ROMA – Per avere una visione attuale, e soprattutto futura, di come cambierà la nostra professione e in generale l’editoria dopo il Covid, ho intervistato Isabella Borghese di Book Media Events. Addetta stampa, giornalista, organizzatrice di eventi, Isabella Borghese è tante cose. E’ una scrittrice prima di tutto, con un’esperienza invidiabile nel nostro settore della comunicazione.
Come cambierà l’editoria dopo il Covid? Come cambia la professione dell’ufficio stampa? Qualche giorno fa ho incontrato Isabella Borghese di Book Media Events, una che nel campo della scrittura ha sperimentato e fatto praticamente tutto. Da qualche anno poi è diventata anche una talent scout. Lavora infatti come ufficio stampa per scrittori esordienti e non solo.
Buongiorno Isabella allora vorrei parlare con te di come sta cambiando la vostra professione sia in merito al coronavirus e sia per le nuove prospettive tecnologiche che si erano già affacciate a noi. Ci racconti di Book Media Events e di cosa vi occupate? In particolar modo in cosa consiste la vostra professione di Ufficio Stampa?
Ho fondato Book Media Events nel 2016, dopo anni di esperienza come ufficio stampa nel settore editoriale e altro. Per qualche anno, difatti, ho curato l’ufficio stampa di un sindacato. L’ho fondata dopo dieci anni di attività, il tempo che ho considerato giusto per provare a percorrere una strada nuova, aprire una partita iva, diventare una battitrice libera, entrare nel mercato in modo diverso, seppure alla base del mio lavoro ci sono sempre delle scelte ben precise: rifiuto EAP, auto pubblicazioni, non sono aperta a qualsiasi proposta mi arrivi, in generale. Mi prendo sempre del tempo per fare delle valutazioni.
Con quali case editrici collabori?
Con la piccola, media e grande editoria, Festival Letterari e musicali, Premi Letterari; lavoro per autori e autrici privatamente. Ho iniziato a seguire le mostre, al Wegil lo scorso anno ho lavorato per una straordinaria mostra Poeti a Roma a cura di Igor Patruno e Giuseppe Garrera, sulla Roma dei poeti degli anni ’50-60. Come case editrici collaboro con Giulio Perrone editore, Mondadori, Solferino, Tea edizioni, Editrice Nord… Ho lavorato per Joe Lansdale, per Inna Shevchenko, accanto a Erri De Luca, Edoardo Albinati, Dacia Maraini, Romana Petri, Walter Siti, Nadia Terranova… e molti altri, per progetti che ho curato come ufficio stampa o come consulente esterna. Ma in generale, oggi, sono aperta anche ad altri settori, senza allontanarmi da questo.
Sei anche l’ufficio stampa di un movimento culturale politico pedagogico?
Grande come una città. Sì. E in questa fase di isolamento, con Nonna Roma, Astra, Brancaleone, Lab Puzzle abbiamo creato la coalizione Terzo a domicilio. Come attivista, l’unica cosa che mi è parsa avere un senso davvero importante, è stata cercare di dare visibilità a questa realtà nata per dare sostegno/portare la spesa alle famiglie bisognose del terzo municipio.
Quali sono le tue esperienze precedenti?
Io ho una formazione classica, e dopo il liceo, durante l’università, ho iniziato a lavorare. Scrivevo per il Corriere Laziale per prendere il tesserino di giornalista e feci un corso di ufficio stampa alla Herzog, un’agenzia letteraria romana. Iniziai così: finito il corso, l’agenzia mi mandò da un editore che mi diede un mazzo di chiavi della sua casa editrice, la Lithos, mi mise in mano un libro e mi disse, Bene, Buon lavoro! non fui affatto disorientata. anzi, ero motivata e la prima cosa che apprezzai è la libertà che avevo e da subito compresi di interfacciarmi con il mio lavoro. Ci vuole professionalità, precisione, tempestività, creatività, cura, dedizione per diventare un buon ufficio stampa. E pazienza. Molta. Responsabilità, sempre.
Vuoi raccontare ai nostri lettori in cosa consiste la professione di Ufficio Stampa?
