Recensione The Wolf of Wall Street: i deliri di Jordan Belfort

Recensione The Wolf of Wall Street: i deliri di Jordan Belfort

MONDO – The Wolf of wall street. Un nuovo grande film diretto da Scorsese e interpretato magistralmente da Di Caprio e Jonah Hill

Wall Street, già nel nome che porta, palesa una certa distanza tra sé e il mondo che scorre al di fuori delle sue mura. Tutti conoscono la borsa e vengono ubriacati da numeri, percentuali, termini economici, ma in pochi la capiscono fino in fondo.
MCDWOOF EC078Siamo nell’epoca del potere economico che scatena guerre, complotti, politiche sottese, accordi spesso al di là di ogni forma di legalità e divario sempre maggiori tra ricchi e poveri. E’ il periodo storico del movimento ‘Occupy’, quello del 99% contro l’1%, dell’immensa crisi economica e della nascita di nuovi conflitti sociali. Saranno questi o saranno pure i altri i motivi e i contesti che hanno ispirato The Wolf of Wall Street oppure solo ed esclusivamente frutto di problemi di produzione, questo non posso saperlo con esattezza ma di certo, il momento s’è rivelato giusto. Il momento e pure il modo giusto perché potrà anche non essere considerato un vero e proprio capolavoro ma ci si avvicina e i motivi sono diversi.
15-outrageous-scenes-in-martin-scorseses-wolf-of-wall-street-we-cant-wait-to-seePrima di tutto, è un film assolutamente ben scritto. Si parte da una storia vera – quella di Jordan Belfort, estratta dalla sua autobiografia, uno dei più famosi broker della storia di Wall Street – nelle cui trame si trova praticamente tutto: amori, corsa al denaro, raggiri, giri di droghe ecc. che riescono a riempire ben tre ore senza troppi vistosi cali di ritmo. In secondo luogo, la maestosa interpretazione degli attori, quella di Leonardo Di Caprio e Jonah Hill su tutti (entrambi candidati agli Oscar come miglio attore protagonista il primo e tra i non protagonisti il secondo).
Senza dimenticare, ovviamente, la sapiente regia di Martin Scorsese, vorrei citare però un terzo (o, meglio, quarto) motivo che ritengo – e non sono di certo il solo – essere il fulcro narrativo del discorso: la sbornia da denaro.Fin dal primo momento, infatti, nei racconti del protagonista i dollari vengono trattati come una droga, la più potente di tutte; vengono usati per corrompere, per incitare gli impiegati offrendo spettacoli-premio di donne e nani usati come dardi e per offuscare la mente delle persone con una delle molte declinazioni con cui il tanto decantato ‘sogno americano’ viene espresso. Una scena su tutte rende l’idea di come la ricchezza riesca a plagiare la mente di alcune persone spingendole a diventare una sorta di mostri sociali: è quella in cui viene esplicitamente citata l’indimenticabile sequenza di Freaks (Tod Browning, 1932): seduti a un tavolo, i protagonisti intonano il canto d’iniziazione che recita ‘One o us’, proprio come i fenomeni da baraccone del circo di Browning accettano tra di loro l’infida e affascinante donna che vuole sposare il nano per arrivare al suo ingente patrimonio.
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Gli uffici sono pieni, i broker agguerriti: bevande energetiche e cocaina preparano il terreno, Belfort infiamma la folla e i telefoni iniziano a squillare, le voci a sbraitare e noi sappiamo che dall’altro capo del telefono c’è quel mondo – il nostro – che sta andando a rotoli.
Ritmi frenetici, urla isteriche, scene da manicomio, insomma, sono il naturale contesto che ruota attorno al mondo della finanza o, per dirla tutta, di un certo tipo di finanza perché al contrario della dipendenza dalle droghe, quella da denaro insinua nella mente delle persone un senso di potere senza limiti ma il risveglio è sempre quello: una sbornia che ti lascia con il muso per terra.
Il senso dell’onnipotenza è sempre l’anticamera del fallimento

Marco Leoni
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