Il poeta fu ispirato, rapito, ipnotizzato da quello sguardo cupo e sincero della periferia romana, fu ferito da quella “Corona di spine che cinge la città di Dio”, come volle simbolicamente descrivere i sobborghi, riferendosi alla zona del Pigneto dove nel 1961 girò Accattone, il suo primo film.
Pasolini scappò dal Friuli e arrivò nella Capitale nel 1950, dopo aver vissuto una infanzia ed una adolescenza piuttosto tormentate: il padre era un militare molto severo e spesso veniva trasferito in varie zone d’Italia portando con se tutta la famiglia. Per questo motivo il giovane Pasolini crebbe senza radici, senza legami amicali, cambiando spesso scuola; il destino volle che venisse bocciato in italiano nel passaggio dal ginnasio al liceo. Un destino paradossale, non di certo lungimirante, visto che Pasolini divenne invece uno degli intellettuali più importanti del Novecento italiano.
La severità del padre, bilanciata dal profondo amore materno, fece si che Pasolini si costruisse un immaginario alternativo alla vita reale e trovasse gioia solamente nel Friuli, che più volte descrisse come “Paese d’infanzia”, un “Paese di temporali e primule” chiaro contrasto di tenerezza e violenza; un conflitto tra l’aspirazione all’amore per la poesia, la violenza della seconda guerra mondiale e la disperazione che toccò la famiglia quando il fratello Guido rimase ucciso nella guerra partigiana.
Nel 1951 Pasolini si trasferisce, a causa delle sue misere risorse economiche, nella borgata di Ponte Mammolo, ed andò a vivere “Nel ghetto delle borgate vicino alla prigione di Rebibbia”.
Il nostro viaggio comincia da li, in Via Tagliere, da una casa “Restata definitivamente senza tetto”, da un appartamentino “Senza intonaco alle pareti” composto da due camere e cucina, lungo una strada “Con un palmo di polvere d’estate” e “La palude d’inverno”.
Uno scorcio d’Italia che doveva sopportare la tensione e lo squallore della miseria, un’Italia “Nuda e formicolante” dagli “Odori di gelsomino e di povere minestre” avvolta dai “Mucchi di spazzatura”.
In questo clima, per noi oggi inimmaginabile, il poeta traeva coraggio dai suoi “Sogni integri di poesia”. Da questa esperienza dello squallore dei luoghi e dal vigore della lingua del popolo romanesco, sarebbero presto nate opere che avrebbero rivoluzionato il conservatorismo letterario italiano degli anni Cinquanta.
PPP e il Pigneto
Oggi, il Pigneto, è un quartiere piccolo borghese. Per capire invece quali fossero veramente le caratteristiche e soprattutto le condizioni del Pigneto pasoliniano, al di là delle testimonianze sociologiche, bisongerebbe vedere il film Brutti sporchi e cattivi di Ettore Scola; una delle ultime tracce delle borgate romane, e di come scorreva la vita in quelle baraccopoli prima che fossero sventrate e riqualificate da un grande sindaco, Luigi Petroselli. Un sindaco “proletario” che si battè a lungo per cancellare da Roma la vergogna delle borgate e l’umiliazione di quelle persone che arrivavano da ogni parte d’Italia, disperate, andando a vivere senza luce, senza acqua e sotto un tetto di fango e lamiera.
Questo “nuovo” tragico mondo, affascinò Pasolini per la sua libertà. Considerava “I ragazzi di vita”, che vivevano nelle borgate, “puri e puliti”, in quanto non toccati dal consumismo.
Pasolini pensava che l’essere immuni dal consumismo avrebbe consentito a questi ragazzi di salvare l’Italia, ma si sbagliò, non fu così.
L’incontro tra Pier Paolo Pasolini e Sergio Citti, “Un ragazzo di vita”, vide nascere Accattone, film di esordio del regista, che fu girato proprio tra i vicoli sgangherati del Pigneto nel 1961.
PPP e Casalbertone
Mamma Roma è il secondo film di Pasolini, fu ambientato in buona parte nella zona di Casalbertone, non molto distante dal Pigneto. Gli interni e gli esterni della casa dove vive la protagonista del film, interpretata da Anna Magnani, furono girati al “Palazzo dei Ferrovieri” nel 1962, tipico esempio di edilizia popolare degli anni Venti del Novecento, non molto distante dalla stazione Tiburtina di Roma.
