La Biennale di Architettura 2023: The Laboratory of the Future

La Biennale di Architettura 2023: The Laboratory of the Future

VENEZIA – Ha aperto al grande pubblico sabato 20 Maggio la 18° Mostra Internazionale di Architettura dal titolo The Laboratory of the Future, a cura di Lesley Lokko. Organizzata dalla Biennale di Venezia, si svolge nelle sedi istituzionali dei Giardini e dell’Arsenale di Venezia e a Forte Marghera. La preview del 18 e 19 Maggio dedicata alla stampa non ha deluso le aspettative: ecco alcune impressioni.

Alla guida della 18° Biennale di Architettura c’è una donna, Lesley Lokko, nominata Direttrice del settore Architettura dal Cda della Biennale di Venezia il 14 dicembre 2021 – e prima donna di origini africane a ricoprire questo ruolo.

Tema centrale della 18 Mostra di Architettura è la sperimentazione di un percorso per il raggiungimento della neutralità carbonica, riflettendo inoltre sui temi di decolonizzazione e decarbonizzazione. Nelle parole della Curatrice Lesley Lokko:

«Entrambi sono macrofenomeni che si osservano nella dimensione sociale, politica ed economica e vanno ben oltre la nostra comprensione o il nostro controllo, anche se si riflettono a livello microscopico negli aspetti più intimi della nostra vita quotidiana. Questa caratteristica della realtà contemporanea di essere allo stesso tempo generale e specifica, influenzata da forze di ampia portata e tuttavia plasmata dalle specificità del luogo, è un ossimoro. […] Parliamo di spazi democratici, di spazi pubblici, di energia pulita e di spirito umano come se le condizioni che rendono tutto ciò possibile e raggiungibile fossero universali e non comportassero un costo spesso terribile per i nostri simili e per il mondo non umano e naturale.»

Pur mantenendo una mostra in linea con la tradizionale presenza dei Padiglioni nazionali, la Biennale di Architetura 2023 si proietta verso il grande continente africano: l’Africa sarà al centro di questa Biennale in qualità di luogo specifico, punto di partenza per guardare al resto del mondo. «Non sarà una mostra sull’Africa. É un tentativo per essere specifici su un luogo e un contesto, per poi comprendere tutto il resto» ha chiarito la Curatrice.

Lesley Lokko e il presidente della Mostra  Roberto Cicutto_Photo Jacopo Salvi_Courtesy of La Biennale di Venezia

 

Come riportato nel suo discorso di presentazione, la Curatrice spiega che il titolo della mostra – Il Laboratorio del Futuro – opera su livelli diversi:
  1. (Livello 1) – Se a livello antopologico siamo considerati tutti africani, questo significa che ciò che accade in Africa accade a tutti noi. Infatti, «qui in Europa parliamo di minoranze e diversità, ma la verità è che le minoranze dell’Occidente sono la maggioranza globale; la diversità è la nostra norma. C’è un luogo in cui tutte le questioni di equità, risorse, razza, speranza e paura convergono e si fondono. L’Africa” ha dichiarato Lesley Lokko.
  2. (Livello 2) – Sempre riferendosi all’Africa, la Lokko ha dichiarato:

    «Siamo il continente più giovane del mondo, con un’età media pari alla metà di quella dell’Europa e degli Stati Uniti, e un di decennio più giovane dell’Asia. Siamo il continente con il più rapido tasso di urbanizzazione al mondo, con una crescita di quasi il 4% annuo. Questa crescita rapida e in gran parte non pianificata avviene generalmente a spese dell’ambiente e degli ecosistemi locali, il che ci pone di fronte al cambiamento climatico sia a livello regionale che planetario. Rimaniamo il continente con il tasso più basso di vaccinazioni, pari ad appena il 15%, eppure abbiamo registrato il minor numero di morti e infezioni con un margine significativo che la comunità scientifica non riesce ancora a spiegare. Così spesso dalla parte sbagliata della storia e della speranza, questa nostra resilienza, autosufficienza e lunga, lunghissima storia dell’assistenza sanitaria comunitaria di base hanno improvvisamente fatto pendere la bilancia a nostro favore. La storia della migrazione forzata attraverso la tratta transatlantica degli schiavi è il terreno su cui oggi si combattono in tutto il mondo le lotte per i diritti civili e per una società più civile. Con tutti i discorsi sulla decarbonizzazione è facile dimenticare che i corpi neri sono stati le prime unità di energia ad alimentare l’espansione imperiale europea che ha plasmato il mondo moderno. Equità razziale e giustizia climatica sono due facce della stessa medaglia. Ma la speranza è una moneta potente. Essere fiduciosi significa essere umani. A livello profondamente personale, devo la mia presenza a questo tavolo oggi alle instancabili richieste di una società più giusta, più inclusiva e più equa per le quali hanno lottato le generazioni che mi hanno preceduto. La visione di una società moderna, diversificata e inclusiva è seducente e persuasiva, ma finché rimane un’immagine, resta solo un miraggio. È necessario qualcosa di più di una rappresentazione e gli architetti, storicamente, sono attori chiave nel tradurre le immagini in realtà.»

