Vivienne Westwood (1941-2022). La sedizionaria della Moda

Vivienne Westwood (1941-2022). La sedizionaria della Moda

LONDRA – La famosa stilista inglese è morta il 29 dicembre a Londra. Non è più tra noi una grande donna che con determinazione e coraggio con la sua action fashion ha contribuito enormemente a cambiare la mentalità della gente, rompendo le barriere tra modi di apparire e spingendo la moda verso un sincero e determinato impegno sociale e civile.

Nel 2008 o giù di lì, una grande mostra a Palazzo Reale (Milano) consentì a tutti gli appassionati cultori delle mode vestimentarie, una straordinaria carrellata storica delle creazioni di Vivienne Westwood, stilista inglese molto criticata allinizio della carriera almeno quanto in seguito fu celebratissima dai media di tutto il mondo, tanto da renderla famosa quanto la mitica Mary Quant.

Grazie al quel grande evento in origine progettato dal Victoria & Albert Museum nel 2004 e spedito in giro per il mondo per far conoscere meglio una delle migliori interpreti dello stile british nella moda, grazie a quella grande mostra dicevo, anche le persone che della stilista conoscevano più che altro le provocazioni divulgate dai media, potevano farsi unidea più ponderata sul come e perché Vivienne Westwood, stagione dopo stagione, sfilata dopo sfilata, veniva regolarmente descritta con lentusiasmo e la reverenza che pochi creativi della moda potevano ambire a ricevere. Le sue sfilate erano sempre un avvenimento. I suoi colpi di creatività dei veri e propri eventi vestimentari.  

Anche i più estremisti difensori delleleganza classica, armoniosa e vendibile, si inchinavano di fronte ad uno straordinario personaggio capace di osare contaminazioni impossibili, rischiando costantemente di oltrepassare quella linea di confine che localizzerebbe loggetto moda su un terreno quantaltri mai paludoso, a questo punto razionalizzabile solo attraverso usi esasperati di concetti come avanguardia, tendenza o di spettacolo.

Sono partito dalla mostra di Milano perché è stato grazie ad essa che ho capito che molti abiti della Westwood sono stati tra le altre cose, alcuni dei fenomeni di testualità della moda più intelligenti e belli apparsi negli ultimi quarantanni. Con testualità intendo fare riferimento alla possibilità attraverso un abito di rinviare le eventuali emozioni del fruitore a significati che eccedono il registro funzionale ed estetico, invitandolo sia ragionare sulle condizione della sua costruzione e sia sulle significazioni concrete che attiva, in relazione a un contesto più esteso di quello della moda ordinaria, un contesto che proietta loggetto o la forma moda a contatto con la vita.  

In un certo senso sto sostenendo che il modo di operare della Westwood è paragonabile allarte di scrivere un romanzo che ci avvince perché parla di noi, dei nostri problemi; o al lavoro di un ricercatore che si mette in gioco accettando la sfida di un nuovo problema da risolvere che percepiamo essere dimportanza vitale.

Mostra di Vivienne Westwood MyWhere

Vivienne Westwood nacque l8 aprile del 1941 a Glossop nel Derbyshire, primogenita di una famiglia modesta ma attraversata da insolite propensioni culturali.

Leggendo il saggio introduttivo nel catalogo della mostra citata che, come ho già detto, a partire dal 2004 ha portato in giro per il mondo una straordinaria rassegna degli abiti della grande stilista british, scritto da una informatissima Claire Wilcox, apprendiamo che fin da piccola Vivienne amava vestirsi in modo originale rispetto alle coetanee, facendosi da sé molti degli abiti che portava. Così, grazie alle sue trovate decorative e al suo primario, spontaneo anticonformismo, si distingueva nettamente dalla maggioranza delle adolescenti. Mi sembra di poter leggere in questa originaria scelta auto espressiva due tratti del carattere della futura stilista che si riveleranno decisivi: il bisogno di fare colpo con le apparenze a costo di apparire bizzarri e la capacità di mettere a profitto ogni suggestione, ogni materiale e segno culturale per attivare qualcosa che potremmo chiamare pulsione creativa oppure, ancor meglio, lintelligenza applicata alle superfici specifiche della moda (il tessuto come seconda pelle e il corpo).

Il primo dei tratti che ho ricordato può essere stressato forzandoci nella direzione di una interpretazione estrema della semantica dellabito, suscettibile di confondere e complicare il concetto di identità ad una dimensione tipico del senso comune. Con il senno di poi dobbiamo riconoscere che, senza una buona dose di esibizionismo è impossibile portare o semplicemente apprezzare un abito delle prime linee della stilista.

La seconda invariante del carattere della Westwood, lha resa una perfetta interprete di quel movimento dal basso che con un certo romanticismo veniva definito da giornaliste e studiose, moda di strada e più tardi etichettato nei termini di subcultura punk.

Anche se gli abiti fatti dalla stilista nei primi settanta sembrano provenire da un altro mondo rispetto le incredibili creazioni della sua maturità, è facile riconoscere in essi molte delle operazioni concettuali che la stilista sdoganerà negli anni ottanta, imponendo uno storico  rinnovamento della couture.

Vivienne Westwood Victoria & Albert Museum
Mostra di Vivienne Westwood a Palazzo Reale (Milano,2007)

Infatti le prime creazioni che la videro protagonista, le famose collezioni bondage e punk concepite sotto linfluenza di Malcom McLaren, avevano la geniale brutalità delloggetto configurato da un prevalente desiderio di distinguersi secondo i modi della ribellione e della provocazione; ovvero presentano una semantica essenziale ed emozionale dellabito estremo che sopravanza  di gran lunga linteresse per gli aspetti tecnici e formali, come per esempio il grado di abilità manifestata dalla stilista nel dominio della sua materia o la ricerca di una forma il cui contenuto corrisponderebbe allabbellimento del corpo. Ma in quel periodo era proprio lincertezza tecnica e le deliberate imperfezioni a risultare così adatte per esprimere i contenuti di rottura dei codici vestimentari del mainstream, generando a livello di fruizione leffetto traumatico tipico del punk.
Una t-shirt con una scritta offensiva o pornografica non ha bisogno di sartorialit
à per essere apprezzata; abiti fetish o stracciati non implicano tanto studi approfonditi sullarte di costruire bei vestiti bensì un vertiginoso salto concettuale che porta a concepire le apparenze come lo strumento più importante per esprimere idee che trascendono i normali valori ad esse attribuiti.

Vivienne Westwood Victoria & Albert Museum

Vivienne Westwood ebbe una formazione che non permise al suo talento di divenire un mestiere burocratizzato. Per fortuna, posso dire, non studiò da sarta. Adolescente si iscrisse ad un corso di argenteria, dal quale fuggì dopo un trimestre perché pensava che non avrebbe mai potuto mantenersi facendo quel lavoro. Pensava che le sue origini proletarie non le avrebbero consentito un atterraggio morbido nel mondo dellarte. Comunque i rudimenti appresi e la sua naturale inclinazione a perdersi nel gioco creativo, le consentirono di mantenersi facendo bigiotteria. Nel frattempo lavorò in fabbrica per mettere da parte i soldi con i quali pagarsi un corso per divenire maestra elementare. Raggiunto questo obiettivo incontrò il sig.Westwood e coerentemente con le consuetudini di allora, velocemente se lo sposò.

