I costumi ritrovati della Turandot e l’oriente fantastico. Prorogata la mostra al Museo del Tessuto di Prato

I costumi ritrovati della Turandot e l’oriente fantastico. Prorogata la mostra al Museo del Tessuto di Prato

PRATO – E’ stata prorogata fino a domenica 23 Gennaio 2022, la mostra Turandot e l’oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba. Il Museo del Tessuto ospita la rassegna che omaggia la storia del teatro lirico del primo ventennio del Novecento, la cui scena letteraria, musicale e artistica, fu pervasa dal fenomeno dell’Orientalismo.

Se c’è una cosa che proprio mi era mancata nei mesi del lockdown, precedenti alla prima inaugurazione di questa mostra, era stata proprio la possibilità di godermi l’arte dal vivo. C’è una mostra che non ho potuto perdere e che abbiamo la fortuna di poter visitare ancora per un po’, fino al 23 Gennaio 2022. Si intitola Turandot e l’oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba e si svolge in una location magica che vi ho già raccontato, vale a dire il Museo del Tessuto di Prato.

Ho avuto un assaggio della mostra dopo aver preso parte alla conferenza stampa di presentazione e posso dirvi che quello a cui si assiste non ha precedenti.

La rassegna è il frutto di un lungo e accurato lavoro di ricerca compiuto dal Museo sullo straordinario ritrovamento di un nucleo di costumi e gioielli di scena risalenti  alla prima assoluta della Turandot di Puccini e provenienti dal guardaroba privato del grande soprano pratese Iva Pacetti.

Si tratta di un’esposizione inedita e l’obiettivo dei curatori mi è apparso chiaro fin dall’inizio: ricostruire le vicende che hanno portato il grande compositore toscano Giacomo Puccini a scegliere il genio scenografico di Galileo Chini per la realizzazione dell’allestimento e delle scenografie per la Turandot, andata in scena per la prima volta al Teatro alla Scala il 25 aprile 1926, diretta da Arturo Toscanini.

Museo del Tessuto di Prato (foto di Fernando Guerra)

I COSTUMI RITROVATI DELLA TURANDOT: LA STORIA

Luigi Sapelli (in arte Caramba) Costume di Turandot [atto I]

25 aprile 1926. 95 anni fa, si consumava la notte del mistero. Siamo al Teatro alla Scala di Milano e va in scena la prima della Turandot di scritta da Giacomo Puccini su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni. È una rappresentazione postuma di un’opera lasciata incompiuta dal grande compositore toscano, morto 2 anni prima. Quella sera, al Teatro alla Scala, a vestire i panni della principessa figlia dell’imperatore della Cina, c’era la cantante Rosa Raisa, soprano polacca.

La Raisa è bellissima e indossa dei meravigliosi costumi realizzati dall’iconico scenografo Caramba. Dopo quella notte, i costumi di Raisa sparirono. Per quasi un secolo.

Luigi Sapelli (in arte Caramba) Costume di Turandot [atto II]

Chi li riportò alla luce? Il Museo del Tessuto di Prato per l’appunto, che acquisì un misterioso baule con all’interno tutti quei materiali preziosi. Ad identificarli, fu Daniela Degl’Innocenti, conservatrice presso il museo pratese, che scoprì nel baule due gioielli e due costumi di scena.

TURANDOT E L’ORIENTE FANTASTICO DI PUCCINI, CHINI E CARAMBA: IL PERCORSO ESPOSITIVO

Turandot
Maschera teatrale Thailandia, inizio del XX secolo

Il percorso espositivo della mostra – che occupa circa 1.000 metri quadri – si apre nella Sala  dei Tessuti Antichi con una selezione di circa 120 oggetti della collezione Chini, proveniente dal Museo di Antropologia e Etnologia di Firenze.

Questa mostra rappresenta dunque un’occasione per valorizzare una delle collezioni più preziose e interessanti del Sistema Museale dell’Ateneo fiorentino.

Turandot
Cina Piatto con carpa fine XIX – inizio XX sec.

Prendendovi parte, ammirerò tessuti, costumi, maschere teatrali, porcellane, strumenti musicali, sculture, armi e manufatti d’uso di produzione thailandese e cinese, – suddivisi per ambiti  tipologici all’interno di grandi teche espositive – che sono stati continua fonte di ispirazione per l’Artista e sono diventati soggetti di suoi numerosi dipinti. L’allestimento di questa sala crea continui rimandi tra il manufatto e il dipinto offrendo al visitatore la possibilità di immergersi nell’Oriente vissuto dal pittore toscano.

Com’è stato anticipato in conferenza, l’esposizione prosegue al piano superiore con una sezione dedicata alle scenografie per la Turandot e al forte influsso che l’esperienza in Siam ebbe nell’evoluzione del percorso  creativo e stilistico di Chini.

UNA MOSTRA CHE TUTTI NOI NON VEDIAMO L’ORA DI VISITARE, FINALMENTE DAL VIVO!

Turandot
Fig. 4 Particolare parte terminale della manica prima dell’intervento Fig. 5 Particolare manica sinistra prima dell’intervento Fig. 6 Particolare manica sinistra durante l’intervento Fig. 7 Particolare parte terminale della manica dopo l’intervento

Accanto a opere provenienti da collezioni private, a reperti inediti e curiosi, campeggia la tela raffigurante La fede, parte del trittico La casa di Gothamo di proprietà della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. Invece, la grande tela raffigurante la Festa dell’ultimo dell’anno a Bangkok, anch’essa appartenente alla Galleria, è oggetto di un’installazione multimediale che dialoga con una bellissima testa di dragone della Collezione Chini.

In questa sala sono esposti anche gli straordinari cinque bozzetti finali delle scenografie della Turandot provenienti dall’Archivio Storico Ricordi di Milano e altre due versioni di proprietà  privata.

Turandot
Maschera di drago Comunità cinese in Thailandia, fine del XIX secolo

La terza e ultima sala mette finalmente in mostra, dopo decenni di oblio, gli straordinari  costumi della protagonista dell’opera, corredati dalla meravigliosa corona realizzata dalla ditta Corbella di Milano nonché dalla parrucca e dallo spillone originali, anch’essi provenienti dal misterioso baule di Iva Pacetti. 

Rinvenuti in pessimo stato conservativo, i due costumi e i gioielli di scena sono stati sottoposti  a importanti e complessi interventi di conservazione e restauro.

Giuliana D'Urso

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