Ecco, nell’ambito dei libri, consiste nel conoscere bene quelli per cui devo lavorare, farli veicolare attraverso i media, dopo aver fatto scelte ben precise, individuare dunque un percorso di comunicazione quanto più adatto al testo – perfettibile, mai perfetto e in continua evoluzione durante il periodo della promozione -. E pure, credere che tutto questo lavoro possa raggiungere, incuriosire e mandare in libreria i lettori e le lettrici, far conoscere al pubblico gli autori e le autrici, valorizzare i marchi editoriali. Poco dopo aver ricevuto questa intervista, su whatsapp ho letto un messaggio di un autore che sto seguendo, Nicola Manuppelli. “Grazie, mi ha scritto, sei il miglior ufficio stampa con cui ho lavorato sino ad ora”.
Un bel riconoscimento…
Ho un mio pensiero in merito: il fine ultimo, in questo lavoro che nasce da un impegno sicuramente individuale, ma in continuo e a stretto contatto con giornalisti e giornaliste e con le redazioni dei giornali, delle tv, delle radio, degli online, come con la casa editrice e gli autori e le autrici, è sapere tra di noi, al termine della promozione, che si è contenti di quanto fatto. Dei risultati raggiunti. Occorre essere tutti soddisfatti; in fondo, anche se si lavora da soli, gli obiettivi da raggiungere sono sempre interesse di tutti. E qualche volta, raccontarci questa gioia ci piace. Io dico sempre, Lavoriamo per ottenere il massimo, perché in modo inevitabile qualcosa si perde sempre. Se si lavora per ottenere 100, si arriva a 90. Poi, c’è da dire che talvolta i libri intraprendono dei percorsi imperscrutabili, che non ci si aspettava e in questo caso a cambiare è anche il lavoro in corsa.
A noi piace ricordare l’eternità del libro. Ci troviamo a festeggiare l’uscita della nuova edizione del Nome della Rosa a 40 anni di distanza dalla prima pubblicazione, e ancor più a ricordare autori “eterni” come Charles Dickens (a 150 anni di distanza dalla sua morte), ma non tutti sono di questo parere. Spesso infatti si dice che i libri “vivono poco”, che hanno un percorso breve, nell’ambito promozionale…
Fate bene, anch’io non lavoro mai pensando a questo. Mi sembra sbagliato e un approccio poco utile. In realtà, non ho mai troppo creduto alla storia del “i libri muoiono dopo pochi mesi”. Ci sono libri che, conoscendoli bene, si possono lanciare e rilanciare, occorre averne cura, dedicarsi a essi, riconoscerne le potenzialità, ricordarsi anniversari, tematiche e tutte le occasioni che possono continuare a farli circolare sulla stampa, cavalcando canali differenti, grazie a idee nuove. Mi viene in mente A Parigi con Colette di Angelo Molica Franco, uscito nel 2018, ogni tanto scopro ancora occasioni per riproporlo. Altre sono le dinamiche quando sono coinvolta nel Premio Strega, per seguire un candidato.
Cosa intendi per altre dinamiche?
Come uffici stampa, quando siamo chiamati per seguire un candidato, il nostro impegno consiste di certo nel dare quanta più visibilità possibile all’autore, all’autrice e al libro in corsa per il premio, ma in modo particolare i nostri interlocutori sono circa 400 giurati con cui ci confrontiamo spesso per capire i loro gusti, le loro scelte, quali libri voteranno… Nell’ambito dei Festival il lavoro è altrettanto interessante, molteplice e ovviamente, come per i libri, si cerca di valorizzare incontri, autrici, autori…
La tua agenzia non si occupa solo di promuovere libri ma anche di eventi e durante questi mesi di lockdown credo che abbiate avuto una vita molto difficile. Ci racconti come l’avete vissuta?
L’isolamento è stato in ogni settore della nostra vita, prima di tutto o almeno per me, un’occasione importante di riflessione, talvolta anche difficile, estenuante seppure necessaria. A tratti mi è parsa un’ossessione, Dobbiamo pensare, pensare, pensare, mi dicevo di continuo, pensare per capire cosa stiamo attraversando. Dobbiamo capire. Pensare e capire. Questo è stato il mio isolamento.