Vivienne Westwood Victoria & Albert Museum
Vivienne Westwood a Palazzo Reale (Milano,2007)

A questo punto, con un mestiere di insegnante, sposata con un figlio, Vivienne poco più che ventenne aveva pagato il debito simbolico con ciò che la società pretendeva da una donna di umili origini, migliorando le condizioni della propria famiglia,

Questa identità piccolo borghese fu sconvolta dallimpatto con i grandi cambiamenti sociali della Londra anni sessanta ma soprattutto andò in pezzi per via dellincontro con Malcom McLaren nel 1965. Più giovane della Westwood, apparteneva alla buona borghesia e si faceva una risata di tutto quello che le incuteva timidezza. McLaren studiava larte contemporanea, strombazzava le sue idee estetiche e politiche con la tipica intransigenza dei giovani anni sessanta ed era un agitatore nato. La relazione con questo diciottenne terribile, situazionista dassalto, creativo sino alle soglie della demenza, inaugurò una fase della sua vita caratterizzata da esperienze esistenziali e creative sempre più aggressive, dissacranti, trasgressive. Fu in questo periodo contraddistinto da eccessi di ogni tipo, mascherati da impegno politico-culturale, che Vivienne fece decollare il suo talento. Rassicurata dagli incitamenti e forse dal confronto con McLaren, dal 1971 cominciò a disegnare vestiti per il negozio che avevano aperto a Kings Road, chiamato Let it rock, ispirandosi alle apparenze dei Teddy Boys. Nel 72 fecero un restyling e chiamarono la boutique Too Fast To Live, Too Young To Die e passarono ad esplorare i modi di esibirsi dei nemici dei Teddy Boys ovvero i Rokers e i Bikers. Nel 74 il loro negozio cambia ancora e diviene Sex: Vivienne cambia ancora genere e crea durissimi abiti fetish, bondage, perverts. Poi nel 1976 il duo, incalzato da un giornalismo che spesso li dipinge come una coppia di svitati, contribuendo in tal modo a trasformarli in eroi culturali, compie ancora una piccola rivoluzione nella loro boutique ribattezzandola Seditionaires, facendola diventare uno dei motori del simbolismo vestimentario punks.

Mostra di Vivienne Westwood Foto MyWhere
Boutique a Londra di Vivienne Westwood Foto MyWhere

 

Nel 1979 ancore un cambio dinsegna:  Seditionaires, diventa Worlds End con collezioni molto fantasiose grazie ai look pirateschi.

Vivienne Westwood Victoria & Albert Museum
Vivienne Westwood a Palazzo Reale (Milano,2007)

Questo breve excursus sulle trasformazioni della boutique, aiuta a capire perché Vivienne e Malcolm a quel tempo apparivano ai londinesi per bene, come una coppia di spostati, incapaci di adattarsi alla più banali regole della società civile. E per contro, si capisce in modo altrettanto chiaro il loro ruolo di protagonisti della contro-cultura punk. La gestione della boutique di Kings Road, divenuta ben presto una specie di Mecca per artisti, stilisti, disadattati, puttane, esibizionisti, pervertiti, creativi borderline, era molto diversa da un normale negozio dabiti. Vista dal di fuori, dallo sguardo curioso di un normale visitatore, sembrava dominata da una totale anarchia.

Mostra di Vivienne Westwood al Victoria & Albert Museum
Immagine emblematica dell’impegno civile che Vivienne Westwood divulgava che con le sue sfilate

Per anni la coppia e il loro enturage, sempre perennemente agitati contro la società borghese, sempre alla ricerca della notorietà esplosiva e del colpo deffetto capace di traumatizzare il sistemaper incendiare le coscienze o per farle implodere, furono i beniamini del giornalismo di tendenza e al tempo stesso il terrore dei borghesi.

In realtà, divertendosi molto suppongo, applicavano alla musica (Sex pistol) e alla moda i modi del situazionismo, ispirandosi alle famose teorie di Guy Debord, autore della La società dello spettacolo, un libro serissimo, difficile da leggere almeno quanto era facile sbandierarlo come un nuovo Vangelo, scritto da un intellettuale intransigente, complicato e fuori dagli schemi, un libro dicevo, divenuto a pochi anni dalla sua pubblicazione una sorta di bibbia per disadattati evoluti. Utilizzando tutto ciò che prometteva lo scandalo assoluto la coppia divenne un punto di riferimento per tendenzialisti (persone che verso la metà degli anni settanta pensavano che lunica moda che contasse fosse quella che rompeva i codici del sistema vestimentario), bohemienne e giovani artisti.   C’è da dire che in quanto a creatività Malcolm e Vivienne erano favolosi. Furono loro a creare i simboli più evidenti del movimento di stile che il giornalismo definì punk.

Mostra di Vivienne Westwood al Victoria & Albert Museum
Mostra di Vivienne Westwood a Palazzo Reale (Milano,2007)

Gli abiti che crearono in quel periodo contribuirono ad un cambiamento radicale nella moda, sperimentando le frontiere del mai visto prima che gli stilisti normaliavrebbero saccheggiato una decade dopo.

Questa fase della vita della Westwood, caratterizzata più dal talento e da una intenzionale regressione tecnica piuttosto che da una vera applicazione a problemi di estetica dellabito, terminò allinizio degli anni ottanta quando oramai stanca e annoiata dal nichilismo punk cercò una via duscita. Allinizio la trovò con la già citata collezione Pirate, un tentativo di esplorare la struttura ottenuta con i tagli degli abiti maschili del settecento, ispirandosi alla figura del pirata, del pellerossa, del merveilleuses. Il passaggio dai funerei abiti punks alle sciolte, sbuffanti, coloratissime e divertenti apparenze dei nuovi pirati metropolitani non fu senza conseguenze. La Westwood cominciò a convincere ed attrarre persone che detestavano gli abiti troppo nichilisti ma che non volevano adattarsi al gusto corrente delle mode. Probabilmente i consensi conquistati rafforzarono il desiderio della stilista di studiare la cultura materiale dellabito storico, che in seguito divenne il tratto di stile più evidente della sua piena maturità come creatrice di forme vestimentarie. Tuttavia questa collezione segnala anche una vera e propria svolta interiore, con effetti che investono lintera vita. La relazione e la complicità estetica con McLaren terminò. Vivienne, senza mai negare le sue esperienze trasgressive, divenne una vera esperta sui modi del passato di tagliare gli abiti. Le sue visite ai musei tradizionali come la Wallace Collection  o il Victoria & Albert museum, affinarono la sua visione della moda senza farle perdere lapproccio anticonformistico delle origini. Con un crescendo esaltante le sue collezioni si imposero come uno dei programmi di ricerca moda più innovativi e sorprendenti degli anni ottanta. Grazie allo studio rigoroso dellarte e lidentificazione di problemi costruttivi specifici, la sua originaria intelligenza operativa sui problemi compositivi che pone la forma dellabito, raggiunge virtuosità emulate da pochi altri stilisti della sua generazione. Negli anni novanta la notorietà della stilista è di valore assoluto. Quasi tutte le persone che amano la moda le riconoscono unautorità per certi aspetti persino imbarazzante. C’è da aggiungere che laurea da guru della moda non scalfì affatto la personalità della Westwood.

