BOLOGNA – Intervista a Pietro Rocchetta Casadio, socio senior di Foto Casadio, uno studio che dalla fine del XIX secolo si occupa di ritratti (e non solo).
Foto Casadio conosciamone l’importanza e la storia. Negli ultimi decenni, con l’avanzare della tecnologia, inquadrare un soggetto e scattare una foto, anche di nascosto, sono diventati gesti facili. L’autoscatto ha ceduto il passo al selfie e in men che non si dica siamo diventati tutti fotografi ritrattisti. Ora: tralasciando gli effetti collaterali dell’avvento degli smartphone, mi piace ricordare che agli albori della fotografia per realizzare un ritratto ci fosse bisogno di più tempo e, spesso, di uno studio. D’altronde abbiamo parlato spesso dell’arte della fotografia e ci piace continuare a farlo in diverse forme.
Nel centro di Bologna, in via Ugo Bassi, un’antica insegna campeggia ardita sopra a un portone. I negozi attorno cambiano, lei invece resiste al passare del tempo. “Foto Casadio”, recita la scritta che indica l’entrata di uno studio fotografico esistente a Bologna sin dalla fine dell’Ottocento. L’attuale socio senior, Pietro Rocchetta Casadio, mi ha raccontato la storia di una passione che si tramanda nella sua famiglia da oltre un secolo.
Chi era Ferdinando Casadio?
Come titolari abbiamo avuto sia uomini, sia donne. Mia nonna ha iniziato quando si sono sposati a lavorare con mio nonno ma visto che lui era sempre in viaggio, lo studio di fatto veniva portato avanti da lei e in seguito da mia madre, quindi qui la fotografia è donna. Quando è andata in pensione mia madre, ho rilevato io lo studio.
Parlami della ritrattistica che si faceva nello studio di Foto Casadio
Secondo me il fotoritocco è nato assieme alla fotografia, non esiste una distinzione fra le due cose. Agli inizi si lavorava con artisti che avevano competenze di disegno, quindi ritoccavano tutte le foto un po’ perché queste erano di qualità veramente scadente, un po’ perché volevano esaltare le loro competenze. Tutti volevano essere belli: che arrivassero dalla campagna per farsi fare un ritratto o che abitassero in città, lo scopo era sempre avere il meglio di quell’istante.
Durante le due guerre c’era già anche la fotografia identificativa, che serviva per confermare l’identità di chi ad esempio passava una dogana o un dazio, ma all’epoca non c’era distinzione fra quella che oggi si chiama fototessera e il ritratto vero e proprio. La mia famiglia nel tempo ha fatto centinaia di migliaia di foto, ora conservate nel nostro archivio. A tutt’oggi abbiamo clienti che vengono da una vita: a volte da prima che nascessero, cioè venivano già i loro avi, altre volte si tratta di stranieri che, dopo 25/30 anni ci dicono “Vengo qui da quando sono in Italia”.
Foto Casadio ritrae anche animali da compagnia?
L’utilizzo del ritratto nel tempo: quali sviluppi prima e dopo l’avvento del digitale?
Una volta la foto era un’esigenza di tutti perché era l’unico modo per far sapere che c’eri stato, quindi era normale risparmiare denaro per farsi fare un bel ritratto. Lo stesso desiderio in precedenza si era manifestato con la pittura e i ritratti rinascimentali. Anche il testamento fotografico nasce con la stessa esigenza: se vai in un cimitero monumentale, vedrai foto antiche bellissime perché un tempo il ritratto aveva un altro valore rispetto ad oggi. Successivamente la foto istantanea usa e getta prima, ma soprattutto il digitale poi, hanno cancellato per un periodo questo concetto di foto.
Il problema è sorto quando l’attuale generazione dei nuovi anziani, andando al cimitero, ha cominciato a vedere che amici e conoscenti sulle lapidi erano rappresentati con foto che non rendevano loro onore. Vedevano foto, anche di giovani, che erano prese da scatti improvvisati o da foto di gruppo tagliate. Negli ultimi quindici anni, abbiamo ricevuto in studio persone anziane che dicono: “Mi faccia una foto fatta bene che così la infilo nel testamento, perché non voglio essere ricordata in eterno come una scappata di casa”.
In passato era normale avere un bel ritratto: al più tardi a 25 anni ne avevi già uno e lo tenevi come un santino nel portafoglio. Durante la guerra, ad esempio, se eri un militare al fronte utilizzavi i fotografi di campo per avere una tua immagine da mandare ai tuoi cari. Lo stesso faceva chi rimaneva a casa e voleva far arrivare una foto al figlio o al fidanzato, per fargli vedere che andava tutto bene o cos’era cambiato in quegli anni di forzata separazione.
Negli ultimi anni la foto sta tornando ad avere lo stesso valore di un tempo anche per i ritratti business. Con il digitale si scattano foto scadenti, utilizzabili solo per un racconto istantaneo. Le aziende invece chiedono ai propri dipendenti e collaboratori foto allineate e di qualità elevata, da utilizzare sul web qualora il cliente desideri vedere prima il professionista con cui si mette in contatto. Il digitale è un ottimo mezzo per raccontare istantaneamente quello che succede nel mondo, ma ha un limite: è fatto per soddisfare un momento personale generato da se stessi, non per soddisfare una richiesta di terzi. La foto di un professionista, invece, accontenta appieno una richiesta di terzi e nel tempo la sua bellezza non svanisce.
Secondo la tua esperienza, come si comporta oggi il mondo femminile davanti all’obiettivo?
Adesso abbiamo ragazzine, intendo prediciottenni, che si rendono conto che col cellulare si fanno i selfie ma che questi non raggiungono la qualità professionale di modelle che vedono sul web. Alcune di loro aspirano a diventare modelle o influencer, altre vanno semplicemente in competizione tra loro. Esistono poi donne, ma anche uomini, che si rimettono in gioco dopo una lunga relazione sentimentale e hanno bisogno di una foto per siti come Tinder. Oppure c’è chi desidera una foto business perché deve trasmettere il concetto di donna in carriera. Il panorama è abbastanza vario.
Noi comunque siamo preparati a guidare il soggetto per fargli ottenere il massimo da se stesso. Prima di tutto lo aiutiamo a capire “per chi” sta facendo la foto: se è per se stesso o, come spessissimo accade, se è per una terza persona, che sia un potenziale partner o un cliente, se si tratta di una foto business. A seconda dell’esigenza, diamo informazioni fisiche sul “come e perché” sta facendo una cosa e questa consapevolezza genera subito un buon risultato.
Presso Foto Casadio lavorano vari professionisti, uno di questi è Luca Fiorio, partner dello studio specializzato anch’egli in ritratti.
Luca quali sono i soggetti che preferisci ritrarre?
Sono persone che hanno un grandissimo valore interiore inespresso o riservato a chi con gentilezza viene da loro accolto.
È stimolante riuscire ad interagire con le persone, perché non sono mai veramente definibili e facilmente descrivibili. Tutti abbiamo un’intera gamma di emozioni, che ci plasmano nello sguardo, nella postura, nella gestualità ed ognuno è capace di interpretare un sentimento o un pensiero. Riuscire a fermarlo, a vedere brillare gli occhi per un istante, o carpire una smorfia che ci contraddistingue è un vero successo!
Significa essere riusciti ad abbattere qualche difesa, ad essere entrati in un momento di rispetto dell’essere, significa essere lì e poter dire: “Ti vedo” nel più bel significato di riconoscerti, averti compreso, rispettarti e prendersi cura di te.
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