Quando la Magnani incontrò Pasolini, nonostante il suo carattere di donna esigente, sentendo probabilmente il bisogno di rilanciare la sua immagine, accettò di interpretare il ruolo della prostituta Mamma Roma.
Fu una delle più grandi interpetazioni della Magnani, soprattutto nel monologo in cui Mamma Roma, costretta a tornare alla prostituzione in età matura per colpa di un ricatto, sintetizza il pensiero del sottoproletariato in una sequenza teatrale meravigliosa in cui, intorno a lei, la macchina da presa fa transitare alcune figure nel buio. Creature della notte che scelgono di ritornare nell’oscurità; veramente una sequenza da manuale.
Il Pier Paolo Pasolini regista fu, soprattuto all’inzio della sua carriera, molto discusso. Gli venne rivolta l’osservazione di non essere stato mai padrone della tecnica da ripresa. In effetti inizialmente non sapeva bene come si dovesse tenere in mano la camera, perchè fu da sempre autodidatta. Questo fatto, in un primo momento, lo portò ad essere ridicolizzato dalla critica, ci fu perfino una rottura con Federico Fellini con cui inzialmente collaborò. I suoi tentativi spontanei, privi di una apparente disciplina tecnica, ben presto divennero il suo punto di forza e il suo tratto distintivo.
E’ interessante analizzare Mamma Roma da un punto di vista urbanistico; infatti il film rappresenta uno degli ultimi documenti filmati della zona di Casalbertone prima dell’inizio del boom edilizio romano, a partire dalla fine degli anni Sessanta.
Quelle aree, da cui nel film si può vedere la città di Roma in lontananza, oggi sono invece iper costruite. Oggi il consumo di suolo ha fatto si che tutte le sequenze girate riguardino luoghi introvabili, irriconoscibili. Di quei campi e di quei pascoli di Mamma Roma non esiste più nulla.
PPP e Monteverde
“Com’era nuovo nel sole Monteverde Vecchio”. Con queste poetiche parole, la targa in marmo posta sul portone della casa di Pasolini in Via Giacinto Carini, celebra i versi del poeta scomparso.
Nel 1959 Pasolini si trasferisce nel cuore di Monteverde Vecchio.
Grazie all’ agiatezza economica raggiunta, Pasolini sceglie di vivere in una zona lontana dalle borgate, in cui non c’è più delinquenza. Le sue invettive erano sempre rivolte alla borghesia ma, evidentemente, dentro di se, Pasolini aspirava ad una tranquillità borghese che, con l’appartamento di Via Carini, cominciò ad avere.
Nello stesso stabile, situato al civico 45, abitava anche Attilio Bertolucci, padre di Bernardo. Non molto lontano viveva inoltre Giorgio Caproni, un umile maestro elementare, grande poeta del Novecento italiano, oggi purtroppo dimenticato.
Sia Caproni che Bertolucci aiuteranno molto Pasolini ad acquisire quelle collaborazioni giornalistiche e letterarie che gli consentiranno di ottenere una dignità economica e di andare ormai verso quella tranquillità borghese descritta prima.
PPP e l’Eur
Nel 1963 Pier Paolo Pasolini si trasferisce con la madre e con la cugina nel quartiere Eur, in Via Eufrate, a pochi metri dalla Chiesa di San Paolo e dal Palazzo delle Esposizioni.
Siamo ad un punto di svolta nel destino di Pasolini, l’ultima fase della sua vita, la più tesa e più tragica, che coincide con la realizzazione degli Scritti Corsari e del misterioso manoscritto Petrolio al quale Pasolini ha lavorato per decenni.
Petrolio racconta la storia di Carlo, un uomo che si sdoppia in un altro Carlo: un intellettule e un perverso. In questo strano brogliaccio, mai pubblicato finchè Pasolini fu in vita, si parla di Enrico Mattei e dello scandalo dell’Eni, di politica, di servizi segreti. Argomenti che intrigarono molto Pasolini ma che resteranno sempre avvolti nel mistero.
Contemporaneamente riceve nuove soddisfazioni, gira il Vangelo Secondo Matteo e comincia a creare clamore lavorando alla Trilogia della Vita: Il Decamerone, I Racconti di Canterbury e il Fiore delle Mille e Una Notte, una serie di narrazioni trasversali sulla capacità delle civiltà di raccontarsi, la civiltà medieavale italiana, quella anglosassone e quella orientale.
Il Memoriale di Ostia
Il nostro viaggio sulle orme pasoliniane si conclude nel luogo dove tutto vide la fine, dove calò il sipario, dove si spense la luce, dove venne recitato l’ultimo atto: l’Idroscalo di Ostia.