Mostra di Vivienne Westwood MyWhere

La stilista continuò a mettersi in discussione senza indugiare troppo su ciò che poteva garantirle un facile successo. Per esempio allinizio del XXI sec. mette allimprovviso da parte lo storicismo per ritornare a studiare certi primitivismi nel taglio che caratterizzavano le sue forme tra la fine degli anni settanta e linizio degli ottanta. Poi si concentra sullinterazione tra stoffa e corpo, studiando la dinamica dellabito, il modo in cui si può rendere vivo un taglio sartoriale apparentemente condannato ad una bellezza rigida. Da questi studi emergono forme sorprendenti che spiazzano le convenzioni strutturali della couture. Nel 2003 la sua collezione le Flou Taillé affronta il tessuto morbido e sciolto, di solito lavorato con operazioni specifiche,  con modi che i colleghi  riservano al taillé (il taglio sartoriale, dalle linee semplici e nette, aderenti al corpo e quindi apparentemente inadatto ai tessuti flou), trovando nuovi magici compromessi tra le costrizioni e le libertà percettivamente trasmesse dallabito.

 

Innumerevoli sono le invenzioni vestimentarie attribuibili alla stilista. Tralasciando le t-shirt e le forme moda del periodo punk, possiamo citare il look rappresentato dalla gonna a tubo ricavata da un tubolare di maglia, dalla linea cadente, pancino in fuori, da portare con un top cortissimo. La mini-crini accoppiata con la giacca Princess (giacca corta, attillata, a doppio petto); i drappeggi delle gonne con sellino sormontate da giacca aderente e strutturata della collezione Pagan I (1988). Impossibile non citare la rivisitazione dellabito maschile sulla donna composta da giacca Savile monopetto di harris tweed color senape con colletto di velluto nero, portata con collant in lycra con una foglia di fico allinguine. Alla Westwood inoltre viene attribuita la rinascita del corsetto, la riproposizione di tagli seicenteschi che conferiscono alle stoffe tridimensionalità, interpretazioni ad hoc del sellino ottocentesco per vestiti a maglia e svariati tipi di gonne. Una delle mie preferite è la giacca Booze (2000): a partire dalla manica la stoffa intessuto di lana mélange subisce torsioni che si trasformano in un fraseggio di incredibili pieghettature. La collezione che vorrei nel mio immaginario museo del costume privato è Vive la Cocotte (1995), una stupefacente sintesi del passato che mi trasmette paradossalmente un senso di accentuata contemporaneità.

Molti commentatori, rivelando in realtà i propri limiti, sottolineano il fatto che gli abiti della Westwood non si vendevano facilmente. Non credo sia questa la realtà. Da quando DAmerio, folgorato dalla bravura della stilista, ne ha curato la commercializzazione il fatturato ha raggiunto soglie di tutto rispetto, tale da garantire lindipendenza assoluta della maison. Evero tuttavia che le logiche imprenditoriali non hanno mai appassionato Vivienne. Il suo talento è sempre stato riservato a problemi creativi. I suoi abiti sono spesso concettualmente complicati ma portabilissimi e vendibilissimi. Probabilmente per anni non hanno mai avuto il conforto di strategie commerciali efficaci.

Per certi rispetti le idee moda della stilista sono il rovescio della grande moda italiana del periodo. Io amo un mondo pluralista e mi piacciono le diversità. Non ho alcun problema nellapprezzare larmoniosa, fluente, comoda bellezza di una donna vestita da Giorgio Armani e al tempo stesso ammirare laudacia di chi impreziosisce la vita di relazione con le sofisticate citazioni culturali implicite in molte delle forme create dalla Westwood. Mi concedo il piacere di un limitato sciovinismo aggiungendo che molti degli abiti della stilista sono stati fatti in collaborazione connostri importantissimi seppur sconosciuti (al grande pubblico) industriali del tessuto. Sono loro le vere fondamenta del Made in Italy.

Ma più degli abiti, certamente ragguardevoli, molti dei quali sono già da anni nei musei della moda di tutto il mondo,  ho imparato ad ammirare lonestà e lautenticità dellimpegno civile e sociale di Vivienne Westwood. Da un certo punto in poi si può dire che non ci sia stata collezione che in qualche modo non fosse messa al servizio delle sue visioni ideologiche. Non conosco altri stilisti così coerenti e audaci verso problematiche che di solito chi lavora nella moda evita o trasforma in pallidi tentativi di partecipazione.  Vivienne Westwood non aveva alcun timore nel prendere posizione. Lo faceva a suo modo, sfruttando il potere evocativo ed emozionale degli eventi che organizzava. Anche se non sempre mi trovavo daccordo con le sue posizioni, il fatto che ci mettesse sempre la faccia, in qualche modo stimolava i miei interessi polarizzando lattenzione su questioni, idee, scenari  altrimenti sommersi dallinflazione di stimoli, informazioni che quotidianamente sovraccaricano a nostra mente.

Nessuno meglio di Claire Wilcox ha saputo sintetizzare in poche parole il genio della Westwood ed è con una sua citazione che voglio terminare il mio umile contributo alla sua memoria, chiarendo tra laltro laggettivo british usato allinizio

I suoi disegni, spesso imitati e sempre in anticipo sui tempi, racchiudono una peculiarità britannica tutta speciale, un audace non conformismo che si combina con il senso della tradizione. Linoppugnabile convinzione della Westwood, –Se ti vesti in modo da fare colpo vivrai molto meglio-, detta lintera sua opera, dai primi modelli di Seditionnaires fino agli abiti di gran sera degli ultimi anni.

Mostra di Vivienne Westwood MyWhere

In homepage foto MyWhere©
La boutique di Vivienne Westwood a Londra a porte chiuse in segno di lutto con omaggio di rose rosse.

Lamberto Cantoni
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21 Responses to "Vivienne Westwood (1941-2022). La sedizionaria della Moda"

  1. annalisa   1 Gennaio 2023 at 11:45

    Si dice spesso che gli abiti riflettono il mutamento della società. Vivienne Westwood è stata la più importante protagonista di questi mutamenti per quasi mezzo secolo. L’ha fatto con coerenza e creatività. Chi può ereditarne il ruolo? Stella McCartney? Chiunque sia dovrà superare prove molto impegnative.

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  2. luc97   1 Gennaio 2023 at 13:03

    Capisco che in questo momento sia normale celebrare Vivienne Westwood anche esagerando un pochino. Ma non possiamo dimenticare che Kawakubo, J.P.Gaultier e anche il nostro Moschino proprio negli anni in cui VW si è trasformata in una vera stilista, hanno cambiato profondamente i codici della moda. Cosa aveva in più VW? mi è piaciuta la citazione della Wilcox: l’anticonformismo british è stato l’arma in più di VW.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   1 Gennaio 2023 at 13:30

      Hai toccato un tema interessante e per certi rispetti, di difficile soluzione. Infatti presuppone una questione seria: esiste un canone d’eccellenza della moda? Molti critici e storici, hanno provato a configurarlo. Nessuno è risultato immune da contestazioni, da preferenze personali e così via… Perché sono propenso a collocare Vivienne Westwood più in alto rispetto agli altri stilisti che hai citato. Semplicemente perché è stata la prima nella fase punk a decostruire consapevolmente e in modo radicale la bellezza dell’abito occidentale, attivando significazioni mai esplorate dalla moda ordinaria.

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  3. james   2 Gennaio 2023 at 09:23

    Sono d’accordo. Ci ha lasciato una grande. Come mai non si parla quasi della rivoluzione che ha portato anche nella moda maschile?

