Sette all’infinito. Il numero sette nel destino e nella ricerca mistica

Sette all’infinito. Il numero sette nel destino e nella ricerca mistica

MONDO – Sette come le note musicali. Sette come i giorni della settimana, i mesi di trentuno giorni, i colori dell’arcobaleno, le vertebre cervicali, le Pleiadi, i doni dello Spirito nel Cristianesimo, ma anche i vizi capitali, le piaghe d’Egitto e le trombe dell’Apocalisse. Tutto questo e molto di più. Cosa spiega la presenza di questo numero in tutti i principali testi religiosi e nella scienza occulta? Esiste per ognuno di noi un numero del destino ricavabile dalla data di nascita? Coloro che possiedono il numero sette nel loro profilo numerologico sono davvero individui eccezionali? In questo mese dedicato da MyWhere ai molteplici aspetti del numero sette, cercheremo di dare una risposta a questi ed altri interrogativi, avventurandoci nella tradizione magica ed esoterica.

Esiste un’ironica domanda, sciorinata di solito dal simpaticone di turno per liquidare questioni importanti come il sesso degli angeli: È nato prima l’uovo o la gallina? Se entrambe le questioni sono destinate per ovvie ragioni a rimanere insolute, con buona pace dei concili ecclesiastici che hanno tentato nei secoli di dirimere una di queste, qualche sorpresa può giungere tenendo d’occhio l’uovo, a patto che vogliate rinunciare a cucinarlo.

I cicli settennali nella natura secondo la biologia e la psicologiarudolf steiner antroposofia sette

Le uova di gallina, si schiudono in media dopo ventuno giorni, cioè tre settimane. Ventotto giorni è invece il tempo che di solito impiega ad aprirsi un uovo d’anatra, mentre per quello di struzzo ne occorrono cinquantasei. Si tratta rispettivamente di quattro e otto settimane. Curiosamente l’atto della procreazione avviene secondo archi temporali riconducibili al numero sette anche nel caso di altre specie animali. Le mucche, ad esempio, partoriscono dopo quaranta settimane, mentre le cagne generano dopo circa sessantatre giorni dalla fecondazione (nove settimane). Anche per quanto riguarda l’uomo, il precetto della biologia natura non facit saltus appare veritiero. La medesima disciplina ci insegna, inoltre, che il nostro corpo rinnova tutte le sue cellule, eccezion fatta per quelle del sistema nervoso, all’incirca ogni sette anni. Anche la psicologia individua dei cicli di simile durata, che segnano l’evoluzione e la trasformazione della personalità, dall’infanzia alla maturità. Il numero sette scandirebbe dunque la nostra vita tanto sul piano fisico, quanto su quello psichico, attraverso una sorta di orologio nascosto. Tale scuola di pensiero, oggi chiamata anche biosofia, è quella che in epoca più moderna fa capo all’austriaco Rudolf Steiner, fondatore, tra seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, della cosiddetta medicina antroposofica, disciplina a cavallo tra la scienza e l’esoterismo. Sulla scorta delle antiche dottrine filosofiche che descrivevano la realtà come intreccio tra microcosmo e macrocosmo, il ricercatore evidenziava un legame tra l’evoluzione del sistema solare e quella dell’essere umano. Esistono altri ambiti della nostra esistenza e dei ritmi della vita naturale che possiamo osservare, in cui sia presente una ciclicità temporale riconducibile al numero sette? Dopo il concepimento, è intorno alla settima settimana che l’embrione umano comincia ad assumere l’aspetto del feto ed è possibile vedere il piccolo cuore battere senza l’ausilio del doppler. La gestazione si conclude in circa 280 giorni, ossia quaranta settimane, periodo di tempo che, secondo un altro tipo di misurazione, equivale a sette lune nuove, dopo le quali solitamente avviene il parto. I cicli psico-fisici descrivibili con un’unità di misura settenaria continuano ad accompagnarci dopo la nascita. Nei primi sette mesi di vita, al bambino cominciano a spuntare i denti da latte, mentre a sette anni circa completa la dentizione definitiva. Intorno ai quattordici anni (7×2) termina la pubertà, e giunge allo sviluppo a ventun anni (7×3). Anche molti dei processi patologici dai quali siamo affetti si risolvono in una settimana. Sette sono inoltre le ossa del tarso del piede umano e altrettante sono le vertebre cervicali, come se il nostro corpo, alla stregua di un albero, fosse contrassegnato da questo numero all’altezza delle radici, che lo connettono alla terra, e delle fronde, che come il nostro capo si proiettano verso il cielo.