Li, il 2 novembre 1975 Pier Paolo Pasolini fu trovato morto, massacrato, investito dalla sua stessa auto.
Oggi quel luogo è divenuto luogo della memoria. A ricordare Pier Paolo Pasolini il monumento realizzato dall’artista Mario Rosati. Un tronco verticale in marmo travertino, sinonimo di una vita spezzata. Intorno due colombe spiegano le ali in segno di libertà e una luna piena sovrasta il gruppo. Un piccolo parco letterario sferzato dal vento salmastro del porto di Ostia. Una cornice di poesia lungo un cammino composto dagli stessi versi del poeta che lo rendono immortale.
“La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui. Simile perché egli ne aveva già descritto, nella sua opera, le modalità squallide e atroci, dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi, bensì una figura centrale della nostra cultura, un poeta che aveva segnato un’epoca, un regista geniale, un saggista inesauribile”. Alberto Moravia
di Daniele Di Giorgio
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Ho molto apprezzato la citazione di Pasolini “Corona di spine che cinge la città di Dio” che ha riportato nel suo articolo; trovo che, in vista del Giubileo e alla luce dei tanti problemi che la capitale sta affrontando negli ultimi tempi, questa frase sia azzeccata e attualissima.
Grazie.
Caro Di Giorgio,
è vero che Pasolini trascorse l’ultima sera, prima di essere assassinato, al ristorante Biondo Tevere di Via Ostiense a Roma? E’ un ristorante molto noto.
Grazie
R.
Salve Robert,
è proprio così, la sera prima della sua morte, Pasolini cenò al Biondo Tevere di Via Ostiense a Roma.
Fu molto legato a quel ristorante, spesso lo frequentava con gli amici, con altri intellettuali tra i quali Alberto Moravia.
Al Biondo Tevere è ancora possibile sedersi a quello stesso tavolo in quella stessa sala dove oggi sono state appese alle pareti alcune immagini e ritagli di giornale che celebrano il poeta; la trattoria non è cambiata molto da allora. Si possono scambiare due parole con la gentilissima proprietaria che, quella sera del 1 novembre 1975, gli preparò “l’utima cena”.
D.D.G.
Si Daniele, un viaggio davvero interessante che porta alla memoria profumi e sensazioni di una Roma oggi radicalmente cambiata. Un personaggio simbolico della nostra cultura, sicuramente lungimirante. Confermo quanto detto sul Biondo Tevere…un posto evocativo soprattutto grazie alla disponibilita` della proprietaria, che dopo tutti questi anni riesce con i suoi racconti a far rivivere quelle stesse atmosfere, impresse in maniera forte nella sua memoria. Descrive un Pasolini assai gentile e lo ricorda con affetto.
Grazie per l`accurata descrizione di questo percorso carico di significato.
K.
E’ riuscito a dare una panoramica completa di quel personaggio tanto noto di cui non tutti, come me, ne conoscono le vicissitudini di vita.
Il breve excursus del periodo storico dagli anni ’50 ad oggi rende bene l’evoluzione anche del benessere sociale di quell’epoca dalla periferia al centro, dalla sofferenza alla vita più che agiata; riflette anche gli animi di tanti che hanno vissuto la sua stessa sorte in versione minore, perché meno popolari, dal dopoguerra ad oggi.
Nives
Come sempre il dott. Di giorgio é riuscito a descrivere molto bene la vita e le opere di un grande personaggio del nostro tempo. Molto interessante é la descrizione dei quartieri di Roma dove Pasolini ha sviluppato tutto il suo mondo artistico. Mi ha colpito come la sua vita da adulto sia stata totalmente influenzata dall’educazione ricevuta da piccolo, cosi come insegnano i più illustri studiosi dell’età evolutiva. Complimenti ancora per l’esauriente e ben riuscita recensione.
Uno scritto ben documentato e poeticamente malinconico. Scorre come una bella pagina di romanzo…
Ottimo articolo che si legge tutto d’un fiato.
Personalmente mi ha fatto tornare alla mente la provocazione di Pasolini il quale sperava che un giorno il papa e il Vaticano si trasferissero in una borgata di periferia. Questa provocazione oggi, nel pontificato di Francesco, è diventata speranza di tanti cattolici.
Salve Pasquale, il suo commento è veramente attuale, proprio qualche giorno fa Pasolini è stato celebrato dall’Osservatore romano come «il poeta del verbo cristiano».
Grazie.
DDG