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  4. vincenzo   3 Gennaio 2023 at 12:18

    Personalmente mi piacerebbe saperne di più sul curioso passaggio della Westwood dal punk all’alta moda. Conosco quella musica assurda fatta da imbecilli senza nozioni musicali. Il loro successo commerciale e culturale mi ha sempre lasciato basito. La Westwood si è tirata fuori da quella merda e ha fatto collezioni storiche. Tanto di cappello…

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    • mauri   3 Gennaio 2023 at 19:45

      Senza il punk di Vivienne Westwood non ci sarebbero stati né Galliano e né McQueen. E poi ai gruppi punk non interessava fare musica commerciale.

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  5. luciano   4 Gennaio 2023 at 08:55

    Solitamente non credo troppo nell’impegno sociale dei grandi brand. Sbandierano proclami, progetti, iniziative che nessuno andrà mai a controllare. La Westwood invece era sincera. Ho seguiti sui giornali i suoi engagement con alcuni delle criticità che ogni persona informata dovrebbe temere. Il suo impegno era autentico.

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  6. Elisa Fabbri   26 Marzo 2024 at 15:42

    Vivienne Westwood, una figura iconica nella moda contemporanea, non solo ha ridefinito gli standard estetici con il suo stile distintivo e provocatorio, ma ha anche incanalato la sua creatività in un impegno profondo per le questioni civili e sociali. Il suo percorso creativo è stato caratterizzato da una ricerca incessante di originalità, unita a una ferma determinazione nell’affrontare le ingiustizie e promuovere il cambiamento sociale.
    Il suo stile è stato descritto come audace, anticonformista e spesso provocatorio. Sin dai suoi primi giorni nel mondo della moda negli anni ’70, Westwood ha infranto le barriere con abiti che sfidavano le convenzioni e trasgredivano i limiti della moda tradizionale. Attraverso una combinazione di tagli innovativi, tessuti insoliti e dettagli sorprendenti, ha creato un’estetica unica che ha catturato l’attenzione di critici e appassionati di moda in tutto il mondo. Dai suoi capi punk degli anni ’70 alle sue collezioni più recenti, Westwood ha continuato a sorprendere e ispirare con la sua visione audace e progressista. Tuttavia, ciò che distingue veramente Westwood è il suo impegno civile e sociale. Fin dai suoi primi giorni come designer, ha utilizzato la sua piattaforma moda per promuovere cause che le stavano a cuore, dal femminismo all’ambientalismo, dai diritti LGBTQ+ alla giustizia sociale. Ha organizzato eventi di beneficenza, ha sostenuto attivamente organizzazioni di beneficenza e ha usato le sue sfilate di moda come mezzi per sollevare consapevolezza e promuovere il cambiamento. Possiamo quindi dire che il pensiero di Westwood è intriso di un profondo senso di responsabilità sociale. Ha sottolineato l’importanza della consapevolezza ambientale e ha criticato apertamente l’industria della moda per il suo impatto negativo sull’ambiente. Ha anche parlato apertamente di questioni politiche, incoraggiando le persone a informarsi e ad agire per il cambiamento. Inoltre, Westwood ha difeso l’individualità e l’autenticità, incoraggiando le persone a esprimere se stesse attraverso il loro abbigliamento e a non temere di essere diverse dagli altri. Ha combattuto contro gli stereotipi di genere e ha promosso l’uguaglianza in tutte le sue forme. In conclusione, Vivienne Westwood è molto più di una designer di moda. È una voce influente per il cambiamento sociale, un’icona di stile e un modello per gli altri designer che aspirano a usare la loro arte per promuovere la consapevolezza e il progresso. Il suo stile audace e il suo impegno civile e sociale la rendono un’ispirazione duratura per generazioni presenti e future. Credo che con la Westwood si è dimostrato che la moda può essere molto di più di qualcosa di superficiale, e che quindi può anche essere un veicolo per trasmettere messaggi e ispirare azioni positive.

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  7. Teresa Bracaloni   27 Marzo 2024 at 21:19

    Vivienne Westwood, una vera icona della moda e della creatività senza confini. Il suo stile audace e provocatorio ha reso unico il suo marchio nel panorama della moda internazionale. Con un mix esplosivo di eleganza classica e ribellione punk, Westwood ha ridefinito i confini del fashion design, trasformando le passerelle in palcoscenici di protesta e innovazione. La sua capacità di mescolare storia, arte e attivismo sociale nei suoi capolavori è semplicemente straordinaria. Una creativa senza paura di sfidare le convenzioni e di lasciare un’impronta indelebile nel mondo della moda. Vivienne Westwood è più di una stilista, è un’ispirazione per coloro che cercano di rompere gli schemi e di esprimere la propria individualità attraverso l’abbigliamento.
    Le sue creazioni parlano delle nostre emozioni e della vita quotidiana ma con un approccio attento alla sartorialità e alla tradizione. Personalmente penso che sia stato proprio l’aspetto empatico ed emotivo, caratterizzante del suo modo di fare moda, ad averle permesso di distinguersi in un mondo moda che spesso tende ad elevarsi a tal punto da risultare quasi superficiale. In un modo o nell’altro ciò che la Westwood ha sempre creato, nelle sue varie fasi creative, sono abiti che affondano le proprie radici nella voce del “popolo”, a partire dagli abiti punk, grido di rottura e di ribellione, per arrivare alle creazioni che abbracciano e veicolano i messaggi politico-sociali relativi alle problematiche della contemporaneità. Dall’appoggio ai movimenti per la difesa dei diritti civili alle sfilate, manifestazioni e progetti sociali per la tutela dell’ambiente (come il supporto a Greenpeace o cool Earth). Cito ad esempio la collaborazione con l’International Trade Centre (partita nel 2010), per un progetto di lavoro sostenibile, chiamato Africa Collection volto a realizzare una serie di borse cucite a mano a Nairobi da comunità di donne emarginate, ragazze madri, vedove, vittime dell’AIDS, usando cartelloni pubblicitari riciclati e tende da safari dismesse. Per tutte queste ragioni la stilista non può che essere attenta all’uso eco-sostenibile dei materiali che impiega nelle collezioni, certamente un altro tratto distintivo della designer. D’altronde la stilista ha sempre sostenuto che “la moda è la più forte forma di comunicazione che c’è” e non possiamo che concordare con lei in merito al forte potere comunicativo dell’abito essendo diventato ormai uno dei principali linguaggi di scambio di informazioni fra gli individui, soprattutto nella contemporaneità. Dal punto di vista creativo l’attenzione per la selezione dei materiali si affianca a tutta una serie di dettagli stilistici che caratterizzano la designer e riflettono la sua visione audace e innovativa della moda, combinando elementi classici con un tocco di ribellione e originalità che rende i suoi design immediatamente riconoscibili e iconici. Dalle stampe stravaganti ai drappeggi, attraverso i quali crea forme fluide e dinamiche dando volume e drammaticità agli abiti; dall’utilizzo di borchie e zip esposte, fino ad arrivare quello che per eccellenza è uno dei suoi capi iconici, il corsetto che spesso Westwood reinterpreta in chiave moderna e provocatoria. Cito in esempio la collezione “Harris Tweed” del 1987, dove come al solito la stilista frattura la tradizione trasformandolo, da capo d’abbigliamento storicamente associato alla restrizione e alla conformità, in un simbolo di forza, sensualità e autonomia femminile attraverso l’applicazione di zip esposte, borchie e lacci. A mio parere, un altro tratto molto distintivo della Westwood è l’ironia e l’umorismo che spesso si traduce attraverso dettagli eccentrici come slogan, applicazioni di animali, giocattoli, oggetti insoliti che catturano l’attenzione e rendono ogni indumento un pezzo unico o l’aspetto performativo delle sfilate, non sono solo presentazioni di abiti, ma vere e proprie performance che spesso includono elementi teatrali e comici. Le sue creazioni sono una celebrazione dell’individualità e della libertà di esprimersi attraverso l’abbigliamento, trasmettendo un messaggio di autonomia e consapevolezza. Con una visione unica e una grande determinazione, Vivienne Westwood ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo della moda e certamente la sua scomparsa ha rappresentato una grande perdita nell’ambito del fashion System, scomparsa che tuttavia è niente se pensiamo all’esempio di stile che il suo colpo creativo si ha donato.

