Il Nuovo Teatro Comunale di Bologna si farà: ce lo racconta il Sovrintendente Macciardi

Il Nuovo Teatro Comunale di Bologna si farà: ce lo racconta il Sovrintendente Macciardi

BOLOGNA – C’è gran fermento nella città di Bologna, per i lavori che stanno per cominciare e che coinvolgeranno parte della città, dai quali nascerà il Nuovo Teatro Comunale. Sono appena arrivati i soldi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Per questo motivo, abbiamo intervistato il sovrintendente Fulvio Macciardi.

Nel 2023 il Teatro Comunale di Bologna compirà la bellezza di 260 anni. Da quel lontanissimo 1763 generazioni fitte di bolognesi e non solo hanno frequentato la splendida sala del Bibiena e hanno goduto della sua formidabile acustica, tuttora insuperata. Quanta musica, quanti spettacoli, quante feste, veglioni, balli, giuochi! Il regno delle emozioni, della meraviglia, del divertimento per tutte le classi sociali che lo affollavano dal loggione ai palchetti di famiglia. Naturalmente non sono state sempre tutte rose e fiori. Il mondo dello spettacolo teatrale è fatto di incessanti alti e bassi, proprio come la vita. Ma l’attività costante in tutti questi anni, soprattutto nell’ultimo secolo, ne ha fatto una fonte primaria di cultura, un luogo imprescindibile per Bologna. Che ora diventerà il Nuovo Teatro Comunale di Bologna.

TUTTE LE NOVITA’ RACCONTATE DAL SOVRINTENDENTE FULVIO MACCIARDI

BOLOGNA, ITALY – OCTOBER 28: Superintendent Fulvio Macciardi poses in the Sala dei Bibiena at the Municipal Teather on October 28, 2020 in Bologna, Italy. (Photo by Roberto Serra – Iguana Press/Getty Images)

La Cultura è un segno di speranza, sostiene il sovrintendente Fulvio Macciardi, in particolar modo in momenti di crisi. Il Maestro Macciardi, milanese, nasce musicista, violinista e anche docente in Conservatorio. Per 25 anni ha suonato in pubblico assieme a varie formazioni orchestrali. Sembra strano, ma in Italia non è così frequente che un sovrintendente sia un musicista.

Da una ventina d’anni è passato alla gestione artistica del teatro d’opera, iniziando al Teatro Verdi di Trieste. Nel 2008 è entrato al Comunale di Bologna come direttore dell’area artistica che vuol dire essere nel cuore dell’attività creativa tra direttori d’orchestra, cantanti, registi, compagnie di ballo, tutto il team artistico.      Da lì a diventare direttore artistico il passo è breve (2013). Dal 2017 è stato nominato sovrintendente.

Come avete reagito allo tsunami del covid-19?

All’inizio pensavo che l’emergenza sarebbe durata qualche settimana o poco più, poi tutto sarebbe tornato come prima. Invece siamo precipitati all’inferno. Come prima cosa abbiamo affrontato il problema della scarsa capienza della nostra sala nel caso del distanziamento. Il PalaDozza ci garantiva ampio spazio e ci dava la possibilità di ospitare in tutta sicurezza anche più gente di quella che contiene il Comunale. Mi tornavano in mente Pollini e Abbado quando negli anni ’70 suonavano nei palazzetti dello sport. Ma il loro era un gesto fortemente politico e sociale, era la condivisione di valori tradizionalmente riservati ad una élite.

E il problema non indifferente dell’acustica del Palazzetto dello sport?

Con un’importante e costosa operazione di ingegneria del suono siamo riusciti a raggiungere un ottimo risultato. Ma poi abbiamo dovuto chiudere tutto dal novembre 2020 al maggio 2021. Il teatro è rimasto inaccessibile al pubblico. Che tristezza e che fatica. Noi, all’interno, abbiamo affrontato altre sfide.

Come le trasmissioni in streaming

E con successo. Avendo lo spazio, il teatro vuoto, e la disponibilità del tempo degli interpreti abbiamo prodotto Adriana Lecouvreur che è stata registrata dalla RAI per più di una settimana (cosa che succede solo per la Scala) con tecniche di ripresa più complesse della solita registrazione quasi frontale, con un taglio e un montaggio cinematografico e con l’inserimento di scene registrate al di fuori del palcoscenico. E’ stata una nuova esperienza che andrebbe riproposta perché è un bel modo di presentare uno spettacolo lirico in tv.

Poi è arrivata l’estate.

F.M. Considerato che per noi è molto più semplice allestire un’opera in palcoscenico che all’aperto, abbiamo ripreso un pezzo del grande repertorio in un allestimento di forte presa, La Bohème con la regia di Graham Vick, nei mesi di luglio e agosto, quando di solito noi rallentiamo l’attività, e a prezzi molto popolari. Abbiamo così raggiunto un pubblico del tutto diverso dal nostro, fatto da turisti, da giovani, da stranieri.