Per quanto riguarda l’ambito del mio lavoro, in termini pratici, con l’annullamento degli eventi pubblici, dei festival estivi… una parte di esso, per questa stagione estiva, è andato perso, un’altra, invece, rimandata all’autunno. Il fermo delle librerie, e tutto quello che conosciamo, ha determinato il blocco delle uscite editoriali. Posticipi e riposizionamenti delle stesse.
Vi siete fermati?
Non del tutto. I tempi lenti – mi permetterei anche di dire semplicemente più umani – hanno caratterizzato di certo il mese di marzo e parte di aprile. Per le presentazioni e gli incontri si sono scelti i social, tutto è avvenuto attraverso e grazie allo streaming. Un’occasione, di certo, per ricordarci quanto siano più belli e utili tutti gli appuntamenti che eravamo soliti organizzare dal vivo. Sono stata più un’osservatrice di questa fase. Dopo due mesi di osservazione considero importanti e da mantenere una tantum dei passaggi in streaming per raggiungere un pubblico fisicamente a noi lontano, ma non direi mai che debba trasformarsi in un’abitudine, una sostituzione. C’è bisogno dell’incontro fisico tra autori e lettori. Tra tutte e tutti. E’ insostituibile.
E’ dunque impensabile rinunciare all’incontro dal vivo…
Incontrarsi è importante. Lo scambio con gli autori e le autrici dal vivo per i lettori e le lettrici è fondamentale. Poi, se noi uffici stampa non ci siamo fermati, tutto quello che si è riuscito a portare avanti lo dobbiamo senza dubbio ai giornalisti e alle giornaliste che, seppure in smart working, hanno mostrato grande volontà e disponibilità di ascolto. A loro dobbiamo i nostri più grandi ringraziamenti per averci continuato a supportare, in un periodo in cui sono in corso cambiamenti sotto gli occhi di tutti: uscite ridotte di riviste, tagli di trasmissioni, chiusure di pagine culturali…
Mi piacerebbe infatti con te mettere a fuoco il cambiamento della professione dell’ufficio stampa del PR e di colui che deve gestire la comunicazione di enti dello spettacolo e non, se gli autori o case editrici, teatri cinema e quant’altro rientra nel vostro ambito.
Sono tra gli uffici stampa che già diversi anni fa, osservando i cambiamenti nell’ambito della comunicazione, ha iniziato a utilizzare il web (online, blog…) con la consapevolezza del suo ruolo primario. E’ un mare magnum, dove occorre selezionare, ma è innegabile la sua importanza. Non ho mai pensato fosse un elemento secondario, un contorno, o qualcosa a cui poter rinunciare. Ho sempre riconosciuto le sue potenzialità soprattutto per il futuro. Assolutamente. Il risultato del nostro lavoro è dato da molteplici operazioni che facciamo, dai numerosi canali che apriamo, dal modo in cui questi si connettono tra di loro, dal modo in cui scegliamo di essere pervasivi, dalla capacità che abbiamo ogni volta di reinventarci il nostro lavoro e affrontarlo con la cura, la passione, la dedizione e la precisione della nostra prima volta. E forse grazie a tutto questo che oggi, rispetto a “ieri”, abbiamo degli strumenti in più e occorre utilizzarli al meglio.
Lavori dunque nello stesso modo con cui hai iniziato?
Ogni incarico che ci viene affidato, per quanto mi riguarda, anche dopo molti anni di professione, è un’esperienza nuova (ogni libro è una storia a sé); ci ritroviamo di sicuro con più strumenti rispetto ai primi anni, con una consapevolezza maggiore, con una riconoscibilità che abbiamo acquisito negli anni tra gli addetti ai lavori, ma nulla del passato va perduto. Dico sempre che l’esperienza ci è utile per non scordare la partenza, per portarci dietro tutto e riutilizzare ogni cosa secondo le nuove necessità. Gli anni dei nostri inizi oggi sono le radici del nostro lavoro. Un errore dimenticarlo. Ho sempre lavorato allo stesso modo, con la stessa cura, la medesima attenzione e dedizione; ma nel mio lavoro gli anni del mestiere, l’agendina di contatti che ciascuno riesce a mettere su personalmente, la credibilità e la fiducia che si riescono ad avere e a conquistare con gli addetti ai lavori e con gli interlocutori, be’, tutto questo, col tempo, ci permette di raggiungere risultati sempre migliori e con maggiore facilità. Lo spirito con cui lavoro, tuttavia, di questo ne sono certa, è quello degli anni della gavetta, perché in ogni caso c’è sempre da imparare e io preferisco comunque mantenere questo tipo di approccio.