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  8. Noemi Franchini LABA FD3   28 Marzo 2024 at 12:32

    “Chi sono quegli svitati?” È la domanda che si sono fatti tutti quando il fenomeno Westwood & McLaren è esploso nelle ultime decadi del 1900. Secondo me sono stati un “Plot Twist” nella moda del periodo, non solo per le novità legate alla moda anticonvenzionali che portarono, ma per il messaggio che era nascosto dietro di esse. Mi piace ricordare che con questa coppia spumeggiante è nata una delle sotto figure nella moda, il Merchandising di una band. L’associazione tra il merchandising e il mondo della moda iniziò con il punk della coppia Ma-cLaren/Westwood, che ha lavorato con attenzione sui costumi di scena dei Sex Pistols, proponendoli poi nella celebre boutique di King’s Road, dalle cui vetrine torme di fan, senza disponibilità economica desideravano avere anche solo un capo di quella collezione. L’anticonformismo di questa coppia si può vedere in tantissimi aspetti, per esempio le famosissime t-shirt con il volto della, ad oggi defunta, regina Elisabetta d’Inghilterra, che al tempo non si arrabbiò nemmeno; “la prese con filosofia”. Questo non era un atto denigratorio nei confronti della sovrana, ma un modo per esprimere il loro dissenso verso qualsiasi forma di potere, specialmente la monarchia, nonostante questo la regina dopo qualche tempo decise di incontrare la stilista, la quale di presentò senza biancheria intima. Immaginatevi lo scandalo e il colpo di frusta che possa avere generato questo atto, ma alla nostra Vivienne ciò non importava proprio. Quando nell’articolo ho letto la parte legata al voler riprendere studi e del materiale dell’abito storico, non posso che non citare dei suoi capi realizzati legati alla cultura Steam-punk. Per esempio in dei suoi lavori riporta tutta una estetica sartoriale legata al 1800, sia nelle vesti, ma soprattutto anche negli accessori, in contrasto con elementi meccanici legati alla rivoluzione industriale inglese. Ricorre l’uso di colori scuri, che ricordano il cielo grigio fumo di Londra. Riporta l’uso del Cilindro, copricapo prettamente maschile indossato da donne, innestato con ingranaggi meccanici. Questo è solo un esempio dell’enorme lavoro che lei ci ha regalato. Lei è una della mie ideatrici preferite, perché come tale si distingueva dai Coutourier “normali”. Tutti i Grandi Stilisti e Ideatori sono diversi ed è quel diverso che lo rende unico, e più è diverso più mi piace. Vivienne Westwood purtroppo ci ha lasciati il 29 Dicembre 2022, mi piace pensare che se ne è andata la forma, la sostanza rimarrà per sempre qua, un regalo enorme che lei ci ha fatto è stato aprirci un pochettino più la mente per farci capire che è nell’ignoto la parte più bella dell’esistenza. Scritto da Noemi Franchini LABA RIMINI Fashion design 3.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   29 Marzo 2024 at 08:59

      Noemi non so se si può dire che la coppia di svitati abbia inventato il merchandising nella musica pop. Se con questa parola intendiamo l’uso di personaggi famosi (Sex Pistols) per prodotti estranei alla loro arte (la musica ovviamente), come dimenticare Elvis Presley o i Beatles?

      Rispondi
  9. Chiara D.F.   29 Marzo 2024 at 10:07

    Vivienne Westwood è una figura iconica nel mondo della moda, rinomata per la sua audacia e il suo spirito ribelle. Il suo modo di lavorare, la sua provocazione, erano davvero impareggiabili e mi piace pensare anche, che non temesse le conseguenze di quello che faceva o realizzava, dimostrando che se credi in qualcosa allora la sostieni sino alla fine.
    Infatti si è sempre fatta portavoce, con la sua moda, di messaggi politici e sociali, arrivando a ridicolizzare anche figure importanti del potere.
    Prendiamo in esempio la t-shirt “God save the queen”: una t-shirt bianca a maniche lunghe con elementi consumati e una grafica, oserei dire audace, sul davanti. Le cuciture sono fatte in modo che il bordo grezzo del tessuto a maglia sia visibile, inoltre, in pieno stile punk, tagli ovali bucano la t-shirt sulle spalle.
    La grafica sul davanti, raffigura la regina Elisabetta II d’Inghilterra con una spilla da balia sul viso (come i piercing che si facevano i ragazzi della subcultura punk, ma in questo caso pare proprio sigillarle la bocca). Il testo della canzone “God Save the Queen” dei Sex Pistols, circonda questa immagine insieme al logo della band.
    Anelli di metallo cuciti alla cucitura esterna della manica sulla spalla e piccole fibbie di metallo penzolano ai polsini. Dobbiamo proprio ammettere che questo capo presenta tutti gli aspetti fondamentali dell’abbigliamento punk e della moda della Westwood.
    Il perché la stilista abbia scelto proprio la figura così importante della regina Elisabetta per questo capo sta alla base del mondo punk, ma soprattutto è un riferimento anche al periodo storico in cui questa maglietta è stata realizzata: estate 1977, lo stesso anno in cui la regina Elisabetta II avrebbe celebrato il suo giubileo d’argento, segnando i venticinque anni del suo regno come regina d’Inghilterra. Nell’estate del 1977 si svolsero vari cortei e celebrazioni reali per commemorare questa occasione, l’immagine della regina veniva esaltata e tappezzata per tutta la città, ma bisogna anche ricordare che era un periodo in cui la musica Punk segnava la storia, per questo, in pieno stile di questa subcultura la Westwood con il suo compagno ha dato vita a un capo così iconico.
    Citando la Westwood: “Non mi vedevo come una stilista, ma come qualcuno che desiderava affrontare lo status quo marcio attraverso il modo in cui mi vestivo e vestivo gli altri”.
    Questa filosofia è evidente in questa t-shirt, in quanto sfida direttamente le idee della monarchia inglese con la sua grafica che ridicolizza la regina (estremamente celebrata in quel periodo), insieme ai testi molto controversi dei Sex Pistols che in quel momento stavano scalando le vette della storia musicale inglese.
    Successivamente però la regina Elisabetta, da bersaglio della moda punk diventerà musa ispiratrice di eleganza per la Westwood, ma secondo me, quando parliamo di questa importante stilista, non possiamo non citare questo elemento fondamentale della sua moda: l’essere portavoce di messaggi sociali.
    Concludo con una piccola vicenda che fa sorridere, ma fa anche capire quanto fosse iconica anche negli atteggiamenti questa creativa.
    Era il 1922 e la Regina aveva deciso di conferire alla stilista una onorificenza con cui le riconosceva talento e genialità nell’industria della moda inglese: il Most Excellent Order of the British Empire, un titolo con cui Elisabetta aveva mostrato di non portare rancore nonostante quelle magliette create dalla stilista che la ritraevano con la bocca chiusa dalle spille da balia. Vivienne si era recata a corte rispettando l’etichetta senza indossare nulla di eccessivo e stravagante ma, al contrario, sfoggiando un completo grigio composto da una giacca abbottonata e da una gonna longuette a ruota che però, nell’atto di far roteare davanti alle macchine fotografiche, mostrò la totale assenza di biancheria intima.
    Che dire, la Westwood non si è mai smentita, assolutamente iconica, irriverente e unica.