  3. (Livello 3) Il Laboratorio del Futuro (The Laboratory of the Future):

«La Biennale di Venezia è anche essa stessa una sorta di laboratorio del futuro, un tempo e uno spazio in cui si pongono interrogativi sulla rilevanza della disciplina per questo mondo – e per quello a venire. Oggi la parola “laboratorio” è più generalmente associata alla sperimentazione scientifica ed evoca immagini di un certo tipo di stanza o edificio. Ma l’analisi di Richard Sennett del termine “workshop” (qui inteso come bottega artigiana n.d.t), che ha la stessa radice etimologica di lavoro della parola “laboratorio”, approfondisce in un’ottica differente il concetto di collaborazione. Nel mondo antico, sia in Cina che in Grecia, la bottega artigiana era l’istituzione più importante per la vita civile. All’indomani della guerra civile americana, Booker T. Washington, un ex schiavo, elaborò un progetto in cui gli schiavi liberati e reduci dalla schiavitù avrebbero lasciato la loro casa, si sarebbero formati presso due istituti modello, l’Hampton e il Tuskegee Institutes, per poi tornare alle loro comunità di origine. È importante notare che durante questo trasferimento temporaneo la cooperazione sarebbe stata forgiata dall’esperienza diretta e dal contatto quotidiano con gli altri, da pari a pari. Pensiamo alla nostra mostra come a una sorta di bottega artigiana, un laboratorio in cui architetti e professionisti provenienti da un ampio campo di discipline creative tracciano un percorso fatto di esempi tratti dalle loro attività contemporanee che il pubblico, composto da partecipanti e visitatori, potrà percorrere immaginando da sé cosa può riservare il futuro.»

Il Padiglione Centrale photo ©Marianne Bargiotti Photography

LA STRUTTURA DELLA MOSTRA

The Laboratory of the Future è una mostra divisa in sei parti. Comprende 89 partecipanti, di cui oltre la metà provenienti dall’Africa o dalla diaspora africana. L’equilibrio di genere è paritario e l’età media dei partecipanti è di 43 anni, mentre scende a 37 nella sezione Progetti Speciali della Curatrice, in cui il più giovane ha 24 anni. Il 46% dei partecipanti considera la formazione come una vera e propria attività professionale e, per la prima volta in assoluto, quasi la metà dei partecipanti proviene da studi a conduzione individuale o composti da un massimo di cinque persone. In tutte le sezioni della Mostra, oltre il 70% delle opere esposte è stato progettato da studi gestiti da un singolo o da un team molto ristretto.

Lesley Lokko ha spiegato nel dettaglio il senso di percorrenza della mostra:

“Al cuore di ogni progetto c’è lo strumento principe e decisivo: l’immaginazione È impossibile costruire un mondo migliore se prima non lo si immagina. The Laboratory of the Future inizia nel Padiglione Centrale ai Giardini, dove sono stati riuniti 16 studi che rappresentano un distillato di force majeure (forza maggiore) della produzione architettonica africana e diasporica. Si sposta poi nel complesso dell’Arsenale, con la sezione Dangerous Liaisons (Relazioni Pericolose) – presente anche a Forte Marghera, a Mestre – affiancata a quella dei Progetti Speciali della Curatrice, che per la prima volta è una categoria vasta quanto le altre. In entrambi gli spazi sono presenti opere di giovani “practitioner” africani e diasporici, i Guests from the Future (Ospiti dal Futuro), il cui lavoro si confronta direttamente con i due temi della Mostra, la decolonizzazione e la decarbonizzazione, fornendo un’istantanea delle pratiche e delle modalità future di vedere e di stare al mondo.

Voluta la definizione dei partecipanti come practitioner e non come “architetti”, “urbanisti”, “designer”, “architetti del paesaggio”, “ingegneri” o “accademici”: le condizioni dense e complesse dell’Africa e di un mondo in rapida ibridazione richiedano una comprensione diversa e più ampia del termine “architetto”.

64 sono le partecipazioni nazionali che hanno allestito le proprie mostre nei Padiglioni ai Giardini (27), all’Arsenale (22) e nel centro storico di Venezia (14). Il Niger partecipa per la prima volta alla Biennale Architettura; Panama si presenta per la prima volta da solo, nel passato partecipava come I.I.L.A. (organizzazione internazionale italo-latino americana).

Torna la partecipazione della Santa Sede alla Biennale Architettura, con un proprio Padiglione sull’Isola di San Giorgio Maggiore (aveva partecipato per la prima volta alla Biennale Architettura nel 2018).

Il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini in Arsenale, sostenuto e promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, è curato dal collettivo Fosbury Architecture, formato da Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino, Claudia Mainardi. Il titolo della mostra è SPAZIALE: Ognuno appartiene a tutti gli altri.