Avete una sede fisica un ufficio a Roma o lavoravate già in smartworking?
Io lavoro dal mio studio. Tra colleghe e amiche sere fa su skype si parlava di questo smart working, per molti una scoperta e ci chiedevamo a quali cambiamenti porterà nel lungo termine anche nelle relazioni sociali. Io ho sempre lavorato dal mio studio, mai da interna. Ma chiaramente è molto lontano dal concetto di isolamento che abbiamo vissuto in questi mesi. Il mio lavoro alla scrivania avviene dal mio studio, nella normalità tuttavia quasi ogni giorno ho incontri nelle librerie, o nelle redazioni con i giornalisti, o riunioni nelle redazioni con cui collaboro. Mi è molto difficile immaginare un mondo in cui tutta questa parte che viviamo di persona possa essere rimandata a skype, meet, zoom… Non esiste ambito della nostra vita in cui l’incontro vis à vis non sia indispensabile.
Le relazioni sociali…
Sì, rinunciare alle relazioni sociali sarebbe una follia e significherebbe pure mettere in conto molte ripercussioni per la nostra salute mentale. E poi incontrarsi è necessario. Valorizza tutto. Per il resto, il lavoro dallo studio per me è utile, piacevole, riesco a organizzare tutto con metodo e a un livello di concentrazione migliore. Per me è il giusto compromesso, lavorare dallo studio, ma incontrando molti miei interlocutori spesso è si svolge fuori.
Prima di te abbiamo intervistato qualche book blogger. Cosa ne pensi di questa figura professionale e ancor meglio del Social Media Manager in editoria?
Noto che nonostante lo scetticismo dei primi anni negli ultimi l’attenzione nei confronti dei book blogger, di social come instagram e di tutte le applicazioni che necessitano perché il suo utilizzo sia al massimo delle sue potenzialità, è in aumento. Sono sempre più gli editori, come gli autori e le autrici che oggi hanno la consapevolezza dell’importanza di questi strumenti e sempre più alto è il numero di case editrici che inizia ad avere la figura del Social Media Manager, riconoscendo in essa una vera professione, volta a valorizzare il lavoro di tutte le figure necessarie a far nascere un libro.
Come vi state strutturando per il prossimo futuro? Avevate già previsto una nuova modalità per svolgere il vostro lavoro sul web tra social vari (e non solo)?
Io continuerò sempre a lavorare osservando intorno cosa accade. Continuerò a pensare e a modificare il mio lavoro come già sto facendo da anni allargando i miei rapporti con la stampa alla rete online, aumentando e consolidando i miei rapporti con i gruppi di lettura con cui collaboro da diversi anni, curando le relazioni con blogger, redazioni online… Credo che l’unico modo per far continuare a far esistere questo mestiere e al meglio sia farlo senza perdere mai l’osservazione di quello che accade nella comunicazione, non rifiutare i cambiamenti ma prenderne atto e a questi adeguarsi, con questo intendo seguire i cambiamenti non passivamente, ma facendoli nostri. Ciascun ufficio stampa, in base anche alle proprie caratteristiche, il modo in cui guarda il proprio lavoro, può personalizzare la propria attività e cercare sempre un miglioramento. Andare verso di esso. In fondo credo che il mestiere è per tutti lo stesso, ma la differenza è data dal modo con cui ciascuno o ciascuna di noi a esso si approccia e così lo porta avanti.