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    • annamaria   30 Marzo 2024 at 08:17

      Veramente un bel intervento. Grazie Chiara, mi hai fatto capire come una semplice maglietta possa trasformarsi in un simbolo generazionale.

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  10. Sabrina P.   2 Aprile 2024 at 16:11

    “…L’unica rivoluzione è la cultura. La cultura può salvare il mondo.” (tratto da un’intervista rilasciata a Vogue Italia, “Vivienne Westwood ci aveva raccontato che: «Non ho mai pensato di essere una fashion designer»”, sul numero di giugno 2021)
    Vivienne Westwood è un’icona rivoluzionaria della moda che ha stravolto le regole dell’abbigliamento.
    I suoi sono abiti che parlano, sono intrisi di messaggi non solo attraverso le stoffe o i dettagli, ma anche attraverso parole incise a grandi lettere e simboli forti. Quando parliamo di lotta al “sistema”, in riferimento a Vivienne Westwood, non ci riferiamo esclusivamente al sistema moda, parliamo di politica, società, ambiente. Parliamo di surriscaldamento globale (con i famosissimi cori “Fracking Climate Chaos” scritti in grassetto sugli striscioni), dell’indipendenza della Scozia, dei diritti gay, della propaganda vegetariana, della diversity e della lotta continua per una moda davvero etica. Indimenticabile la sua uscita in copertina sulla rivista Tatler nelle vesti de “La Lady di Ferro” durante i durissimi anni del governo di Margaret Thatcher.
    L’abbigliamento realizzato dalla Westwood in quanto fashion designer non cade più nel punk, ciò nonostante la designer rimane punk nell’atteggiamento e questo è chiaramente visibile nelle sue sfilate: come ad esempio la sfilata p/e2019 dove sfilano t-shirt con slogan come “I fought the law”.
    Nonostante la presenza di uno slogan/messaggio sia una sua costante, la forma dell’abito è cambiata nel tempo.
    Negli anni ’80 la forma era indefinita e ampia: ne abbiamo un esempio con la collezione p/e 1983 “Punkature” dove, ispirandosi a Blade Runner, sperimenta l’idea di essere catapultata in un’epoca post guerra nucleare. Il risultato è un mix di colori “distopici” (tonalità di arancione e nero).
    Negli anni ’90 c’è stato poi un passaggio a forme più strutturate, ne è un esempio l’introduzione del corsetto che da strumento di affermazione politica-sociale (oltre che elemento strutturante e modellante del corpo) è diventato un elemento di riconoscimento del suo lavoro.
    Presentato in una forma molto acerba nella collezione mini-crini del 1985, viene reintrodotto nella sua forma tradizionale nella collezione “Harris Tweed” del 1987. Qui desidera mettere in discussione il mito oppressivo della corsetteria e celebrarlo come simbolo di potere e liberazione femminile, ciò è evidente nel nome dato al corpetto di questa collezione: “Statua della Libertà”; poi riproposto, anche se in una differente chiave estetica, per la collezione “Portrait” del 1990. Sono infatti gli anni in cui, assieme a Jean Paul Gaultier, l’intimo viene proposto come abbigliamento da esterno, negli anni ’90 il corsetto, l’intimo in generale, è incorporato nei disegni di moda di quasi tutti gli stilisti (per esempio nella collezione p/e di John Galliano del 1993).
    La collezione “Pirate” del 1981 si colloca al centro di quelle due forme (indefinita / strutturata) nonostante sia una delle prime collezioni. Inoltre è un perfetto esempio di una caratteristica inscindibile della Westwood: il suo interesse per la storia andando a ricercare e ricreare (portandolo nella contemporaneità) l’abbigliamento classico e tipico, in questo caso dei pirati.
    Collezione caratterizzata da diversi decori che rimandano a culture differenti, da colori molto accesi che dovevano rimandare alle cromie tipiche della Costa occidentale dell’Africa. Con queste scelte ha rappresentato la vita dei pirati, riproponendo il modo in cui i pirati interagivano con il resto del mondo, il più delle volte in maniera violenta.
    Sempre per questa stagione mostrò dei completi eleganti composti da pantaloni larghi (che storicamente dovevano consentire al marinaio di poterli accorciare e allungare a piacere) che propose lunghi fino a metà polpaccio con dei volant agli orli. Questa soluzione viene poi esagerata andando a creare queste sorta di gonne / pantaloni a palloncino la cui vaporosità è data appunto dal tessuto molto arricciato.
    Un’altra collezione che potremmo posizionare a metà è “Mini-Crini” del 1986 con cui stravolge completamente il panorama della moda ispirando stilisti come Christian Lacroix per la collezione primavera del 1988 e Karl Lagerfeld per la primavera 2013. Mini perché le gonne arrivavano o al ginocchio o sopra il ginocchio e dovevano ironicamente rispecchiare la minigonna di Mary Quant degli anni 60; crini perché voleva ricollegarsi alla sottogonna/crinolina del 1800. Per me, questa collezione incarna perfettamente il modo in cui Vivienne Westwood lavora: andando ad unire due epoche apparentemente distanti per creare qualcosa di assolutamente iconico e stravolgente. È la sfilata che sceglierei se dovessi spiegare la Westwood a un neofita: è un esempio significativo per comprendere l’influenza che ha avuto sulla moda e il suo modo di reinterpretare forme del passato per creare qualcosa di originale e contemporaneo.
    La Westwood ha continuato a fare riferimento alla storia della moda attraverso una serie di interpretazioni molto sensuali di stili del passato come i busti imbottiti di “Vive la Cocotte” (autunno/inverno 1995-96); o riferimenti più diretti all’immaginario storico, reinterpretando l’abito di seta di Madame de Pompadour di un dipinto di François Boucher in “Anglophilia“ del 2003.
    In conclusione, Vivienne Westwood è un’icona rivoluzionaria che ha stravolto le regole dell’abbigliamento e portato sulle passerelle messaggi politici, sociali e ambientali. Con capi iconici e un atteggiamento punk, ha fuso stili e epoche diverse per creare una moda autentica al suo pensiero. La sua continua ricerca e innovazione l’ha resa un punto di riferimento nel mondo della moda, influenzando stilisti di generazioni successive e dimostrando come l’abbigliamento possa essere un potente strumento di espressione. Vivienne Westwood è un’autentica ribelle che ha sfidato ogni qualsiasi tipo di sistema, lasciando un’impronta indelebile nella storia della moda.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   3 Aprile 2024 at 09:59

      Ho apprezzato i riferimenti alle collezioni. Naturalmente sono d’accordo su tutto quello che hai scritto riguardo la posizione etica dalla stilista.