La mostra al Padiglione Venezia, presso i Giardini di Sant’Elena, è realizzata dal Comune di Venezia: curata dal Collettivo Venezia, si intitola “VENETIE MML, la grande veduta, il lavoro raccontato

Il Padiglione di Venezia ai Giardini photo ©Marianne Bargiotti Photography

LA MOSTRA INTERNAZIONALE COME AGENTE DI CAMBIAMENTO

Che cosa significa essere “un agente di cambiamento”? Lesley Lokko si è lungamente chiesta se esposizioni di questa portata, sia in termini di emissioni di carbonio sia di costi, possano essere ancora giustificate.

Una mostra di architettura è allo stesso tempo un momento e un processo. Prende in prestito struttura e formato dalle mostre d’arte, ma se ne distingue per aspetti critici che spesso passano inosservati. Oltre al desiderio di raccontare una storia, anche le questioni legate alla produzione, alle risorse e alla rappresentazione sono centrali nel modo in cui una mostra di architettura viene al mondo, eppure vengono riconosciute e discusse di rado. È stato chiaro fin dal principio che The Laboratory of the Future avrebbe adottato come suo gesto essenziale il concetto di “cambiamento”

E se si definisce come cultura il complesso delle storie che raccontiamo a noi stessi, su noi stessi, non può sfuggire in questa affermazione la consapevolezza di chi rappresenti il “noi” in questione. Continua la Curatrice “Nell’architettura in particolare, la voce dominante è stata storicamente una voce singolare ed esclusiva, la cui portata e il cui potere hanno ignorato vaste fasce di umanità – dal punto di vista finanziario, creativo e concettuale – come se si ascoltasse e si parlasse in un’unica lingua. La “storia” dell’architettura è quindi incompleta. Non sbagliata, ma incompleta. Ecco perché le mostre sono importanti.”

Secondo la curatrice della Biennale gli architetti devono:
«ripensare i termini e gli strumenti, così come i confini della nostra disciplina: è un modo efficace per riscoprire non solo ciò che distingue l’architettura, ma anche le intersezioni in cui essa si incontra e si fonde con altre discipline.
Più che gli edifici, le forme, i materiali o le strutture, il dono più prezioso e potente dell’architettura è la capacità di influenzare il nostro modo di vedere il mondo.
La lenta e attenta traduzione delle idee in forma materiale e, sempre più spesso, digitale richiede un cambiamento quasi costante della visione, restringendo e allargando contemporaneamente lo sguardo per adattarsi alle differenze di scala, di contesto, di cultura e di aspirazione, nonché alle molteplici altre esigenze che devono essere soddisfatte per portare nel mondo sia gli edifici che la conoscenza.
»

BiennaleArchitettura2023

LA BIENNALE PER IL CONTRASTO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO

La Biennale di Venezia è impegnata in modo concreto nel cruciale obiettivo del contrasto al cambiamento climatico, promuovendo un modello più sostenibile per la progettazione, l’allestimento e lo svolgimento di tutte le sue attività. Nel 2022 ha ottenuto la certificazione di neutralità carbonica per tutte le proprie manifestazioni svolte durante l’anno, grazie a una accurata raccolta dati sulla causa delle emissioni di CO2 generate dalle manifestazioni stesse e all’adozione di misure conseguenti. L’intero processo di raggiungimento della neutralità carbonica, realizzatosi ai sensi dello standard internazionale PAS2060, è stato certificato dal RINA.

LA GIURIA INTERNAZIONALE

La Giuria della 18. Mostra Internazionale di Architettura 2023 – deliberata dal Cda della Biennale di Venezia su proposta di Lesley Lokko – è composta dall’architetto e curatore italiano Ippolito Pestellini Laparelli (presidente); dall’architetta e curatrice palestinese Nora Akawi; dalla direttrice dello Studio Museum di Harlem, la statunitense Thelma Golden; dal direttore di Cityscape Magazine, il zimbabwese Tau Tavengwa; dall’architetta e docente polacca Izabela Wieczorek.

La Giuria ha assegnato i seguenti premi ufficiali: Leone d’oro per la miglior Partecipazione Nazionale al Brasile per Terra (Earth), una menzione speciale è stata attribuita alla Partecipazione Nazionale della Gran Bretagna per Dancing Before the Moon, il Leone d’oro per il miglior partecipante a DAAR di Alessandro Petti e Sandri Hilal e Leone d’argento per un promettente giovane partecipante alla Mostra Internazionale The Laboratory of the Future a Olalekan Jeyifous (Brooklyn, USA)

Il Leone d’Oro alla carriera è stato consegnato a Demas Nwoko, artista, designer e architetto nigeriano, durante la cerimonia di premiazione e inaugurazione della Biennale Architettura 2023, sabato 20 maggio 2023 a Ca’ Giustinian, sede della Biennale di Venezia.

La Biennale di Architettura: da sabato 20 maggio a domenica 26 novembre 2023

Sito web ufficiale della Biennale Architettura 2023: www.labiennale.org

Hashtag: #BiennaleArchitettura2023 #TheLaboratoryOfTheFuture

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