Il lockdown vi ha portato il nuovo direttore musicale.

Nelle stagioni passate pre-covid avevamo chiamato alcune direttrici d’orchestra, secondo quella propensione alla sperimentazione che è nel DNA del Comunale da sempre. Tra la direttrice ucraina Oksana Lyniv e l’orchestra si è subito creato un feeling, che è così importante per la riuscita e la crescita del lavoro insieme.

Avete conquistato un primato italiano: è la prima direttrice d’orchestra ai vertici di una Fondazione lirico sinfonica italiana. Quanto sembrano essere lontani i tempi in cui nelle prestigiosissime orchestre di Berlino e di Vienna non c’era l’ombra di donne! O quando Karajan, quaranta anni fa, faceva succedere la rivoluzione perché aveva chiamato come primo clarinetto nella Berliner Philharmoniker Sabine Meyer.

L’abbiamo scelta per il suo talento non per il suo genere. In una orchestra coesistono tante diverse musicalità che per ottenere un bel risultato devono essere sintetizzate. Il bravo direttore deve proprio concluderle tutte, convincendo ognuno in poco tempo, con pochi gesti e a volte senza saper parlare l’italiano: Oksana Lyniv c’è riuscita. Il modo di porsi, la capacità di istaurare relazioni crea il feeling tra orchestra e direttore. A differenza dei singoli strumentisti, il direttore non può provare per conto suo, solo dirigendo riesce a capire le difficoltà e a risolvere le parti più complesse. Oksana è molto attenta alla qualità. E’ cresciuta con quel fenomeno che è Kiril Petrenko di cui è stata assistente. Poi è un antidiva, molto impegnata nel sociale e attenta alla crescita dei giovani artisti che aiuta con trasporto. Io stavo proprio cercando un direttore straniero, perché ritenevo sbagliato dopo una figura così importante, amata, unica come Michele Mariotti riproporre un giovane italiano. Ho preferito girare pagina e puntare anche ad un altro repertorio, tralasciato ultimamente, come quello mitteleuropeo, quello wagneriano, e quello italiano dei primi decenni del ‘900 poco esplorato in maniera organica. Credo che Oksana Lyniv sia adatta a questo compito perché ha la visione qualitativa giusta per focalizzare queste pagine. Un segno significativo della serietà della Lyniv è la sua decisione di non usare Bologna come palestra per i suoi debutti, al contrario vuole portare nel 2023 al Comunale opere da lei già sperimentate, come Der fliegende Hollander che ha diretto a Bayreuth.

Avete scelto anche un’altra donna per dirigere il coro.

Gea Garatti Ansini grande professionista, cresciuta a fianco del maestro Gabbiani all’Opera di Roma. Assieme al nostro bravissimo maestro del coro Malazzi, chiamato dalla Scala, abbiamo individuato a succedergli proprio Gea Garatti Ansini.

Noto delle belle scelte di direttori per le stagioni di  sinfonica e lirica, molti stranieri e discretamente giovani, in linea con la tradizione di questo Teatro. So anche che l’orchestra del Comunale riesce spesso a sorprendere chi viene a dirigerla.

Il deus ex machina dello spettacolo resta sempre e comunque il direttore d’orchestra. Da musicista le posso dire però che quello è l’unico lavoro di questo campo in cui si può fingere. Conosco direttori sopravalutati, non all’altezza della propria fama. Però dopo i primi dieci minuti della prima prova con l’orchestra si capisce se arriverà a portare a termine il percorso che aveva in mente.

Il grande maestro Georg Solti diceva che non esistono cattive orchestre ma solo cattivi direttori.

Oltre ad essere molto preparato e pronto a risolvere le difficoltà tecnico musicali, il direttore deve avere le idee ben precise sul risultato che vuole raggiungere. In più deve essere così intelligente da adattare la propria visione interpretativa agli strumenti che ha a disposizione, cantanti compresi. Non tutti poi possono fare tutto. Infatti io mi preoccupo sempre della scelta del repertorio che più si confà ad un artista. E’ proprio così che abbiamo fatto assieme a Michele Mariotti per costruire la sua bella carriera da Rossini al grande Verdi. Ritengo che ogni direttore può portare un valore aggiunto in cui tutto il teatro, professori d’orchestra e interpreti, si deve riconoscere.

La stagione lirica 2022 con sorpresa si inaugura con il primo atto di Die Walkure in forma di concerto. Sempre in forma di concerto Oksana Lyniv dirigerà anche l’ultima opera di Ciaikosky Iolanta. Un modo pochissimo frequente a Bologna.

