PERUGIA – Vi racconto la mia visita a L’Acciuga pochi giorni prima che diventasse stella Michelin, e l’intervista al suo chef Marco Lagrimino. Ma l’incontro con tutto lo staff, e soprattutto l’ambiente di questo ristorante, vi conquisterà per originalità e gusto.
Lasciatevi stupire dell’anticonformismo.
State per arrivare alla storica città di Perugia ma prima di accedere nella ricca località fermatevi nella zona di periferia, tra negozi e centri commerciali, e andate alla scoperta del luogo che vi stupirà.
Vedrete un giardino che copre quasi interamente l’ingresso in legno bianco, nessuna insegna, ed una bella vetrata (che era assolata quando ci sono stata io) che dà su un terrazzo chiuso in questi mesi invernali. Decisamente difficile da scoprire, ci vorrà il fiuto di un cane da tartufo, ma il bello è proprio questo: nulla di scontato.
Increduli e timorosi di aver sbagliato indirizzo vi addentrerete. Ad accogliervi non sarà solo la calda cucina, ma una grande sala arredata elegantemente come il salotto del vostro migliore amico. Siete a casa. Non c’è lusso né sfarzo, ma design curato nei minimi particolari. Tutto l’ambiente è decisamente anticonformista proprio come il proprietario con il quale abbiamo chiacchierato a lungo.
Anche la scelta dell’arredo è opera di Luca Caputo, ideatore del progetto L’Acciuga. Oltre la passione smodata per i vini naturali, (accolti in una ricchissima lista di circa 500 etichette!) spicca la sua passione per il modernariato che pratica visitando i più noti mercatini in giro per l’Italia tutta.
Questo tocco personale non fa dell’ambiente solo uno spazio informale e accogliente, ma lo rende anticonformista nell’armonia e nel contrasto tra il vecchio e il nuovo, l’antico ed il contemporaneo.
I toni caldi dell’arredo trovano il loro continuum tra il giallo oro ed il fuoco acceso del camino. Poi è tutto profuso in una gradazione che parte dal colore del legno all’arancio intenso, passando per le varie tonalità di giallo che celebrano la brillantezza con l’oro delle lampade. Queste illuminano e riflettono a loro volta la luce naturale che invade la sala, sposandosi a perfezione con quella artificiale, ed esaltano la creatività della natura presente, dai materiali degli arredi alle composizioni di piante. Il tutto, grazie anche alla semplicità, trova la sua armonia in ogni pietanza. Il miracolo è proprio questo, l’eterno connubio tra semplicità, creatività e gusto.
INTERVISTA A LO CHEF MARCO LAGRIMINO
Eccomi a tu per tu con lo Chef Marco Lagrimino, trentaseienne, viterbese di nascita.
Marco, tu sei nato e formato a Viterbo?
Ho studiato all’alberghiero di Viterbo e poi ho iniziato a lavorare ad Orvieto e poi sono andato a vivere in Inghilterra. Proprio dopo le esperienze estere tra la Germania a Londra, ho aggiunto alle forti basi di classicità francese le influenze cosmopolite apprese durante le mie esperienze nel sud est asiatico e a Cipro.
Cosa porta uno chef come te a tornare a casa?
Ho avuto l’opportunità di tornare in Italia lavorando con Vito Mollica al Four Seasons ed Entiana Osmenzeza al Gurdulù. Poi, io e mia moglie, sommelier e maitre di sala Nadia Moller, volevamo creare qualcosa di nostro ed abbiamo aperto Momio a Firenze. Abbiamo proseguito con altre collaborazioni in Toscana con la gestione della parte gastronomica del Castello di Volpaia (Osteria, Forno e Agriturismo), nel Chianti Classico.
Avere un mio ristorante era sicuramente una bellissima sfida, ma conciliare l’attività da imprenditore alla mia professione è troppo impegnativo. Per fare bene lo Chef e dedicarmi prevalentemente alla cucina ho capito che questo non era possibile. Anche se mi è servito in quanto mi ha fatto conoscere alla critica.
Perché tornare in Italia ma non nella tua città? Tua moglie di dov’è?
Ho viaggiato molto prima di tornare qui. Anche Nadia, che è di origini napoletane ma viterbese di adozione, aveva voglia di riportare la sua cultura nel nostro Paese.
A Viterbo non c’erano soluzioni interessanti e l’opportunità offerta dai due giovani imprenditori perugini Luca Caputo e Simone Farinelli, già attivi nel settore con la catena Il Testone specializzata nella valorizzazione della torta al testo umbra, rappresentava il connubio delle nostre aspirazioni.
Il progetto de L’Acciuga era, anzi è, molto ambizioso. Una novità alle porte di Perugia che come sappiamo non è il centro del mondo della cultura enogastronomica in Italia. Abbiamo fondato tutto sulla ricerca della qualità e al km zero, con la vicinanza dei produttori locali.
Anche il nome L’Acciuga, descrive la sua filosofia, come emblema di pesce povero, che storicamente arrivava dal mare alla campagna, a farsi sostitutivo del sale.
Quindi L’Acciuga rappresenta una sfida?
Decisamente sì, L’Acciuga è una sfida! Anche un pò folle perché vuole creare un ristorante gourmet nella periferia italiana alla portata di tutti. All’ Acciuga infatti si compie un vero e proprio viaggio nella galassia dei produttori locali, che diventano alleati per proporre una ristorazione umbra gastronomica. Se la tradizione tramanda ricette povere, ma sempre succulente e opulente, l’obiettivo dell’Acciuga è farsi custodi e messaggeri delle migliori materie prime e seguendo il ritmo della stagionalità, portarle nel presente e nel futuro con modernità, con la memoria del passato e il rispetto della natura, ma con quel pizzico di originalità che strizza l’occhio alla leggerezza.
