Il Dante di Barbero: storia di un uomo vissuto nel suo tempo

Il Dante di Barbero: storia di un uomo vissuto nel suo tempo

ITALIA – Parlare di Dante, impresa semplice e complicata allo stesso tempo: semplice, perché per secoli storici e studiosi ne hanno delineato le vicende di poeta; difficile, perché si cercano ancora molte risposte sulle sue vicende di uomo. Ecco la nostra recensione dell’ultima fatica dello storico Alessandro Barbero dedicata al Sommo Poeta. 

Il Dante di Barbero non è solo il protagonista immortale della letteratura italiana, ma è anche portavoce e testimone personale del periodo storico che ha vissuto, dei suoi valori e delle sue contraddizioni. Un perfetto lavoro di ricerca, oggettivo e scientifico, che non trascura tuttavia il ritratto umano, con l’intento di raccontare una vita fatta di fama e sofferenze.

La forza di quest’ultimo successo di Alessandro Barbero è incrollabile perché ha delle solide fondamenta: la biografia è sviluppata secondo fonti storiche, ufficialmente documentate, con l’intento di sfatare falsi miti e credenze che hanno attraversato i secoli e molto spesso influenzato gli studiosi. L’immagine che ci rimanda è quella di un Dante inaspettatamente attuale, per certi versi sconosciuto ai comuni lettori, che dopo ben settecento anni dalla sua morte è ancora in grado di sorprendere.

Ci troviamo quindi davanti ad un lavoro di ricerca approfondita e meticolosa, soprattutto per quanto riguarda la citazione delle evidenze storiche ed il racconto delle loro ipotesi a volte contrastanti.

“Come per tutto quel poco che sappiamo dalla sua vita, anche la data di morte di Dante è riferita da fonti contraddittorie. Secondo il Boccaccio morì il giorno dell’Esaltazione della Santa Croce, che corrisponde al 14 settembre, ma gli epitaffi che i letterati fecero a gara a scrivere per l’occasione datano la morte del poeta alle idi di settembre, cioè il 1319.”

(Cap. 21 ; pag. 271)

IL MISTERO DI DANTE ALIGHIERI

Dante di Barbero

Ci troviamo davanti, quindi, come osserva l’autore, a due facce della stessa medaglia: da un lato, la fama di Dante come poeta, come uomo d’affari, come guerriero, persino come politico di partito, lo accompagna anche in vita e ci permette di conoscere di lui molte più cose di quante ne avremmo mai potute conoscere di un qualsiasi altro uomo comune dell’epoca. Dall’altro, è assodato che gran parte della vita del Dante uomo sia sconosciuta, avvolta da un alone di mistero e ipotesi più o meno fondate. Gli stessi dantisti, come scopriamo anche dai racconti di Barbero, sono ancora divisi su molte vicende, soprattutto riguardanti l’epoca più matura del Sommo Poeta. Per dare un tocco di mistero e originalità alla questione, l’autore mette in copertina il ritratto di Dante del Botticelli, celando una parte del volto, a simboleggiare ciò che manca del Dante uomo alla nostra conoscenza.

Il libro è suddiviso in ventuno capitoli, ognuno riguardante una fase o una tematica della vita del poeta, dall’infanzia alla morte, forse per approfondire meglio ogni particolare senza però confondere il lettore o annoiarlo.

Il fulcro della narrazione, quello da cui tutto prende il via e che forse non è stato mai così tanto preso in considerazione, è la battaglia di Campaldino, nel 1289. In quell’occasione, non solo si scontrarono guelfi fiorentini e ghibellini aretini, ma è anche la prima testimonianza davvero importante ed ufficiale della vita di un Dante prima della Commedia, prima dei tumulti della sua vita, prima di qualsiasi altra cosa che noi tutti ricordiamo di lui. Oltre alla certezza che sul campo di battaglia fossero presenti sia Dante che Cecco Angiolieri, il racconto si presenta come una serie di piccoli tasselli che vengono assemblati insieme e vanno a ricostruire in maniera plausibile alcuni aspetti della sua vita giovanile, delle sensazioni che deve aver provato durante la battaglia, delle emozioni e degli ideali che lo spingevano a comportarsi in un modo piuttosto che in un altro. E’ senza dubbio un percorso molto difficile, che ha portato ad un risultato innovativo: un’unione tra la rigorosa fedeltà alle fonti ed un lasciarsi andare a parlare liberamente di Dante, quasi come se fosse un amico, un conoscente. Ha, in qualche modo, svecchiato la sua immagine così rigorosa, dissolvendo quell’aura di severità che avvolgeva la sua figura e rendendo la sua opera più digeribile ed il suo personaggio meno rigido.

UNA VITA DA ESULE

Dante di Barbero
Andrea del Castagno, Dante Alighieri, ne Ciclo degli uomini e donne illustri, affresco, tra il 1448 e il 1451, Galleria degli Uffizi, Firenze

