Giornata Mondiale del Cane in ufficio: la storia del cane Filippo

Giornata Mondiale del Cane in ufficio: la storia del cane Filippo

MONDO – Cari lettori, il 26 giugno è la giornata dedicata al Cane in ufficio, presenza quanto mai opportuna per lavorare meglio riducendo lo stress quotidiano. La storia che vi narrerò ora riguarda il cane Filippo, un adorabile amico a 4 zampe che ha accompagnato il sottoscritto per ben 15 anni e mezzo. Non lo portavo in ufficio ma lui ha contribuito ad alcuni lavori che svolgevo, partecipando attivamente e dando il suo nobile contributo.

Partiamo dall’inizio. Autunno 1983/84. Mi telefona Milena Gabanelli, conosciuta da tutto il popolo italiano per le sue famose trasmissioni televisive. Milena era la mia compagna di studi al DAMS, tutti e due iscritti ai vari corsi. Esordisce così: “Grilli, ho trovato il cane della tua vita. Devi andare al teatro San Leonardo (allora sede della compagnia di Leo De Berardinis in Bologna) e chiedi del tecnico delle luci della compagnia teatrale. Lui ti farà vedere il suo bagagliaio dove ha tre cagnolini appena nati da far adottare.”

Armato di tanto entusiasmo, fisso l’appuntamento col tecnico delle luci. Apre il bagagliaio della macchina e mi trovo di fronte a un piccolo batuffolo nero, tutto peloso, che stava in una mano. I batuffoli però erano tre, ho manifestato la mia disponibilità ad adottarne uno, cosa che ho fatto. Il tecnico delle luci dava a questi animaletti il nome degli spettacoli dove lavorava, nello specifico il cane Filippo allora si chiamava Amleto, che era l’ultimo spettacolo prodotto da Leo De Berardinis.

Amleto ha un suono labiale ed è un nome di difficile comprensione acustica per un cane, quindi mi ero posto subito il problema di come chiamarlo. Non era semplice individuare un nome adatto che fosse anche rappresentativo del cane medesimo. Per alcuni mesi il cane non ha avuto nome, poi decisi che data la configurazione del suo volto (o “muso”, come dicono alcuni) aveva una forma tendente alla pera, quindi abbastanza affusolata. Decisi allora di chiamarlo Filippo perché il nome mi sembrava da un punto di vista sonoro più semplice e comprensibile per educare l’animale.

Il cane Filippo, tutto nero e con pochissimi baffi bianchi sotto al muso, aveva una certa vivacità. Nel palazzo dove abitavo alcuni inquilini protestarono dicendo che il cane abbaiava. Chiamai allora un mio avvocato di fiducia, a conoscenza di tutte le leggi che proteggevano gli animali, per evitare che gli inquilini facessero battaglie inutili verso l’adorato Filippo. L’avvocato riuscì nel suo intento e, per festeggiare la pace ritrovata con il palazzo, invitai l’avvocato a cena. Mentre si era in chiacchiere varie, il cane Filippo si diresse verso la cucina, estrasse un roast beef del peso di 9 etti dal tegame, se ne impadronì e si nascose dietro un mobile per degustarlo, tutto, rischiando anche un malore. Chiaramente il menù della cena fu cambiato. L’avvocato però non si impressionò. rispetto a questa operazione piratesca.

Questo per dirvi un po’ il carattere che aveva l’adorato “cagnolo”.

cane Filippo

Filippo era molto fotogenico, quindi ne approfittammo per dedicargli una copertina dell’allora neonata rivista della coop “Consumatori”. Il cane Filippo ebbe dunque la sua prima esperienza di lavoro: posare per una rivista che conteneva in quel numero un articolo a favore dei diritti degli animali. In quel periodo, svolgendo varie attività, ero anche presidente di un’associazione che tutelava e proteggeva gli animali, cercando percorsi di adozioni mirate e garantite. L’associazione promuoveva una volta all’anno una manifestazione che si chiamava Bastard day. La giornata si svolgeva così: si iscrivevano con relativi padroni tutti coloro che avevano un cane meticcio in casa, come il mio cane Filippo che aveva avuto un nonno lupo e una mamma spinone. La sfilata di tutti questi gioiosi animaletti durava dal pomeriggio fino alla sera. Si arrivò anche a una partecipazione di 150 cani ad evento. Chiaramente il cane Filippo non partecipava in quanto portavoce ufficiale del presidente, però aiutava a distribuire con la sua presenza tutti i doni che erano stati predisposti per i vari vincitori.

Il “Bastard day” veniva registrato allora dalle cronache locali dei quotidiani con materiale fotografico.