Il sette nelle tradizioni spirituali ed esoterichesette chakra

Procedendo nel medesimo discorso, le discipline orientali, da cui attingono le attuali scienze olistiche, considerano infatti la persona come un insieme di corpi di materia costituita da densità variabile. Quello che percepiamo è il corpo fisico, a cui si aggiungono quelli più sottili, percorsi da canali energetici che fanno capo a sette plessi o Chakra, disposti dal perineo alla sommità della fronte, attraversando la colonna vertebrale. Il settimo chakra, immaginato sulla sommità della fronte, è quello idealmente collegato alla ghiandola pineale (corrispondente a quello che nel buddismo viene definito “terzo occhio”) e al mondo dello spirito. Coloro che possiedono questo centro energetico molto sviluppato, secondo la tradizione, sono in grado di sperimentale una capacità intuitiva che sconfina nella divinazione. Lo scorso anno abbiamo incontrato l’operatrice olistica Franca Castelluzzo, che ci ha spiegato, nel suo libro Dalla Resilienza al CromoCrystal System, come l’aura individuale e i chakra siano legati al colore e come, a suo dire, un professionista possa intervenire anche a distanza, grazie a particolari metodiche, per aiutare il soggetto a ristabilire il suo equilibrio e quindi la sua salute. Tornando al numero sette, esiste un’infinità di rimandi storici, religiosi e letterari motivati da un supposto legame tra esso e il mondo metafisico. Prima di passarne in rassegna le tappe principali attraverso uno schematico excursus, possiamo osservare qualche dato interessante in alcuni modelli antropologici occidentali che, come quelli poc’anzi evocati, concepiscono la persona umana come realtà più complessa del mero corpo fisico. Benché impregnati della visione teologica cristiana, i modelli di Edith Stein e di Antonio Rosmini meritano di essere ricordati in quest’ambito poiché concepiscono l’uomo quale unione di corpo, anima e spirito, dove l’anima svolge un ruolo di mediazione tra il primo e il terzo elemento. La filosofia ermetica e l’alchimia, che si richiamano alla figura mitica di Ermete Trismegisto (tre volte grande), frutto nell’antichità di una sintesi tra il dio greco Hermes e il dio egizio Thoth, inscrive un simile modello antropologico tripartito in un settenario dei pianeti e dei metalli (in relazione a questi ultimi facciamo cenno anche alla loro trasformazione in oro grazie alla leggendaria quanto simbolica pietra filosofale). Del settenario dei metalli-pianeti, ricorderemo solo i tre principali: il Mercurio, corrispondente come pianeta ed elemento chimico all’anima intermediaria tra corpo e spirito, il Sole e l’oro incorruttibile che rappresentano lo spirito puro, e Saturno che simboleggia il corpo, pesante come il piombo. Si noti, nel caso dell’anima, l’importanza del richiamo demiurgico al dio Hermes, ancor prima che all’omologo romano Mercurio. In Grecia era molto più sentita la portata psichica del pantheon olimpico, che rispecchiava proprio grazie al politeismo la complessità delle emozioni umane. Hermes, dio del pensiero divergente, era divinità che legava il mondo degli uomini a quello divino, tramite l’espediente e tutto ciò che non è ratio lineare. Lo stesso regno liquido e insondabile alberga in quello che la psicoanalisi moderna avrebbe chiamato inconscio e che in modo particolare Jung ha tentato di rappresentare tramite il simbolismo archetipico. La nostra parte profonda è non a caso Anima (rappresentata anticamente dalla farfalla o psykè, in greco, Psiche appunto) dove dominano il femminile, il mare di notte, i naufraghi, gli esclusi, i diversi e tutto ciò che la follia ordinatrice ad ogni costo ripudia. Ancora in ambito alchemico, troviamo che la ricerca della già ricordata pietra nascosta è indicata da una parola di sette lettere: VITRIOL. Parola che è in realtà acronimo della frase latina Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultam Lapidem, ossia visita l’interno della terra (cioè l’interiorità della propria psiche) e con l’indagare scoprirai la pietra nascosta (da intendere come intima essenza o autentica volontà). Le antiche tradizioni sapienziali identificano il sette come il tutto, il numero della creazione, che veicola in sé anche la legge che domina l’universo e quindi la nostra esistenza: la legge della dualità.