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  11. Laura B.   4 Aprile 2024 at 15:43

    Vivienne Westwood è un’icona della moda, rinomata per la sua creatività audace e il suo spirito ribelle,rivoluzionando la moda attraverso la creazione di collezioni iconiche che mescolavano il punk con il lusso sartoriale. Ha introdotto innovazioni nel design, come il “pirate boots” e le spille a forma di teschio, che sono diventate parte integrante del suo marchio distintivo. La moda e lo stile di Vivienne Westwood vanno oltre il semplice abbigliamento, è un mezzo di espressione personale, di trasformazione e di protesta. La vede come una forma d’arte che può influenzare il pensiero e la cultura, oltre a essere una piattaforma per esprimere idee e valori. La sua carriera non è stata solo un susseguirsi di collezioni di abbigliamento, ma piuttosto una narrazione continua di ribellione, innovazione e consapevolezza, dimostrando un’incredibile capacità di trasformare non solo ciò che indossiamo, ma anche il modo in cui pensiamo alla moda stessa. Fin dagli esordi, Westwood ha dimostrato un’audacia senza precedenti nel sovvertire le norme esistenti: è stata una delle prime designer a integrare tematiche politiche e sociali nel suo lavoro, utilizzando la sua piattaforma per promuovere la consapevolezza su questioni come l’ambiente, i diritti umani e la giustizia sociale. Il suo impegno per la sostenibilità ha ispirato cambiamenti significativi nell’industria della moda, incoraggiando una maggiore responsabilità ambientale e sociale tra i suoi colleghi e oltre. Ciò che rende Westwood un’artista e un’ attivista così straordinaria è la sua coerenza nel mantenere viva la sua visione e i suoi valori nel corso degli anni. Nonostante il successo e la fama internazionale, ha continuato a lottare per ciò in cui crede, senza compromessi. Il suo stile, audace e intraprendente, è diventato un simbolo di libertà di espressione e di ribellione intelligente, infatti il suo lavoro ha ispirato e influenzato innumerevoli persone in tutto il mondo, dimostrando che la moda può essere molto più di semplici abiti, può essere uno strumento per il cambiamento e l’espressione personale.

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  12. Manuela Anaclerio   7 Aprile 2024 at 10:55

    Sicuramente c’è da fare una premessa in quanto gli anni del dopoguerra e dell’austerità britannica hanno fatto da sfondo alla sua infanzia, ed è stata proprio questa fase della sua vita che ha motivato la sua vena ispiratrice e il suo lavoro come stilista politica. Qui sono state poste le fondamenta che hanno introdotto l’abbigliamento politicizzato, così come la sua politica ambientalista risale a un tempo e un luogo in cui la responsabilità condivisa del riciclo e dell’antispreco poneva le sue radici. E infatti ciò che ne è venuto di conseguenza è stato vedere le passerelle trasformarsi in un vero e proprio veicolo politico, battendosi a gran voce in favore della libertà d’espressione.
    Esempio lampante ne è la collezione Autunno/Inverno 2005-2006, intitolata non a caso “PROPAGANDA”, ricca di riferimenti d’ispirazione militare e slogan, dove ritroviamo un ritorno agli anni Punk anche attraverso immagini e acronimi sulle t-shirt. Propaganda, sicuramente non è una delle collezioni di cui si sente parlare più spesso, ma a mio parere merita di essere ricordata, poichè segna un cambio di rotta nelle intenzioni della Westwood, le cui creazioni all’interno del sistema moda saranno a partire da questo momento, modellate dalle sue convinzioni politiche, sociali e ambientali.
    Il contributo di Vivienne Westwood alla moda è ineguagliabile, è riuscita attraverso le sue creazioni non solo ad ispirare il nostro modo di vestire, ma anche la cultura a tutti gli effetti, prima definendo un’epoca e poi plasmando le reazioni, sia ideologiche che estetiche, delle generazioni successive nei confronti del mondo che le circonda.
    Vivienne Westwood è sempre stata spinta e motivata dal suo implacabile desiderio di opporsi alle convenzioni, non a caso, ha spesso citato una frase del filosofo Bertrand Russell “L’ortodossia è la tomba dell’intelligenza”, dove non affermava altro che il suo pensiero, il quale sostiene di non accettare qualcosa solo perchè tutti lo ritengono corretto, bisogna pensare con la propria testa, tenere conto di altri punti di vista e farsi una propria opinione e penso che ciò chiarisca e ci faccia capire molto bene il tipo di approccio di Vivienne Westwood, sempre nella direzione opposta a quelle che erano le tendenze del periodo, lavorando piuttosto su tematiche a lei care.
    Senza dubbio ciò che l’ha distinta per tutti questi anni ed è stata una delle caratteristiche più radicali della Westwood è stato quello di ricorrere costantemente a elementi del passato per dare vita a oggetti moda sempre nuovi, definendo la moda degli ultimi trent’anni attraverso il revival di stili e tecniche di altre epoche come nessun altro ha saputo fare. Infatti basti pensare come nel secolo scorso l’imperativo era quello di sbarazzarsi del passato, mentre per Vivienne ciò significava buttare via tutta la tecnica, come se uno scienziato dovesse sbarazzarsi del suo laboratorio.

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  13. Debora F.   7 Aprile 2024 at 22:24

    Come definire Vivienne Westwood se non con i termini di ribelle e audace. Ha letteralmente stravolto la sua vita e mi chiedo se tutto questo sarebbe accaduto comunque senza l’incontro con Malcolm McLaren. Premetto che la fama della Westwood a mio avviso non arriva da McLaren ma di certo ha dato un contributo positivo nella loro storia. Questa famosa coppia vincente ha influenzato la musica e la cultura popolare, plasmando l’estetica e l’atteggiamento del movimento punk britannico. Pochi anni dopo il 1970 si ritrovano a New York a vendere stivali in vinile rosso con tacco alto da uomo, direttamente dal bagagliaio della propria auto, ad alcuni dei musicisti più interessanti dell’epoca. Tra questi, i New York Dolls, di cui McLaren diventa una sorta di manager, prima ancora dei Sex Pistols. Grazie a dei testimonial d’eccezione, come i New York Dolls e i Sex Pistols – che incarnano perfettamente le prime collezioni di Westwood – Vivienne è riuscita a “farsi pubblicità”; a differenza di tanti designer contemporanei che sono disposti a svergognare le loro creazioni elemosinando l’attenzione di musicisti scarsi o come vediamo oggi di influencer.
    Diventata con il passare del tempo Designer e attivista, assieme a Pamela Anderson – sua nuova testimonial – , è diventata paladina dell’ambiente e dei diritti civili, cambiando la moda con le sue intuizioni. Vivienne ha trasformato le passerelle in manifestazioni, come accaduto con la collezione primavera-estate 2016 Red Label, per protestare contro l’allora primo ministro inglese David Cameron. Nel corso della storia ha sperimentato e creato numerose “opere d’arte” a mio avviso, dalle famosissime spille punk ai volant del new romantic, dal tartan ai corsetti, fino alle zeppe vertiginose e ai tailleur in tweed.
    Nell’ultima sfilata autunno/inverno 2023/24 Andreas Kronthaler, compagno di Vivienne ormai scomparsa da un anno, le fa un tributo. La sfilata tributo ripercorre tutte le tappe della sua lunga carriera, tornano tutti gli elementi che hanno caratterizzato il lavoro della designer nel corso dei decenni, ma rivisitati con volumi e tagli ultra contemporanei; come i corsetti alleggeriti, le vertiginose plateau shoes, la fantasia a righe che ricorda lo stile piratesco. La sfilata si conclude con la sposa, come da tradizione, in una versione punk: un abito corto in pizzo a maniche lunghe e un mazzo di fiori bianchi; il tutto accompagnato dall’omaggio del compagno, ossia una poesia dedicata a Vivienne. Inoltre per questa sfilata Vivienne verrà rappresentata da un pettirosso, nel ricordo di chi ha lavorato con lei. Insomma, devo dire un tributo coi fiocchi.

