ROMA – Dal 7 giugno al 28 luglio, Palazzo Esposizioni ospiterà la prima personale in Italia del fotografo statunitense. Bark ha viaggiato in Italia per 2 anni e ha raccolto più di 50 bellissimi scatti nei quali ritrae il Bel Paese attraverso una galleria di sorprendenti still life e inaspettati ritratti, frutto degli ultimi due anni di lavoro dell’artista.
Un viaggio in Italia fatto di autenticità, ambiguità, bellezze sensuali, luci e ombre. Questo e molto altro è Paradise Garage, la prima personale in Italia di Jeff Bark, fotografo statunitense che ho imparato ad ammirare ed apprezzare visitando la sua mostra di Palazzo Esposizioni. Paradise Garage racconta l’Italia attraverso 50 fotografie bellissime, frutto degli ultimi due anni di lavoro dell’artista. Bellissimo il percorso espositivo, allestito come una rielaborazione contemporanea delle grandi quadrerie conservate all’interno dei palazzi nobiliari romani, un percorso che alterna grandi nature morte ad angoli domestici, scenari abitati da misteriosi personaggi a ritratti monumentali.
LO STILE CINEMATOGRAFICO DI JEFF BARK COLPISCE DAVVERO!
Ciò che mi ha colpito di più della personale di Jeff Bark è sicuramente quella componente cinematografica fortemente presente non solo nelle fotografie, ma anche nell’allestimento, sapientemente curato da Alessio de’Navasques. Paradise Garage è infatti pensata come un Grand Tour che non può non colpire il pubblico, che già dagli inizi del percorso viene subito rapito dal mondo onirico ideato dal fotografo. Sembra quasi di assistere a un film. Ogni immagine è sapientemente costruita da Bark, in maniera quasi scultorea, come fosse il frammento sospeso di una storia, estrapolato da una misteriosa sequenza, di cui non si conosce né l’inizio né e l’epilogo. Questa dimensione filmica, che evoca le atmosfere della cinematografia di Fellini e Visconti, coinvolge il pubblico, facendo entrare i visitatori nel mondo onirico ideato dal fotografo.
IL PERCORSO ESPOSITIVO E LE TAPPE FONDAMENTALI DEL PROGETTO DI BARK
È stato un breve soggiorno a Roma ad innescare l’ispirazione per questo progetto, idealmente giocato sul crinale sottile che separa la realtà dalla finzione: come un collezionista, Bark, ha raccolto oggetti diversi -in parte souvenir trovati nei flea market americani – li ha accostati in composizioni mai casuali, studiate per accostamenti cromatici, dalle sfumature di azzurri, ai toni neutri o caldi, con contrasti spiazzanti. L’accuratezza della giustapposizione – in cui l’apparente coerenza è incrinata da dettagli imprevedibili – rivela un approccio che è meticoloso, senza perdere l’intrinseca componente poetica. I riferimenti iconografici spaziano dalla statuaria classica al Rinascimento al Barocco italiano, dalla ritrattistica alla pittura di genere, al Secolo d’Oro Olandese.
La prima sala riunisce soggetti differenti, anche per formato, rifacendosi alla tradizione delle eterogenee collezioni seicentesche: è una ouverture che fa immergere il visitatore nella dimensione sospesa tra vero e falso che caratterizza il lavoro del fotografo; i dettagli ingigantiti, le inaspettate proporzioni aprono nuove letture, mettendo in discussione le convenzioni temporali e stilistiche. Nonostante l’apparente diversità tra una immagine e l’altra, alcuni elementi ricorrenti – un frammento di fondale, un piccolo oggetto, una semplice sensazione e percezione atmosferica – svelano all’osservatore attento la comune ambientazione di tutte le foto.
La seconda sala è una vera e propria straordinaria galleria di ritratti femminili, tutta giocata sui temi del grottesco, del “doppio” e della metamorfosi, in cui è lo stesso personaggio ad assumere identità diverse.
Nella terza sala è l’elemento naturale ad essere protagonista: nel Gran Tour l’escursione agreste era una delle tappe del viaggio sia per la raccolta di specimen sia per la visita alle rovine immerse nella campagna, così Bark offre lo spaccato di un sottobosco cupo, acquatico, malinconico, con una grande immagine protagonista, dai toni elegiaci.
Nell’ultima sala sono raccolte le nature morte -composizioni di fiori e suppellettili -che richiamano le vanitas fiamminghe -e una scena conviviale; il percorso espositivo si conclude idealmente con la presenza di una installazione, che evoca lo spazio del garage dell’artista e in cui i visitatori troveranno alcuni degli elementi e degli oggetti presenti nelle immagini in mostra.Biografia dell’artistaNato nel 1963 in Minnesota, Jeff Bark vive e lavora a New York.
LA STORIA DI JEFF BARK
Le sue fotografie sono presenti in famose collezioni statunitensi ed internazionali tra cui: il North Carolina Museum of Art, il Wilson Center of Photography, la Sir Elton John Collection e il 21 Century Museum. Recentemente ha partecipato alla mostra collettiva “No Fashion, Please!” allestita alla Kunsthalle di Vienna, insieme a grandi fotografi come Phillip-Lorca di Corcia, Erwin Olaf, Hanna Putz, Viviane Sassen, Sophia Wallace e Bruce Weber. È conosciuto in tutto il mondo per i suoi iconici editoriali e copertine di riviste come Dazed & Confused, Another magazine, I-D, V Magazine, Pop Magazine e Dust.
Le monumentali fotografie di Jeff Bark raccontano di un’esperienza umana collettiva alla maniera dei grandi maestri della storia come Jacques-Louis David, mentre attingono dalla tradizione della natura morta della pittura barocca italiana per esplorare le complesse sfumature della sua personalità. Il fotografo americano è conosciuto per la sua estetica sensuale e per la padronanza tecnica, che eleva la pratica della fotografia di paesaggio ad un’arte singolare e unica. Le sue spettacolari rappresentazioni trasmettono una particolare atmosfera surreale e sospesa, unita alla sensazione di trovarsi in mezzo ad un racconto. Ogni elemento è meticolosamente scelto o creato da Bark, che costruisce articolate scenografie con le proprie mani, trasformando le nude pareti del suo studio in paesaggi onirici.
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Di incredibile perfezione stilistica, da sembrare dei veri e propri dipinti, le foto di Jeff Bark, richiamano in parte la fotografia di La Chapelle, pur non avendone la sfacciata grandiosita’ e ridondanza. La scelta, tuttavia, di una visione piu’ “domestica” come gli oggetti comuni, provenienti da flea market, e gli accostamenti mai casuali, anzi estremamente ricercati, intrecciati da una sottile componente poetica di fondo, lo rendono assai piu’ fruibile ed apprezzabile per una comprensione piu’ immediata, come e’ appunto una dimensione cinematografica.
Bellissimi i ritratti femminili.
Il realismo estremo delle opere di Jeff Bark è appagante. Gli oggetti delle sue composizioni sembrano più veri. Nel senso che raggiungono l’occhio di chi guarda con maggiore chiarezza e vivacità. Penso sia un effetto dovuto anche alla grandezza delle opere. Anche a livello di composizione Jeff dimostra di essere un artista notevole. Gli accostamenti degli elementi suggeriscono casualità, ma l’insieme rimane non privo di armonia e quindi bellezza.