Le donne dei dittatori: Eva Braun e Claretta Petacci, due storie per uno stesso destino

Le donne dei dittatori: Eva Braun e Claretta Petacci, due storie per uno stesso destino

ACCADDE OGGI – Febbraio è il mese in cui due donne, l’una la moglie di Adolf Hitler e l’altra la più celebre amante di Benito Mussolini, intrecciano un destino comune. Sono infatti entrambe nate nel mese di Febbraio, rispettivamente il 6 e il 28 dello stesso anno, il 1912. Una coincidenza che, probabilmente, traccia un cammino univoco per Eva Braun e Claretta Petacci, due donne apparentemente lontane e avvicinate ad un finale simile: ingiusto o consciamente scelto?

Anche dietro un cattivo uomo c’è sempre una cattiva donna? Le amanti dei grandi dittatori sono vittime innocenti di carnefici che le hanno tenute all’oscuro dalle loro malefatte? Erano troppo ingenue e distaccate dalla realtà intorno a loro, per rendersi conto del rischio che stavano correndo? Le interpretazioni sono state tante e vaste. Sandro Pertini difese la Claretta di Mussolini ritenendo eccessive le calunnie alle quali il giudizio pubblico aveva da sempre esposto il ricordo della donna, ma alla luce dei fatti, ci rimane davvero difficile giustificare in tutto e per tutto le donne dei dittatori, seppur mosse da un sentimento di devozione d’altri tempi. Una cosa è certa: Eva Braun e Clarice – o Claretta – Petacci, nate nello stesso mese e nello stesso anno esattamente 110 anni fa, hanno rinunciato alla loro vita per seguire un amore sbagliato.

EVA BRAUN, LA MOGLIE DEL REICH

Foto dal profilo Instagram @evabraun_1912

Si sono incontrati come s’incontrerebbero due persone qualunque, Eva Anna Paula Braun e Adolf Hitler, sul posto di lavoro. E la ragazza dal sorriso ingenuo ha da quel momento davanti a sé un destino già scritto: trascorrerà accanto ad Hitler il resto della vita. E’ stata spesso etichettata come una donna superficiale, priva di qualsiasi influenza, estremamente marginale rispetto agli orrori del Terzo Reich. Eppure, ebbe il coraggio di stare accanto al dittatore fino alla fine. Ma chi era Eva Braun, la donna del Führer?

Elegante e giovane donna dai capelli biondi e gli occhi azzurri, Eva Braun sogna di fare l’attrice quando, nell’atelier di Heinrich Hoffmann – il fotografo personale del regime nazista – dove ricopre il ruolo di commessa, incontra Adolf Hitler, nel 1929. Come spesso accade, la relazione inizia con uno scarso interesse da parte di lei, ma giorno dopo giorno finisce per trasformarsi in un amore segreto. Di motivi per non ufficializzare l’unione ce n’erano fin troppi: dai 23 anni che il futuro dittatore aveva più di lei, alla disapprovazione del padre di Eva nei confronti di Hitler.

Eppure, questo non bastò a fermare Eva Braun e la sua ferma volontà di rimanere accanto al Führer.

COLEI CHE AMO’ HITLER: VITTIMA O CARNEFICE?

Foto dal profilo Instagram @evabraun_1912

Sappiamo davvero poco di Eva Braun, eppure, guardando una sua foto o leggendo qualche riga sulla sua breve vita, la sua storia e le sue scelte ci appaiono estremamente reali. Venerò Hitler sin quasi all’ossessione, alla perdita di dignità, proprio come accade e accadde per i tanti amori sbagliati di cui la storia è costellata. Eva perdonerà ad Hitler le sue tante e prolungate assenze, terrà segreta la loro relazione a tutti, in primis alla sua famiglia, chiuderà gli occhi davanti alle altre amanti del Führer.

Ma a dimostrazione di un’umanità lacerata dal dolore e dalla dipendenza emotiva, il suo perdonare si trasformerà per ben due volte in tentativi di suicidi, volti ad attirare l’attenzione di Hitler. Non s’interessava di politica, Eva Braun, ma di cinema, danza, teatro, romanzi d’amore, teatro e sport, eppure gli rimase accanto ugualmente e questo ci apre ad una doppia possibile interpretazione della sua storia: fu una vittima dalla personalità debole, o un’arrendevole complice?