Com’è cambiata la tua cucina qui?
In Italia ho portato avanti la mia filosofia, che è ancora in via di costruzione. Qui il mio intento è far capire che con il prodotto locale, oltre alla ricetta tradizionale, con gli stessi ingredienti puoi creare dei piatti in chiave moderna. La mia filosofia è in divenire e frutto di tutte le mie esperienze, da quelle londinesi a quelle asiatiche che hanno sempre un gran peso nella mia cucina.
Il menu è molto particolare, sia nella semplicità d’espressione che nella descrizione ma gli abbinamenti stupiscono.
Ce ne vuoi descrivere qualcuno?
Non diamo le descrizioni del piatto ma solo i due ingredienti principali. Non usiamo nomi altisonanti ma ad esempio, come l’antipasto chiamato solo con i due componenti principali del piatto come ad esempio molluschi-nocciola. Qui troviamo vari molluschi come l’ostrica, il fasolare, la capesanta, e una cozza che vengono cotte in maniera diversa separatamente, poi con il liquido della loro cottura creo un brodo che si rifà alla salsata olandese e viene messo un limone bruciato e poi ridotto e scalogni cotti sotto vuoto con la lemongrass, ossia la radice della citronella.
Ad esempio il risotto al riccio e lardo di Cinturiello è molto morbido, il riccio ha sapidità e rende il profumo equilibrato, si sentono tutti i sapori senza spicchi di acidità.
Il menù degustazione è richiesto? Tra l’altro vedo che ha un costo assolutamente non paragonabile ad una stella Michelin! Avete un rapporto qualità-prezzo incredibilmente invitante e competitivo!
La tendenza è fare il menù degustazione non solo perché è difficile da scegliere, grazie all’originalità delle proposte, ma perché così ci si può affidare sia allo chef che agli abbinamenti del sommelier.
Che pubblico avete? Come reagisce il vostro cliente italiano o quello straniero?
Il cliente italiano, rispetto a quello francese, è sempre più diffidente. Il cliente internazionale è più predisposto alla sperimentazione, al gusto dell’esperienza.
La pastry chef ci illustra poi il Dolce Break It
Invitante con la scritta sulla glassa al cioccolato che racchiude una base di biscuit al cacao senza farina, con una ganache di noci pecan pralinate e mousse alla vaniglia.
L’altro dolce assaggiato è a base di un crumble di grano saraceno, cremoso di cioccolato al 75%, caffè sia in spuma che gelato e spuma al latte.
Ci racconti della tua passione per il mondo dei vegetali?
Sono appassionato al mondo dei vegetali e delle erbe aromatiche. Poi uso molti fiori e piante e mi servo di coltivazioni ed erbe aromatiche provenienti da tutto il mondo da questi due ragazzi che hanno dato vita a questa attività La Clarice Orto Sinergico, generando una rivoluzione culturale nel loro spazio verde fatta di ricerca e sperimentazione. Studiamo spesso insieme, o ci consigliamo a vicenda, sull’impiego di alcune erbe aromatiche.
Quindi la cucina de L’Acciuga come può definirsi?
Si può sicuramente definire umbra ma non per il recupero di ricette tradizionali, quanto per la riscoperta di prodotti autoctoni che hanno un mercato molto circoscritto al territorio e alla stagionalità. Io preferisco definire i miei piatti studiati in chiave moderna. Qui a L’Acciuga c’è la cucina territoriale contemporanea, per l’utilizzo di tecniche aggiornate miste alle mie esperienze ed al savoir faire francese.
Come ottieni armonia nei tuoi piatti?
Auspico la rotondità del gusto in ogni pietanza. Raffinatezza e leggerezza devono andare di pari passo con le proposte di nuovi sapori che vengono comunque dalla valorizzazione della terra umbra.
Qui non posso che notare le “quote rosa” della brigata de L’Acciuga. Infatti oltre alla maitre e sommelier Nadia Moller ho incontrato Sara Giovagnotti la pastry chef, che ha già lavorato in stellati come Confusion a Porto Cervo con lo chef Italo Bassi e al Restaurant Alexander, due stelle Michelin con lo chef Michel Kyser a Garon in Francia. Inoltre in squadra c’è Valentina Berto, sous chef Marco Lagrimino, che vanta esperienze internazionali in Spagna ed è un’ esperta di eventi.
Insomma Perugia è neanche ad un paio d’ore di macchina da Roma così come da Firenze o Bologna. Se invece siete milanesi questo è il miglior suggerimento per il ponte dell’Immacolata, in base al quale, grazie alla festa del vostro Santo Patrono Sant’Ambrogio, potrete usufruire di più giorni dal weekend di sabato 4 dicembre fino alla festa dell’Immacolata, ossia il mercoledì 8 dicembre.
In ogni caso io approfitterò per tornarci, e voi pensate quanto prima di pianificare una giornata al Ristorante L’Acciuga, sarà un’esperienza memorabile.
In homepage io al Ristorante L’Acciuga a Perugia con Nadia Moller e Marco Lagrimino
Tutte le foto MyWhere©
- Salvador Dalí a Modena: in mostra il maestro surrealista fino a gennaio – 14 Settembre 2024
- Transavanguardia per vivere la vitalità del contemporaneo – 10 Settembre 2024
- Orvieto Festival: un evento di Metamorfosi – 9 Settembre 2024