    Per concludere, la Westwood probabilmente è stata sottovalutata da molti nel corso della sua carriera, ma pochi si rendono conto che ha scardinato ogni regola grazie alla profonda consapevolezza della storia della moda, e alle sue conoscenze tecnico sartoriali. Possiamo dire che ha dato un enorme contributo all’evoluzione dello stile.

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  14. Bianca Alexandru   9 Aprile 2024 at 14:32

    L’articolo offre un profondo e dettagliato sguardo sulla vita e l’opera di Vivienne Westwood, delineando il suo percorso creativo e il suo impatto sulla moda e sulla società. È assolutamente evidente che lo scrittore nutra una grande e profonda ammirazione per la stilista inglese, la cui visione audace e innovativa ha infranto le convenzioni della moda e ha promosso un impegno sociale e civile attraverso il suo lavoro. Personalmente, trovo affascinante come Westwood abbia trasformato la moda in un mezzo per esprimere idee ed emozioni che vanno oltre il semplice aspetto estetico. La sua capacità di provocare e stimolare il pensiero critico attraverso le sue creazioni dimostra il potere trasformativo dell’arte e della creatività, da ogni punto di vista. Tuttavia, mentre ammiro la sua integrità e il suo impegno ideologico, mi chiedo se a volte la sua arte possa essere stata offuscata dalla sua politica. Sebbene sia importante per gli artisti esprimere le proprie convinzioni attraverso il loro lavoro, c’è il rischio che ciò possa sopraffare l’apprezzamento dell’arte stessa, portando alla polarizzazione anziché alla riflessione. Inoltre penso anche che questo articolo sembra concentrarsi principalmente sugli aspetti positivi della carriera di Westwood, senza esaminare criticamente eventuali critiche o controversie che potrebbero essersi presentate lungo il suo percorso. Sarebbe stato interessante vedere un’analisi più approfondita delle sfide e dei dibattiti che la stilista ha affrontato nel corso della sua carriera. Concludo dunque il mio commento dicendo che l’articolo offre un ritratto affascinante e informativo di Vivienne Westwood, ma lo avrei apprezzato ulteriormente se all’interno avessi trovato una maggiore esplorazione delle sue opere più controverse e una valutazione più equilibrata del suo impatto sulla moda e sulla società.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   10 Aprile 2024 at 09:03

      Ottimo intervento, però potevi essere più esplicita sulle “sue opere più controverse” così avrei capito cosa intendi, visto che non ti è bastato quello che ho scritto sul punk e nemmeno sulle accuse rivolte dai normal alla stilista che la presentavano, nella prima parte della sua carriera, come una squilibrata. La valutazione del suo impatto? Senza visionari come lei difficile immaginare un Galliano, un MacQueen e tanti altri…Nel suo tempo Vivienne Westwood è stata una protagonista. Come ho scritto non sempre ero allineato con le sue battaglie sociali e politiche, ma nella fase matura della sua carriera ha sempre lottato per dire fare cose giuste e socialmente rilevanti.

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  15. Giorgia Covili   15 Aprile 2024 at 20:12

    Penso che l’aggettivo che più si addica alla Westwood è appunto anticonformista. Nel significato etimologico del termine ritrovo pienamente il pensiero e il modo di operare della Westwood.

    I suoi tratti non conformi al pensiero e al modo d’agire della società degli anni ’70 li vediamo sin da piccola quando si cuciva abiti per andare a scuola e dai compagni viene da sempre catalogata come quella “diversa”, “non normale”.
    Pur trattandosi di atteggiamenti inconsapevoli la Westwood riuscì a fare colpò apparendo bizzarra, questa caratteristica la rese preda per il giornalismo e terrore per i borghesi che vedevano il non rispetto dei prototipi imposti dalla società prendere forma.
    Penso che la Westwood incalzando i problemi di tutti come se fossero suoi riuscì a fare colpo sulla maggior parte della società, anche su chi si trovava ben distante dal suo modo personale di creare moda. Insomma, era inevitabile uscirne affascinati.
    Come ben sappiamo è l’icona di riferimento quando parliamo di subcultura punk, di conseguenza tutto ciò che si rifà a ribellione, perversione e provocazione ci rimanda alla Westwood.

    Una curiosità interessante che mi ha colpito durante lo studio dell’artista è il suo in realtà essere molto concettuale. Mi spiego, la Westwood non nasce come sarta o in generale all’interno dell’ambito della modazione, ma nasce come maestra, di conseguenza non aveva grandi basi di modellistica e confezione.
    Questo però non la fermò, proprio perché il suo obbiettivo ultimo era quello di divulgare un messaggio, trovò nella moda un’ambiente e lo spazio per farlo. Ai miei occhi tutto ciò appare affascinante e d’ispirazione, penso sia colmo di carattere e sicurezza. Di conseguenza i suoi capi avevano un’essenza appunto concettuale, portavano con se messaggi che erano chiari e precisi quindi difficili da fraintendere.

    Un’altro aspetto che ammiro molto della Westwood è stato il suo non tirarsi indietro mai, si è sempre esposta pubblicamente marcando il suo pensiero e portandolo avanti. Soprattutto per gli anni e il periodo in cui lei ha operato era gesto di ribellione, provocazione che ovviamente creò ulteriore scalpore e di conseguenza fama.
    Ricordando la Westwood è importante dire che il successo non la scalfì mai, nella sua mente non c’era mai stato il pensiero di arrivare al successo ed anche una volta raggiunto continuò a lavorare come aveva sempre fatto.

    Sicuramente gli anni all’interno della moda l’hanno arricchita ed infatti come ben sappiamo riporta in vita il corsetto e ci riesce benissimo.
    Ultima caratteristica della Westwood secondo me apprezzabile è quella di essersi sempre impegnata in ambito civile e sociale, dall’utilizzo di determinati materiali seguendone il procedimento e la lavorazione agli slogan contro il cambiamento climatico.

    Concludo il mio intervento dicendo che, a parer mio la Westwood è stata una delle figure all’interno dell’ambito moda che è riuscita a lasciare un segno ben impresso nelle nostre menti di cosa per lei creare moda volesse dire. La parte che apprezzo molto è quella in cui ha utilizzato la moda al posto della voce per diffondere messaggi importanti da portare “sulla propria pelle”, penso che questo comportamento porti dietro di se un senso etico enorme.
    Seppur io non mi ritrovi pienamente nell’estetica punk, ho amato comunque la Westwood per quello che è riuscita a creare.
    Riprendendo una frase dall’articolo, è proprio vero che possiamo associare le sue creazioni alla lettura di un romanzo. Riesce a prenderti e trascinarti con se proprio perché tratta temi estremamente attuali e che vedono coinvolti tutti, nessuno escluso.

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