Partecipavo anche a trasmissioni televisive sempre sul tema dei diritti degli animali. Mi portavo sempre dietro il cane Filippo in tv, che dopo 45 minuti di tolleranza, cominciava a dare segnali di impazienza. Chiaramente gli operatori dello studio televisivo riprendevano abbondantemente i suoi comportamenti. Riuscivo a sedarlo donandogli dei biscotti ai cereali o integrali, cibi per me profondamente alieni ma adorati immensamente dal cane Filippo.

L’apice della carriera il cane Filippo la raggiunse quando, insieme al mio collega Fulvio De Nigris (oggi presidente dell’associazione Risvegli) decidemmo di fare dei servizi sulle aziende cooperative bolognesi per fare conoscere di più le realtà imprenditoriali del nostro tessuto locale. Le trasmissioni andarono in onda su Rete 7. A noi mancava però uno spot pubblicitario che attirasse, fuori dall’orario della trasmissione, gli spettatori per invogliarli. Decidemmo allora di coinvolgere il cane Filippo. Per creare uno spot almeno divertente, facemmo per 15 giorni una specie di corso al cane per insegnargli a sbadigliare. Il cane Filippo fu un allievo diligente e sveglio e così nacque lo spot. (“Allora, cari telespettatori, ora vi proporremo la storia della cooperativa … Abbiamo chiesto il parere al cane Filippo su questo programma che noi realizziamo. Inquadratura di primo piano al cane: “Allora Filippo cosa pensi di questa trasmissione?” – Grandissimo sbadiglio del cane, e poi iniziava la trasmissione). Prendemmo atto con gioia che lo spot ebbe un grandissimo successo e l’audience procedeva spedita.

Il cane Filippo si esibiva comunque anche in performance teatrali. Un giorno, nel retro delle scuole De Amicis, dove allora c’era una baracchina che produceva buonissime piadine, entrò furtivamente nella macchina della Polizia, lì parcheggiata, e sottrasse un panino alla porchetta al poliziotto che l’aveva incautamente abbandonato in macchina. Mi scusai in tutte le lingue con l’agente, dichiarando la mia disponibilità a rimborsargli il costo del panino. L’agente rifiutò, dicendo che anche lui aveva un cane e che quindi capiva l’atteggiamento del cane Filippo. Gli chiesi allora. “Come si chiama il suo cane?” e lui rispose “Giancarlo”. Trovai la risposta veramente esilarante.

cane Filippo
La Giornata Mondiale dei cani in ufficio è una ricorrenza internazionale istituita in Inghilterra verso la fine degli anni ’90 con il nome di Take Your Dog To Work Day.

Filippo crescendo aveva assunto un aspetto stilizzato, sul quale io inventai la dinastia dei Filippidi, con origini peroidali. Ricordo una scena molto “agreable” dove l’ultimo dell’anno, in casa di amici, mi trovai seduto vicino a un signore che non conoscevo. Lo guardai e dissi “Mi scusi, lei si chiama Filippo, per caso?” lui rispose “Certo, mi chiamo Filippo, ma lei come fa a saperlo che non ci conosciamo?” ed io, nella mia perfida ingenuità, risposi “Mi scusi, non si offenda ma è identico al mio cane Filippo!”. Il signore si irrigidì e si ritenne offeso ma io lo calmai dicendo che per me era il miglior complimento che potessi fare perché io consideravo il cane Filippo una “divinità” al pari di quelle (soprattutto gatti) che gli egizi adoravano ai loro tempi. L’episodio si chiuse con un sorriso da ambedue le parti.

Il cane Filippo visse 15 anni e mezzo. Negli ultimi anni lo affidai a mia zia perché per lavoro giravo il mondo. La zia, che adorava gli animali, lo trattò come un principe e trovai anche un dog sitter che nelle sere d’inverno lo portava fuori per alleggerire la zia da questa incombenza. Comprai al cane Filippo un cappottino giallo che, da un punto di vista cromatico, si sposava perfettamente con il suo colore tutto nero. Ma, confesso, era una citazione letteraria in omaggio ai racconti del grande scrittore statunitense O. Henry, che scrisse Memorie di un cane giallo.

La zia una sera mi telefonò (chiaramente ero fuori città) e mi disse: “Quando rientri passa da casa perché il cane mi sembra un po’ stanco e affaticato. Vieni a salutarlo“. Arrivai a casa di mia zia dopo le 21:30, trovai il cane disteso per terra che chiaramente faceva fatica a respirare, alzò la testa, mi guardò e spirò. Il cane mi aveva aspettato: voleva assolutamente che io andassi a salutarlo prima di volare nel “paradiso degli animali”.

È evidente che il ricordo del cane Filippo attraversa tutt’ora la mia esistenza, che in questa parte della mia vita è dedicata ai gatti, neri come il cane Filippo.

Federico Grilli

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