Tour di Amatrice, fra i daini dell’Oasi Orie Terme e l’amatriciana

Tour di Amatrice, fra i daini dell’Oasi Orie Terme e l’amatriciana

AMATRICE – Uno dei più importanti e conosciuti centri cittadini in Italia e nel mondo, grazie alle sue millenarie tradizioni culinarie e non solo, Amatrice si configura come mèta perfetta per un tour di una o più giornate. Io ho scelto una modalità underground per visitare e conoscere nel profondo il territorio amatriciano: passeggiando con i daini della meravigliosa Oasi Orie Terme e proseguendo per il Museo di Configno. Senza, ovviamente, tralasciare qualche sosta gastronomica.

Se non avete nulla in programma per questa Epifania o per il weekend che la accompagna, io non ho dubbi su cosa consigliarvi. E’ bella in ogni stagione, è ricca di natura e cultura, accoglie ogni visitatore con una storia da raccontare. Parlo, ovviamente, di Amatrice, città della provincia di Rieti, nel Lazio ma al confine fra Lazio e Abruzzo (a cui è storicamente appartenuta). Il mondo intero si è fermato, quel 24 Agosto del 2016, in cui Amatrice, assieme a numerosi borghi confinanti, è stata colpita e distrutta da un violento sisma, che ne ha segnato per sempre la sua lunga storia.

Oggi, il centro storico di Amatrice porta ancora le cicatrici del dramma che ha vissuto. Dagli occhi e dai racconti dei suoi abitanti traspare il profondo dolore per le perdite subite e la tragedia toccata con mano, oltre agli ostacoli che si trovano tutt’ora a dover superare per poter tornare a vivere.

Eppure, vi assicuro che Amatrice ha un’atmosfera tutta sua: un calore, una bellezza, una tradizione e dei panorami che vi rimarranno nel cuore e fra i quali sentirete sempre l’impulso a ritornare. La città è tornata a riaffacciarsi alla vita, a richiamare visitatori da ogni dove e a mostrare il suo lato più autentico attraverso l’amore per il proprio territorio. E noi tutti, nel nostro piccolo, abbiamo il dovere di contribuire al motore di questa città che in tutto il mondo ci invidiano.

E’ proprio l’amore per il proprio territorio che traspare da una visita all’Oasi Orie Terme, parco della frazione di Configno poco distante da Amatrice, immerso fra le montagne nella più splendida natura incontaminata. L’area è popolata da daini e cervi curati e protetti nel loro habitat naturale da un proprietario privato che ha deciso di investire tempo, denaro ed energie nella sua terra e nella protezione del parco.

L’Oasi di Orie Terme è un angolo di paradiso, un’isola ecologica nata dall’idea dell’imprenditore Pier Luigi Betturri, di qui originario, come omaggio alla Terra e a tutte le creature che la popolano.

Il percorso prosegue poi nel Museo delle Arti e Tradizioni Popolari di Configno, dove ambienti e oggetti originali ricostruiscono secoli e secoli di storia di Amatrice, per concludersi con un paio di tappe gastronomiche dove assaporare le varie tradizioni culinarie per le quali Amatrice è conosciuta e apprezzata in tutto il mondo.

L’OASI DI ORIE TERME, CRISTALLIZZATA NEL TEMPO FRA CERVI E DAINI

Il percorso dell’Oasi di Orie Terme inizia attraverso un cancello di legno posto al  km 35+500 della Strada Regionale Picente che collega L’Aquila ad Amatrice.

Ad accogliermi è la custode e guida del parco, la signora Elvira Spagnoli, cortese e preparata ma soprattutto perfettamente in grado di guidare e supportare lungo tutto il percorso, accessibile a visitatori di ogni età e preparazione ma interrotto comunque da punti più selvaggi e pendenze più o meno importanti. Soprattutto in inverno, ma generalmente tutto l’anno, è consigliato un abbigliamento consono e delle scarpe da trekking adeguate.

Appena entrati sulla destra, un cippo marmoreo riporta citazioni di Papa Francesco sull’importanza della Madre Terra. E’ proprio questo il messaggio che i proprietari del parco e la signora Elvira, entrambi innamorati delle bellezze del proprio territorio, vogliono sia chiaro: la natura come fonte di vita, come unico vero spazio di autenticità in questo mondo, da preservare e rispettare. All’interno dell’Oasi è vietato fumare, gettare o abbandonare qualsiasi tipologia di oggetto o rifiuto.

Lungo il percorso si ammirano varie opere, sempre poste per una ragione e per uno scopo evocativo, fra cui la Meridiana. Orienta il visitatore indicando i luoghi più significativi circostanti, ma anche rilievi, mari e centri abitati, tra cui Gerusalemme e Trastevere, luogo in cui Betturri gestisce alcune attività nell’ambito della ristorazione.