Dai Pitagorici al Theos numerologicopitagora sette

Tutto quello che esiste, sia esso un oggetto, un animale o una pianta, contiene in sé due opposti. Non è un caso che il numero sette, presentando anche un numero di occorrenze elevatissimo nei libri sacri come la Bibbia, tanto nei testi ebraici dell’Antico Testamento quanto in quelli greci del Nuovo (ricorre in tutto 424 volte), si leghi quasi sempre a concetti speculari. Nel Cristianesimo (che meriterebbe una trattazione autonoma dell’argomento, per la sua vastità) si parla di vizi capitali, che sono sette quanto le virtù. Di queste, le quattro cardinali, prudenza, giustizia, fortezza e temperanza, si sommano alle tre teologali, fede, speranza e carità. Risultando dall’unione del quattro e del tre, compongono la struttura della piramide così come era intesa anche dai Pitagorici, che mutuarono nella loro filosofia diversi elementi dalle dottrine misteriche orfiche, di cui il più importante è senza dubbio la metempsicosi, che ritroviamo anche in Platone e in tutte le filosofie derivate. Quest’ottica è molto importante nella visione spiritualistica dell’essere umano, perché permette di considerare quest’ultimo come unico e irripetibile anche e soprattutto in quanto frutto di millenni di esperienze, di cui però ha perduto la memoria che solo l’anima conserva. Lo stesso Platone definiva il sette Anima mundi, ossia centro invisibile, spirito e anima di tutte le cose. Nel pitagorismo, in cui ampia rilevanza era riservata anche al numero dieci, il sette era considerato simbolo di santità. Esso era ritenuto amitor, ossia senza madre, in quanto non generato da prodotto fattoriale, ma solo da unità. Essendo formato dal quattro, simbolo di azione, materia e femminile, e dal tre, spirito, sapienza e maschile, il numero sette era ritenuto anche veicolo di vita. Pitagora, inoltre, che fu il primo studioso a indagare la realtà secondo un criterio numerico, era ancora lontano da un metodo scientifico moderno e procedeva, nella sua speculazione, mescolando intuizioni squisitamente matematiche con quella che oggi intendiamo come numerologia esoterica. Proprio per le caratteristiche dell’archetipo del saggio, introspettivo, intellettuale e incline al misticismo racchiuso nel sette, il filosofo sceglieva infatti tra i suoi discepoli coloro che avevano questo numero nel loro profilo numerologico. La scrittura del cosiddetto theos numerologico è qualcosa che neppure oggi è del tutto tramontata. Ognuno di noi possiede un profilo di ben diciassette numeri, che sarebbe opportuno conoscere. Ci sono quelli ricavabili dal proprio nome e cognome, ma il computo più semplice è quello del numero del Destino, che può già dare (almeno per coloro che credano in simili correlazioni) qualche indicazione utile sulla nostra personalità. Se ad esempio una persona possiede il numero uno nel destino, dovrebbe avere in essa le caratteristiche principali di quel numero, ma la presenza eventuale del sette in altre posizioni può indirizzare l’individuo verso percorsi più introspettivi e spirituali, mentre aggiungendo il due potrebbero sommarvisi i tratti del leader più sensibile e moderato. Le variabili sono appunto tante quante i numeri che compongono il theos. A mo’ di esempio di calcolo del numero del Destino, potremmo utilizzare la mia data di nascita per puro diletto. Per ottenere il numero, dobbiamo sommare i numeri della data di nascita fino a ridurre la cifra ottenuta a una sola. Essendo nato il giorno 01.08.1985, avremo banalmente 0+1+0+8+1+9+8+5=32; 3+2=5. Scopro con qualche rammarico di non avere il sette nel numero del Destino, dominato invece dal cinque, che dovrebbe corrispondere al profilo delle anime in continua ricerca e sperimentazione di sé e del reale. Potremmo trovare ulteriori coincidenze non prive di una qualche ironia. Come per la lettura degli arcani, va detto che l’ultima parola, nel nostro percorso di vita, è data dalla nostra volontà e dunque il potenziale risultato indicato dal numero del Destino va inteso semplicemente come un seme, che può dare o meno i suoi frutti a seconda delle nostre azioni. Continuando la nostra ricerca nella storia magica e mistica celata dal numero sette, potremo qui solo accennare al ruolo speciale che ad esso fu attribuito da tutte le più grandi civiltà.