Quel che è certo è che Eva Braun accetterà – o deciderà di comune accordo – di rinchiudersi nella prigione dorata di Berghof, residenza del Führer, mentre fuori il mondo assisteva all’Apocalisse. In molti hanno decretato quanto la sua vita fosse stata la più infelice del regime, fino alla fine. Perché in fin dei conti è la sua fine, il motivo per cui il mondo la ricorda: il suo essere rimasta fedele al dittatore fino all’ultimo secondo. Come si può, quindi, giustificare una simile decisione solo perché compiuta da una personalità debole e accorata? Forse non si può, ma non si deve, comunque, neppure condannare.

In quel 1945 in cui crollò il regime nazista, Eva mise il suo sentimento, o il suo legame senza il quale ormai non poteva più vivere, davanti ad ogni altra cosa. Il 29 Aprile, dopo anni di quella relazione segreta, sposò Hitler, ormai giunto al tramonto della sua figura. Solamente due giorni dopo, infatti, il dittatore si uccise sparandosi un colpo di pistola ed Eva, accanto a lui, si avvelenò con del cianuro. Vittima o carnefice, complice o sottomessa, donna innamorata o spalla di uno dei più grandi mostri della storia dell’umanità. Forse non conta tanto il dare una definizione, se tutto questo ha fatto parte della pagina più tragica della storia moderna.

CLARETTA PETACCI, L’ULTIMA MA NON L’UNICA

Foto dal profilo instagram @claretta.petaccci

Sandro Pertini pronunciò su di lei parole che lasciarono il segno:

“La sua unica colpa era quella di avere amato un uomo”.

Clarice Petacci, conosciuta con il nome di Claretta Petacci, è una delle figure femminili più conosciute e controverse della storia d’Italia. Una di quelle donne etichettate come donna di…, amante di…, visto che moglie non lo è mai stata. Benito Mussolini, infatti, era già sposato e padre di cinque figli. Claretta è stata solo l’ultima di una folta schiera di amanti del Duce, celebre difensore della famiglia tradizionale.

Claretta, è come Eva ricordata per aver condiviso il destino del suo amante: muore infatti a soli 33 anni, il 28 Aprile 1945, appesa a testa in giù in piazzale Loreto a Milano.

Claretta nasce nel 1912, proprio come Eva: due donne accomunate da uno stesso destino. Figlia di un medico affermato e noto nella Capitale, Claretta ha quindi la possibilità di studiare musica, anche se non diventerà mai una grande musicista. La sua vita appare già destinata al culto mussoliniano: quando il Duce prende il potere, Claretta ha solo dieci anni, ma inizia a maturare una crescente ossessione e venerazione per quest’uomo autoritario di trent’anni più vecchio di lei. Gli manda infatti lettere ricolme di stima e ammirazione, proprio come quelle che un’adolescente appassionata di oggi invierebbe al proprio idolo del mondo dei vips.

Ma è solo il 24 Aprile del 1932 che la sua vita cambia, mentre la ragazza si trova in macchina con la sua famiglia e con il futuro marito Riccardo Federici, sulla via del Mare diretta ad Ostia. Improvvisamente un’Alfa rossa li sorpassa: alla guida c’è proprio Benito Mussolini e Claretta, in preda all’euforia, cerca di attirare la sua attenzione. Da quel momento, il Duce inviterà spessissimo la ragazza a Palazzo Venezia. Iniziano una relazione clandestina, una delle tante che la moglie Rachele Guidi tollera, senza fare troppa distinzione dalle precedenti.

LA DONNA CHE CHIAMAVA IL DUCE BEN

Foto da profilo Instagram @claretta.petaccci

Nonostante la relazione clandestina, Claretta si sposa con il sottotenente della Regia Aeronautica Riccardo Federici, nel 1934, ma l’unione durerà due anni: è da Ben, come Claretta chiamava nei suoi diari Benito Mussolini, colui dal quale la ragazza vuole tornare. A tutto questo, va corredato lo scenario di crescente ascesa del rango dei Petacci e del potere del fratello di Clara, Marcello. Una situazione disapprovata da molti uomini di potere di allora e che forse, potrebbe fornirci su Claretta il profilo di una donna arrivista, innamorata ma comunque consapevole del potere che stava man mano acquisendo.