Accerchiati come siamo da teatri che producono tanto (Milano, Venezia, Firenze) vorremmo offrire qualcosa di diverso. E questa è una modalità gradita al grande artista internazionale che preferisce di gran lunga essere occupato per un tempo limitato: mentre un allestimento teatrale-scenografico esige una presenza di settimane, l’opera in forma di concerto necessita solo pochi giorni di prove e circa due esecuzioni in pubblico. Inoltre per avvicinarci ad un certo repertorio raro di cui programmiamo poche repliche è senz’altro preferibile l’esecuzione in forma di concerto. La cultura musicale italiana è piuttosto basica, ciò porta a riempire le platee abbastanza facilmente quando va in scena un titolo classico e popolare, ma appena ci si allontana facciamo fatica a superare il 60 per cento di presenze. Il pubblico va costruito, educato, attratto. Questa è anche la nostra missione.

IL NUOVO TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA. APPROVATO IL PROGETTO PER L’AVVIO DEI LAVORI

BOLOGNA, ITALY – OCTOBER 28: Superintendent Fulvio Macciardi poses in the Sala dei Bibiena at the Municipal Teather on October 28, 2020 in Bologna, Italy. (Photo by Roberto Serra – Iguana Press/Getty Images)

La prima buona notizia dell’anno: i soldi ci sono, il progetto è approvato. Il sovrintendente Fulvio Macciardi è pronto per dare l’avvio ai grandi lavori da cui sorgerà il Nuovo Teatro Comunale di Bologna. Il 2 gennaio il Comune di Bologna ha destinato parte dei 20 milioni di euro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) al suo storico e glorioso Teatro Comunale. E anche noi ne siamo felici, perché il Teatro è vita e ve lo abbiamo raccontato anche in passato, in occasione della Giornata Mondiale del Teatro.

Come dice il sindaco Matteo Lepore, sarà un intervento di forte impatto per la città non solo sul piano della rigenerazione urbana in senso stretto, ma anche per la capacità di rafforzare attraverso la cultura il valore internazionale di Bologna.

I grandi lavori edilizi interesseranno principalmente l’esterno su Via del Guasto dove ora sono i vecchi locali tecnici di servizio, fabbricati in epoche recenti, che verranno demoliti come pure la torre piezometrica, altissima e malandata cisterna non più funzionale. Il primo lotto d’intervento è stato approvato a dicembre e tra poco inizieranno i lavori, che dovranno essere conclusi entro il 2026, termine dettato dal PNRR. E’ una bella sfida, forse è la volta buona che io riesco a vedere anche la fine dei lavori!

Il concorso di idee per la valorizzazione, l’incremento e il miglioramento funzionale del Teatro Comunale, gioiello storico e architettonico nel cuore di Bologna, è stato vinto dal quarantacinquenne architetto Luigi Orioli.

Il progetto del Nuovo Teatro Comunale di Bologna prevede un notevole aumento di volume che si affiancherà al corpo storico del Teatro. Nei nuovi spazi, visti come un innesto contemporaneo, ci saranno un palcoscenico esterno, un laboratorio-atelier, una sala prove, la biglietteria e un bar bistrot ristorante. Da lì ci sarà l’entrata agli uffici e al loggione ed è previsto un accesso facilitato per il pubblico. Con un ingresso autonomo abbiamo svincolato il foyer Rossini e la terrazza che verrà prolungata fino al Giardino del Guasto per dar vita indipendente e aumentare le attività del foyer.

La carenza cronica di spazi per le prove affligge l’antico Comunale da sempre.

Per questo dal 2018 abbiamo ripreso la gestione del Teatro Auditorium Manzoni, vitale per le nostre attività.

Chissà che questo risanamento urbano non riesca a spazzar via quell’irriducibile vergognoso degrado che violenta da decenni una delle zone più belle e antiche della città, quella universitaria proprio dove sorge il Comunale.

Ne sono convinto. Bivacco e degrado aumentano bivacco e degrado, sfregio e sozzura, ma se si cambia il tipo di socialità, se si riqualifica l’ambiente (ad esempio sotto il nostro bellissimo portico così elegante e arioso starebbero benissimo dei tavolini di un bel bar), se si alza il livello dell’offerta di vivibilità si induce al rispetto. Quando Via del Guasto sarà un luogo frequentato normalmente di giorno e di notte in modo ordinato, quando si manterrà la pulizia e il decoro, allora si avrà in cambio il riguardo. Non sono solo le Forze dell’Ordine che risolvono, ma la ritrovata dignità del luogo. Ovviamente tutti devono intervenire, anche l’Università. La nostra zona è un concentrato di arte, cultura, sapere e scienza: l’Università, il Conservatorio di musica, il Teatro Comunale, la Pinacoteca Nazionale, l’Accademia di Belle Arti, le Biblioteche universitarie e i loro musei. Le nostre tre piazze (Rossini, Verdi e Puntoni) in estate potrebbero comodamente essere spazi per spettacoli dal vivo, ma dovrebbero essere coordinate da un’unica regia (che a mio parere può essere fatta solo dall’amministrazione pubblica); dovrebbe essere un evento non occasionale e sporadico, ma un piano pluriennale con una visione progettuale, proprio come si è fatto con il Cinema in Piazza Maggiore.