Dante, uomo del suo tempo, che come tale ha commesso degli errori, agito con apparente incoerenza, ma sempre con tanta dignità; malgrado la sua buona fede e la sua integrità morale siano state spesso messa in dubbio (come accade peraltro a qualsiasi figura pubblica, che vive perennemente nell’occhio del ciclone), fu sempre parte attiva delle discussioni politiche del suo tempo. Conseguentemente, pagò a caro prezzo il suo impegno e le sue ferme convinzioni, dovendo arrivare a provare sulla sua pelle come “sa di sale lo pane altrui”(per citare le parole esatte). Condannò se stesso ad una vita da esule, quella di un letterato che per vivere passa da una famiglia ad un’altra, accettando la temporanea protezione dell’uno o dell’altro signore, con la possibilità di essere giustiziato da un momento all’altro. Le lotte politiche fra Guelfi e Ghibellini esplose a Firenze ricalcavano un po’ quelle delle fazioni guelfe e ghibelline scontratesi in Germania, anche se con qualche differenza. In Germania i guelfi non disdegnavano l’appoggio del Papa, a cui guardavano invece con diffidenza i ghibellini difensori dell’indipendenza; a Firenze, queste linee guida si adattavano al contesto sociale e politico ed agli interessi locali, tanto da dividere i Guelfi in Guelfi Neri, più “fondamentalisti” e Guelfi Bianchi, più moderati ed aperti al dialogo con l’Impero. Alla fine, come ripercorre Barbero nelle sue pagine, i Guelfi Neri riuscirono ad avere la meglio sui Bianchi con il supporto di Carlo di Valois: la convenienza di un rapporto economico con il papato contava molto di più nella società fiorentina. Dante, in quel momento a Roma, non poté quindi rientrare a Firenze e divenne, da quel momento, un esule. Trascorse il resto della sua vita girovagando per l’Italia, in bilico fra la speranza di tornare a casa ed il rifiuto di accettare alcune condizioni, sino alla morte a Ravenna.

Alessandro Barbero esamina e riordina tutte le vicende con la sua proverbiale maestria, senza risparmiare le velate critiche ai dantisti, che, probabilmente, tendono ad interpretare e ricostruire la vita del Sommo Poeta attraverso le sue opere letterarie, creando nella loro analisi dei vuoti inevitabili dal punto di vista storico. Barbero cerca quindi di chiarire dubbi ed errori interpretativi:

“I dantisti, ignari di come si combattesse davvero una battaglia medievale, hanno per lo più immaginato che i feditori fossero una specie di cavalleria leggera, incaricata di aprire il combattimento con schermaglie; si tratta di una fantasia del tutto fuorviante.”

(Cap. I ; pag. 8)

IL DANTE DI BARBERO: COSA CI RESTA DEL LIBRO DELLO STORICO?

Dante di Barbero
Henry Holiday, Dante incontra Beatrice al ponte Santa Trinita, dipinto a olio, 1883, Walker Art Gallery, Liverpool

Nel disegnare questa biografia, infatti, Barbero inserisce un insieme molto vasto di note bibliografiche e citazioni, forse in alcuni momenti anche troppe, ma sempre coerenti e pertinenti. Possiede valide conoscenze letterarie, ma trattandosi della storia del Dante uomo e della storia del contesto con cui egli ha interagito, decide di non commettere l’errore di scrivere un libro di critica letteraria. Semmai, si serve di alcuni versi estratti dagli scritti danteschi per risolvere alcuni enigmi, interpretare alcune allusioni e svelarne la corrispondenza con la realtà o la semplice strumentalizzazione letteraria da parte dell’autore. Sebbene le opere di Dante siano quasi sempre inserite in un suo discorso politico, come molte delle opere scritte nella storia della letteratura in generale, la verità storica e quella poetica spesso non coincidono e Dante stesso modifica date ed episodi per motivazioni meramente poetiche.  Alessandro Barbero riesce, in questo modo, a ricostruire in questa coraggiosissima opera la vita di Dante, quell’uomo che è stato in grado di dare vita al più grande capolavoro della storia letteraria di tutti i tempi, ma anche un uomo del suo tempo quel Medioevo italiano e fiorentino che diventa in queste pagine uno dei protagonisti, assieme ai suoi valori ed alle sue regole.

L’autore accompagnala sua figura in ogni suo aspetto: ci racconta cosa si provava ad essere figlio di un usuraio, cosa si provava in quegli anni ad essere un adolescente innamorato, o cosa si provava a cavalcare in battaglia; ci racconta di quando il giovane Dante sognava di avvicinarsi al mondo dei nobili e dei letterati, della sua entrata nel mondo della politica oscuro ed ambiguo. Ci racconta di Dante, un uomo che crede e difende i propri ideali scontrandosi con un mondo politico fatto di falsità e di interessi di partito, sporcato da una totale corruzione; ci sembra quasi di vederlo, durante l’esilio, vagabondare per l’Italia ed apprendere tutte le sfaccettature e le caratteristiche della società del Trecento.

Contemporaneamente, il racconto viene spesso interrotto dalla mancanza di certezze o di informazioni su periodi della sua vita anche lunghi, ricostruiti attraverso diversi punti di vista a volte anche contrastanti. Un ritratto disegnato da un grande storico e ricercatore, scrupoloso nello studio e nell’utilizzo delle fonti, preciso nello spiegare ogni ipotesi. Ma anche un’opera stilisticamente straordinaria e scorrevole nella lettura, che ci porta sicuramente ad effettuare più di una riflessione sulla società odierna, attraverso le vicende e le scelte di Dante Alighieri. Soprattutto nella parte finale della narrazione, quella che vede protagoniste le lotte di partito, la conquista del potere da parte dei Neri e l’esilio di Dante, ci si affeziona particolarmente alle dolorose e coraggiose scelte di un uomo che mantiene il punto sulle proprie convinzioni.

Un uomo politico commette degli errori e subisce delle critiche ma continua a mantenere il suo ruolo di “maestro” e riflette la sua integrità morale e la sua fede nelle istituzioni in quanto “guide” per la società, finalizzate ad un bene collettivo e superiore. Dante, consapevolmente o inconsapevolmente, incarna la “guida ideale”, qualcuno o qualcosa che sia in grado (o per lo meno abbia la volontà) di indicare la retta via a dispetto di qualsiasi oscurità. Ci immedesimiamo in queste pagine perché forse, oggi, il nostro mondo costruito sull’individualismo manca di umiltà, nonché di veri maestri che con umiltà sappiano insegnarci qualcosa di utile.

 

 

Michela Ludovici

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