FROSINONE – È terminato con i canti gregoriani e la lectio magistralis del professor Marcello Carlino il ciclo di eventi organizzati dal Centro Studi Sorani per la celebrazione dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri. Suggestive armonie di versi e musica hanno accompagnato al Natale, nella speciale cornice della basilica cistercense di S. Domenico.
«L’intera Divina Commedia è uno straordinario ricorso ai sensi, che vengono tutti coinvolti». Così ha commentato, al termine della sua lectio magistralis tenuta lunedì 20 dicembre nella basilica di S. Domenico a Sora, il professor Marcello Carlino, docente di filologia e letteratura italiana all’Università La Sapienza di Roma e già Presidente del Conservatorio Licinio Refice di Frosinone. Una personalità prestigiosa, per concludere il calendario di celebrazioni che, per il settimo centenario dalla morte di Dante Alighieri, sono state realizzate dal Centro Studi Sorani Vincenzo Patriarca.
Conferenze, incontri con l’autore, recital teatrali e campane in concerto in location evocative hanno riempito un ricco calendario di incontri per tutto il 2021, nel pieno rispetto delle misure anti-Covid.
Al centro dell’evento finale, i cori di anime e le più alte suggestioni sonore racchiuse nei versi della Commedia. L’emozionante excursus attraverso inni, i canti e soprattutto i salmi penitenziali che il Sommo Poeta fissa nei suoi versi immortali direttamente dalla tradizione liturgica e dalla cultura medievale del suo tempo, è stato accompagnato dal coro dei monaci dell’Abbazia di Casamari. Proprio la speciale cornice della basilica sorana, si è resa coprotagonista delle particolari atmosfere della serata. La chiesa, fondata nella prima metà dell’XI secolo dall’abate benedettino S. Domenico, sorge nei luoghi in cui si trovava la villa paterna di Marco Tullio Cicerone e, come lo stesso santuario di Casamari, è un’espressione particolare del legame tra il territorio ciociaro, la riforma cistercense e la tradizione gregoriana, che rappresenta una delle forme canore più elevate e suggestive del Medioevo.
Il nome di questo canto liturgico, che era interpretato da voci maschili senza accompagnamento musicale, deriva infatti dal Papa benedettino Gregorio Magno che, secondo tradizione, raccolse i canti sacri in un volume chiamato Antiphonarius Cento.
Nel viaggio di purificazione compiuto da Dante, soprattutto a partire dal Purgatorio, la musica è via via più presente: dal cantore toscano Casella, protagonista del II Canto, alle anime purganti dislocate lungo le “cornici”, fino alle gerarchie angeliche del Paradiso e alle sublimi vette toccate dalla preghiera di S. Bernardo alla Vergine. Del resto, come dichiarato ancora dal professor Carlino, «all’epoca di Dante si ascoltava la Commedia più che leggerla», per cui possiamo immaginare il canto gregoriano come una «vera e propria colonna sonora dell’opera», dove la gente ritrovava, accanto al racconto letterario, i canti e le preghiere della tradizione religiosa che sentiva abitualmente durante la liturgia.
Soddisfazione per la riuscita della manifestazione, impreziosita dal calore del clima natalizio, è stata espressa dal Presidente del Centro Studi Sorani, Luigi Gulia, che ha sottolineato l’importanza della lettura e della riscoperta non solo del Sommo Poeta, ma dei classici in genere, a partire dal mondo della scuola: «Ciò che conta è aver contribuito anche in questo nostro territorio alla rilettura di Dante, non come fenomeno di moda, ma come una necessità di riscoperta di quei valori che sono racchiusi nel dubbio, nell’interrogativo, nel viaggio di purificazione che Dante compie».
Del resto il viaggio dantesco del Centro Studi Sorani era iniziato nel 2017. Da allora si sono susseguiti tanti interessanti appuntamenti e sono stati pubblicati sei saggi, di cui cinque di carattere più squisitamente critico-letterario, l’altro di carattere storico. Se un’opportunità può essere cercata nel momento di difficoltà che da due anni stiamo vivendo, possiamo infatti trovarla nel significato più intimo di quel Natale che la politica ripete ossessivamente di dover salvare, a mezzo dei tabernacoli infernali che occupano le nostre case. Più che la nuda vita resa sempre più robotica, blindata, sterilizzata e sterile a suon di QR code, bip sonori e colori che ci dividano fra uomini e no, da salvare resta semmai quella scintilla divina e quella dignità di cui i nostri avi lasciarono traccia nel silenzio della pietra ruvida che ancora ci parla in certi luoghi.
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