La danza in Italia, ovvero l’eterna Cenerentola

La danza in Italia, ovvero l’eterna Cenerentola

ITALIA – Negli ultimi tempi il più famoso ballerino italiano conosciuto in Italia e nel mondo, Roberto Bolle, ha sottolineato in modo non polemico ma molto chiaro e deciso come la danza italiana complessivamente sia considerata la vera Cenerentola del sistema dello spettacolo italiano. Approfittiamo per fare una riflessione sulla situazione della danza in Italia.

L’intervento di Roberto Bolle sulla danza in Italia è finito con grande risalto sui giornali e anche è stato ripreso dal vivo nella serata dedicata da Bolle alla danza, che è andata in onda su Rai Uno il 1° gennaio di quest’anno. Fa onore ad un personaggio così conosciuto e conteso da molti teatri aver preso una posizione anche durante la trasmissione televisiva, sottolineando per ben due volte il valore culturale della danza e anche la situazione in cui versa da un punto di vista di investimento nel nostro paese.

BOLLE su RAI 1 MyWhere

LA DANZA IN ITALIA E’ CONSIDERATA UNA SPESA

In passato ho ricoperto incarichi importanti per la vita della danza in Italia, quindi dopo tanti anni quest’intervento di Roberto Bolle sulla danza mi ha confortato nell’idea che a qualcuno stia a cuore ancora la sopravvivenza della danza nel nostro paese. Purtroppo il male è di antica data. Considerate che in Italia tutto l’investimento sullo spettacolo, almeno quello pubblico, che va sotto la voce di F.U.S., Fondo Unico dello Spettacolo, è inserito nel bilancio dello Stato sotto la voce spesa e non investimento.
BOLLE su RAI 1 MyWhere
Questo piccolo particolare, nefasto, fa sì che negli anni si sia creata una cultura, quasi da indotto, per considerare lo spettacolo semplicemente una spesa. Questo atteggiamento tipicamente italiano è in chiara controtendenza europea, almeno nei paesi più evoluti e più all’avanguardia. L’equivalente del FUS in paesi come la Spagna, la Francia, la Germania, l’Olanda, la Svizzera e anche l’Inghilterra è inserito totalmente nella voce Investimenti e non Spese, perché un paese civile, che non è il nostro, considera la cultura come un vettore che traina tutta una serie di attività economiche molto importanti per la vita del paese stesso.
Ma noi probabilmente siamo in Europa solo per farci gabellare e obbedire ciecamente alle normative burocratiche europee, che iniziarono ad esserci donate con l’entrata dell’Euro vent’anni fa e, come l’Italia fu uno dei paesi principalmente penalizzati, così altri furono privilegiati. Come esistono dei parametri generali sulla finanza e sui bilanci dello Stato, che l’Europa impone a tutti i 28 aderenti – il caso Grecia insegna -, non riesco sinceramente a capire perché non possa esistere un parametro di riferimento che indichi in modo preciso che la cultura comunque deve essere finanziata con una percentuale non inferiore al …% del PIL.
BOLLE su RAI 1 MyWhere

IL MONDO DELLA DANZA: IN ITALIA, IL PIU’ PENALIZZATO

Questo rimane un mistero, però non è un mistero che i paesi che ho citato prima investano milioni e milioni di Euro sulla cultura. In questo panorama generale, all’interno di tutte le branche dello spettacolo, la danza nel nostro paese è oggettivamente la più penalizzata. E pensare che in teoria, se analizzassimo anche la questione da un punto di vista di eventuale consenso politico, non si capisce perché, per esempio, a nessuno sia mai venuto in mente di regolarizzare con norme reali tutto il mondo delle scuole di danza.
Le scuole di danza censite e non censite nel nostro paese superano abbondantemente il numero di 10.000. Tenendo conto che una scuola di danza coinvolge numerosissime famiglie, ogni anno vengono fatti saggi in tutti i teatri italiani, emerge così una ricaduta sociale di dimensioni immense ma nessuno se ne preoccupa. In passato ho cercato più volte di sensibilizzare ministri e direttori generali, non solo nel campo dello spettacolo ma anche della ricerca e della formazione. Come battersi contro i mulini a vento!
La danza è una delle poche espressioni artistiche che riesce a parlare ai giovani molto più di altre. È anche vero che i teatri che hanno realizzato politiche coraggiose per aprire e incentivare la presenza del pubblico sulla danza si sono trovati con risposte molto positive e in crescita soprattutto nel target del pubblico giovanile. Fa quindi piacere registrare la notizia del Teatro Comunale di Bologna, che è una fondazione lirica, annunciare che dopo ben 7 anni l’Aterballetto, la prima compagnia nazionale, torna a danzare sul palcoscenico del teatro.
Fulvio Macciardi Portrait
Il Superintendente Fulvio Macciardi posa nella Sala dei Bibiena del teatro Municipale di Bologna, Italy. (Photo by Roberto Serra – Iguana Press/Getty Images)

NON SOLO DANZA CLASSICA

Certo, bisognerebbe che anche altri enti lirici si sensibilizzassero maggiormente non solo sulla danza classica ma anche sulla danza contemporanea. Ho notato che anche registi di opere liriche sono molto attenti al linguaggio coreutico. Per esempio la brava Emma Dante, nell’ultima Cenerentola, ha dato ampio spazio a scene in cui la danza ha un ruolo molto importante. Fa piacere cogliere queste sensibilità. Sperando anche che aumentino di intensità.
Anni fa proposi all’associazione che coordina la politica degli enti lirici in Italia di valutare la possibilità che il 3% del contributo FUS che un ente lirico riceveva,  fosse destinato ad incrementare l’attività di danza nella propria regione di appartenenza, non alterando la propria programmazione, che è tendenzialmente classica, ma investendo questa cifra su la ricerca e la produzione anche di danza contemporanea, che ha il grande pregio di avvicinare molti giovani. Il passaggio seguente poteva anche essere quello di sensibilizzare questo nuovo pubblico per avvicinarsi alle opere liriche, che hanno indubbiamente un problema, storico, di invecchiamento di pubblico.
BOLLE su RAI 1
Che dire? … O meglio: che fare? Bisognerebbe avere una sensibilità che non necessariamente dev’essere degli artisti ma obbligatoriamente dev’essere dei politici e dei governi che investono risorse sulla cultura italiana. Non dispero finché esistono persone come Roberto Bolle, che ci mette la faccia in prima persona, o esistono teatri come il comunale di Bologna, che cerca di recuperare un rapporto con la danza guardando al futuro. Non dico di essere ottimista ma comunque non sono pessimista.
Approfitto per fare gli auguri di buon anno a tutti i lettori portandovi anche il saluto danzante dei miei due gatti, Obama e Otello, (di cui vi parlo sempre nella mia rubrica mondo gatto), che passano le giornate tendenzialmente a dormire e, quando non sono nelle braccia di Morfeo, a danzare in tutta la casa
Federico Grilli

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