Oscar ai migliori costumi: l’Italia ha un ruolo da protagonista

Oscar ai migliori costumi: l’Italia ha un ruolo da protagonista

MONDO – In vista della notte delle statuette, diamo uno sguardo al passato, alle nostre eccellenze sartoriali. Ci avviciniamo all’evento e sperando sia di buono auspicio, facciamo un breve excursus sui migliori costumisti italiani.

La moda, nel nostro paese, è una delle arti più durature e feconde dai tempi della prima rivoluzione industriale. Esportiamo abbigliamento, tendenze, suggerimenti, riempiamo giornali del settore, i nostri stilisti sono i più conosciuti, innovativi ed apprezzati del paese. Molte star di Hollywood vestono solo italiano, abbiamo parlato ultimamente ad esempio della passione di Sharon Stone per Giorgio Armani. Atleti, attori, ballerini, cantanti: ognuno di loro veste bianco rosso e verde. Per questo motivo, non si può prescindere dal parlare, in vista della notte degli Oscar, (domenica 27 marzo) degli Oscar ai migliori costumi vinti da costumisti italiani.

Raccontare storie fa parte del nostro dna, di quella tradizione illuminista che si apre con il teatro di Goldoni, passando dal genio di Fellini e Vittorio De Sica, per arrivare a Roberto Benigni, Tornatore e al talento puro di Sorrentino. Le pellicole di questi maestri della macchina da presa sono enormi matrioske con al loro interno centinaia di dettagli determinanti alla riuscita. Una matrioska molto importante, fra le altre, è quella rappresentata dai costumi, da quel tocco italiano e romantico che anche gli eskimesi riconoscono ed i francesi c’invidiano. Gli abiti di un film sono determinanti quanto lo è la colonna sonora, la fotografia: possono contribuire all’Oscar ai migliori costumi.

OSCAR AI MIGLIORI COSTUMI: VITTORIO NINO NOVARESE

liz taylor moriva 9 anni fa - oscar ai migliori costumi, cleopatra

Scrivere di cinema mi permette a volte di rammentare i dimenticati o di riportare alla mente grandi personaggi che i più giovani non conoscono. Siamo nel 1950, ancora ci sono le immagini in bianco e nero, ma c’è già un italiano seduto in trepidante attesa durante la notte degli Oscar. Si tratta del costumista Vittorio Nino Novarese, un romano classe 1907 che finirà la sua corsa proprio a Los Angeles nel 1983. Questo primo talento del costume inizia a lavorare quando ancora il cinema era muto ed arriverà a farsi un nome nel paese a stelle e strisce che poi l’ospiterà negli ultimi anni della sua vita. Quella sera del 1950 non si alzerà dalla sedia per ricevere il premio, i suoi costumi per Il principe delle volpi si fermeranno alla candidatura. Negli anni avvenire però solleverà la statuetta per ben due volte. Sarà premiato per i migliori costumi nel 1964 per Cleopatra e nel 1971 per Cromwell-Nel suo pugno la forza di un popolo. Per aiutarvi a ricordare qualcosa della sua mano, pensiamo appunto ad Elizabeth Taylor nei panni di Cleopatra, a quel suo vestito di lino verde che viene abbracciato a piene mani dal suo Marco Antonio Richard Burton.

Un film storico, una produzione colossale per quei tempi. Novarese ha la possibilità di ricordare Roma, le armature dei soldati romani e le tuniche dei senatori. Chi ha l’opportunità di rivedere quella pellicola può soffermarsi sui piccoli dettagli degli abiti, sugli accessori che fanno veramente la differenza fra un film trash ed un capolavoro.

OSCAR AI MIGLIORI COSTUMI: PIERO GHERARDI

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Un buon allenatore sa perfettamente che per vincere il campionato ha bisogno di una ottima squadra. È quello che ha sempre saputo Federico Fellini che selezionava grandi calciatori per le sue partite decisive. Piero Gherardi è stata una delle punte di diamante del celeberrimo regista e con i suoi costumi ha segnato un’epoca del cinema mondiale. È stato candidato sei volte al premio Oscar ed in due occasioni, con Fellini, lo ha vinto. La prima volta nel 1962 con La dolce vita e la seconda nel 1964 con Otto e mezzo.

Analizzando questi due capolavori e soffermandoci sugli abiti indossati dai protagonisti, ci viene semplice definirli perfetti allo scopo. Quello che un costume deve fare infatti è vestire la storia senza voler per forza fare chiasso. Deve rimanere cucito sui protagonisti in modo simbiotico con la loro indole. Quando lo spettatore esce dalla sala deve ricordare la recitazione di un protagonista abbinandola ad un abito. Non deve essere invadente o colpire per forza. La formula perfetta è la semplicità che può venire solo se il costumista ha l’abilità di entrare davvero dentro ad ogni personaggio e trarne il bello ed il brutto. Di Anita Ekberg dentro a fontana di Trevi si ricorda la sua mitica battuta verso Marcello Mastroianni. Immaginate se il suo vestito fosse stato diverso, magari di un colore cangiante o a pois. Quella scena avrebbe perso tutta la sua sensualità, quel decolté si sarebbe dissolto nel mezzo alla fontana ed un momento magico del cinema non avrebbe mai preso vita.