Un’ultima riflessione in generale sullo stato dell’editoria…
Il ricasco che abbiamo avuto è noto a tutti. Ci sono stati tagli, titoli bloccati, moltissimi rimandati. Casse integrazioni. Marchi che hanno chiuso. Altri che hanno resistito, ma facendo tagli. Forse dobbiamo ringraziare l’e-commerce perché nei primi mesi del 2020 gli store online per la varia hanno raggiunto il 47% di vendite di libri, nel 2019 era il 26,7%. E dobbiamo ringraziare i librai che hanno continuato a vendere durante l’isolamento portando i libri a domicilio, quelli che hanno attivato le presentazioni online. Certo, nelle settimane del lockdown le librerie del circuito Arianna hanno perso l’85% di vendite. Tutti i Festival che sono stati annullati, sono anch’essi una grande perdita per tutti. Ho letto che Franceschini ha firmato due decreti per un valore complessivo di 40 milioni di euro a favore della filiera editoriale e delle librerie. Un punto di partenza importante.
Preoccupazioni?
In generale, parlando tra addetti ai lavori mi pare evidente la preoccupazione, come anche la voglia di ripartire. L’autunno sarà un momento di rilancio molto importante su cui puntare. Poi, ammetto che per chi ama i libri non è più facile sperare che andrà tutto bene ma di certo è un monito. Io sono tra questi, difatti guardo con commozione e felicità a chi, in questa fase, ha avuto il coraggio e il desiderio di aprire: parlo di una nuova libreria che ha aperto a Legnano, per esempio, o la casa editrice indipendente Mendel. Ecco, mi piace chiudere questa intervista pensando a una cosa tanto bella come la apertura di nuove attività nella filiera editoriale. Per guardare al futuro con ottimismo.
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Ben vengano lo smart working, gli e-books, la digitalizzazione, l’ossequio all’ultimo algoritmo di Google…sì ma ‘cum grano salis’, in certi frangenti il capitale umano è insostituibile a meno che non si voglia abbandonare del tutto il concetto che la qualità sia migliore della quantità. L’esperienza e la sensibilità intuitiva non possono ancora essere rimpiazzati (e per fortuna dico io) da bit e megabyte!
Bella intervista a un personaggio intelligente. L’ho letta con interesse. Contenuti ineccepibili.
Analisi chiara e lucida. Faccio questo mestiere da una vita e spero davvero che questa nuova fase dia più autorevolezza a noi giornalisti e professionisti della comunicazione che a tutti quei blogger emersi dal nulla
L’editoria sta usufruendo di una rispettosa riscoperta. Se pensiamo che le libreria e le edicole non hanno praticamente chiuso mai… Bene, speriamo che sia un buon inizio, gli italiani durante #iorestoacasa hanno riscoperto il piacere della lettura
Isabella non parli di una nota dolente della nostra professione, che forse il Direttore non ti ha voluto chiedere per non attivare polemiche, ma una domanda te la faccio io: riesci a farti pagare dai tuoi clienti? Tutte le volte che svolgo l’attività di ufficio stampa chissà come mai si pretende tantissimo fino al momento del saldo fattura… Per te è così?
Personalmente ho lavorato sempre durante l’isolamento, e non ha avuto problemi con nessun cliente per quanto riguarda i pagamenti. Come dicevo sono saltati dei festival estivi, qualcosa posticipata in autunno. Sono solita farmi pagare peraltro metà fattura afirma contratto, metà ilmese dopo. Per le collaborazioni continuative mese per mese
Leggo che hai creato la tua agenzia solo nel 2016, 3 anni o poco più sono pochi per trarre le somme (a parte la carriera precedente) ma sembri soddisfatta della tua scelta, ma lo sei davvero? Torneresti indietro? Prima eri “dipendente” ed ora libero professionista? Scelta discutibile dal mio punto di vista, ma tu che ne pensi?
al momento sono soddisfatta così e non rimpiango questa scelta. Sono molto aperta e non escludo che in futuro io possa prendere scelte diverse, dipenderà molto dalle occasioni e dalle possibilità. In questa fase lavorare così mi soddisfa e mi piace molto. La trovo anche una bella e grande opportunità per speriemntare esperienze differenti, per crescere e conocere diverse realtà. e’ un lavoro impegnativo, è vero, ma ogni volta che prendiamo una scelta ci troviamo davanti a pro e contro. al momento sono soddisfatta così. La considero ancora un’occasione