Franco Arminio, il cacciatore di fantasmi

Franco Arminio, il cacciatore di fantasmi

ROMA – Per la prima volta il poliedrico artista Franco Arminio espone le sue fotografie. La mostra si chiama Presenze, esercizi di Paesologia e sarà alla Triennale della Capitale fino al 31 gennaio 2024.

 

Franco Arminio attraversa da anni angoli dimenticati, territori desolati, paesi abbandonati. Li guarda a fondo, entra in comunione con loro, raccogliendone gli scarti, i frammenti, i residui, per ricostruirne e conservarne la memoria. Lo fa usando le parole, ma anche le immagini. Oltre ad essere infatti uno scrittore, poeta e “paesologo”, da sempre raccoglie nel suo archivio scatti dedicati ai suoi amati paesi. Adesso, per la prima volta, ha deciso di esporli in una mostra a Roma dal titolo: “Presenze, esercizi di paesologia”. 

La mostra fotografica

Si tratta di 19 immagini esposte dal 1 dicembre al 31 gennaio del prossimo anno, all’Università eCampus, partner dell’Esposizione Triennale di Arti Visive. Sono fotografie scattate durante il lockdown nel suo paese, Bisaccia, nell’Alta Irpinia. Arminio si definisce «un fotografo non praticante che fa lo scrittore» e l’idea da cui nasce la mostra è quella di “scrivere per immagini, dove la fotografia e quindi il guardare viene prima dello scrivere”. E ancora, afferma l’autore: «Sono un autodidatta, scatto con il telefonino, scelgo di fermare in un’immagine luoghi che stanno scomparendo, il portone di una casa che magari tra qualche anno non ci sarà più, un muretto che sta per crollare. Il mio è quasi un esercizio etico: voglio che ciò che appartiene a un territorio non sia dimenticato, che se ne conservi la memoria”. 

Mostra fotografica Franco Arminio

Arminio è uno dei più apprezzati scrittori e poeti italiani, tra i suoi libri più noti Vento forte tra Lacedonia e Candela, Terracarne, Cartoline dai morti, Cedi la strada agli alberi, La cura dello sguardo, Lettera a chi non c’era, Studi sull’amore, Sacro minore. E’ continuamente in giro per l’Italia per portare, soprattutto ai giovani, la sua idea di poesia e promuovere la sua battaglia contro lo spopolamento dei paesi. Nel 2014 ha creato e porta avanti la Casa della Paesologia, a Bisaccia, in Campania. Oltre a collaborare con vari giornali, si occupa anche di documentari e fotografia.  

Una passione per la fotografia

Scattare fotografie è per Arminio un estremo gesto d’affetto, un modo per donare la vita a tutto ciò che merita di essere recuperato. “Guardare ciò che c’è fuori di noi dà significato alla vita: è un ottimo modo di vivere che, distraendoci da tentazioni narcisistiche, ci predispone ad uno stile di vita incline alla clemenza. Ci predispone cioè ad uno sguardo che sa accarezzare ciò che è piccolo e dimenticato. Ciò che rischia di andare perso.”

Per Arminio non c’è nulla di meglio che guardare e camminare, scoprire la presenza di Dio nel legno malmesso e nelle pietre pericolanti. Non a caso uno dei suoi autori preferiti è lo scrittore Christian Bobin, recentemente scomparso, che così si raccontava: ”Io mi occupo di ciò che è piccolo piccolo. Ciò che è minuscolo, infinitesimale. Alla domanda «che fai nella vita?», ecco quello che mi piacerebbe rispondere: mi occupo delle cose piccole piccole, porto la testimonianza di un filo d’erba.” 

Franco Arminio alla sua mostra fotografica a Roma, foto presa da Instagram

E’ quello che da sempre prova a fare Arminio: ascoltare le piccole cose per trovarci dentro l’infinito. Si muove come un «cacciatore di fantasmi» (così si definiva un altro scrittore, Sebald, da sempre interessato alle vite e i passati degli altri). Consapevole che se intorno la vita scorre con tutte le sue contraddizioni, orrori, disastri, per trovare pace, gioia, identità, occorre rivolgere lo sguardo alle memorie. Ma occorre farlo con grande senso di responsabilità. Così Arminio fotografa luoghi e persone consapevole della responsabilità nel «saper leggere un territorio, attraverso uno sguardo dolce e clemente per evitarne una cattiva qualità di lettura». 

Le foto di Franco Arminio

Le foto di Franco Arminio nascono durante il periodo del Covid, quando si è reso conto di non conoscere in realtà il paese dove era nato e cresciuto. Sono scatti che riescono a restituirci la dolcezza del vivere, come scrive Stefania Pieralice, che ha curato l’allestimento della mostra: “In quegli scatti riusciamo quasi a cogliere il dialetto che resiste, l’odore umido dei pomodori passati in cantina, il lento muoversi delle tende moschiere tra le porte aperte, le tracce, il senso della dolcezza del vivere».  

Le foto di Arminio ci indicano con forza quanto sia importante oggi il gesto del guardare, del sapersi guardare intorno, guardare il paesaggio e guardare gli altri: di questo avrebbe tanto bisogno la scuola italiana e Arminio lo sottolinea con forza: ”«Se facessi il professore, porterei gli studenti fuori dalle classi, anche solo in cortile perché non occorre andare troppo lontano, e poi chiederei loro di raccontare per iscritto ciò che hanno visto. Io la chiamo “abitudine percettiva”, che va sviluppata sin da piccoli. E che serve da grandi, magari quando poi fai l’assessore in un comune e autorizzi la cementificazione o la distruzione di una cosa per sostituirla con un’altra. Ecco, se avesse guardato bene, se avesse avuto appunto quella “abitudine percettiva”, forse quell’assessore avrebbe fatto una scelta diversa e migliore per la collettività».  

Franco Arminio ci insegna quanto sia importante conservare uno sguardo del sensibile verso le cose. Guardare le sue foto significa accettare l’invito a «ricominciare a guardare le cose» per aprirsi ad un nuovo inizio.  

Alex D'Alessandro
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