Mentre ci saranno i lavori riuscirete a tenere aperto il Teatro?

Non possiamo interrompere una stagione, per cui senz’altro ci trasferiremo da un’altra parte. Lasciando libero tutto il Comunale avremo modo di migliorare il palcoscenico sostituendo il graticcio, la struttura che dall’alto permette di muovere le scene che ancora viene movimentata a mano, con dei binari informatizzati comandati da uno joystick. Così abbattiamo i costi, i tempi e la fatica di montaggio di un allestimento e di conseguenza aumentiamo la potenzialità di produttività del teatro.

Immagino che questi investimenti fossero impensabili quando il Teatro era in passivo.

Una nostra grande vittoria degli ultimi anni, l’equilibrio finanziario, per cui possiamo permetterci di fare investimenti. I costi elevati, la cattiva gestione, i debiti crescenti, gli scioperi degli anni passati ci mettevano in cattiva luce. Ora, con un altro aspetto, più dignitoso e credibile, ci presentiamo come un soggetto su cui il privato può investire. Purtroppo ancora non ci arrivano tutti i soldi che Bologna potrebbe permettersi di dare. Le tante e importanti realtà imprenditoriali della città dovrebbero osare di più per essere al fianco della più autorevole istituzione che produce arte e cultura a livello internazionale. Come si sa da anni abbiamo il supporto costante e attento del nostro grande amico Marino Golinelli, un bolognese eccezionale. Il Teatro Comunale a mio parere deve ricostruire il legame con la sua città, e Bologna dovrebbe identificarsi di più con il suo Teatro. Un’orgogliosa vicinanza reciproca che vediamo realizzata altrove, come a Milano con la Scala, a Venezia con la Fenice, a Napoli col San Carlo. Questa è una meta che vogliamo raggiungere percorrendo la via dell’attrazione del pubblico locale e dell’aumento del turismo culturale.

Avete già idea di dove trasferire l’attività e quando?

Mentre iniziano i lavori su Via del Guasto possiamo rimanere in sede, poi dovremo trasferirci. L’Europa Auditorium, il teatro del Palazzo dei Congressi alla Fiera potrebbe accoglierci come già fece in occasione del grande restauro degli anni ’70. Sala e foyer sono molto belli e vasti, ma purtroppo il palcoscenico è troppo angusto per noi. Poi abbiamo bisogno per il nostro tipo di lavoro di un palcoscenico in continuità, tutto per noi, per le prove e le recite. La mia idea sarebbe quella di un Teatro Tenda, come fece la Fenice.

Ma dove metterlo? Al Parco Nord?

Troppo lontano per il nostro pubblico affezionato. Chissà forse arriverebbe un altro tipo di pubblico, ma non possiamo rischiare di perdere il nostro amato zoccolo duro. La zona Fiera mi sembra più adatta, vicina al centro, dotata di ampi parcheggi. Ho pensato anche a soluzioni ibride per limitare al minimo la chiusura del Teatro, che teniamo aperto finché il cantiere edilizio non diventerà troppo invasivo.

Questi nostri particolarissimi tempi, mi sembra, ci spingono per reazione a tirar fuori tutta la creatività e l’iniziativa di cui siamo capaci. I fondi speciali che sono ora disponibili ci obbligano a cogliere l’attimo, perché nulla è certo.

E ambiziosi devono essere i progetti per un futuro di rinnovamento. Ho in mente un teatro che viene frequentato non solo quando ci sono le rappresentazioni. E sento per Bologna la necessità di uno spazio polivalente che possa ospitare gli spettacoli di lirica, di teatro, i concerti e anche le grandi mostre. Il Teatro del Bibiena è bellissimo, ma ha dei limiti strutturali dovuti alla sua meravigliosa natura settecentesca. La città dovrebbe ambire ad avere un ampio moderno luogo dove si possano allestire grandi produzioni operistiche (noi potremmo usufruirne per qualche allestimento, fermo restando la stagione nel nostro teatro storico), mostre-evento, manifestazioni internazionali come quelle ideate dalla Cineteca. Il posto c’è ed è sull’asse via Stalingrado Parco Nord, il Tecnopolo, dove parte degli ampi spazi accolgono già il data center europeo di meteorologia. Osiamo ed investiamo ora che abbiamo la possibilità materiale.

Silvia Camerini Maj

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