servita davvero una guardia del corpo come il bel Kostner che riuscisse a portare al sicuro da quella babilonia d’incontri e sanguisughe.

Non è stata così fortunata: ciò non toglie che, quando la sera metto un vinile di Whitney Houston, torno in pace con me stesso.

Francesco Danti

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