Percorsi circa settanta metri lungo il viale, sulla destra incontriamo l’antica Fonte delle Orie, storica sorgente, da sempre utilizzata dagli abitanti di Configno, da cui sgorga acqua sempre freschissima anche in piena estate e che alimenta anche un piccolo invaso utile all’irrigazione.

Nella parte bassa del parco esistono anche altre fontane, tra cui la Fonte di Sant’Andrea, il fontanile delle Costarelle e il fontanile delle Orie. Tutte queste acque confluiscono verso il fosso di Sant’Antonio, a valle dell’Oasi, immissario del Lago Scandarello. Insomma, un percorso davvero suggestivo, quello che si staglia nei boschi e che fra un avvistamento di un daino e quello di un cervo ci regala scorci di corsi d’acqua che sembrano dipinti.

Proseguendo la passeggiata lungo il sentiero dell’Oasi, il percorso entra in zona boschiva, ora arricchita dalla bellezza di una coltre di neve e ricca di castagni secolari. Ad un certo punto, si biforca: a monte, un sentiero conduce all’antica ricciera nel Bosco Sacro, antico possedimento della famiglia Betturri e, fino alla fine dell’800, unica fonte di sostentamento. Qui dalla terra si ricavava di tutto: dal legname per il fuoco o per le costruzioni, alle castagne da vendere o le ghiande per il bestiame. I ricci secchi venivano usati per accendere il fuoco e le fronde degli alberi per le lettiere degli animali. I gustosi frutti di bosco poi venivano raccolti per i giorni di festa.

Per queste ragioni, l’area ha sempre avuto una fortissima connotazione sacra, tanto che l’abbattimento di un solo albero costituiva un sacrilegio. E questo rispetto totale della natura è stato volutamente mantenuto in quest’area. Motivo per cui, probabilmente, specie come quelle dei daini e dei cervi vivono sereni e indisturbati e circondano i visitatori con la loro maestosa e dolce presenza.

Proseguendo per la strada maestra, questa inizia ad abbassarsi e al primo tornante troviamo il Cristo del Castagno, un’edicola campestre realizzata sulle radici di un colossale castagno, il cui abbattimento si rese necessario per ragioni di sicurezza. Il maestoso ceppo rimasto veniva spostato per ragioni di viabilità e riposizionato ai margini del tornante dove miracolosamente gettava nuove gemme e prendeva nuova vita.

Il sentiero, continuando a scendere, si apre su prati bellissimi, a cui la neve e i colori freddi dell’inverno non fanno che conferire un’aria ancor più suggestiva e tipica. Sulla sinistra si inerpica la scala che conduce al Calvario dell’Orie, di fronte al quale sorge Dolcenera, un monumento posto nel punto dell’Oasi in cui confluiscono grandi quantità di acqua e dedicato proprio a tale elemento essenziale per la vita.

 

Come racconta la signora Elvira, sul monolite troviamo incise, liberamente rielaborate, le parole dell’omonima canzone di Fabrizio De Andrè. Tutto il progetto dell’Oasi nasce, infatti, dall’idea di associare i testi biblici della Passione di Cristo agli scritti poetici del grande cantautore genovese. E un testo come quello di Dolcenera era perfetto per essere apposto in questo punto. Il Calvario delle Orie, che si raggiunge attraverso una ripida scalinata costituita dal oltre 140 gradini, rappresenta la scena del Golgota, con Gesù e i due ladroni crocefissi, ai cui piedi, secondo i testi di De Andrè, trovano posto le rispettive madri.

Poco  distante, più a valle, posta proprio al centro di un grande costone incolto, è collocata l’opera Il Cantico delle Creature dedicata a San Francesco D’Assisi, il più grande promotore di un’ecologia integrale vissuta con gioia e autenticità e in armonia con Dio. Qui la vegetazione attorno al monumento è lasciata volutamente a se stessa.

Dall’altro lato rispetto all’opera dedicata al Santo, troviamo le Querce Grandi, piante secolari che sembrano quasi prendere vita e, in basso, la tomba di Soldino, un pony qui vissuto e amato dall’intera popolazione di Configno e Amatrice, tristemente morto pochi anni fa per bocca dei lupi. Come raccontano ancora i cittadini, Soldino era solito uscire e passeggiare indisturbato nel centro storico, fra l’affetto e la compagnia degli abitanti.

Risalendo all’ingresso principale dell’Oasi, finalmente i daini si avvicinano, in cerca di cibo e attenzioni. Ai visitatori, la signora Elvira fornisce validi consigli e suggerimenti su come approcciare a questi eleganti e simpatici animali, che durante il cammino appaiono spesso in gruppo e in lontananza accompagnano i visitatori silenziosamente.

Ho avuto l’emozione di far mangiare uno di loro dalle mie mani e di accarezzare il manto da sotto il suo muso: attenzione a non cedere alla tentazione di toccargli l’estremità della testa e le corna! Potrebbe rivelarsi molto, molto pericoloso.