Ad accrescere questa visione vi è il trasferimento dei Petacci a Villa Camilluccia, nel 1939, residenza che verrà confiscata dopo la caduta del fascismo poiché si sospettò fosse stata acquisita da Mussolini con fondi sottratti allo Stato. Una residenza enorme, con un rifugio antiaereo e un nido d’amore perfetto per gli incontri tra Benito e Claretta. La relazione è ormai sotto gli occhi di tutti, come le lettere che arrivano a Claretta da tutti coloro che chiedono alla donna di mettere una buona parola per una cosa o per un’altra.

La moglie Rachele, a quel punto, non tollera più la situazione ed organizza un incontro con Claretta, nel 1944. Le due donne, simbolo del legame sentimentale di un dittatore, litigano per ben tre ore e la moglie accusa addirittura l’amante di essere una fattucchiera e una spia degli inglesi. La lite verrà placata solamente dall’intervento telefonico dello stesso Mussolini. Vicende che sembrano quasi appartenere ad una moderna telenovela, che hanno invece caratterizzato la vita e gli amori della pagina più oscura della storia italiana.

Il momento in cui tutto precipita lo conosciamo tutti, gli ultimi tempi di un fascismo al tramonto, attimi in cui Mussolini e Claretta sperano ancora nella salvezza. Fughe e spostamenti continui, sempre fianco al fianco, disperati e confusi. E verso fine Aprile si sta decidendo cosa fare con le loro vite, nel timore che consegnare Mussolini agli Alleati possa costare un lungo processo ad un popolo italiano a cui verrebbero inevitabilmente imputate delle responsabilità.

Finché il 28 Aprile viene dato l’ordine di uccidere Mussolini senza processo e il Duce, assieme alla sua amante, viene condotto in un vialetto a Giulino, nei pressi di Villa Belmonte. La raffica mortale che uccide il dittatore in quel momento, colpisce a morte anche Claretta, che disperata si getta nella traiettoria, nella volontà di seguire il suo amante fino anche nella morte, proprio come Eva Braun.

EVA BRAUN E CLARETTA PETACCI: STORIE CHE SI PERDONO NEL TEMPO

Foto da wikipedia, copyright libero

Le storie di Eva Braun e Claretta Petacci sono storie che si perdono nella nebbia dei libri e dei ricordi, storie di donne che appartengono ad un’unica grande storia e che il fato ha voluto dare alla luce lo stesso mese dello stesso anno. Sono storie di donne né colpevoli né innocenti. Che, forse inizialmente senza rendersene conto, si sono vendute appoggiando e amando coloro che umanamente è impossibile appoggiare e amare. Eppure, hanno scelto di morire, seppur rimanga difficile capire se stessero morendo per un ideale-ossessione o per un vero amore.

E’ una storia piccola, quella di Eva Braun e Claretta Petacci, se inserita nella storia complessiva e tragica di quegli anni, che come tale si sbiadisce nel corso del tempo e rischia di perdersi. Ma non deve. Deve continuare a suscitare in noi delle domande: la critica le ha accusate in quanto donne? O le ha accusate troppo poco, sottovalutandone l’arguzia, giustificandole in quanto donne e quindi esseri fragili e ingenui – sinonimo di inferiori -? Non so, onestamente, quale delle due alternative sia la migliore.

L’unica cosa che sappiamo è che gli orrori di Piazzale Loreto furono le reazioni di un popolo oppresso, per i quali non ci fu nessun processo di Norimberga. In un mondo democratico, all’orrore non si risponde più con l’orrore e non siamo quindi più in grado di stabilire se quella reazione fu giusta o sbagliata. E’ ciò che è accaduto durante una guerra e, quindi, dare giudizi morali a posteriori appare inutile e fuori tempo. Ci limitiamo a raccontare.

Siamo solo in grado di dire che, storicamente, i tiranni vanno incontro a questo destino e spesso, con loro, le donne che gli sono rimaste accanto.

 

Michela Ludovici

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