OSCAR AI MIGLIORI COSTUMI: DANILO DONATI

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Danilo Donati. Foto da Wikipedia

Continuiamo a parlare di grandi registi italiani. Franco Zeffirelli, ha riscoperto a modo suo grandi vicende della letteratura. Nel 1968 esce il suo Romeo e Giulietta, un film che arriva in America e conquista ben quattro statuette. Fra queste spicca quella di Danilo Donati per i costumi. Questo emiliano sin da piccolo ha mostrato la sua passione per le arti figurative. Nel 1959 si occupa di costumi per la trasmissione televisiva Il Mattatore e stupisce per la sua mano e la sua velocità.

Il grande Mario Monicelli (altro immenso regista di cui sentiamo tanto la mancanza), ne sente parlare e gli affida la progettazione dei costumi per La Grande Guerra. Da allora la sua carriera prende il volo, un’ascesa continua che lo poterà alla collaborazione anche con Pier Paolo Pasolini. La carriera continua ad illuminarsi sino al primo Oscar per Romeo e Giulietta appunto. Costumi rinascimentali bellissimi, che trasmettono tutta la passione per il suo lavoro e confermano un approfondito studio del periodo e della storia del drammaturgo inglese. Ma la sua splendida salita non termina. Nel 1977 grazie a Il Casanova di Federico Fellini, vince il suo secondo Oscar. In questo caso è riuscito a ricreare un Settecento opulento e fantasioso. Un’epoca piena di contraddizioni e rivolte fra classi sociali, fra il crollo dell’assolutismo monarchico e la nascita della prima classe operaia. Donati mette in luce un veloce passaggio fra l’agricoltura e la fabbrica, fra la natura e l’ozio nobiliare dei giovin signori mostrati nelle poesie del Parini.

MILENA CANONERO E I SUOI MOMENTI DI GLORIA

30 Film Horror Spaventosi:

La lista dei nostri creatori di costumi sarebbe molto lunga, ma il mio articolo è quasi giunto alla fine. Ci tengo quindi a fare un grande in bocca al lupo a tutta la pattuglia azzurra che terrà alto il nome del nostro paese alla prossima notte degli Oscar. Per farlo ho pensato di chiudere con un’altra grandissima costumista: Milena Canonero. Non me ne vogliano tutti gli altri, ma per me ha veramente dimostrato di essere la migliore in assoluto. Non parlo solo fra gli italiani, parlo a livello mondiale. Ha ricevuto nove candidature ed ha vinto per ben quattro volte questo ambitissimo riconoscimento. Ha lavorato veramente al fianco dei migliori, basti pensare a Stanley Kubrick, Francis Ford Coppola, Sydney Pollack, Wes Anderson, Roman Polanski. Vive tutt’ora a Los Angeles ma appena può parla del nostro paese, ribadendo che le manca tanto la sua Torino. Posso consigliare di pensare a questi film: Arancia Meccanica, Shining, La mia Africa, Il Padrino, Ocean’s Twelve, Wolfman. In ognuno di questi capolavori c’è la mano di Milena Canonero.

E per finire, proprio per augurare il meglio alle nuove generazioni di costumisti, voglio rammentare Momenti di Gloria. Se avete occasione guardate ancora una volta questo film e notate con quale veridicità Milena Conero illustra le Olimpiadi del 1924. Fa una fotografia precisa e puntuale di un’epoca dove lo sport è ancora dilettantistico, dove gli atleti si allenavano in pantaloncini e maglietta bianca su una spiaggia inglese.

GABRIELLA PESCUCCI: QUANDO CREARE COSTUMI NON E’ UN’ARTE PER DEBOLI DI CUORE

Agli Oscar del 1994, Sharon Stone pronunciò queste esatte parole:

Chi sa disegnare capi diversi per dozzine di attori, creare mondi che forse non esistono e produrre, sempre rispettando il budget, abiti, uniformi e tutto quel che serve per vestire il cast di un intero film. Non è un mestiere per deboli di cuore.

Gabriella Pescucci, che aveva realizzato i costumi di L’età dell’innocenza di Martin Scorsese, vinse quella sera l’Oscar ai migliori costumi. La Pescucci certamente non è debole di cuore: è una donna determinata e che ha fatto scuola, allieva di mostri sacri del settore come Piero Tosi e oggi talento riconosciuto. Non è certo un caso se il costumista fiorentino Massimo Cantini Parrini, suo allievo, è stato nominato per l’Oscar ai migliori costumi per il film di Joe Wright Cyrano, di cui vi abbiamo parlato in precedenza.

Gabriella Pescucci ha lavorato per il cinema ma anche per l’opera e, oltre ad aver vinto l’Oscar ai migliori costumi appena citato, ha ricevuto altre due nomination: nel 1989 per Le avventure del barone di Münchhausen di Terry Gilliam e nel 2006 per La fabbrica di cioccolato di Tim Burton. Vanta collaborazioni con Federico Fellini ed Ettore Scola, continuando sino ad oggi a portare alto il nome delle competenze italiane sulla storia di tessuti, forme e colori.

Francesco Danti

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