A SPASSO PER AMATRICE: IL MUSEO DI CONFIGNO

Terminata la visita all’Oasi, la signora Elvira accompagna il visitatore al poco distante Museo delle arti e tradizioni popolari di Configno. Una vera e propria macchina del tempo capace di riportare alla luce l’antico stile di vita contadino. Si sviluppa su due livelli: al piano inferiore sono esposti oggetti e documenti legati  all’agricoltura e al rapporto dell’uomo con la terra e gli animali.

Oggetti antichi e di uso quotidiano, ma anche campanacci, attrezzature per i cavalli, trappole e tagliole, strumenti di ogni tipo. Vi è fedelmente ricostruita, con oggetti autentici, la bottega del falegname e del fabbro.

E tutte queste autentiche testimonianze del passato sono fra le poche sfuggite alla distruzione del terremoto del 2016, che ha spazzato via gran parte degli affetti e dei ricordi di Amatrice. E dove non è arrivato il terremoto, ci hanno pensato le avide mani di finti soccorritori e truffatori che nei giorni della tragedia sono giunti sul posto per derubare la popolazione sepolta sotto le macerie.

Al piano superiore,  lo spazio espositivo è ripartito in specifici spazi ricostruiti a tema: il mondo domestico, l’arredo scolastico del passato, gli ambienti di condivisione comune, come l’osteria ottocentesca.

E che dire, della camera da letto perfettamente conservata? Ogni oggetto è consumato dal tempo ed è realmente appartenuto a qualcuno. Qualcuno che oggi, continua a vivere grazie alla tenacia di questa attenta gestione.

Un’attenzione ravvisabile anche entrando nella cucina settecentesca, arredata con gli oggetti e i tegami originali, in cui proprio qui la gricia si uni’ al pomodoro dando vita ai famosissimi spaghetti made in Amatrice, divenuti piatto tipico del centro Italia e orgoglio nazionale in tutto il mondo. Siete curiosi di conoscere la vera storia dell’amatriciana? Io non vi anticipo niente. Solo la signora Elvira e gli abitanti del posto sono a conoscenza di tutti i dettagli. Non vi resta che recarvi in visita ad Amatrice, uno dei pochi luoghi in grado di scaldarci anche nel freddo dell’inverno.

LE PRELIBATEZZE DI AMATRICE, UNA TAPPA OBBLIGATA

A questo punto, impossibile resistere. Se vi resta qualche momento libero nella giornata, magari all’ora di pranzo, non potete tornare a casa senza esservi fermati in uno dei tanti ristoranti della città di Amatrice. Che con coraggio e talento hanno ripreso la loro attività, permettendoci di tornare ad assaporare la pasta regina dei primi piatti italiani: sua maestà l’Amatriciana.

Per rimanere sulla linea dell’underground, ho scelto un ristorante tipico, che si trova fra i primi posti della classifica dei più apprezzati su Tripadvisor e sulle altre piattaforme web di gradimento, ma non sul podio assoluto. Si chiama Ristorante La Conca ed è un autentico gioiello di prelibatezze dell’antica Amatrice in cui vi consiglio vivamente di sostare. Non vi accorgerete nemmeno di trovarvi in un locale pubblico, tanta è l’armonia e la familiarità che si respira in questo ristorante a conduzione familiare.

Gli antipasti e il vino della casa sono imperdibili, ma a regnare indiscussa è ovviamente lei, l’Amatriciana, di cui la cucina offre un assaggio abbondante di due tipologie, la bianca e la rossa. Raramente ne ho assaggiate di così buone.

Impossibile averne già abbastanza, motivo per cui suggerisco, sulla via del ritorno, una tappa al Casale Nibbi Azienda Agricola, dove acquistare qualche souvenir gastronomico che non sarebbe possibile reperire in nessun altro luogo. Da cinque generazioni l’azienda opera nel settore agricolo zootecnico, abbinando le antiche tradizioni con gli strumenti concessi dalle nuove tecnologie, strategia che la rende all’avanguardia nel tessuto economico locale.

La produzione di latte, cereali e frutti viene lavorata nel caseificio aziendale e, per garantire ai consumatori l’alta qualità del prodotto ad un prezzo sostenibile, la stragrande maggioranza delle produzioni viene venduta direttamente in azienda o presso fiere, mercati e negozi partner.

Quest’azienda di Amatrice oggi può offrire l’intera produzione in Regime di Agricoltura Biologica Certificata e ha scelto di utilizzare l’energia rinnovabile prodotta da un impianto di pannelli fotovoltaici. Merita senza dubbio una sosta, utile ad immergersi nei profumi e nella vita di autentiche tradizioni contadine. Tutte le informazioni si trovano anche sul loro sito internet.

Non resta che passeggiare alla riscoperta delle ricchezze di Amatrice, una città che ha sofferto, ma ha avuto coraggio ed intelligenza tali da saper risorgere.

 

Tutte le foto sono state scattate da me per MyWhere 

Michela Ludovici

Leave a Reply

Your email address will not be published.