Il Sette nelle culture antichemenorah

Nella tradizione ebraica esiste il noto candelabro a 7 luci, detto Menorah, che rappresenta la fede eternamente accesa e nella mitologia religiosa fu fatto costruire da Mosè su ordine di Geova. Il ruolo di mediatore tra umano e divino attribuito al sette trova eco nella lettera ad esso corrispondente nell’alfabeto ebraico, che è Zain. Questa lettera rappresenta l’eternità, la consapevolezza di chi siamo nel qui e ora e nel profondo di noi stessi in rapporto alla vastità del tutto. Meditando sulle frequenze di questo archetipo, è possibile aprire la percezione verso mondi ulteriori e tangenti a quello che viviamo quotidianamente. Anche la settima lettera dell’alfabeto latino G e il colore verde si legano al numero sette, nel segno dell’equilibrio e dell’armonia. Nella Cabala ebraica, altra tradizione mistico-esoterica, sommando i numeri fino al sette (1+2+3+4+5+6+7), otteniamo 28, formato dal due, simbolo del binario (il bene e il male, l’uomo e la donna, il positivo e il negativo…) e dall’otto, che rappresenta l’infinito, la lemnisca, in cui l’equilibrio è dato dal continuo contrasto fra opposti. La somma del due e dell’otto dà come risultato dieci, altro numero di cui abbiamo già menzionato l’importanza nel pitagorismo e che a sua volta è formato da uno e zero, simboli rispettivamente del bastone e della coppa dei tarocchi, il pieno e il vuoto. Lo zero era sconosciuto tanto a Pitagora quanto ai Romani, ma rappresenta un principio passivo e primordiale antichissimo, simboleggiato da un archetipo alchemico molto potente: l’oroborus, il serpente che si morde la coda, presente già nell’antico Egitto e correlato con la medicina. In Grecia infatti ritroviamo il bastone di Asclepio, con i due serpenti che vi si attorcigliano intorno come simbolo di armonia dei contrari e che continua ad essere utilizzato nella moderna farmacia. Naturalmente anche al numero sette gli Egizi riservavano una speciale considerazione, in quanto simbolo di vita e perfezionamento della natura umana, grazie all’unione tra ternario divino e quaternario terrestre. I Babilonesi attribuivano al sette addirittura un valore cultuale, ritenendo festivi e consacrati sul piano religioso i giorni del mese multipli di esso. I Greci si riferivano ad esso con attributo venerabile e vi associavano l’adorazione di Selene e di Apollo; oroboro sette erano anche le corde della lira di quest’ultimo. Ancora sette, le vacche sacre del dio cantate dal poeta Omero, i sette sapienti vissuti tra il VII e il VI secolo a.C. e le meraviglie del mondo. Elementi interessanti sono presenti poi nel mondo islamico, dove, nel Corano, il numero sette è più volte ripetuto. Il mondo è sorretto da sette colonne sorrette dalle spalle di un gigante che ricorda Atlante. Inoltre, per conquistare il paradiso, il musulmano deve compiere sette giri attorno alla Kaaba, ove è custodita la pietra che l’arcangelo Gabriele inviò ad Abramo e Ismaele quando costruirono il Tempio secondo il disegno di Dio. Spostandoci a Roma, molto ci parla ancora del numero sette, a cominciare dalla sua fondazione, che avvenne su sette colline conosciute come i Sette Colli. Il periodo monarchico si svolse secondo la tradizione sotto l’egida di sette re. Leggenda vuole, che la città sia divenuta eterna in virtù di sette oggetti votivi, condotti nell’Urbe per il loro forte buon auspicio. Anche Costantinopoli, seconda capitale dell’Impero, a Oriente, venne costruita su sette colline. La Roma cristiana è anch’essa fortemente legata alla ritualità del sette. Essa è infatti nota come Citta delle sette Chiese: le quattro Basiliche maggiori (S. Pietro in Vaticano, S. Giovanni in Laterano, S. Maria Maggiore e S. Paolo fuori le mura) e le tre Basiliche minori (S. Sebastiano sull’Appia, S. Croce in Gerusalemme e S. Lorenzo fuori le mura. Nel Medioevo le Arti e le Scienze Muratorie erano divise in due gruppi: le arti del trivio, che comprendeva grammatica, dialettica e retorica, e quelle del quadrivio, composto da aritmetica, geometria, musica e astronomia. Queste discipline venivano sistematizzate in un elenco di sette parole: Lingua (Grammatica), Ratio (Logica), Tropus (Retorica), Numerus (Aritmetica), Angulus (Geometria), Tonus (Musica) e Astra (Astronomia). Quanto detto fin qui potrebbe trovare altre infinite diramazioni storiche, man mano che si passano in rassegna i secoli, a cominciare dal Rinascimento, periodo in cui si affermarono grandi personalità come Giordano Bruno e Marsilio Ficino, che nell’ambito della magia svilupparono il proprio pensiero, probabilmente troppo avanti rispetto al proprio tempo perché fosse compreso. In questo articolo ho più volte fatto ricorso al termine magia, intendendo tuttavia qualcosa di molto diverso dal significato che oggi vi si attribuisce comunemente. Diversamente dalle ciarlatanerie con cui alcuni personaggi lucrano sulla credulità e i bisogni di tanti, la magia era anticamente un insieme di saperi che indagava ciò che era nascosto, faceva parte del mondo dell’interiorità e tentava di riportarlo alla luce per mezzo di simboli.

Per scoprire gli altri articoli dedicati in questo mese al numero sette, ecco i link del nostro sito.

Stefano Maria Pantano

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